In Letteratura e in Teatro l’autore di un’opera è colui che l’ha scritta. In Cinema è invece colui che la mette in scena e la racconta per immagini, cioè l’autore/regista.
Ma non tutti i registi, per quanto possano ambire alla qualifica d’Autore, sono e/o vengono considerati tali. Cosa identifica dunque un Autore cinematografico?
Il riferimento più corretto (per rispondere a questa domanda) non è alla Letteratura o al Teatro, ma alle Arti Figurative. Leonardo da Vinci è stato il primo a rilevare che, almeno da dopo Giotto, la committenza non si limitava più ad affidare un affresco a una bottega artigiana, a volte anche suggerendo il tema dell’affresco (una crocifissione, un giudizio universale, ecc.), ma richiedeva espressamente che l’autore fosse X. Leonardo capì che il nome dell’artista era ormai diventato un elemento di valore aggiunto. Il valore economico dell’opera non andava dunque più compensato sulla misura del tempo di lavoro impiegato per produrre l’opera stessa, ma sul valore di mercato dell’artista, valore sottratto al tempo di lavoro e valutabile sulla base della notorietà e dell’apprezzamento del nome e dello stile di quel particolare artista in quel particolare momento. La riconoscibilità di un artista diventa dunque l’elemento fondante della valorizzazione di un’opera, elemento inscindibile dalla popolarità dell’artista stesso in una data fase del mercato. In Cinema si può dire che quando il nome del Regista è il più importante in cartellone, quando cioè il pubblico sceglie di andare a vedere quel film perché (soprattutto perché) l’ha fatto il tal regista, allora quel regista può essere definito Autore. E quel regista viene riconosciuto per il suo inconfondibile stile. Ai grandi Maestri del cinema sono sufficienti poche immagini, pochi secondi di proiettato, per farsi identificare, anche se abbiamo cominciato la visione a film già iniziato e non abbiamo letto il nome del regista nei titoli di testa.
Due cose identificano dunque l’opera, nel cinema d’Autore: la firma e lo stile. Ora: sia la firma che lo stile sono qualcosa di estremamente personale che sfugge alle caratteristiche di genere, anche quando un certo regista acquisisce la notorietà come specialista di un certo genere di film. La firma e lo stile possono anche costituire la base per una classificazione dell’autore in serie A o in serie B, ma questo è un elemento successivo e non fondante. E in ogni caso riproduce la doppia origine: di mercato e di stile. La Serie B si riferisce a una certa quota di mercato e target di pubblico e la Serie A ad un’altra. E altrettanto si può dire dello stile.
Sbaglia chi pensa che il Cinema d’Autore sia per definizione sottratto a una valutazione di Mercato e più vicino all’Arte Pura, dominio esclusivo dell’Estetica. Il Cinema d’Autore è intimamente, strutturalmente legato al mercato. Chi fa cinema d’Autore non si preoccupa soltanto di raccontare una storia attraverso una “messa in scena”, ma si preoccupa anche e soprattutto di occupare una fascia di mercato grazie al proprio nome e allo stile che lo identificano e lo rendono riconoscibile. L’Autore stesso si pone, al di là dell’opera, come Merce. La qualità non è un parametro riferibile soltanto a categorie estetiche, ma diventa qualità riconoscibile: la qualità di quel artista in particolare. Una qualità garantita da una firma, da un marchio, d’Autore quanto si vuole, ma pur sempre un Logo.
Come può rendersi riconoscibile un Autore? Rendendo il suo stile riconoscibile attraverso e al di là delle singole opere. Per ottenere questo risultato, i Registi Autori tendono ad avvalersi di una propria bottega, cioè di un gruppo di collaboratori (direttore della fotografia, scenografo, costumista, autore delle musiche, attori, montatore) che restano abbastanza stabili nel tempo e garantiscono continuità stilistica o anche varianti, ma sempre sulla base di un lavoro collettivo fortemente indirizzato da un “punto di vista” che è quello del Regista capo-bottega. Tra questi collaboratori, gli sceneggiatori sono i più volatili. C’è più ricambio di sceneggiatori che di qualsiasi altro reparto. E questo avviene per un motivo preciso.
L’identificazione dell’opera (come appartenente alla filmografia di quel regista) avviene per come quest’opera viene realizzata, non per come è stata scritta. Dunque tutti coloro che contribuiscono a realizzarla rivestono una funzione di fatto più importante di chi scrive il copione senza partecipare alla vera e propria realizzazione.
