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Genova secondo Winterbottom
I GRANDI FILM - ALTRE INFO |
Vicoli bui, mare azzurro e mistero
Un regista dal talento indiscusso - Michael Winterbottom - folgorato da una delle città più affascinanti, e meno cinematograficamente sfruttate, del nostro Paese. E il risultato di questo colpo di fulmine è Genova: pellicola che ha come protagonista Colin Firth, marito e padre alle prese con l'eleborazione del lutto per la morte della moglie. E che, nel tentativo di sfuggire al dolore, approda proprio lì, nel capoluogo ligure: tra i suoi vicoli bui e arcani, e il suo mare aperto e azzurro, lui e le due figlie cercheranno di costruire una nuova vita.
Ma, al di là della trama, Genova - nelle sale italiane dal 16 ottobre, distribuito da Officine Ubu - è anche uno spottone turistico per la città, in cui si è svolta la gran parte delle riprese. Visto che il regista la mostra in tutta la sua bellezza, senza nemmeno una pecca: in centro così come nei dintorni, nei suoi luoghi riconoscibili o meno noti. "La storia di questo film - racconta oggi Winterbottom, a Roma per presentare la sua ultima fatica - parte proprio da Genova: una volta ci sono rimasto qualche ora di scalo, in attesa di un volo che mi doveva riportare in Inghilterra, e mi è venuta voglia di lavorarci. E da quel momento l'idea, piano piano, si è sviluppata: in particolare, le zone misteriose di quel luogo mi hanno spinto a portare la storia in una certa direzione".
Il regista nega però che - malgrado il sostegno ricevuto dalla Film commission e dalle altre istituzioni locali - siamo di fronte a una sorta di documentario promozionale della città: "E' vero che tutto è cominciato da lì, ma è anche vero che la vicenda è tutta centrata sulla sensazione di straniamento, di solitudine, dei suoi tre protagonisti. In questo senso, avrebbe potuto essere ambientata anche in un altro posto: purché estraneo, per lingua e cultura, ai personaggi principali".
Il film infatti comincia in un contesto che meno mediterraneo non si può: siamo tra la neve e il ghiaccio di un inverno di Chicago, in un'auto guidata da una donna (Hope Davis) con le sue figlie: la sedicenne Kelly (Willa Holland, già vista nella serie tv O.C.) e la piccola Mary (Perla Haney-Jardine, apparsa in Spider-Man 3 e Kill Bill 2). Una tragica fatalità porta alla morte della madre, costringendo le due ragazze e il loro padre Joe (Colin Firth, reduce dal premio veneziano come miglior attore per A single man) a fare i conti con la perdita.
L'uomo, che è non è americano ma inglese, decide così di accettare una cattedra a Genova, dove vive la sua amica di gioventù Barbara (Katherine Keener). Un trasferimento improvviso, in cui tutti e tre i componenti della famiglia porteranno con sé i propri fantasmi. Le figlie, in particolare: Kelly diventa ribelle, Mary si sente colpevole...
Eppure il film, secondo colui che lo ha ideato e diretto, "parla non solo, e non tanto, dell'elaborazione di un lutto, ma dell'amore che lega i membri di una famiglia: in particolare, del padre verso le figlie. Io stesso sono papà di due femmine".
Winterbottom poi rivendica il continuo alternarsi di temi e stili che caratterizza la sua carriera: "Per me - spiega - l'unica cosa che conta è che l'argomento sia interessante". Detto da uno che ha firmato film come Benvenuti a Sarajevo, A mighty heart (sul caso Daniel Pearl), The Road to Guantanamo possiamo crederci. Infatti adesso, dopo la parentesi intimista di Genova, ritroveremo il regista sul fronte dell'attualità con The Shock doctrine, ispirato alle idee di Naomi Klein.
di CLAUDIA MORGOGLIONE da http://www.repubblica.it
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