♥ Tutto sulla Tecnica
Il crane, noto anche come gru cinematografica o jib, è un dispositivo meccanico utilizzato nell'industria cinematografica per realizzare riprese aeree fluide e dinamiche. Il crane è essenzialmente una struttura a braccio che permette di sollevare la telecamera in altezza, estendendo il suo raggio d'azione e consentendo movimenti fluidi e precisi in tutte le direzioni.
Il crane può essere utilizzato per ottenere diversi effetti visivi e narrativi:
-
Riprese panoramiche: Il crane può effettuare ampi movimenti di panoramica (movimenti orizzontali) che coprono un vasto campo visivo. Questo permette di catturare scene di paesaggi, spettacoli o eventi in modo immersivo.
La regola dei terzi è un principio di composizione visiva utilizzato nella fotografia e nel cinema per creare inquadrature bilanciate e interessanti. La regola dei terzi suddivide l'immagine in nove parti uguali, utilizzando due linee orizzontali e due linee verticali immaginarie. Gli elementi chiave dell'immagine sono posizionati lungo queste linee o nei loro punti di intersezione, noti come "punti di forza". Ecco come puoi applicare la regola dei terzi:
Il "ciak" è un termine comune nell'industria cinematografica che si riferisce alla clapperboard o slateboard, un dispositivo utilizzato per sincronizzare l'audio e il video durante le riprese. È un elemento essenziale per segnare l'inizio di una scena o di una ripresa e fornisce informazioni cruciali per la fase di montaggio. Ecco alcune informazioni sull'uso del ciak:
-
Identificazione della scena: Il ciak viene utilizzato per identificare in modo univoco ogni scena o sequenza che viene ripresa. Solitamente viene scritto il numero della scena, il numero della ripresa e una breve descrizione della scena stessa.
PRIMA ANALISI DELLA SCENEGGIATURA
Serve una prima lettura per determinare le location di registrazione del film e per elencare tutti i fabbisogni delle varie scene: presenza degli attori, materiali occorrenti, costumi e trucchi necessari, ecc...
SCENEGGIATURA TECNICA
E' la versione della sceneggiatura rivista sotto forma di inquadrature. Contiene tutte le informazioni dettagliate di tipo tecnico sui movimenti di macchina e sul tipo di inquadrature da effettuare (dai primi piani ai campi lunghi). Molto spesso è di aiuto lo storyboard, ovvero le vignette che visualizzano questi dettagli.
PIANO DI LAVORAZIONE PER LE RIPRESE
E' la rappresentazione grafica (fatta anche con programmi tipo excel) del calendario delle riprese del film o del cortometraggio. Contiene informazioni importanti come: data di inizio e di fine delle riprese, numero di giorni previsti (compresi od esclusi i giorni festivi), date ed orari degli impegni dei singoli attori principali e delle comparse.
ORGANIZZAZIONE DELLE RIPRESE
L'organizzazione generale è alla base delle riprese, e comprende attività come le prenotazione degli alberghi per la troupe e per gli attori, prenotazione treni od aerei per arrivo e partenza, auto o camioncini per portare tutti sul set, la scelta di un catering per i pasti sul set (considerando i vegetariani o problemi vari), per finire con il noleggio od acquisto dei materiali necessari alle riprese.
RIPRESE
Sul set, dapprima i tecnici devono preparare i macchinari vari, dalle luci ai binari se servono; la ripresa vera e propria delle scene e delle inquadrature con la telecamera inizia con delle prove per dar modo agli attori di provare la scena ed al regista di aggiustare luci, posizioni, inquadrature, ecc. La ripresa comincia con il controllo finale dell’esposizione, la battuta del Ciak ed il comando “Azione” e termina con il comando di Stop dato dal regista, per finire con una prima analisi della corretta ripresa.
Questa tecnica di ripresa deve il suo nome al regista Alfred Hitchcock che la utilizzò per la prima volta nel suo film "La donna che visse due volte" (1958) col titolo originario emblematico: Vertigo (Vertigine), per creare un senso di vertigine all'attore protagonista James Steward, che soffre di acrofobia (ovvero di vertigini).
L’effetto Vertigo (chiamato pure dolly zoom, ed anche brevemente zolly) è la tecnica cinematografica che consiste in una struttura di alternanza di uno zoom in avanti e di una carrellata all'indietro. Permette di ottenere un forte effetto visivo e psicologico di destabilizzazione. L'effetto può essere costruito pure all'incontrario con uno zoom all’indietro e di una carrellata in avanti,
L'effetto contrario fu utilizzato dal regista Steven Spielberg nel film "Lo squalo" (1975): il capo della polizia Martin Brody interpretato da Roy Scheider è sulla spiaggia affollata e quando l'acqua del mare diventa rossa la sua paura viene visualizzata un potente dolly zoom sul suo volto.
Per dare tridimensionalità a una ripresa cinematografica, è possibile sfruttare una serie di tecniche e strategie per creare una percezione di profondità e spazialità nell'immagine. Ecco alcune delle tecniche principali:
Leggi tutto: Come dare tridimensionalità ad una ripresa cinematografica
Il Ciak è quella tavoletta di legno, oggi anche in plastica, dove si scrivono tante informazioni, come: il nome del regista, il titolo del film, il nome del direttore della fotografia, il nome della produzione, la data di quando si gira la scena, se si sta girando in un interno od esterno, se la scena è ambientata di giorno o di notte, ma soprattutto il numero di scena che si sta girando, e quante volte quella scena è stata girata. Tutte queste informazioni servono al montatore quando si trova tante di scene da montare, prima prese da molte pizze di pellicole, oggi da molti hard disk o schede di memoria, che vengono numerate con un numero che appare pure sul Ciak.
Il compito del ciakkista è quello di gestire la compilazione della tavoletta annotando le cifre riguardanti il numero di scena che si sta girando, l'inquadratura ed il numero di volte che è stata effettuata quella ripresa. Se sentiamo il ciakkista dire "Dieci, due" significa che si sta riprendendo la scena 10 per la seconda volta. SE il regista non è contento del risultato o se uno degli attori si ferma, sbaglia una battuta, bisogna ripetere la scena ed il ciakkista annucerà: "Dieci, tre". E così via.
A volte, una scena deve essere ripresa con 2 o più inquadrature diverse, allora il ciakkista inserisce anche il numero dell'inquadratura che si deve girare, e dirà, ad esempio: "Dieci, due, due", intendendo che si sta riprendendo per la Scena 10, la seconda inquadratura per la seconda volta. SE la ripresa deve essere ripetura, dirà: "Dieci, due, tre", mentre se è perfetta, probabilmente (a secondo di quanto prevede la sceneggiatura) dirà: "Dieci, tre, uno". Semplice, no?
Una figura che è sempre presente in collegamento col ciakkista, oltre che con il regista, è la segretaria di edizione... cioè la figura professionale che si occupa di registrare il risultato di ogni singola ripresa del film (utilizzando il bollettino di edizione), riportando per ogni ciak effettuato il commento del regista (come "buona" o "da riserva") che sarà poi utile nella fase di montaggio.
