I giovani filmmaker prediligono il cortometraggio di genere Drammatico perché offre la possibilità di approfondire idee e realtà emotivamente e con chiarezza narrativa pur in un formato breve. Questo genere è più accessibile ed economico da produrre rispetto ad altri (es. azione o fantasy), potendosi così concentrare sui personaggi e sui loro conflitti. Se guardiamo i corti che circolano in scuole, workshop, festival studenteschi ed online, una tendenza è chiara: il Drammatico domina. Non è (solo) moda.
Ci sono ragioni pratiche, creative, strategiche e psicologiche che spingono un esordiente a preferire il dramma rispetto a realizzare un cortometraggio di genere Commedia, Fantasy o Romantico. Infatti i drammi hanno una maggiore risonanza critica nei festival, aumentando le opportunità di visibilità per gli esordienti.
Perché tanti giovani filmmaker scelgono il Dramma
Ecco un’analisi delle motivazioni — con pro, contro e consigli operativi.
1) Ragioni economico-produttive: il dramma costa meno a parità di impatto
- Meno set e meno oggetti di scena
Il dramma vive di relazioni e conflitti più che di mondi o gag elaborate. Si può girare in una stanza, un cortile, una casa reale: produzione leggera, permessi essenziali. - Trucco ed effetti ridotti
Niente creature, prostetici, wirework o VFX: il denaro finisce dove conta per un corto low budget (suono, attori, luci “motivated”), non in reparti costosi. - Attrezzatura “basic” sufficiente
Con una mirrorless/DSLR e 2–3 ottiche luminose puoi creare immagini credibili; il dramma tollera grana, handheld, luce naturale, mentre Fantasy e Romantico spesso richiedono coerenza estetica più curata (e costosa). - Tempi di set più brevi
Meno cambi costume/luogo/effetti = giornate più corte, più take sugli interpreti, più spazio per la regia degli attori.
2) Ragioni creative: il dramma massimizza ciò che un esordiente ha già
- Gli attori come effetto speciale
Il dramma valorizza volti, sguardi, silenzi. Se hai due interpreti bravi, hai già il 70% del film. Nella Commedia il timing è rarissimo; nel Fantasy l’attore deve “credere” a ciò che non esiste; nel Romantico serve chimica realistica (non garantita). - Materiale per la “reel”
Per attori, DOP, montatori e registi, il dramma fornisce scene forti da showreel (monologhi, confronti); una gag comica isolata o un bacio ben illuminato “pesano” meno in selezioni professionali. - Temi “alti” con mezzi “leggeri”
Traumi, identità, famiglia, precarietà, migrazione, salute mentale: sono temi universali e non richiedono apparati spettacolari per commuovere o far pensare.
3) Ragioni formative: il dramma è palestra di regia e montaggio
- Direzione attori
Impari l’ascolto, il subtesto, la gestione delle pause — competenze trasferibili ad ogni genere. - Grammatica di base
Campi, controcampi, raccordi d’azione, J/L-cut: il dramma ti costringe a farli bene senza nasconderti dietro all’effetto. - Scrittura più accessibile
Un conflitto chiaro (desiderio vs ostacolo) si articola in pochi luoghi. La Commedia pretende setup/payoff millimetrici; il Fantasy domanda worldbuilding; il Romantico chiede dinamiche credibili di coppia.
4) Ragioni strategiche: festival, selezioni, bandi
- Compatibilità con i festival “di ricerca” e accademici
Molte selezioni privilegiano lavori autoriali, intimi, sociali: terreno naturale del dramma. - Durate medie
Un dramma da 8–12 minuti è spesso più accettato di un Fantasy che, per funzionare, vorrebbe più respiro ed un maggior budget. - Pitch più semplice
Un logline drammatico è immediatamente comunicabile (“una figlia affronta il padre dopo…”) rispetto a un mondo fantasy complesso da spiegare in 20 secondi.
5) Ragioni psicologiche e culturali: il presente pesa
- Urgenza espressiva
I giovani autori spesso partono da esperienze personali (lutto, precarietà, ansia sociale). Il dramma offre catarsi credibile. - Serietà percepita
C’è l’idea — giusta o sbagliata — che il dramma sia “più cinema”. Può essere un bias, una tendenza, un credo ma incide sulle scelte iniziali.
6) Ragioni tecniche di post: il dramma “regge” anche in home-studio
- Color grading tollerante
Palette naturali, skin tone al centro, deviazioni contenute: meno necessità di look complessi. Fantasy/Romantico spesso chiedono coerenze cromatiche e glow/halation gestiti con cura (filtri, VFX, pipeline ACES). - Sound design centrato su dialoghi e spazio
AMB (suoni d'ambiente) e foley (tecnica di post produzione per passi o rumori creati successivamente) credibili bastano. Niente soundscape fantastici o mickey mousing comico da laboratorio.
