nuvole strane 0Nel mondo della sceneggiatura, spesso si cercano frasi chiare, funzionali, dirette. Ma a volte, una frase strana, dissonante od apparentemente assurda diventa la scintilla perfetta per creare un mondo narrativo intero. "Che sapore hanno le nuvole?" è una di quelle frasi che non si spiegano subito, ma che evocano atmosfera, desiderio, mistero.

In questo articolo esploriamo:

  • L’uso delle frasi strane nella costruzione narrativa.
  • Come impiegarle per avviare cortometraggi o scene memorabili per lo spettatore.
  • Diamo tre esempi di base per cortometraggi costruiti intorno a frasi fuor di logica.

L’utilità delle frasi strane in sceneggiatura

1. Aprono un universo

Una frase apparentemente surreale può:

  • Stimolare una domanda poetica o filosofica
  • Sconvolgere l’ordine logico e rendere intrigante una scena banale

2. Rivelano il personaggio

Una frase insolita rivela:

  • Una visione diversa del mondo
  • Una fragilità, una malattia, un sogno, un trauma, un qualcosa fuori dall'ordinario

3. Sono strumenti per dialoghi memorabili

  • Frasi strane restano impresse più di qualsiasi battuta di raccordo
  • Creano ironia, poesia, inquietudine o tenerezza

* Base di cortometraggio 1

Titolo: "Che sapore hanno le nuvole?"

Genere: Drammatico poetico

Logline:

Un bambino che ha perso la madre da molto piccolo, interroga il cielo per ritrovare il suo ricordo, la sua presenza. Un uomo anziano gli risponde.

Personaggi:

  • Leo (11 anni): curioso, silenzioso, pieno di domande esistenziali
  • Arturo (75 anni): ex panettiere, vedovo, scorbutico ma gentile dentro

Descrizione della storia:

Leo si rifugia sul tetto del palazzo ogni pomeriggio, dopo la scuola. Scrive su un taccuino frasi strane. Parla con le nuvole, mentre le osserva: "Le nuvole sanno di menta? Sono fatte di bolle di sapone? Perchè certe volte prendono la forma della mia mamma?". Arturo, il vicino, lo osserva da tempo.

Un giorno gli porta sul tetto una pagnottina calda appena sfornata e gli chiede: "Che ci fai quassù?". Leo risponde: "Cerco il sapore delle nuvole. Voglio sapere se sanno dell'odore della mia mamma". Arturo si commuove, e comincia a raccontargli dei profumi del suo forno, i sogni che fa sulla sua moglie morta. Così pian piano i due stringono un legame silenzioso e potente.

Dialogo chiave:

Leo:
"E se le nuvole avessero il sapore dei ricordi?"

Arturo:
"Allora sarebbe bello morderle quando piove. Per ricordare meglio."

Battute finali:

Leo
(sorridendo):
"Oggi sanno di albicocche. Mamma le adorava."

Temi:

  • Elaborazione del lutto
  • Rapporto tra infanzia e vecchiaia
  • Sapore del ricordo

Altra possibile soluzione:

Leo sale sul tetto una sera e non trova più, prova a cercarlo ma gli dicono che Arturo se ne è andato. Al posto dove si sedevano vicini, trova un sacchetto con una pagnottina appena sfornata ed un biglietto: "Questa sa di nuvole".

* Base di cortometraggio 2

Titolo: "Il piccione filosofico dice no"

Genere: Commedia assurda

Logline:

Un ragazzo insicuro riceve consigli esistenziali da un piccione parlante che compare solo quando lui mente a se stesso.

Personaggi:

  • Tommaso (26): timido, lavora in un call center, ama filosofeggiare ma ha paura di vivere
  • Piccione parlante: voce rauca, accento romano, sarcastico ma saggio

Descrizione della storia:

Ogni volta che Tommaso prende una decisione contro la sua natura (accettare un lavoro che odia, evitare di parlare alla ragazza che gli piace), compare un piccione sul suo davanzale che gli dice: "Sei uno stronzo esistenziale. La vita non ti aspetta. La devi vivere ora."

Il piccione lo guida attraverso situazioni assurde (yoga nel traffico, monologo al supermercato, sfida con un bambino di 5 anni sulla filosofia comparata) fino a portarlo ad un cambiamento radicale.

Dialogo chiave:

Tommaso:
"Tu sei un uccello, non puoi capire."

Piccione:
"Io capisco più di te. Io almeno volo. Tu resti appeso alle tue scuse."

Battute finali:

Tommaso:
"Da oggi, io dico sì."
(Il piccione vola via. E non tornerà più.)

Temi:

  • Crescita personale
  • Autoinganno
  • Ironia esistenziale

* Base di cortometraggio 3

Titolo: "L’ascensore parla solo al contrario"

Genere: Mistero surreale

Logline:

In un condominio, l’ascensore inizia a parlare con frasi strane, ma solo quando scende. Un ragazzo decide di seguirne gli indizi.

Personaggi:

  • Luca (30): curioso, paranoico, solitario
  • Annalisa (27): studentessa, vive al quinto piano, ama i puzzle

Descrizione della storia:

Luca prende l’ascensore un giorno e sente una voce elettronica sussurrare: "La chiave è nell’acqua". Spaventato, prova a riprendere l’ascensore in salita. Nulla. Ma ogni volta che scende, l’ascensore dice qualcosa di nuovo e di sempre più strano.

Luca coinvolge Annalisa, ed insieme cercano di decifrare le frasi. Scoprono un vecchio segreto nel palazzo, legato a un bambino forse scomparso negli anni '80. La ricerca li unisce.

Dialogo chiave:

Annalisa:
"E se fosse solo un vecchio ascensore impazzito?"

Luca:
"O se fossimo noi ad essere impazziti?"

Battute finali:

Ascensore
(voce tenue):
"Grazie per avermi ascoltato."

Temi:

  • Mistero quotidiano
  • Ascolto dell’assurdo
  • Connessione tra persone diverse

Altra possibile soluzione:

Alla fine scoprono che non è l'ascensore a parlare, ma un bambino autistico che vive nel sottoscala e invia audio via bluetooth. Nessuno lo ascoltava mai prima.

Conclusione

Le frasi strane sono chiavi per mondi paralleli. Quando le includiamo in una sceneggiatura, non offriamo solo originalità, ma anche una possibilità di stupore. Il segreto è trattarle con serietà poetica: non sono battute comiche, ma porte che si aprono sulla meraviglia, sul trauma, sull'inconscio.

"Scrivere una frase strana significa rischiare, ma anche seminare una piccola verità sotto forma di sogno."