E’ abbastanza raro che un regista autore abbia il suo sceneggiatore di fiducia. I grandi Autori di cinema, riguardo alla scelta degli sceneggiatori, si sono comportati nella storia del cinema in modi diversi.
Ne cito i più diffusi: 
1. Affidare la sceneggiatura a un pool di sceneggiatori che lavorano insieme, discutendo tra loro e con il regista la definizione dei personaggi, la struttura narrativa del film, l’insieme e le singole fasi del racconto, il tema centrale del film, per poi suddividersi il compito di scrivere le singole scene. Questo modo di lavoro era possibile quando i film si realizzavano negli Studi (a Hollywood piuttosto che a Cinecittà) e le produzioni operavano in una città definita. Era semplice poter radunare gli sceneggiatori in uno stesso posto e farli lavorare insieme e in stretto contatto con il
regista, con la produzione e con tutti i reparti che realizzavano concretamente il film.
Oggi questo genere di lavoro di equipe è ancora fondamentale nelle serie televisive (dove gli sceneggiatori possono essere a volte più importanti dei registi, in particolare lo sceneggiatore creatore della serie), ma in cinema si tende sempre più a lavorare a distanza, senza grande (a volte persino senza nessuno) scambio di informazioni e di suggerimenti tra reparti. D’altro canto, anche un tempo poteva capitare che gli sceneggiatori che avevano lavorato insieme, scoprissero dai titoli del film che tra i nomi degli sceneggiatori c’era anche quello di qualcuno che non aveva mai partecipato ad alcuna riunione di sceneggiatura. Da dove sbucava questo sceneggiatore fantasma? Evidentemente la produzione o il regista, o entrambi, avevano arruolato un “esterno” non tanto e non solo per revisionare il lavoro degli altri, ma per scrivere singole scene, passaggi di dialogo, o fornire idee o semplici spunti narrativi.
2. Certi autori registi tendono a far lavorare diversi sceneggiatori indipendentemente uno dall’altro, in modo da poter avere delle opzioni diverse a disposizione, e a volte anche per motivi di mera opportunità. Ci sono stati numerosissimi casi (nel cinema d’autore classico era quasi una consuetudine) in cui i registi davano alla produzione
un copione che corrispondeva alle richieste e alle aspettative della produzione stessa, per poi girarne un altro (scritto clandestinamente). Nella fase preparatoria di un film si sono spesso distribuiti copioni differenti: il regista aveva il suo (segreto), gli attori un altro e la produzione un altro ancora. Fare confusione era essenziale perché così l’unico dominus restava il regista: solo lui sapeva quale era la versione che avrebbe girato. Certi Maestri tenevano all’oscuro chiunque altro della vera sceneggiatura, per poterla liberamente ri-creare al momento della realizzazione e sfuggire a troppi controlli. Oggi questa libertà non è più consentita. La produzione approva una sceneggiatura e pretende che venga realizzata quella, spesso reclutando degli editor che stanno sul set a controllare come dei capi-reparto anche il lavoro dei registi.
Inoltre oggi è rarissimo che a un regista venga consentito per contratto il Final Cut, cioè la decisione ultima e definitiva su come dev’essere il film. Un certo declino del Cinema d’Autore deriva da questo. Se al Regista/Autore non è più chiaramente riconosciuto il ruolo dominante in cartellone, né la definizione dell’opera in una versione compiutamente firmata e accreditata dall’Autore stesso, ecco che il film perde la sua stessa natura d’Autore.
3. Certi autori registi collaborano in ogni istante alla sceneggiatura, restando presenti in ogni fase del lavoro di scrittura, scena per scena. Altri invece, dopo una discussione d’insieme che approfondisce il senso e il tipo di racconto, lasciano che gli sceneggiatori lavorino per conto loro, per poi apportare correzioni o farle apportare dagli stessi o da altri sceneggiatori. Anche in questo modo (più morbido se vogliamo) è diventato molto difficile sfuggire alle verifiche della produzione. Un tempo un film poteva iniziare anche se la sceneggiatura non era giudicata perfetta, confidando che il Regista/Autore grazie alle sue riconosciute capacità oltre che al suo carisma personale, avrebbe potuto fare di quel discutibile film un ottimo film. Questa fiducia artistica non c’è più. L’Autore/Regista deve trovare, prima di girare, la “quadra” della sceneggiatura. Se una sceneggiatura non convince, se ne fa scrivere un’altra, finché non si è trovata quella “giusta”. Se no il film non comincia neppure.
