Il film Accattone (1961) rappresenta l’esordio alla regia di Pasolini, e costituisce un’opera densa di contrasti: è insieme sobria e terribilmente violenta, è poetica e brutale, parla di prostituzione, malavita, innamoramento, amore, ravvedimento e riscatto — ma lo fa con un linguaggio che non è consolatorio né moralista. Lo spettatore resta diviso: turbato da ciò che vede, attirato da ciò che sente. Cercheremo di comprendere perché questo film continui a esercitare fascino e disagio, cosa ha da insegnare a chi lo vede oggi, e quali sono gli aspetti tecnici e simbolici che lo rendono una pietra miliare del cinema italiano. Analizzeremo dieci grandi sezioni tematiche per offrire una visione approfondita del film.
Contesto storico, sociale e culturale
Questo film emerge in un’Italia che sta vivendo la transizione, il boom economico incombente, le borgate romane come retroterra dell’urbanizzazione, i sub-proletari e gli «ultimi» che restano ai margini. Pasolini ambienta la vicenda nelle borgate romane, tra ragazzi di vita, prostituzione, marginalità.
Tecnica della location e della realizzazione
Pasolini utilizza ambientazioni reali, esterni delle borgate, attori non professionisti (ad esempio Franco Citti nel ruolo di Accattone) e uno sguardo che richiama il neorealismo, ma che si distacca radicalmente da esso per tono e intenzione.
Qui il film non celebra la speranza del neorealismo, né la redenzione facile: piuttosto documenta una condizione esistenziale.
È utile tener presente che Pasolini stesso dichiara che “non è un film di protesta politica” ma “religioso ed esistenziale”.
Il protagonista, la figura di Accattone
Il nome stesso “Accattone” (letteralmente “mendicante”) suggerisce una condizione di bisogno, di dipendenza, di sguardo rivolto all’esterno.
Vittorio Cataldi, il protagonista, è un lenone che vive dello sfruttamento della prostituta Maddalena, non riesce o non vuole inserirsi nella società “normale”.
Il suo percorso non è un’ascensione: piuttosto una discesa, un tentativo di riscatto che rimane incompiuto. Come rileva la critica: «Accattone è la storia di un emarginato che tenta di entrare nella società normale ma, per propria natura, non riesce a restarci».
Il corpo-spettacolo e la lingua
Pasolini filma il corpo di Accattone: il viso scarno, le mani graffiate, la camminata, la catena che porta al collo. In parallelo, la lingua romanesca, la parlata popolare, la situazione di marginalità. Questo connubio corpo-lingua rende il personaggio vivido e controverso.
Prostituzione e malavita: materia visiva e morale
Il film non si limita a mostrare la prostituzione e la malavita come fenomeni di superficie: li inserisce in una dinamica umana, esistenziale. Maddalena, la prostituta, è il mezzo – e anche il limite – del sistema di Accattone. Quando lei finisce in carcere, il suo mondo implode.
Pasolini mostra lo sfruttamento, la violenza, la mancanza di scelta, ma evita il facile pietismo: il protagonista non è una vittima ingenua, ha responsabilità e complicità.
Il senso del contesto urbano
Le borgate romane, gli spazi degradata, i vicoli, i bar, i cortili sono protagonisti. La città non è solo sfondo: è co-attore. Pasolini filma queste aree con una lente quasi antropologica, ma anche simbolica.

Amore, innamoramento e desiderio di riscatto
In un mondo dominato dal bisogno, dal ricatto, dal riciclo della marginalità, emerge un impulso: l’innamoramento. Accattone incontra Stella, una ragazza ingenua e verace, e vorrebbe trasformare la sua vita, metterla a reddito — ma anche provare a salvarla.
È un amore complicato, contaminato: desiderio, uso, illusione, sogno. E in questa zona grigia Pasolini mostra la fragilità del riscatto.