I "jump cuts" sono una tecnica di montaggio video in cui due o più inquadrature simili o quasi identiche vengono unite, creando un effetto di salto o discontinuità visiva. Questa tecnica può essere utilizzata per creare un senso di dinamismo o per enfatizzare una transizione temporale o emotiva nel video.
Leggi tutto: Aggiungere dinamismo nei video con la tecnica dei jump cuts
La tecnica del "time-lapse" è una tecnica cinematografica che consiste nell'accelerare la riproduzione di un evento che si verifica nel corso del tempo, creando un effetto di passaggio temporale rapido. Questa tecnica è ampiamente utilizzata per mostrare processi lunghi o eventi che normalmente si svolgono molto lentamente, come il sorgere e il tramontare del sole, la crescita di una pianta o il movimento delle nuvole nel cielo.
Ecco come puoi utilizzare la tecnica del time-lapse:
-
Attrezzatura necessaria: Avrai bisogno di una fotocamera (ideale una reflex digitale o una mirrorless) che consenta di impostare manualmente le impostazioni dell'otturatore, un treppiede stabile per mantenere la fotocamera ferma durante le riprese e, preferibilmente, un intervalometro o un telecomando per scattare foto in modo programmato.
-
Scelta del soggetto: Scegli un soggetto interessante o un evento che si svolge nel corso del tempo. Puoi optare per soggetti naturali come il movimento delle stelle nel cielo, il cambiamento delle stagioni o il traffico in una città, oppure puoi creare scene artificiali come la costruzione di un edificio o la preparazione di un pasto.
-
Impostazioni della fotocamera: Configura la fotocamera in modalità manuale per avere il controllo completo delle impostazioni. Imposta la sensibilità ISO al livello più basso (solitamente 100 o 200) per ridurre il rumore nell'immagine. Seleziona un'apertura dell'obiettivo adeguata (solitamente tra f/8 e f/16) per ottenere una profondità di campo sufficiente. Imposta un tempo di esposizione più lungo per catturare la luce nel corso del tempo (tipicamente da 1 a 30 secondi, a seconda della velocità dell'evento).
-
Intervallo di scatto: Decide l'intervallo tra uno scatto e l'altro. Questo dipende dalla durata dell'evento e da quanto veloce desideri che sia il time-lapse. Ad esempio, se vuoi registrare il movimento delle stelle, potresti scattare una foto ogni 20-30 secondi. Se stai catturando il movimento delle nuvole, potresti scattare una foto ogni 2-5 secondi.
-
Stabilità: Assicurati che la fotocamera sia stabile su un treppiede solido e che non venga disturbata durante le riprese. Utilizza anche un telecomando o un intervalometro per evitare di toccare la fotocamera durante lo scatto.
-
Riprese continue: Inizia il processo di ripresa e lascia la fotocamera scattare foto in modo continuo per il periodo desiderato. Può richiedere molto tempo, quindi assicurati di avere batterie sufficienti e spazio di archiviazione per le foto.
-
Post-produzione: Dopo aver catturato tutte le foto, importale in un software di editing video come Adobe Premiere Pro o Final Cut Pro. Organizza le immagini in sequenza e crea un video time-lapse. Puoi regolare la velocità del time-lapse durante la post-produzione per ottenere l'effetto desiderato.
-
Aggiungi musica o suoni: Puoi arricchire il tuo time-lapse aggiungendo una colonna sonora o effetti sonori che si adattano al tuo soggetto.
-
Rendering e condivisione: Una volta completato il montaggio, rendi il tuo video time-lapse in alta risoluzione ed inseriscilo nel tuo cortometraggio per mostrare, ad esempio, il passaggio di tempo tra due scene, oppure l'avvenimento di un fatto particolare... vi ricordate del fiore nel film E.T. L'extraterrestre?
Il time-lapse è una tecnica cinematografica affascinante che può trasformare eventi apparentemente banali in sequenze visivamente sorprendenti e coinvolgenti. Sperimenta con soggetti diversi e tempi di scatto per creare i tuoi impressionanti time-lapse.
Nella realizzazione del nostro cortometraggio, la registrazione del sonoro, più fedele possibile, è decisiva nella realizzazione di un film. Se realizzata in modo negativo, essa può rendere il vostro corto non valido od addirittura inutilizzabile.
Si dice che una corretta realizzazione del sonoro rappresenta quasi il 50% della riuscita di un film. Il fonico è il tecnico che ha il ruolo di registrare i rumori e i dialoghi che accompagnano le azioni che si svolgono sul set.
L'aiuto del fonico è chiamato microfonista, che solitamente attacca i microfoni sugli abiti degli attori, oppure indirizza la Giraffa o Canna, cioè il microfono (direzionale o ambientale) tenuto in alto da una staffa.
Per un fonico è importante anche la registrazione di sottofondo (i rumori). Se stiamo girando in una stanza chiusa, e in un momento di vuoto (in cui gli attori non parlano), viene aperta una finestra, può verificarsi una situazione sonora irreale poiché dal vivo è difficile captare eventualmente il sottofondo del traffico proveniente dall esterno. Infatti spesso i suoni vengono registrati successivamente in sala, dai cosidetti rumoristi.
In produzioni con scarso budget, spesso si tralascia questo aspetto, ma se vogliamo un risultato professionale i rumori o la registrazione di sottofondo diventano determinanti per ottenere un sonoro perfetto.
Solitamente la colonna sonora è registrata in presa diretta, ma alcune volte la registrazione dal vivo può servire solamente come guida per il doppiaggio effettuato successivamente al montaggio delle scene.
dal sito www.mgvideoproduction.it
Ormai, a causa di YouTube, siamo abituati anche in TV a passar sopra a qualche smagliatura nelle riprese. Ma se l'audio non si ascolta, non si capisce, l'attenzione dello spettatore cala e, anziché interessarlo, si finisce per infastidirlo, ottenendo il risultato opposto a quello che ci siamo ripromessi. Quindi, anche nei cortometraggi, se vai nella direzione della presa diretta, è fondamentale che ci sia almeno un microfonista con il boom, magari collegato alla telecamera, ma che si occupi esclusivamente di controllare che il segnale audio sia decoroso e i dialoghi intellegibili.
Come già scritto altrove, nel mio primo cortometraggio ho avuto problemi proprio con l'audio.... mi era stato consigliato dalla scuola di cinema che frequentavo, un ragazzo, "il miglior fonico che avevano" ed io mi sono fidato senza controllare i suoi lavori. Durante le riprese, dopo ogni ciak, chiedevo ad ogni componente della troupe , incluso lui, se tutto era ok, da ognuno ricevevo risposta positiva. Solo alla fine, in fase di montaggio ho trovato la sorpresa: il sonoro, cioè le voci dei due attori priincipali, quelli microfonati, era altalenante, un pò bassa, un pò alta, un pò distorta.... IL FONICO AVEVA DISTRUTTO IL LAVORO DI VARI GIORNI... UNA BELLA SORPRESA FINALE! infatti nessuno ha mai visto il mio primo cortometraggio.
Un bravo regista si riconosce dalla capacità di trasformare semplici inquadrature di un paio di attori sul set in qualcosa di cinematografico, evocativo e talvolta addirittura iconico. Un’operazione questa piena di fascino, quasi un sortilegio. In realtà, queste tecniche sono il risultato della applicazione rigorosa di una serie di principi, per così dire, scientifici con cui il Direttore della Fotografia aiuta il Regista.