Oggi le grandi produzioni sono quasi tutte società per azioni e nessun dirigente o amministratore può permettersi di rischiare i soldi dei soci sulla base della fiducia in un Regista/Autore.
Se poi quel film dovesse risultare un flop, il dirigente verrebbe cacciato. Se invece, pur risultando un flop, quel progetto è stato preventivamente approvato dagli azionisti, magari sulla base di ricerche di mercato, il dirigente non viene colpevolizzato. Il produttore che investe e rischia soldi suoi è ormai una figura quasi scomparsa. Se ne trova qualcuno solo tra gli Indipendenti, ma anche questi devono fare i conti con la distribuzione che può richiedere modifiche alla sceneggiatura se ritiene ad esempio che un certo finale possa pregiudicare gli incassi. E anche nel caso che l’Autore/Regista giri un’altra cosa, rispetto a quella prevista, si controlla il girato, il montaggio, si fanno anche proiezioni test, in modo che il Final Cut sia decisione condivisa (dai produttori), a prescindere dall’assenso del Regista. Lo sceneggiatore si trova, in questo caso, in uno scomodo ruolo di cerniera, perché non può più affidarsi esclusivamente al Regista, ma deve spesso mediare tra Regista e Produzione, e può ritrovarsi anche costretto a schierarsi dalla parte di chi lo paga, cioè la Produzione stessa. La cosa non riguarda soltanto i costi del film, ma la natura stessa del film. Ci si può trovare a lavorare con Registi Autori cui non è più consentito di esserlo fino in fondo e Autori così condizionati non possono più costituire un riferimento certo.
Oltretutto uno sceneggiatore , come si è detto, non ha alcuna garanzia che assecondando le scelte di un certo Regista Autore, potrà lavorare di nuovo con lui, mentre sa per certo che se accontenterà la Produzione, questa gli affiderà altre sceneggiature. In queste condizioni il lavoro diventa molto difficile e ci vogliono robuste convinzioni etiche per resistere alle pressioni. Un Regista Autore di lunga e onorata carriera mi ha recentemente detto: “Ormai sul set non ci si può più fidare di nessuno.”
Questo, va detto, vale anche per i Registi. Ci si può rendere conto che in certi casi tutt’altro che rari, il Regista/Autore è solo un marchio di facciata (in aggiunta ad altri) per un’operazione che non nasce da lui e che lui ha accettato solo per lavorare. Cioè che state collaborando (da sceneggiatori) a una Marchetta d’Autore. Il Regista in questione, si lamenta, resiste, cerca di portarvi dalla sua parte come complice artistico, ma in realtà anche per lui, il vero riferimento è la Produzione. Il nome illustre dell’Autore, copre il fatto che l’Autore del film non è una singola persona, anzi nel gran gioco delle influenze e dei controlli reciproci, non è nessuno. In questo caso, il lavoro dello sceneggiatore non può che concentrarsi su un aspetto limitato, ma importantissimo: scrivere una sceneggiatura che stia in piedi.
E non amareggiarsi se poi verrà sconciata. Può sempre capitare, del resto, che risulti ben realizzata e persino migliorata, per abilità e lungimiranza di qualcuno, per caso o per occasione. Non fatene mai una questione di vostra espressione artistica personale, perché non è mai stato, né mai sarà così per uno sceneggiatore. Se volete esprimervi personalmente scrivete un romanzo, e il pubblico leggerà quello che avete scritto e valuterà il vostro stile. Se lavorate per il Cinema, la vostra sarà sempre una scrittura di servizio (anche quando l’idea del film dovesse nascere da un vostro soggetto o da un vostro romanzo). Si tratta di capire “di servizio a chi”. Un Regista, un Attore di richiamo, persino un Produttore possono sostenere che il loro riferimento è il pubblico. Uno sceneggiatore no. Il pubblico non va a vedere un film perché lo ha scritto lo sceneggiatore X. Alla fine gli spettatori potranno anche dire: “bella sceneggiatura”, però non l’hanno letta, l’hanno dedotta dal film che hanno visto, e comunque sia, nessuno memorizzerà il vostro nome dai titoli di testa. Il fatto positivo, di questa clandestinità dello sceneggiatore, è che nessuno vi responsabilizzerà troppo se il film risulta una porcheria. Lavoro difficile, dunque, ma a rischio contenuto. Veniamo così al punto più delicato.