L’amore come sogno e come trappola
Stella appare come la speranza; tuttavia, il mondo in cui entrano non consente facili vie d’uscita. Il desiderio di riscatto si intreccia con la forza dell’ambiente, della logica dello sfruttamento, e alla fine la speranza viene tradita o si frantuma.
Il tema del ravvedimento e del fatalismo
Una delle chiavi meno evidenti ma centrali del film è la tensione tra il desiderio di cambiamento e la condanna al destino. Pasolini non mostra un riscatto totale: la grammatica del film suggerisce che Accattone è «gettato» nella sua condizione, come direbbe Heidegger, e la sua uscita è più un’illusione che un reale cambiamento.
L’epilogo, che vede il personaggio forse morire, è meno un trionfo che una fine inevitabile.
Il sacro sotto la pelle del profano
Pasolini spesso interpreta la marginalità come liturgia del rifiuto — la musica di Bach diventa colonna - non un decorativo sottofondo - ma strumento che innalza al livello di rito ciò che appare profano.
Lo stile visivo e narrativo – un nuovo neorealismo
Pur attingendo al neorealismo (attori non professionisti, location reali, lingua di borgata), Accattone va oltre. Le inquadrature sono contemplate, la macchina da presa indugia sui corpi, sui gesti. Ambienti che sembrano quadri rinascimentali, pause che diventano meditazione.
Il ritmo non è quello del melodramma: è tempo dilatato, momento dopo momento, attesa, fatalità.
Tecnica: luce, inquadrature e montaggio
Il film, girato in bianco e nero, lascia spazio alle ombre delle borgate, alle superfici grezze del cemento, al viso segnato del protagonista. La cinepresa talvolta è fissa, talvolta segue il vagare dei personaggi, talvolta sembra quasi decentrata, come osservatrice. Il montaggio non corre, permettendo allo spettatore di respirare la miseria, la condizione di sospensione.
Tecnica: suono, musica e simboli
La scelta di utilizzare la musica di Bach, tanto in contesti popolari, quanto in scene di strada, crea una dissonanza – o meglio, una tensione – tra il sacro ed il profano. Pasolini stesso dice che la musica serve a mettere lo spettatore in guardia: “non si tratta di una bagarre di stile neorealista folkloristico, ma di un combattimento epico che si conclude nel sacro”.
Il pubblico diviso: perché turbato e perché conquistato
Questo film non cerca di compiacere. È crudo, diretto, mostra uno spaccato umano spesso taciuto. Molti spettatori dell’epoca non erano pronti a vedere l’Italia “che non conta”, le borgate, la prostituzione senza filtri. Eppure, quelli che si sono lasciati coinvolgere lo hanno trovato potente, vero, poetico. Il divario nasce perché Accattone non dà risposte semplici, non edulcora, non moralizza in modo banale.
La bellezza formale (il quadro visivo, le inquadrature, la musica) contrasta con il contenuto brutale. Quel contrasto, quella tensione, è parte della lezione che il film ci offre.
Temi di riflessione e insegnamenti per oggi
Cosa possiamo trarre oggi da Accattone? Alcune idee:
- L’importanza di dare voce agli “ultimi”, ai margini, senza scivolare nella pietà facile o nel sensazionalismo.
- Il modo in cui l’ambiente sociale, urbano, economico, determina le vite individuali.
- Il tema della responsabilità: Accattone non è vittima pura, ha scelte, anche se limitate.
- Il desiderio di riscatto che è reale ma fragile, e che si infrange spesso contro le strutture materiali e simboliche della vita.
- Il cinema come forma di poesia applicata alla realtà – non solo documentario, non solo denuncia, ma visione metaforica.
- Il contrasto tra sacro e profano, tra il bisogno di redenzione e la condanna della strada.
- Il modo in cui il film anticipa questioni ancora oggi vive: marginalità urbana, sfruttamento, sessualità, senso di esclusione.
