I tedeschi avevano appena occupato Parigi.

Tatiana abitava in rue Du Colyseè al n.11

Un elegante palazzo, in una via elegante.

Tatiana aveva uno splendido appartamento arredato da arredatori di grido, la sua stanza da letto era in pelle di pescecane e tutto in quella casa esprimeva buon gusto e lusso discreto.

Il marito di Tatiana era ingegnere ed aveva uno splendido ufficio in un palazzo accanto al famoso albergo Geoges V.

Avevano 2 splendidi cani, un San Bernardo ed un Danese, che soggiornavano tranquilli sui tappeti persiani.

Avevano anche una tenuta fuori Parigi, a Voucresson, ex dimora della celeberrima Sarah Bernard, dove tenevano i cavalli che, entrambi amavano cavalcare.

Non era sempre stato così, erano diventati ricchi grazie ad un favoloso appalto che Paul, l’ingegnere, era riuscito ad avere, da allora il denaro era arrivato copioso e senza troppa fatica.

Tatiana era più giovane di lui, era molto bella e lui l’adorava e la viziava come un padre innamorato della figlia, più che come marito.

Lei era felice e spensierata in quel periodo, passava le sue giornate nelle case di moda e comprando un’infinità di cappellini dalle fogge strane.

Ma non era né superficiale né stupida.

Era diventata in poco tempo la migliore procacciatrice d’affari per il marito.

Alle sue cene andavano tutti volentieri, i soci del marito l’adoravano e le chiedevano di appianare i loro problemi di lavoro organizzando qualche ricevimento, dove tutte le controversie venivano appianate.

Tatiana spesso si sentiva sola, non aveva amiche, la sua bellezza e la sua ricchezza, unite alla gioventù, non la rendevano gradita alle mogli degli amici o colleghi del marito tutte un po’ più vecchie e brutte di lei, gelose del suo fascino e dei loro mariti.

Tatiana non si era montata la testa e svolgeva molte mansioni domestiche da sola, pur avendo 2 cameriere di cui era anche amica, le ragazze le raccontavano i loro problemi e lei le aiutava economicamente, le consigliava e voleva loro molto bene, le cameriere ricambiavano comportandosi in modo ineccepibile durante i ricevimenti e rubando l’argenteria e quanto più potevano.

Un bel giorno Tatiana andò ad aprire la porta e si trovò davanti alcuni militari, indossavano la divisa delle S.S e cercavano suo marito.

Al primo impatto sì spaventò, poi, vedendo tra loro il fratello di una delle sue poche amiche, sorrise e lo chiamò per nome.

Il giovane la guardava come se non la conoscesse e le dava del lei.

Tatiana, avvolta nella sua bella vestaglia di seta che non nascondeva l’elegante pigiama, sgranava i suoi occhini, incredula e continuò a chiamarlo per nome.

Poco dopo si affacciò Paul.

Da quel momento in poi la vita iniziò a girare vorticosamente: I soldati portarono via Paul, lasciando Tatiana ed i suoi occhini sgranati da sola in quella grande casa, che, all’improvviso, era diventata un musei senza senso e senza vita.

Il guaire dei cani riportò Tatiana alla realtà, la porta era ancora aperta, i vicini spiavano dalle porte socchiuse, chiamo’ le cameriere, incredula continuava a ripetere: ‘’Ci deve essere un’errore! Cosa devo fare? da chi devo andare?"

Le cameriere la guardavano inebetite anch’esse.

Una di loro scappò via, l’altra rimase, per fortuna.

Tatiana telefonò alla suocera, non rispondeva nessuno

Telefonò alla cognata, non rispose nessuno.

Telefonò al socio del marito e, piano piano realizzò, che il marito sarebbe stato portato in un campo di concentramento e così anche la cognata e la suocera.

Era rimasta sola.

Anche il socio del marito, con garbo le fece capire che non era prudente frequentarla in quel momento.

Conobbe alcune signore che stavano vivendo quell’incubo, erano donne distrutte dal dolore, dalle notti insonni passate a piangere e supplicare nel tentativo di salvare i loro uomini.

Nessuna di loro c’era riuscita.