Leggi tutto: Le tecniche di ripresa che ogni buon Direttore della Fotografia dovrebbe conoscere
Il ciak dà il “la” alle riprese, ad ogni singola ripresa di ogni singola scena ed è affascinante che una cosa quasi insignificante come un ciak sia in realtà di vitale importanza per capire come assemblare le scene girate.
Un po’ di storia
Il nome “ciak” deriva semplicemente dal suono che produce l’asticella mobile quando viene battuta sulla tavoletta (o lavagna) sulla quale sono riportati i dati principali della scena che sta per essere girata. In origine veniva chiamato clapperboard e la sua paternità viene fatta risalire a Frank Thring che lo utilizzò per la prima volta negli anni 30 nei suoi studi a Melbourne. Come tutte le cose anche il ciak si è evoluto nel corso degli anni: da tavola in legno scritta con il gesso a lavagna nera sempre scritta con il gesso fino ad arrivare alle lavagne in plexiglass scritte con i pennarelli per poi culminare con il ciak “elettronico” con tanto di led luminosi. Le scritte sul ciak sono rimaste praticamente invariate e quindi su questa tavoletta vediamo riportato il titolo della produzione (film, serie TV o cortometraggio che sia), il numero della scena, il numero di volte in cui è stata ripetuta, la macchina -o le macchine- da presa che sono incaricate di riprendere la scena, il nome del regista e del tecnico che riprende, la data della ripresa e l’ambientazione (interno giorno, esterno giorno ecc…).
Motore, ciak, azione!
È questo il grido di rito prima dell’inizio delle riprese di una scena, è questo ciò che risuona in un set per far capire che si sta registrando. Successivamente al grido “Motore!” esclamato dal regista, il ciacchista batte il ciak nell’inquadratura della macchina da presa in modo che si sappia qual è la scena e quante volte è già stata registrata. Facciamo un esempio: 130 quarta vuol dire che di quella serie tv o di quel film si sta girando la 130esima scena e lo si sta facendo per la quarta volta. Sembrerà assurdo ma il numero di volte che viene ripetuto il ciak per una stessa scena dipende da molti fattori: il budget, il regista, le condizioni meteo, gli attori… Il budget e il regista sono, in linea di massima, i due punti principali: con un budget ristretto non ci si può permettere di girare numerose volte una scena, al contrario con un regista puntiglioso si potrebbero fare moltissimi ciak per una stessa scena.
Analizziamo alcuni ciak
Sulla base di ciò che ho illustrato nei due paragrafi precedenti volevo analizzare due foto di ciak che ho trovato su internet. Premetto che uno dei due è di un film spagnolo e l’altro è di una serie TV che deve ancora andare in onda. Sono stata costretta a fare queste scelte riguardo i ciak da analizzare perché, sebbene in rete ce ne siano molti, molto spesso sono difficili da leggere perché poco nitidi o per nulla a favore di camera.
Ciak numero uno:
Partiamo subito con l’analisi del primo ciak: la produzione si intitola “Tu hijo” (prod.) ed è diretta da Miguel Ángel Vivas (director). Il tecnico addetto alle riprese è Pedro J. Márquez (camera), il ciak è stato battuto il 12-2-18 ed è un esterno giorno (day ext., nell’angolo in basso a destra). Passando alle informazioni che riguardano la scena: è la numero 53-3 (scene) ed è la terza volta che viene ripetuto il ciak (take). L’ultima informazione che abbiamo è che la pellicola su cui si sta registrando è la numero due (roll).
Ciak numero due:
Proseguiamo ora con il secondo ciak: si tratta de “Il commissario Ricciardi” (prod.), diretta da Alessandro D’Alatri (director). L’addetto alle riprese è Davide Sondelli (camera), la scena è stata girata il 23-05 del 2019 (date) ed è un esterno giorno (ext day). Passando alle informazioni sulla scena: è la numero 1084-1 (scene), è la prima volta che viene registrata (take) e la camera addetta alle riprese è la A, con il rullino numero uno (roll). Questo ciak ci dà un’altra informazione: la casa di produzione, ovvero la “Clemart s.r.l.”.
Com’è stato analizzare questi ciak? Spero sia stato utile e divertente, per me lo è stato!
Alcune curiosità
- Esistono due tipi di ciak, uno italiano e uno statunitense. Il primo ha l’asticella posizionata in basso mentre il secondo ha l’asticella posizionata in alto.
- La frase completa prima di iniziare le riprese prevede anche l’inserimento della parola “partito” tra “motore” e “ciak” in modo da far capire che si sta effettivamente registrando, nonché l’inserimento della parola “luci” prima ancora di gridare “motore”. In generale, però, il grido più conosciuto prevede solo “motore, ciak, azione!”.
- Alle volte può rendersi necessario un ciak in coda e, quindi, il ciacchista deve attendere la fine della ripresa di quella scena prima di poter battere il ciak nell’inquadratura.
Cosa ne pensate? Conoscevate la storia di questo utilissimo strumento?
Articolo di Ilaria per sarascrive.com
Ciak in coda
Per vari motivi, in certe inquadrature può essere impossibile battere il ciak all'inizio; si effettua allora il ciak in coda, cioè alla fine dell'inquadratura, dopo che è stato dato l'ordine di "Stop": questa variazione è caratterizzata dal ciak tenuto capovolto davanti all'obiettivo.
Se vuoi entrare a far parte del mondo dei filmmaker devi sapere da subito che le riprese realizzate usando uno sfondo verde o blu fanno la differenza, perché ad esso puoi sostituire sfondi personalizzati degni di Hollywood. Segui i consigli di due registi come Martin Vavra e Mitch Apley e poi affidati ad Ultra Key di Adobe Premiere Pro per un risultato da urlo.
Cosa imparerai:
- Cosa si intende per green screen e chroma keying
- Perché usare un green screen
- Breve storia dello schermo verde
- Come funziona il green screen
- Come usare il green screen: suggerimenti e trucchi
- Schermo verde: domande ricorrenti
Cosa si intende per green screen e chroma keying.
Il green screen o schermo verde, detto anche chroma key (che si potrebbe tradurre con intarsio a chiave colore), è una tecnica che viene utilizzata per sostituire lo sfondo di un video. Si gira una scena usando come sfondo un telo di un colore compatto e uniforme, in modo che il soggetto in primo piano sia poi facilmente separabile in fase di postproduzione e lo sfondo possa essere sostituito con ciò che si preferisce.
La scelta del verde dipende dal fatto che in genere non ci sono toni di carnagione o colori naturali di capelli che siano verdi, quindi si rischia meno di cancellare parti essenziali dei soggetti in primo piano durante la fase di ritocco. Si tratta anche di un colore che contrasta con la maggior parte dei nostri oggetti quotidiani. In alternativa si può utilizzare uno schermo blu, che risulta più adatto specialmente quando lo sfondo è scuro, come ad esempio in una scena notturna.
Perché usare un green screen.
Usare uno schermo verde consente di effettuare riprese di persone e azioni e di aggiungere in una fase successiva sfondi, effetti visivi, dettagli che sono difficili da trovare o che magari neppure esistono nella realtà.
