RISVEGLI

 Abbiamo visto nelle prime lezioni che il primo problema che si incontra cominciando una sceneggiatura, è presentare il protagonista. Molti scelgono la soluzione più ovvia e apparentemente più semplice: mostrare una sua giornata tipo, fin dal risveglio.
L’ora in cui il protagonista si alza, già ci rivela le sue abitudini, la sua casa, il suo modo di lavarsi e di vestirsi, la fretta o la calma con cui fa colazione, ci rivelano altre  cose di lui. Quando raggiunge il posto di lavoro conosciamo anche la sua
occupazione. Questo semplice inizio, adottato in moltissimi film, in realtà non è affatto semplice e spesso neppure consigliabile. Consideriamo anzitutto le controindicazioni:
1. Un attore, e soprattutto un’attrice, non gradisce molto di essere presentato al risveglio. Non abbiamo una bella faccia, appena svegli, e non figuriamo certo al meglio.
2. Le procedure rituali rischiano sempre di rallentare la scena, indugiando in dettagli in realtà ben poco significativi, soprattutto se abituali e consueti.
3. Questo genere di situazione d’apertura è stata usata tante di quelle volte, da essere diventata uno stereotipo e questo non facilita certo chi, fin dal principio, vuole esprimere un proprio stile originale.

Vediamo come sono stati risolti questi problemi nel film di Oliver Stone World Trade Centre (2006). La scena d’apertura è questa: all’alba, come ogni mattino, John McLoughlin (Nicolas Cage), sergente del Dipartimento di Polizia Portuale della città, lascia la propria casa per andare al lavoro. Vediamo il suo risveglio. Non sappiamo ancora nulla del personaggio. L’ora è insolitamente mattutina (non è nemmeno l’alba) dunque (prima informazione) il protagonista fa un lavoro particolare che lo costringe ad un’alzataccia. Una donna giace accanto a lui nel letto matrimoniale, dunque (seconda informazione), non è un single. Non lo vediamo in volto, ma in penombra (l’attore non potrà certo lamentarsi di non apparire al meglio). Rapido stacco. Lo vediamo in trasparenza dietro il vetro della doccia. Quando se ne va, notiamo che sua moglie è sveglia, ma non lo saluta, anzi finge di dormire, e non ha certo un’espressione serena (terza informazione: difficoltà di coppia). Nuovo stacco e vediamo Nicholas Cage in macchina che sta andando al lavoro. Quando ci arriva scopriamo (ultima informazione) che è un poliziotto. 
Dal punto di vista narrativo, la scelta di Oliver Stone si motiva perché il film racconta la giornata dell’11 Settembre. Il pubblico sa già cosa sta per accadere. Il film inizia dalla quiete prima della tempesta. E’ una tranquilla e serena mattina di autunno. Nulla lascia presagire che…
Nel disegno del protagonista e nella sua presentazione graduale, si sottolinea che egli è un uomo comune, un lavoratore. In un film del genere, se lo avessimo presentato fin dal principio in divisa, ci sarebbe apparso come una sorta di eroe, ma non è questo che Stone vuole sottolineare: vuole invece farci capire che c’è una persona come noi, dentro quella divisa. Ecco perché la scena del risveglio è fondamentale (oltre che rapida e stilisticamente impeccabile).

Vediamo un altro esempio, tratto dal film Una vedova allegra, ma non troppo (Married to the Mob, 1988) di Jonathan Demme. E’ la scena del risveglio di Mike (un detective, interpretato da Matthew Modine). Dorme su un letto sospeso (come sul piano superiore di un letto a castello). Si sveglia, si siede e solleva le braccia.
Dall’alto discende una camicia già infilata nella giacca. Mike salta giù dentro un paio di pantaloni appesi a quattro mollette e in un istante si ritrova vestito di tutto punto.
Prima d’uscire, preme un bottone e da un’attrezzatura/dispenser artigianale sistemata lungo il battiscopa delle scale piovono croccantini nelle ciotole dei suoi gatti, disposte una per gradino.
Siamo evidentemente in pieno genere commedia. Il protagonista è presentato come un tipo originale, dotato di una certa ingegnosità. Non vuole perdere tempo, per poter godere di qualche minuto di sonno in più. Non può permettersi molti comfort, ma ha trovato il modo di rendersi più comodo il risveglio. Questo genere di scena è un lazzo codificato (una gag), che origina dal cinema comico muto. Si stacca dal flusso narrativo, è una scena quasi a se stante, uno sketch che nasce da una tradizione.