Come si lavora con un Regista Autore?
A) La migliore delle ipotesi.
State lavorando con un vero Regista Autore. Passate moltissimo tempo con lui, anche prima della fase di scrittura vera e propria. Esaminate tutti i problemi narrativi del film, con grande attenzione. Il Regista vi tiene informati anche di alcuni elementi essenziali della realizzazione: il budget previsto, gli attori che ha in mente, i temi che intende sottolineare, alcune scene cui tiene particolarmente, idee che vuole siano sviluppate, in certi casi vi chiede persino di accompagnarlo nella scelta delle location . Però, il Regista non vi indica quasi mai nel dettaglio cosa vuole. Più spesso ascolta i vostri suggerimenti e magari non si pronuncia in merito, vi sollecita ad escogitare altre soluzioni. Potete restare confusi, chiedervi cosa voglia davvero raccontare il Regista perché tra tante soluzioni possibili sembra quasi non ne abbia una sua da suggerire. Potete anche restare frustrati, perché magari siete sicuri d’aver ideato una bella scena, ma non trovate l’apprezzamento che vi sareste aspettati. La realtà è che il Regista sta in questa fase esplorando, sta cercando il suo film, e le opzioni che gli presentate lo aiutano nella ricerca. Inoltre, mentre uno sceneggiatore è portato a valutare la scena in sé e nella coerenza narrativa con l’insieme, il Regista/Autore cerca la scena , le situazioni, che gli consentano di esprimere il suo linguaggio, il suo stile. Se boccia o ignora certe soluzioni, non è perché le giudichi sbagliate in assoluto, ma relativamente al suo mondo espressivo e al suo modo di girare. Non vuole trovarsi a dover girare una scena che gli crei delle difficoltà, che non sente adatta alla sua “poetica” e ai suoi mezzi. Un Regista Autore non si concepisce tale in funzione della storia, ma al contrario cerca una storia e delle scene, che corrispondano al suo modo di raccontare, al suo talento e ai suoi limiti. Dunque non dovete mai sentirvi offesi se una soluzione che prospettate viene scartata nonostante funzioni sulla carta. Il punto è che deve funzionare sul set e dunque non ha alcun senso che cerchiate di convincere colui che la realizzerà ad approvare la vostra scelta e a riprodurre la scena come l’avete scritta. Non la farebbe bene. Deve invece sentirla sua. Nemmeno dovete offendervi se scoprite che nonostante l’apparente confidenza reciproca e l’approfondito lavoro svolto insieme, al contempo il Regista ha consultato o fatto lavorare altri sceneggiatori. E’normale che vi sentiate usati, ma è caratteristica di un Regista/Autore quella di usare tutti ai propri fini espressivi: dagli sceneggiatori agli attori. Quello che vuole, questo genere di Regista, spesso lo scopre la notte prima di girare, o sul set stesso, a volte persino nelle fasi finali di editing, al montaggio o al doppiaggio. Un Regista Autore opera nel concreto, in ogni istante della lavorazione.
Lo script è solo uno degli elementi della realizzazione del film e per molti Registi Autori non è neppure il più importante. Nella sua elaborazione teorica, ha in mente un film, ma il Regista sa bene che la sceneggiatura di questo film non è ancora il film.
Lo script deve dunque svilupparsi in relazione al film concreto. La realizzazione non deve essere succube della sceneggiatura, una mera esecuzione del copione. E’ invece la sceneggiatura che progettualmente deve servire a realizzare il film che il Regista Autore ha solo nella sua testa. Tutti i reparti devono lavorare al servizio della “messa in scena”, non al servizio del racconto in quanto tale. Non esiste un racconto giusto in sé, perché il Regista Autore cerca il racconto giusto per sé.
B) La peggiore delle ipotesi.