Tu giri la tua scena con lo schermo verde e poi, grazie a programmi e software, rimuovi il verde attraverso la tecnica del chroma keying, che è un sistema ormai integrato nella maggior parte dei software di video montaggio e streaming. In fase di post produzione puoi sostituire lo schermo verde con un’immagine fissa oppure con immagini in movimento, come un video, che può persino essere in presa diretta.
Per spiegare meglio di cosa si tratti, possiamo affidarci a una definizione della Infocus Film School, secondo la quale il green screen è una tecnica di effetti visivi, grazie alla quale due immagini o video vengono sovrapposti per ottenere effetti migliori.
I vantaggi di questo sistema sono numerosi:
- Girare in studio con un green screen costa decisamente meno che organizzare viaggi e trasferimenti per una intera troupe.
- Si possono “ambientare” le riprese anche in luoghi normalmente non aperti al pubblico, visto che basta aggiungere in post produzione uno sfondo che ritragga questi luoghi, che siano musei, sedi militari, palazzi privati.
- Con il green screen puoi collocare la tua storia in un mondo avveniristico e basta pensare ai film della serie Matrix per rendersene conto.
- Si riescono a creare personaggi irreali, come animali antropomorfi oppure esseri mitologici, facendo indossare agli attori alcuni abiti del colore del green screen, che poi vengono rimossi in postproduzione e sostituiti da sagome paurose e fantascientifiche elaborate al computer. Per farti un’idea, pensa solo ai draghi e alle creature mostruose del Signore degli Anelli.
Breve storia dello schermo verde.
La tecnica del green screen o chroma keying è nata molti anni fa con l’obiettivo di poter ricreare in studio una qualsiasi ambientazione, che sia reale, come una foresta tropicale, oppure visionaria come un pianeta dello spazio profondo. Il primo ad utilizzarla è stato Larry Butler nel 1940 per il film “Il ladro di Bagdad”, grazie a quale ha vinto l’Oscar per gli effetti speciali.
Anche “L’impero colpisce ancora” di George Lucas ha usato la stessa tecnica e vinto agli Oscar. Dopo i primi successi, questo sistema è stato utilizzata spessissimo nell’industria cinematografica, per simulare il volo di Superman, ad esempio, o per realizzare più velocemente e a costi ridotti alcune delle scene corali di combattimento dei film della Marvel.
Anche la televisione, poi, si è convertita al green screen, che viene sfruttato, ad esempio, per le previsioni del tempo, sostituendo allo schermo verde la mappa con le perturbazioni, oppure nei dibattiti televisivi.
Di recente, infine, molti influencer, youtuber e twitcher hanno iniziato a sfruttare questo sistema per rendere i loro video più interessanti, ponendo sullo sfondo immagini, se non addirittura video degli sponsor che rappresentano.
Come funziona il green screen.
Se la teoria è chiara, passiamo ora all’aspetto pratico. Come funziona il green screen? Quando avrai completato le riprese, devi importare i file nel computer, che dovrà avere un programma per il montaggio come ad esempio Adobe Premiere Pro, che è uno dei più usati anche in ambito green screen. Cerca di procedere secondo questi passaggi.
1. Per prima cosa controlla il colore del tuo video e se necessario procedi a lavorare sulla nitidezza, il contrasto e la saturazione.
2. Il secondo momento prevede di cancellare il verde, usando appunto la funziona del Chroma Keying. Attraverso questo comando, qualsiasi cosa con la specifica tonalità di colore verde viene separata da tutto il resto della cornice e diventa trasparente.
3. L’ultima fase è quella della scelta del nuovo sfondo, che può essere un’immagine fissa oppure un video e che va posizionata sotto la clip video che hai “ripulito” dal verde. In questo modo il nuovo sfondo apparirà dietro il soggetto, che si trova in primo piano.
Come usare il green screen: suggerimenti e trucchi.
Per usare al meglio il green screen devi tenere conto anche di una serie di accorgimenti, che potrebbero contribuire a rendere migliore il risultato dei tuoi video. I “trucchi” che seguono sono stati definiti dai nostri esperti Martin Vavra, Mitch Aplin e Gerry Holtz
Crea un perfetto green screen.
Se vuoi creare uno schermo verde perfetto, hai diverse possibilità. Puoi usare una parete, un pannello mobile, un telo a tinta unica che vengono collocati dietro ad uno o più dei soggetti che hai intenzione di filmare.
Alcuni creativi hanno anche pensato di riprendere i loro protagonisti davanti a un green screen prodotto con liquido verde: una scelta originale! Va detto che in commercio esistono una serie di kit per il green screen cui ci si può affidare, ma non sempre si tratta di strumenti di qualità elevata.
Per tale ragione, se decidi di percorrere questa strada, il consiglio è quello di puntare su strumentazioni di buon livello. Qualunque sfondo tu scelga, ricorda che il colore verde che lo caratterizza deve nascondere tutto il resto e diventare uniforme, quasi piatto, senza nessuna ruga o increspatura, ma anche senza riflessi o luci che possano modificare il suo effetto.
Illumina la scena.
Secondo Martin Vavra conviene affittare due luci da 1000 watt per illuminare un qualunque schermo verde. Ti conviene anche procurarti un sistema di diffusione, come ad esempio Softbox, perché la luce prodotta sia omogenea. Se vuoi potenziare l’effetto nel tuo set, devi utilizzare anche una lampada da 650 watt e una da 500 watt, sempre abbinate a un sistema di diffusione.
Chi ha intenzione di spendere meno, potrebbe provare ad usare delle lenzuola bianche per cancellare le ombre e mantenere la luce uniforme. Con questi strumenti, il soggetto del video sarà illuminato meglio, in modo da distaccarsi a pieno dallo sfondo e rendere più semplice la sua sostituzione.
“Come principiante, vale la pena prendere in affitto luci per un centinaio di dollari. Il solo fatto di prendere questa decisione salverà il tuo progetto”. Martin Vavra
Prepara e metti in luce il tuo soggetto.
Il più grande errore che si può fare quando si lavora con un green screen è illuminare lo schermo e il soggetto come una cosa sola. L’attenzione deve invece essere posta soprattutto sullo schermo, che va illuminato in modo uniforme. Per riuscirci, puoi usare luci diffuse e non direzionali, che vadano a colpire lo schermo dall’alto.
L’importante, come già accennato, è che queste lampade siano davvewro di alta qualità e professionali. Un sistema utile per misurare l’illuminazione sullo schermo è quello di utilizzare monitor specifici che percepiscano il livello nei diversi punti del set e consentano di renderlo omogeneo.
Controlla la prospettiva.
Quando organizzi la scena da riprendere, tieni conto del fatto che il soggetto in primo piano dovrà essere in prospettiva anche nel momento in cui lo schermo verde viene sostituito da un’immagine o da un video diverso.
Per evitare che sia sfasato rispetto ad esso, prova a disporre il soggetto il più lontano possibile dallo schermo verde in modo da non avere sovrapposizioni ridicole, ma anche da differenziare l’impatto della luce e da prevenire che i toni verdi si riversino fuori dallo schermo e sui bordi delle persone in primo piano .
