Nella puntata precedente di Come scrivere una sceneggiatura, abbiamo visto come dividere un racconto filmico in tre atti, quindi adesso abbiamo un'idea più precisa di come impostare la storia, di quale conflitto crearee di come proseguire per raggiungere la risoluzione al conflitto.

La divisione in tre atti di origine aristotelica è quasi totalmente adottata dai saggisti che si occupano di scrittura filmica.

Il primo ad usarla con successo è stato Syd Field nel suo The Foundations of Screenwriting dove viene studiata la struttura con il relativo paradigma. Se la struttura è lo scheletro di una storia, il paradigma è il suo modello, uno strumento che permette di lavorare e di verificare.

Come scrivere una sceneggiatura – Strutture e paradigmi

Se guardiamo con attenzione i primi trenta minuti di un film ci accorgiamo che avviene sempre qualcosa d'importate dopo una dozzina di minuti dall'inizio e non si tratta di una pinza, cioè di un piccolo evento legato al primo colpo di scena, è invece un evento autonomo e importante che inciderà nella vita del protagonista anche dopo il primo colpo di scena.

In alcuni saggi questo momento viene confuso o chiamato erroneamente incidente scatenante, invece David Trottier nel suo Screenwriter's Bible lo chiama più propriamente Evento Catalizzatore.

David Trottier mantiene la divisione in tre atti e inserisce sette grandi eventi nel suo paradigma. Sostiene che una storia, comunque venga divisa, resterà sempre formata da tre momenti, un inizio, un centro e una fine.

All'interno di quei tre momenti si nascondono dei Punti di svolta (Turning points), tutti quegli eventi importanti che complicano o addirittura capovolgono l'azione del protagonista e che possono essere dati da momenti di suspense, rivelazioni e crisi.

Nel concreto, una storia può avere dozzine di punti di svolta ma solo due sono quelli che permettono il passaggio da un atto all'altro.

Il primo di questi due grandi punti di svolta, che Field chiamava Primo Colpo di Scena, chiude il primo atto e trasporta il lettore nel secondo atto. Trottier li chiama Grandi Eventi perché è solo un grande evento che drammaticamente colpisce la vita del personaggio principale.

Il secondo grande punto di svolta porta il lettore all'interno del terzo atto e quindi al regolamento dei conti passando per una Crisi che spinge con forza il protagonista verso l'azione finale o una serie di azioni risolutive.

Come scrivere una sceneggiatura – Strutture e paradigmi

Riassumo in una lista la teoria degli Eventi di David Trottier:

  1. un antefatto che tormenta il protagonista.
  2. un catalizzatore che troviamo tra pagina 10 e pagina 15. Per fare un esempio pratico, l'evento catalizzatore del primo film di Guerre Stellari si ha quando Luke, armeggiando con R2-D2, fa partire un'immagine olografica della Principessa Leila che dice: «Aiutami Obi-Wan, sei la mia unica speranza». Da quel momento in poi Luke avrà il desiderio di aiutare la bella principessa.
  3. un Grande Evento che cambia la vita del personaggio. Sempre citando il primo Guerre Stellari, il Grande Evento si verifica quando Luke, tornando a casa, scopre che gli zii sono stati trucidati. In quel momento il protagonista si unisce a Obi-Wan per combattere l'impero.
  4. il Punto Medio, che è all'incirca a pagina 60, è un punto di non ritorno e anche un momento di profonda motivazione. Dal Punto medio in poi, il protagonista porta avanti con maggiore forza le azioni, il conflitto s'intensifica e il ritmo narrativo si accelera fino a quando non viene raggiunta la Crisi.
  5. la Crisi è il punto più basso, un evento che impone una decisione chiave che porta alla conclusione della storia. La crisi, il momento in cui tutto sembra perduto, è il punto in cui il protagonista si trova di fronte a una decisione cruciale.
  6. il Climax è la prova di forza, è il faccia a faccia finale tra protagonista e antagonista.
  7. la Realizzazione si verifica quando il lettore o il pubblico vede che il protagonista è cambiato o ha realizzato qualcosa.

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A differenza di Field e di Trottier, Cristopher Vogler, nel suo Il viaggio dell'eroe, permette un vero approfondimento del personaggio.

La teoria di Vogler proviene da lontano, da studi psicologici e antropologici come quelli di Carl G. Jung, Mircea Eliade, Theodore Gaster, Heinrich Zimmer e Joseph Campbell.

Ne Il viaggio dell'eroe, Cristopher Vogler definisce la funzione psicologica e drammatica dell'eroe e spiega la diversa tipologia di ogni archetipo.

Il viaggio dell'eroe è la metafora di un viaggio interiore di profonda trasformazione che eroi in ogni tempo e luogo hanno avuto in comune. Le tappe che l'eroe segue durante il suo percorso sono dodici:

  1. il mondo ordinario;
  2. il richiamo verso l'avventura;
  3. il rifiuto dell'avventura;
  4. l'incontro con il mentore;
  5. l'attraversamento della prima soglia;
  6. le prove, gli alleati e i nemici;
  7. l'avvicinamento alla grotta più recondita;
  8. la prova suprema;
  9. la ricompensa o l'impadronirsi della spada;
  10. la strada del ritorno;
  11. la rinascita;
  12. il ritorno con l'elisir.

Il percorso disegnato da Vogler è ciclico

Come scrivere una sceneggiatura – Strutture e paradigmi

ma può essere disposto sull'asse del tempo dei tre atti:

Come scrivere una sceneggiatura – Strutture e paradigmi

Chiudo questa puntata di Come scrivere una sceneggiatura con la frase scherzosa di William Somerset Maugham: «Vi sono tre regole fondamentali per scrivere un romanzo. Per sfortuna nessuno sa quali siano».

Con questa battuta di certo non voglio sottovalutare gli studi da me citati sopra, ma piuttosto desidero osservare che talvolta un metodo che funziona per uno scrittore può non funzionare per un altro, quindi ciascuno di noi deve imparare a riconoscere qual è il metodo più congeniale a sé stesso.

Nella prossima puntata di Come scrivere una sceneggiatura applicherò queste regole e sceneggerò, facendo degli esempi, la novella di Émile Zola, Angeline o la casa infestata.

di Paola Paoletti  per sulromanzo.it