Criticità e limiti da valutare
Come tutte le opere complesse, Accattone presenta anche limiti. Alcuni spettatori possono sentirsi estranei o respinti dal ritmo, dalla lingua, dall’assenza di catarsi facile.
Tra le criticità più rilevanti ci sono: la scarsa “azione” nei termini tradizionali, la figura del protagonista talvolta ostica, il finale che non dà risposte nette, la visione che può risultare troppo statica.
Un’analisi critica non toglie il valore dell’opera: lo arricchisce.
L’eredità cinematografica e culturale
Accattone segna l’avvio di una poetica pasoliniana che attraverserà l’intera sua produzione: l’interesse per i marginali, per la parola popolare, per la borghesia che ignora gli umili, per la sacralità nascosta nella quotidianità più spoglia.
Il film è stato inserito tra i “100 film italiani da salvare”.
Ha influenzato il modo di rappresentare le borgate, i sottoproletari, e ha aperto la strada ad un cinema che non ha paura della crudeltà formale e morale.
Modalità di visione attiva: come apprezzarlo e studiarlo
Per chi desidera comprendere davvero Accattone, suggeriamo di:
- Osservare il volto di Accattone in relazione agli spazi: come il corpo occupa la scena, come si muove nelle strade.
- Notare le sequenze in cui la musica appare: perché è usata, in che contrasto è con l’immagine.
- Prestare attenzione ai silenzi, alle pause, agli attimi in cui non accade nulla apparentemente — e invece tutto accade.
- Rilevare il linguaggio popolare: parole, espressioni dialettali, il tessuto sociale.
- Riflettere sulle dinamiche di potere e sottomissione: tra Accattone e Maddalena, tra Accattone e Stella, tra il protagonista e la “società”.
- Chiedersi: cosa significa riscatto? Quali sono gli ostacoli materiali e simbolici alla trasformazione?
- Capire che il film non offre facili consolazioni: è più una meditazione che un “finale” rassicurante.

In definitiva, Accattone è un film che parla forte e resta, forse, un pò fuori dal tempo “comodo” del cinema mainstream. È duro, fragile, poetico, brutale e insieme pieno di grazia. Per chi ha bisogno di capire l’argomento ed approfondirlo, suggerisce che il cinema può essere testimonianza e metafora, che la marginalità non è solo un tema sociale ma anche esistenziale, che l’amore ed il desiderio di riscatto si scontrano con le condizioni materiali della vita. Questo film non dà risposte facili: ma insegna - con pudore e brutalità insieme – a guardare, a sentire, a riflettere.
Punti positivi del film
Ecco i punti che ne mettono in evidenza il valore:
- Ambientazione autentica e potente delle borgate romane.
- Interpretazione intensa e non convenzionale di Franco Citti.
- Uso della lingua romanesca che conferisce verità ai dialoghi.
- Scelte visive originali: inquadrature che sembrano dipinti.
- Ambiguità morale del protagonista: non santo, non cattivo puro.
- Tensione tra sacro e profano ben calibrata.
- Suono e musica (Bach) in contrasto con l’immagine: livello simbolico elevato.
- Ritmo narrativo che privilegia l’attesa, la sospensione.
- Fotografia in bianco e nero che accentua la crudezza e la poesia.
- Come opera d’esordio di Pasolini, anticipa la sua poetica e mostra la sua cifra autoriale.
- Il tema del riscatto e della sua fragilità trattato con delicatezza e durezza.
- Il coraggio di mostrare il mondo della prostituzione e della marginalità senza edulcorazioni.
- L’assenza di facili moralismi: lo spettatore è invitato a riflettere, non a condannare passivamente.
- Il rapporto tra il personaggio e l’ambiente urbano: l’architettura delle borgate come simbolo di emarginazione.
- I personaggi secondari che arricchiscono la rete sociale: amici, prostitute, famiglia, città.
- Il finale che non chiude in modo confortante: lascia domande aperte.