Attento a vestiti e accessori.
Fai attenzione agli abiti e agli accessori. Ricordati che se sono verdi devono essere allontanati dall’immagine, altrimenti ci saranno ripercussioni sul risultato finale, nel momento in cui con il chroma key verrà eliminati il green screen ma anche tutto ciò che è verde e lo circonda.
Se qualcuno si presenta sul set con una cravatta verde, per esempio, l’utilizzo dell’Ultra Key nel software di editing finirà per creargli un buco al centro del petto. Anche colori che assomigliano un po’ al verde possono rivelarsi rischiosi. Infine, devi tenere a mente che gli oggetti riflettenti o gli specchi possono diventare un problema, visto che riverberano il verde e creano nell’immagine aloni di un colore destinato a scomparire.
“Ho visto persone presentarsi con dei pantaloni cachi leggermente verdognoli. Quello che succede è che sembrano semi-trasparenti”. Mitch Apley
Aggiungi uno sfondo.
Una volta che il tuo videoclip su schermo verde o blu è stato filmato, sei pronto a usare un programma di editing video o un software per lo schermo verde per rimuovere lo sfondo colorato e aggiungere la tua nuova scena. Segui questi consigli per garantire un montaggio senza problemi in Adobe Premiere Pro.
- Blocca il tuo contenuto prima di inserire il filmato. Prima di dedicare del tempo a modificare lo sfondo dello schermo verde o anche a fare la correzione del colore sul tuo filmato, completa un montaggio di massima. Non avrebbe davvero nessun senso procedere a queste operazioni complesse su fotogrammi che poi verranno tagliati.
- Usa lo strumento Ultra Key. Una volta che le tue riprese sono state scelte e i fotogrammi inutili eliminati, usa lo strumento Ultra Key di Adobe Premiere Pro per far scomparire lo sfondo verde. Apri il pannello Effetti e poi la scheda Chiave ultra. Usa lo strumento contagocce per scegliere il tuo colore chiave, selezionando un’area sullo schermo verde o blu.
Di regola, il programma dovrebbe cancellare automaticamente tutto il verde, ma nel caso questo non accadesse o rimanessero delle sbavature ricordati che ci sono i cursori Matte Generation, Matte Cleanup, Spill Suppression e Color Correction, che possono essere utilizzati per regolare eventuali macchie e problemi.
Come ritoccare sfondo e il video.
Quando il nuovo sfondo è stato posizionato, esistono ancora spazi di movimento per adattarlo meglio alle tue esigenze. Come? Ad esempio, si può aggiungere maggiore profondità al campo, rendendo lo sfondo un po’ meno nitido e più “morbido”.
Oltre che sulla messa a fuoco, poi, si può lavorare sul colore. Gli strumenti a disposizione sono davvero tanti e occorre solo riflettere su come ottenere l’effetto che sognavi e poi “giocare” un po’ con il programma per ottenerlo.
“C’è solo una cosa a cui pensare: come sarebbe quello sfondo se fosse davvero lì quando l’ho girato? Come faccio a regolarlo?” Gerry Holtz
Green screen: domande ricorrenti.
Le informazioni fornite sino ad ora sono numerose, ma di certo ci sono altri dubbi che stanno sorgendo nella tua mente, che ormai ha voglia di mettersi alla prova con questa tecnica. Ecco alcune dei dubbi più comuni.
Come si elimina uno sfondo usando il green screen?
Per riuscire ad eliminare uno sfondo usando il green screen devi affidarti alla funzione Chiave cromatica, che si trova nel pannello di comando del tuo programma e seguire pochi passaggi.
Seleziona un video di sovrapposizione, usa la chiave cromatica, scegli il colore da eliminare e poi giustapponi il nuovo sfondo che avrai prescelto. La qualità del software cui ti affidi renderà più semplice tutta l’operazione, dunque meglio affidarsi a chi ha maggiore esperienza in questo settore, come Adobe Premiere Pro.
Cosa posso usare in alternativa a un green screen?
Nel caso in cui tu abbia un oggetto di scena o una persona verde in primo piano, l’uso del green screen diventa difficile. L’alternativa è uno schermo blu. Quest’ultima opzione, tra l’altro, funziona meglio anche nel caso in cui si abbia uno sfondo a bassa luminosità.
Lo schermo blu viene utilizzato nello stesso identico modo di quello verde. Non c’è da stupirsi: in fondo l’importante è che si tratta di uno sfondo che utilizza un colore compatto, che non vada in conflitto con le tonalità prevalenti del primo piano.
I collaboratori di Adobe per il green screen.
Martin Vavra è un regista, produttore e sceneggiatore. Ha conseguito premi in diversi festival internazionali
Mitch Apley è un filmalker e regista di lunga esperienza. Cresciuto in Nebraska, adora viaggiare
Gerry Holtz è un produttore e regista di video, esperto nella cura del colore e nel montaggio. Famosi i suoi video musicali
Articolo dal sito adobe.com
Da “Il Ladro di Bagdad” (1940), fino ai recentissimi Star Wars e The Avengers, gli effetti cinematografici realizzati tramite Green e Blue Screen hanno caratterizzato le storie più incredibili arrivate sul piccolo e grande schermo.
Oggi vogliamo introdurvi a questa fondamentale tecnica. Vi spiegheremo come funziona il Green Screen e come potrete applicarlo ai vostri progetti.
I meno esperti potrebbe pensare che con i propri mezzi sia difficile ottenere dei buoni risultati, non è così. Con la giusta conoscenza, tempo e dedizione chiunque può creare effetti credibili tramite questa tecnica.Prima che vi gettiate a capofitto nella realizzazione di effetti epici e mirabolanti vogliamo spiegarvi come funziona esattamente lo screening.
La Tecnica del green screen
Il Green Screen è una scorciatoia del settore utilizzata per facilitare un processo chiamato Chroma Keying o chiave cromatica. Questo processo viene utilizzato per unire due sorgenti video attraverso una precisa tonalità del colore. Esso consente di rimuovere un colore (il Chroma Key) da una clip permettendo così all’immagine in secondo piano di venire in superficie. Questa immagine di sfondo viene chiamata Plate e più essa si fonde con il tuo filmato superiore, più credibile risulterà l’effetto.
Potete utilizzare qualsiasi colore come Chroma Key, il blu e il verde sono i più utilizzati in quanto non sono presenti nelle tonalità della pelle umana. Questo è molto importante poiché la maggior parte dei video si concentra sulle persone come soggetto principale. L’utilizzo di una tonalità più calda come il rosso o l’arancione potrebbe causare alcuni effetti indesiderati.
Ricordate che qualsiasi oggetto in scena che corrisponda al Chroma Key scomparirà in fase di post produzione.
La tecnica con schermo verde può essere utilizzata anche in applicazioni più pratiche, ad esempio quando si desidera sovrapporre una grafica ad un soggetto – si pensi alle previsioni del tempo o per un semplice mantello dell’invisibilità. Se vi diciamo Harry Potter vi viene in mente qualcosa?