Nel cortometraggio Sunnyside (1919) Charlie Chaplin lavora in una fattoria dalle 4 del mattino fino a tarda notte. E’ il suo padrone a svegliarsi per primo (alle 3 e mezzo) al solo scopo di buttarlo giù dal letto. Diverse volte, con tutta una serie di piccoli stratagemmi, Chaplin simula di alzarsi e si rimette a dormire. Quando davvero non riesce più a sottrarsi all’insistenza del padrone, si toglie il camicione da notte e scopriamo che sotto è già vestito di tutto punto. Prepara la colazione in gran fretta, piazzando una gallina su una padella in modo che faccia l’uovo già dove deve essere fritto, munge latte di vacca direttamente nel caffé, eccetera. In altre comiche, i protagonisti architettano marchingegni che recapitano i vestiti, servono il caffè, fanno scomparire il letto. Sistemi rozzi, a base di cordicelle, contrappesi, carrucole. Più sono rudimentali, più fanno sorridere. Dal punto di vista della caratterizzazione del personaggio, lo definiscono come povero, ma ingegnoso, e ce lo rendono indubbiamente simpatico. Nel caso di un film dai risvolti comici, che il protagonista si presenti arruffato non è fastidioso, anzi ne aumenta la simpatia.
Il terzo esempio, lo ricaviamo dal film Vero come la finzione (Stranger than fiction, 2006) di Marc Forster con Will Farrell. (Il film va visto anche per l’interessante gioco su Tragedia e Commedia, con spiegazione dei relativi meccanismi narrativi). In
questo caso torniamo a uno dei temi trattati nella precedente lezione, quello delle situazioni tendenzialmente ripetitive. Qui vediamo appunto il risveglio abitudinario del protagonista (che come capiremo poi è un esattore delle tasse). Ma non vediamo solo il risveglio, ma l’intera sua giornata (risveglio/lavoro/nuovamente a letto) montata in un rapido clip. La chiusura è circolare. Si usa anche la voce off (di una narratrice) e delle sovrapposizioni grafiche (numeri e tabelle fiscali) che già ci dicono qualcosa del lavoro del personaggio e di una certa sua maniacalità ossessiva per i numeri. Inoltre le insolite inquadrature (come ad esempio un lavaggio dei denti visto dall’interno della bocca) rendono stilisticamente originale la clip eliminando il rischio di descrivere in modo ripetitivo (e noioso) una situazione di per sé ripetitiva. Dopo questa presentazione circolare, il nuovo risveglio presenta un’inattesa novità. Il protagonista comincia a sentire le voci, o più esattamente, la voce fuori campo che racconta i suoi gesti, prima ancora che lui li compia. L’inizio, dunque, è motivato dal fatto che noi raccontiamo l’abitudine e subito dopo la rottura dell’abitudine. Anche questo tipo di svolgimento ha dei precedenti che risalgono al cinema muto. Anche qui si tratta di un lazzo: il Crude Awakening, cioè il Duro Risveglio. Il protagonista apre gli occhi su una realtà cambiata e noi sorridiamo del suo sconcerto. Nel film Fatty & Mabel Adrift (1919) vediamo due freschi sposi che si sono stabiliti in una casa prefabbricata sul mare. Dei malandrini dissestano i sostegni della casa durante la notte e al risveglio i due sposi si ritrovano con la casa finita in acqua. Nel film Steamboat Bill Jr. (1920), Buster Keaton dorme mentre infuria un ciclone che gli porta via la casa, e si risveglia in pieno tornado. Nel Crude Awakening, lo scarto tra l’abitudine e il cambiamento è totale. E’ così netto e rimarcato da diventare surreale.
E’come se il protagonista si risvegliasse non nella realtà, ma in un incubo. Nel film Il Dormiglione (Sleeper, 1973) Woody Allen si risveglia duecento anni dopo. Ricoverato per un’ulcera, è stato ibernato a sua insaputa. Insomma, qui il tema è
Svegliarsi per trovare tutto cambiato. Il Risveglio è metafora dell’aprire gli occhi su un’altra realtà.

E veniamo così all’ultimo tema classico attinente al Risveglio, cioè il rapporto tra Sogno e Realtà. In questo caso il risveglio viene anticipato dal racconto di un sogno.
E’ un classico di Chaplin: nel sogno sono rappresentati i desideri, le piccole utopie del protagonista, nel risveglio la realtà, per nulla conforme al sogno. Vediamo sogni di questo genere in The Kid(1921), The Gold Rush (1925) e nel già citato Sunnyside.
Particolare importante: l’ambiente del sogno non è un altrove immaginario, è lo stesso mondo del protagonista, ma abbellito come in una favola. In altre parole, in questa variante del Crude Awakening, il protagonista sogna la realtà trasformata, ma al risveglio la ritrova identica a prima e altrettanto affliggente. E’ la sconfitta quotidiana dell’Utopia. Il Risveglio come Fine dei Sogni. La sottolineatura di un elemento drammatico nel comico.
Nei film avventurosi, dove il protagonista è un eroe tutto d’un pezzo, è abbastanza raro che venga presentato al risveglio. Un uomo d’azione, questa è la regola prevalente, va mostrato da subito in azione. Ma ci sono casi in cui una scena di
risveglio può essere importante e collocare meglio il protagonista nel suo contesto ambientale, specie se questo contesto non è qualunque. Un esempio può essere la misera stanzetta modulare, cioè il loculo neo-giapponese micro-abitazione di Bruce Willis ne Il quinto elemento (1997) film di fantascienza di Luc Besson. Attenzione, però. Il protagonista qui al principio è un tassista dalla vita grigia, che solo in seguito si ritrova a dover salvare il mondo. Questo conferma che la scena del risveglio si adatta particolarmente quando vogliamo ritrarre degli individui comuni, con i quali il pubblico può facilmente identificarsi.
Questi esempi possono farvi capire come una scena apparentemente banale come il Risveglio abbia in realtà dei risvolti narrativi e simbolici che non si può fare a meno di considerare, da sceneggiatori, se non si vuole che la scena resti puramente utilitaristica. Le scene puramente utilitaristiche in genere, in un film, sono in realtà inutili. O diventano espressive o è meglio eliminarle.

32° Lezione di Gianfranco Manfredi