- La presenza di momenti di grande poesia visiva (contatti con cielo, acqua, strada) che elevano la narrazione.
- L’efficacia del titolo: “Accattone” come parola-chiave di condizione umana.
- Il contrasto tra la voglia di vita e la costrizione dell’ambiente.
- Il film come documento storico e insieme come poema universale sull’emarginazione.
Punti critici del film
Ecco gli aspetti che possono essere considerati critici o discutibili:
- Il ritmo lento può risultare difficile per alcuni spettatori.
- La figura di Accattone è talvolta poco “simpatica”: rende complicata l’immedesimazione.
- Mancanza di sviluppo drammatico “tradizionale”: può risultare frammentario.
- Le pause ed i momenti contemplativi possono essere letti come staticità.
- Alcune inquadrature e movimenti di camera sono stati criticati come “imperfetti”.
- Il finale aperto può risultare frustrante per chi cerca una catarsi.
- Alcuni personaggi femminili sono marginali, più come soggetti che come agenti autorevoli.
- La tematica della prostituzione e della malavita è vista dal punto di vista maschile dominante.
- Il film richiede un pubblico disposto a riflettere: non è un intrattenimento leggero.
- In alcune scene la qualità dell’audio o della registrazione riflette i limiti tecnici dell’epoca.
- Il linguaggio dialettale può risultare difficile per spettatori non romani o non italiani.
- L’assenza di una vera “via d’uscita” può essere interpretata come pessimismo estremo.
- Si rimane poco nel mondo borghese o “normale”: lo spettatore che cerca contrappunti o contrasti potresti sentirsi escluso.
- Alcuni critici ritengono che la “leggibilità” simbolica sia eccessiva, rendendo il film troppo denso per il pubblico generale.
- Il personaggio di Stella, pur simbolica, resta un po’ meno sviluppato rispetto ad Accattone.
- La rappresentazione della marginalità rischia di essere percepita come “esportata” alla riflessione, più che vissuta.
- La visione estetica – che eleva le borgate a “quadro” – potrebbe essere letta come estetizzazione della miseria.
- Alcuni spettatori possono sentirsi alienati dalla mancanza di una speranza concreta.
- La mancanza di una forte colonna sonora popolari limita l’accesso emotivo immediato.
- Il film richiede un contesto storico/culturale per essere pienamente compreso; senza di esso, parte della forza simbolica può perdersi.
Note e particolarità
- Pasolini ha collaborato con Sergio Citti per la sceneggiatura, e Citti appare in un ruolo di cameriere.
- Il film fu presentato alla Mostra di Venezia, suscitando fin da subito reazioni miste, tra ammirazione e scandalo.
- Il titolo richiama non solo la figura del mendicante concreto, ma la condizione morale di chi reclama, di chi vive “di elemosina” sociologica ed affettiva.
- Pasolini considerava la musica di Bach non come colonna sonora decorativa, ma come elemento ritmico e rituale che innalza il film a un piano sacro.
- La cinepresa in alcune sequenze lascia che lo spettatore assista senza commento: la soggettività è ridotta, lo stile è osservazione poetica.
- Il film segna la volontà di Pasolini di unire letteratura, poesia e cinema: come uno scrittore/poeta che entra nel medium filmico.
- In termini di genere, Accattone è insolito: non è melodramma, non è puro neorealismo, non è gangster movie: è un dramma esistenziale ambientato ai margini.
- L’uso del bianco e nero accentua la materialità della scena: non c’è abbellimento, c’è solo realtà cruda e vista con un occhio lirico.
- Per lo spettatore contemporaneo, il film può risultare “distante” nei tempi e nei costumi, ma proprio questo distacco offre la possibilità di riflessione sulla continuità delle condizioni umane marginali.
- È un film da rivedere: ad ogni visione, emergono nuovi dettagli – un volto, un silenzio, una sequenza di strada – ed il senso muta.