La Storia del green screen
Nonostante il Chroma Keying moderno si basi su software per computer, la tecnica nasce già agli inizi del 1900. Quando il cinema era ancora ai suoi albori, i primi registi sperimentarono effetti di compositing (la combinazione di elementi visivi provenienti da fonti separate in singole immagini) utilizzando esposizioni multiple. La naturale evoluzione di questa tecnica fu il “black matte”, mascherine prima nere e poi blu che permisero di separare il soggetto dallo sfondo come nel classico di John P. Fulton del 1933, “The Invisible Man”.
Man mano che la tecnica maturava, divenne un pilastro fondamentale per le produzioni cinematografiche. Il film del 1951 di John Huston, La Regina d’Africa, ad esempio, utilizzava lo schermo blu per rappresentare alcuni dei momenti più strazianti del film. La tecnica era però ancora grezza, un contorno luminoso rivelava inequivocabilmente l’artificio sul viso di Bogart in alcune scene.
Oggi la tecnica del Green Screen è stata perfezionata, il filmato con il Chroma Key si fonde perfettamente con il Plate di sfondo grazie a miglioramenti tecnologici e tecniche di acquisizione più sofisticate. Le fotocamere digitali moderne possono acquisire le immagini con maggiore fedeltà dei colori e il software dedicato al chroma keying consente un maggiore controllo della gamma cromatica. Con questi strumenti i registi odierni possono raccontare storie incredibili, storie con un elaborazione pazzesca. Sappiamo benissimo che gli attori de “Lo Hobbit” non visiteranno mai Rivendell, ma i nostri occhi ci raccontano qualcosa di diverso.
Le problematiche del green screen
Il Green Screen è una tecnica chiave nelle produzioni cinematografiche contemporanee ma esistono anche alcune situazioni per le quali l’utilizzo di questa tecnica ha qualche controindicazione. Ci vuole molta pianificazione, tempo e sforzi per ottenere un chroma keying efficace, per non parlare della grande mole di lavoro in post-produzione.
Se avete l’opportunità di girare la vostra scena senza l’utilizzo di un Green Screen, questa è la strada che vi consigliamo di percorrere. Se avete bisogno di un soggetto sulla spiaggia e vivete nei pressi di una località marittima andate a girare direttamente sulla costa. Mentre se la vostra necessità è quella di riprendere un personaggio che cammini sulla superficie lunare, il Green Screen è l’unica opzione viabile. Ci sono tantissimi esempio di cattivo utilizzo anche nelle produzioni ad alto budget. Utilizzate questa tecnica solamente quando sentirete di padroneggiarla in tutte le sue componenti.
Articolo da travelmediahouse.com
Come comporre un’immagine cinematografica?
‘Ogni singola inquadratura nel Cinema usa la composizione. Ma quelle immagini che ci colpiscono, che ci stupiscono, ci evocano emozioni non solo perché sono belle, ma perché sono portatrici di significato.’
Oggi parliamo di composizione.
Ma cos’è la composizione?
Quando scattiamo una foto guardiamo nel mirino della macchina fotografica e “componiamo” l’immagine. Ovvero ci preoccupiamo di includere ed escludere alcuni elementi per meglio guidare lo sguardo del pubblico verso ciò che vogliamo far vedere. In questo caso si parla di inquadrature fotografiche.
Questo avviene anche nel cinema, dove si parla invece di inquadrature cinematografiche e, più in generale, nel mondo dell’audiovisivo.
Non da meno, nel video per matrimonio, è importantissimo l’uso che facciamo della composizione.
Non basta inquadrare i soggetti e tenerli sempre al centro dell’inquadratura, dobbiamo sapere come una determitata composizione influenzarà il pubblico a seconda di dove decidiamo di mettere la camera.
Agli albori del cinema la composizione ha tratto ispirazione dal teatro.
I registi infatti componevano le inquadrature (che fosse una commedia o un dramma) basandosi nel modo in cui erano abituati a fare in teatro, con un’esposizione basilare degli attori e degli oggetti, in un piano bidimensionale, dove tutto era esposto in un modo elementare.
Ma la composizione deve essere intesa come uno strumento per accentuare gli elementi più importanti di un’immagine, che guida l’attenzione dello spettatore nel posto giusto.
Si può dire infatti che attrarre l’attenzione dello spettatore è l’intento principale della composizione.
Come comporre un’immagine cinematografica quindi?
Vediamo quali sono gli elementi fondamentali che caratterizzano la composizione:
-
I movimenti
Ciò che si muove attira l’attenzione dello spettatore. Il movimento infatti vince sempre su tutti gli altri elementi. E’ proprio una reazione istintiva, l’occhio segue ciò che si muove. In questa famosa inquadratura cinematografica lo sguardo va subito sul bambino che vola sulla bici, mentre tutto il resto rimane fermo e fa da semplice sfondo.
-
La grandezza
Ciò che è più grande viene messo in risalto e acquista maggiore importanza all’interno della scena. Hitchcock a tal proposito ha detto: “La dimensione di un oggetto nell’inquadratura deve essere uguale alla sua importanza nella storia”. In questo esempio vediamo un’inquadratura dall’alto, in cui il soggetto è molto più vicino alla macchina da presa rispetto alle figure sullo sfondo. Così facendo il regista sta sottolineando l’importanza di questa figura, che probabilmente sarà uno dei protagonisti della storia.
-
La luminosità
Le figure più chiare e luminose attirano l’attenzione, soprattutto se lo sfondo è scuro. Nel cinema infatti una figura importantissima è il direttore della fotografia, che si occupa esclusivamente di “illuminare” le scene. Qui possiamo notare che la luce che viene dall’alto fa emergere i visi dei personaggi, mentre lo sfondo è in penombra, aiutando lo spettatore a seguire meglio il dialogo.
-
Il colore
Altro elemento fondamentale, il colore influenza moltissimo l’attenzione dello spettatore. L’occhio infatti è attratto dalle figure che hanno dei colori più caldi se il contesto ha delle tonalità prevalentemente fredde. In molti film si sceglie l’uso di colori complementari o opposti per meglio veicolare la storia e le sensazioni volute al pubblico. In questa inquadratura tutto è blu, tranne il colore della pelle della donna e la sedia rossa, siamo sicuri che la spettatore li noterà entrambi.
-
La nitidezza
Ciò che è “a fuoco” prevale su ciò che è sfocato e poco nitido. In termini tecnici si parla di “profondità di campo” e si può notare in tutte le scene in cui un soggetto è in primo piamo e lo sfondo è sfocato. In questa inquadratura il regista vuole farci soffermare sul viso del personaggio, per meglio apprezzarne le emozioni. Basta sfocare tutto ciò che c’è dietro e il gioco è fatto!
Altro elemento fondamentale è la disposizione, ovvero dove sono posizionate le figure all’interno del nostro quadro.
-
La disposizione accentrata
Viene usata quando mettiamo il soggetto al centro, spesso usando delle simmetrie. Così facendo il soggetto attrae subito l’attenzione e la mantiene sempre, dando all’inquadratura una certa stabilità.
-
La disposizione gerarchica
Si ha quando vi sono più personaggi all’interno di una inquadratura e ognuno ha un suo “peso”. E’ possibile infatti comporre l’immagine facendo sì che un personaggio sia più vicino alla camera o si muova rispetto ad un altro/altri che sta sullo sfondo o che sia fermo. In questo modo stabiliamo una gerarchia di importanza tra le figure.