Tatiana poi non era ben vista in quel mare di dolore coi suoi tacchetti, i suoi cappellini ed i suoi vestiti costosi, e poi lei non piangeva, non urlava, non era spettinata, non sembrava soffrire quello che soffrivano gli altri.

Tatiana capì che anche quella non era la direzione giusta, non l’avrebbero potuta aiutare.

La donna di servizio le diceva: "Signora, non può andare a supplicare di avere un’udienza vestita così, è troppo appariscente, la gente la critica, sparla di lei".

Lei rispondeva: ’’quelle vestite di nero hanno riportato i mariti a casa?"

La cameriera rispondeva: "Solo al quartier Generale potrebbero fare qualcosa, ma non fanno entrare nessuno".

‘’Sai come si chiama il capo?" disse Tatiana

‘’Sì, Signora, una mia amica lavora là dentro, ma non riceve nessuno, è uno strazio vedere tutte quelle povere donne cacciate via senza pietà"

Tatiana, la mattina seguente, si vestì e si truccò con particolare attenzione, passava e ripassava il rimmel sulle sue lunghe ciglia e le separava scrupolosamente passandovi un ago per dividerle ad una ad una.

La cameriera la guardava e commentava tra sé ’’questa è proprio matta, si vede che non le frega niente di quel poveretto!"

‘’Roba da matti! Truccarsi per 2 ore in un momento simile!"

Tatiana si guardò allo specchio, l’abito nero le donava molto e metteva in risalto la sua figura ben fatta, il cappellino con la veletta dava al suo bel visino, la pelliccia di volpe argentata buttata sulle spalle non la nascondeva del tutto

Tatiana uscì di casa e si incamminò velocemente sui suoi tacchi alti verso il QUARTIER GENERALE TEDESCO, la gente la guardava.

La sua andatura sicura non faceva trasparire la tempesta che le sconvolgeva la mente, i battiti del suo cuore, che rimbombavano nelle sue orecchie, non si sentivano.

Giunta davanti al portone, mentre ancora si chiedeva cosa avrebbe detto per riuscire ad entrare, non senza meraviglia vide il piantone scattare sull’attenti ed aprire la porta.

Si voltò per vedere chi stava arrivando, non c’era nessuno tranne la folla di persone respinte in malo modo dai soldati, Tatiana entrò, incredula, riuscì a fare anche un sorriso al piantone.

Era entrata! Non aveva detto una parola ed ora si trovava ai piedi di quella scalinata, non sapeva dove andare ed aveva paura di chiedere, certo l’avevano scambiata per qualcun’altra, e, se avesse chiesto, l’avrebbero scoperta.

Iniziò a salire la scala lentamente, cercando di riordinare le idee e di far rallentare i battiti del suo cuore.

Elegantissimi ufficiali passavano senza darle importanza, così si trovò all’inizio di un corridoio

Sul quale si affacciavano parecchie porte.

Qual’era quella giusta?

Improvvisamente un generale le si avvicinò chiamando: ’’Signora,signora ,dove sta andando?"

Ecco, ora l’avrebbero buttata fuori, forse l’avrebbero arrestata!

Tatiana vacillò, stava per svenire

Il generale premuroso le chiese se si sentiva bene.

Non voleva cacciarla, non le chiedeva chi era né che ci faceva lì.

Tatiana sorrise, sollevò la veletta, puntò i suoi occhini verdi in quelli celesti e gelidi del generale

E disse il nome del capo dei capi, il generale le fece cenno di seguirlo, si fermò ad una porta, bussò e la fece accomodare.

Qualche giorno dopo Paul tornò a casa.

I due si abbracciarono e, senza dire una parola salirono sul calesse e tenendosi per mano fecero correre il cavallo per le vie deserte di Parigi, non avevano freddo, anche se nevicava.

Era la notte di Natale!

Il piantone l’aveva scambiata per una delle amanti dei militari, il generale, vedendola lì, discretamente, non aveva fatto domande, il Capo dei Capi, vedendola arrivare col Generale, pensò fosse raccomandata da lui e non fece troppe domande neanche lui.

Tutto merito del trucco pensò Tatiana felice.