*** Confronto diretto con gli altri generi
A) Perché non la Commedia?
- Difficoltà altissima di timing: un micro-ritardo nell’actor’s cue o nel butt-cut (unioni fluide di battute o transazioni audio) e la gag cade.
- Culturalmente specifica: ciò che fa ridere in una classe sociale può non funzionare in un'altra, oppure in un festival internazionale.
- Casting complicato: bravi attori comici sono rari; dirigere comicità richiede metronomo (ritmo e cadenza nel montaggio) e riscritture continue.
- Montaggio “spietato”: il pubblico perdona un’emozione non perfetta, non perdona una battuta moscia.
Quando sceglierla comunque: solo se hai test prolungati con il pubblico, un ensemble comico ed un autore abituato a riscrivere sul set ed in montaggio.
B) Perché non il Fantasy?
- Worldbuilding costoso: scenografie, costumi, props, VFX, creature, HUD: anche “poco” costa.
- Coerenza visiva: serve art direction solida; il minimo errore spezza la sospensione dell’incredulità.
- Pipeline tecnica: previsualizzazione, VFX supervision, clean plate (riprese perfette per basi di sfondi), tracking, render; time sink (allungamento dei tempi) in post produzione.
- Rischio “fan film”: senza budget, il linguaggio rischia di sembrare derivativo ed elementare.
Quando sceglierlo comunque: solo se riduci il mondo a un singolo dispositivo o ad un vincolo visivo forte (bussola che mente, stanza che cambia gravità) e costruisci tutta la tua storia intorno a quello.
C) Perché non il Romantico?
- Dipendenza da “chimica”: se la coppia non funziona, non c’è regia che salvi tutto il girato.
- Cliché in agguato: dialoghi zuccherosi, montaggi-musicali standard, finali prevedibili.
- Location e “mood”: caffè, tramonti, città “fotogeniche”: costi/permessi/affollamento.
- Tono fragile: un passo falso nel kitsch e perdi di credibilità.
Quando sceglierlo comunque: solo con micro-situazioni autentiche (imbarazzo, piccoli fallimenti), e una regia sull’ascolto più che sull’estetica.
* Obiezioni e limiti: il dramma non è un lasciapassare
- Rischio di omologazione: troppi corti simili (litigio familiare, lutto, malattia). Devi trovare angolo di vista e voci diverse.
- Gravità di facciata: temi “importanti” senza esperienza reale possono suonare didattici o “tesina” di cinema.
- Falsa facilità: dirigere emozioni complesse non è più semplice di coreografare una gag comica.
* Come distinguersi con un dramma a basso budget (checklist rapida)
- Idea in una frase non psicologismo generico (“Una volontaria di pronto soccorso deve scegliere se…”)
- Conflitto attivo: niente “persone che parlano del problema”, ma decisioni e relative conseguenze.
- Limita i luoghi (1–3), e massimizza il tempo per gli attori.
- Dialoghi asciutti, dai spazio a silenzio in scena e ad azioni significative.
- Suono pulito: investi in presa diretta; il dramma è nell' orecchio prima che nell'occhio.
- Montaggio emotivo: J-cut per anticipare stati d’animo, hold sulle reazioni, ellissi sui passaggi logistici.
- Un segno visivo coerente (luce, palette, un oggetto totem) può aggiungere senso alla storia.
- Finale risolto emotivamente, non per forza “spiegato”.
* Quando, invece, vale la pena uscire dal drammatico
- Hai un’idea comica che ha già fatto ridere in più contesti e sei disposto a riscrivere più volte fino all’ultimo momento per migliorare il tutto.
- Hai un vincolo fantastico semplice ma potente che puoi realizzare con pochi VFX mirati.
- Hai due interpreti con chimica naturale e vuoi esplorare la tenerezza del quotidiano senza zucchero.
I giovani filmmaker scelgono il Dramma perché ottimizza il rapporto impatto/costo, offre materia per crescere tecnicamente e artisticamente, dialoga con festival e bandi, e permette di raccontare urgenze personali con mezzi limitati. Non è l’unica via, ma è la strada più percorribile per un esordio solido. La chiave — qualunque sia il genere — resta una: chiarezza di conflitto, verità recitativa, precisione di montaggio. Se hai queste tre cose, il pubblico ti seguirà ovunque.
N. B.: L'immagine iniziale è tratta dal cortometraggio di Antonio LOSITO intotolato: PAPPO E BUCCO