-
La disposizione equilibrata
In questo caso le figure hanno la stessa importanza e lo spettatore può passare da una all’altra in modo indifferente. Spesso questo si ha nei dialoghi, dove non c’è una predominanza netta di un personaggio sull’altro.
-
La disposizione sbilanciata
In questo caso si ha che volutamente il vuoto, o lo sfondo o altri elementi hanno più spazio del personaggio. Componendo per esempio l’inquadratura in modo che la figura sia relegata in un angolo o in un lato estremo del quadro si ottiene una sensazione di “squilibrio”, di instabilità, di oppressione.
Decidere il posizionamento dei soggetti (ad esempio degli sposi in un video di matrimonio) attraverso il mirino di una videocamera non è semplicemente una decisione tecnica, è un una decisione espressiva.
Come dice Lewis, comporre un’immagine cinematografica equivale a creare una metafora eterna, infatti il cinema nella sua forma più pura è narrazione visiva, basata sul processo di evocare sentimenti e sensazioni mediante immagini in movimento.
Se vuoi approfondire ti segnalo questo video di Lewis Bond, che spiega molto bene alcuni concetti fondamentali sulla composizione e il suo utilizzo (in inglese).
In questo video Lewis ci parla di Controllo Artificiale-> Controllo estetico (dove dovremmo guardare) e Controllo Primario-> Come guidare le dinamiche di potere (quale soggetto detiene più peso nella narrazione in quel momento temporale).
Se vuoi invece imparare come comporre un’immagine cinematografica in modo efficace per i tuoi video contattami, ti saprò guidare passo passo alla comprensione e all’utilizzo della composizione per i tuoi lavori.
Puoi dare un’occhiata ai miei corsi di videomaking a Roma cliccando qui. Sono specializzato in video per matrimonio, ma i concetti che insegno sono generici e valgono per tutti i tipi di produzioni audiovisive.
Credo che sia per un videomaker di matrimonio che per un filmmmaker è importante padroneggiare l’arte della composizione per poterne sfruttare al massimo la potenza e produrre immagini ‘efficaci’ in termini sia estetici che narrativi.
Articolo di doweddingfilms.com email:
Non hai specificato se il corto è girabile in esterno o se il posto deve avere requisiti particolari.
In generale la regola base è: chiedi in giro.
Magari qualcuno che conosci ha un locale che puoi usare durante il suo giorno di chiusura, magari esiste un parco vicino casa tua che è abbastanza grande da tenerne sotto controllo una parte per un periodo di tempo limitato. Poi esistono le biblioteche o le case storiche; in genere al massimo ti chiedono un’offerta o ti danno una tariffa di riferimento che sicuramente varia a seconda del tipo di corto che stai girando. Esistono anche teatri che ospitano attività ludiche o corsi di teatro organizzati. In genere i responsabili di questi corsi si lasciano coinvolgere e sono propensi anche a darti una mano quando si tratta trovare le location.
Puoi pensare anche a delle ludoteche o posti per bambini che magari possono essere disponibili in un giorno particolare in cui le attività sono spostate altrove.
Le cose a cui devi fare attenzione sono tutte relative alla coerenza: se devi girare in un interno controlla bene tutti gli elementi presenti in una scena e nella scena successiva (compresi particolari come occhiali da sola o bracciali sugli attori).
Quando giri in interno ricordati che in ogni caso lo spettatore non sa che stanza c’è accanto a quella che viene inquadrata. Quindi non hai bisogno di girare tutto il film nella stessa casa, anche se la sceneggiatura ti impone di cambiare stanza e passare dal bagno alla cucina. Non importa dove sono collocate nel mondo queste due stanze se tu non farai notare che si tratta di posti diversi.
In esterno invece la difficoltà relativa alla coerenza è data dal sole e dalle ombre: presta sempre attenzione a cosa è presente in una scena e cosa no (ombre incluse) specialmente se per esigenze logistiche devi tornare sullo stesso posto in uno o più giorni diversi.
Spero di averti un po’ aiutato in quest’impresa (capisco quanto possa essere difficoltoso trovare il posto adeguato). Buona fortuna!
di Silvia Messina per Quora.com
Provando a cercare “royalty-free music” su Google e troverai vari siti, fra cui:
- Download Royalty Free Music from Musopen.org
- Royalty Free Music by Bensound
- Jamendo Music | Download di musica libera
- Thousands of Albums. Completely Free. Completely Legal.
- Free Music Archive
- Audio Archive : Internet Archive
Bisogna in ogni caso leggere attentamente le condizioni d’uso di ogni brano per essere certo di non violare gli eventuali diritti d’autore.
Mentre tutta una troupe lavora alla realizzazione di un cortometraggio, è consigliabile che una persona si armi della sua videocamera e svolga un lavoro che molto spesso è sottovalutato ma che poi è molto utile per la realizzazione del DVD finale: la realizzazione di un video di backstage.
Il videobackstage è un ampliamento delle foto del backstage: si usa la stessa tecnica ma con un mezzo operativo diverso.
Le immagini presentate sono del backstage del corto di Fulvio Spagnoli "A nord-ovest di Smirne" .
Non occorre una telecamera professionale, ne basta una piccola, anzi è consigliabile perchè più maneggevole, per andare in giro sul set, per curiosare, per cogliere gli attimi più critici delle riprese del corto: con una piccola camera si può non dare fastidio al regista, all'operatore ed agli attori, ma allo stesso tempo si possono fare delle inquadrature dall'alto o dal basso, possiamo incuneare la nostra mano "armata" in mezzo agli altri tecnici e carpire immagini e suoni che possono, dopo un'attenta fase di montaggio, caratterizzare il vostro lavoro mostrando le varie fasi di lavorazione del cortometraggio.
Nella scelta della videocamera l'unica cosa da controllare è la focale dell'obiettivo: più questo è gradangolo, meglio è: nei piccoli spazi potrete così inquadrare un campo maggiore. E dovete procurarvi vari nastri perchè una volta che cominciate, sarete presi dalla foga di riprendere tutto... naturalmente dovrete avere anche delle batterie di ricambio.
Mentre l'operatore "ufficiale" in un pomeriggio di lavoro, avrà effettuato riprese per poche decine di minuti, chi opera nel videobackstage avrà ore di filmati. Quindi in fase di montaggio, bisogna scegliere i momenti salienti delle riprese: anche per il video backstage si devono seguire le stesse regole di montaggio, come quella di non allungare troppo la durata della proiezione finale.
In ogni caso, si possono, anzi si devono alternare i momenti rubati al set con veloci interviste al regista, agli attori, ai vari componenti la troupe... Usare bene il materiale a disposizione: ad esempio iniziare un'intervista seria all'attore principale e mandare poi in video tutti i suoi errori... alternare i momenti di pausa degli attori e dello staff tecnico o gli sguardi ripresi in primo piano, con delle riprese in cui si inquadra tutto il set.... Utilizzando la videocamera a mano libera, un lieve "mosso" potrebbe essere accettabile, come passare da zone illuminate a zone buie del set per poi tornare a quelle luminose.... Anche per il vostro video potete usare gli effetti speciali, senza abusarne....