L’Autore Regista è solo un sedicente tale. Oppure è un Autore Regista in una fase poco felice della sua carriera, distratto da tutt’altri problemi. Trovata rapidamente un’intesa su quanto si deve raccontare, vi affida completamente la sceneggiatura, verificandola solo alla fine, chiedendovi magari qualche correzione o apportandole personalmente, ma fondamentalmente approvando le vostre scelte (soprattutto se trovano rispondenza nel Produttore). Potreste sentirvi anche lusingati da questa incondizionata approvazione, e più liberi di scrivere il film che volete. Ma il film verrà male, nel 90% dei casi. La stessa sudditanza che il regista ha mostrato rispetto alle vostre scelte, la mostrerà anche rispetto agli altri reparti, al direttore della fotografia, agli attori. Ciascuno, lasciato libero di fare quello che gli pare, interpreterà il film a modo suo. E il film non avrà alcuna unità espressiva, navigherà a vista. In questo caso non avrete altra scelta che scrivere nel modo che vi sembra più efficace
in sé, ma sapendo che potrà risultare tutt’altro che efficace a lavoro finito. Il Regista avrà magari coordinato i reparti, ma non li avrà guidati. E molto difficilmente capita che un film si realizzi da solo , in spontaneo equilibrio tra tutti i complessi elementi che lo compongono e tra tutte le diverse sensibilità delle persone che contribuiscono a realizzarlo. E’ aspirazione di alcuni registi (rarissimi) di scomparire nella propria opera (Oscar Wilde diceva che la massima ambizione per un artista di nome è quella di diventare Anonimo), ma questo effetto lo si scopre soltanto alla fine. Fellini ha scritto che vedendo in proiezione i suoi film migliori, gli pareva fossero diventati diversi e autonomi da come li aveva pensati, come se si fossero realizzati da soli. Ma questo significa solo che la sua guida costante e la sua natura e statura d’Autore gli consentivano persino di sfruttare la casualità, le alchimie proprie del lavoro di bottega, e di affrancarsi anche dalla propria consapevolezza per liberare l’inconscio.
Non significa affatto che avesse abbandonato il film a se stesso. Woody Allen, riprendendo con la consueta ironia l’opinione di Fellini ha osservato che anche a lui capita di vedere un suo film e di trovarlo totalmente diverso da come l’aveva pensato, ma solo perché non è stato capace di realizzare quello che aveva in testa, a differenza (si cura lui stesso di precisare) dai suoi registi mito come Fellini e Bergman. Tuttavia anche i suoi film, per quanto insoddisfacenti per le sue riposte ambizioni, conservano un potente marchio da Autore. E’ alla fine sin troppo ovvio dirlo, ma il Cinema d’Autore non si può fare senza un vero Autore, che sappia essere tale in ogni singolo momento della realizzazione del film, accollandosene l’intera responsabilità.
A volte un Regista può rivelarsi non all’altezza di questa sfida. Allora allo sceneggiatore capiterà di diventare il riferimento per tutti: dai produttori agli attori, tutti si rivolgeranno a lui perché i rispettivi desiderata vengano esauditi. Questo apparente affidamento di responsabilità è una trappola da cui lo sceneggiatore dovrà guardarsi.
Se non gli viene più chiesto di servire il Regista Autore, ma di servire chiunque abbia il potere di intervenire sul racconto, lo sceneggiatore si ritroverà a fare uno slalom tra esigenze diverse e contrapposte, non riuscendo ad accontentare pienamente nessuno e diventando alla fine il bersaglio di tutti. Non assumetevi mai responsabilità che non vi competono, né tanto meno il ruolo scomodissimo di regista ombra. Questo non vi aiuterebbe nemmeno a sentire il film più vostro. Senza un vero Regista Autore, un film d’Autore non esiste. E’ solo un film normale e come per un normale film, limitatevi a fare il vostro normale lavoro, che è quello di scrivere una storia che stia in piedi e che tenga in equilibrio i vari elementi che la compongono, incluse le esigenze produttive e quelle degli attori, ma senza pretendere di dirimere conflitti tra esigenze contrapposte. Il braccio di ferro lo facciano tra loro, non con voi. A uno sceneggiatore spesso ( soprattutto con gli attori che tendono a vedere un riferimento fondamentale nel testo) capita di fare lo psicanalista, ascoltando con pazienza i confusi sfoghi di tutti. Ma allora, comportatevi da analista: fateli sfogare, ma le conclusioni le devono trarre loro, non voi. Mantenete distacco e non lasciatevi condizionare da rapporti di presunta intimità o amicizia. In assenza di guida certa, concentratevi sull’efficacia della storia in sé. Siate voi la guida del vostro lavoro, prendendo distanza dalle pretese dei singoli. Solo questo distacco dalle parti in causa vi permetterà di venire davvero rispettato.

LEZIONE XXIX  di Gianfranco Manfredi