Il risultato finale del videobackstage è, in realtà, un altro corto con tanto di regista e montatore...!
Ma il vostro girato, potrebbe essere anche utile al cortometraggio principale, per i titoli di coda, per esempio..... ad esempio, negli spazi neri potrebbero essere inseriti i componenti del cast artistico e tecnico .....
Eccovi un esempi di backstage di un videoclip:
La regola dei terzi è una guida per aiutarvi a mettere in risalto nel miglior modo possibile il soggetto. Quando guardate attraverso il mirino o direttamente il monitor LCD della fotocamera, questa operazione vi aiuta a immaginare sulla scena un reticolo suddiviso in terzi. Il reticolo suddivide l'immagine in nove quadrati, che vengono creati sovrapponendo quattro linee sull'immagine che vedete.
ADATTAMENTO. Rielaborazione di un testo narrativo, teatrale, radiofonico e anche di una notizia di cronaca o di un servizio giornalistico, compiuto in modo da dar luogo ad una sceneggiatura cinematografica.
ANGOLO DI RIPRESA. Posizione della macchina da presa. Si distingue in: normale, quando la cinepresa è sullo stesso piano dell’oggetto ripreso; rialzata, quando la cinepresa riprende dall’alto; abbassata, quando la cinepresa riprende dal basso.
ART DIRECTOR. Direttore delle costruzioni sceniche ossia lo scenografo.
ATTACCO. Il modo di passare da un’inquadratura all’altra.
ATTORE. Interpreta il personaggio previsto nella sceneggiatura scritta. Viene scelto dal regista. Può essere sostituito da una controfigura nelle scene più pericolose o acrobatiche. Gli attori che non pronunciano battute sono le comparse.
CAMERA. Macchina da presa o cinepresa con cui si fissano sulla pellicola le immagini in movimento.
CAMPO. È la quantità di spazio mostrata dall’inquadratura. Il campo può essere: lunghissimo, quando abbraccia, nelle riprese degli esterni, un grandissimo spazio e offre una visione di insieme del luogo, sicché le figure umane o non sono presenti o appaiono a notevole distanza, distinguendosi a malapena; lungo, quando negli esterni la figura umana resta di dimensioni limitate; medio, quando la figura, pur avendo maggior rilievo, non arriva a toccare con testa e piedi i margini superiore e inferiore del quadro; totale, quando si riporta la totalità di un interno con tutti i personaggi che vi agiscono (p.es. il totale di una piazza o di uno studio); fuori campo è tutto ciò che, escluso dal campo, si intuisce tuttavia essere presente nei sei luoghi intorno al campo (cioè ai quattro lati del campo, dietro la scenografia, dietro la cinepresa). Il campo è usato spesso per costruire forti effetti drammatici e se ne intuisce la presenza e la natura per mezzo delle espressioni dei personaggi o dei movimenti di macchina. Campo/controcampo: tecnica della ripresa e del montaggio consistente nel far seguire a un’inquadratura un’altra analoga, ma presa dall’angolo opposto. È usata spesso nella ripresa di un dialogo, di un duello, ecc. per contrapporre un personaggio all’altro.
CARRELLATA. Movimento compiuto spostando la macchina da presa montata su binari ove viene posto un carrello o su un’altra piattaforma (p.es. il pied de poule, un carrello mobile a tre ruote, oppure la cameracar, quando la camera è fissata su un’auto o su una moto). Il movimento può essere in avanti o indietro, in ferrovia laterale, in ascensore laterale, aerea, per riprese dall’alto, in circolare (girando attorno al soggetto). Carrellata ottica: l’effetto di allontanamento o avvicinamento ottenuto azionando lo zoom, anche molto velocemente.
CAST. S’intendono tutti gli attori, principali e secondari, che partecipano a un film.
CASTING. Distributore delle parti: è incaricato di scegliere gli attori giusti di un film, proponendoli al regista e al produttore..
CIAK. Strumento di legno a forma di tavoletta munito, nella parte inferiore, di un’asta battente, sulla quale sono scritti il titolo del film, i nomi del regista e del direttore della fotografia, il numero della scena, dell’inquadratura e della ripresa che si ci accinge a girare. Viene ripreso in testa a ogni inquadratura per semplificare il montaggio. Il ciak si batte davanti all’obiettivo quando il regista pronuncia le parole: “Motore, azione!”, che seguono le parole “Silenzio! Si gira!”.
CINEASTA. Chiunque collabori in qualche modo, esclusi di solito gli attori, alla realizzazione di un film.
CINEMATOGRAFO. Dal greco kinéo (muovo) e grapho (scrivo), un apparecchio inventato nel 1895 dai fratelli francesi Auguste e Louis Lumière, con cui si riuscì per la prima volta a proiettare su uno schermo una successione di immagini fotografiche in movimento. Il loro primo filmato di un minuto s’intitolava L’uscita dalle fabbriche Lumière.
CINETOSCOPIO. Apparecchio per proiezioni cinematografiche che nella parte superiore aveva un’apertura sulla quale uno spettatore per volta poteva osservare scorrere velocemente la pellicola del film, che per la prima volta era costituita da un nastro di celluloide. Fu inventato da Thomas Alva Edison, l’inventore della lampadina.
CLIMAX. Momento culminante di un film.
CODA. Pezzo di pellicola nera o bianca posta all’inizio o alla fine dei rulli per permettere il caricamento.
COLONNA SONORA. Spazio laterale di una pellicola riservato alla registrazione dei suoni. Si ottiene attraverso il mixage su un’unica colonna di almeno tre colonne fino ad allora separate: quella dei dialoghi, quella della musica e quella dei rumori. La colonna dei dialoghi non è quasi mai quella registrata durante le riprese, perché può contenere facilmente degli errori (rumori accidentali, l’attore sbaglia la battuta…). La colonna della musica è composta definitivamente a film montato, poiché i tempi della musica devono corrispondere a quelli della scena.
COLORE. Il primo film a colori, prodotto nel 1935 dalla casa cinematografica statunitense RKO, fu girato dal regista Rouben Mamoulian. S’intitolava Becky Sharp.
CONTROTIPO. Procedimento mediante cui si ottengono pellicole con immagini negative, stampandole da una copia positiva, denominata in gergo “lavanda” per il suo colore azzurro violetto. I controtipi negativi permettono di stampare nuove copie perfette del film.
COPIA DI LAVORAZIONE. È la prima copia positiva del film ottenuta in sede di montaggio, ancora consistente in due colonne, quella del visivo e quella del sonoro.
COPIONE. Il testo della sceneggiatura di un film, raccolto e dattiloscritto in una specie di libro che viene distribuito al regista, gli attori, al montatore, ecc.
DETTAGLIO. Tipo di primissimo piano che coglie un particolare di una persona o di un oggetto.
DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA. Si occupa dell’illuminazione, della posizione della cinepresa, della scelta del tipo di pellicola ecc. Da lui dipendono le maestranze: macchinisti, elettricisti, operatori.
DISSOLVENZA. Effetto visivo cui si ricorre per passare da un’inquadratura dall’altra del film senza stacco netto. Consiste nel far lentamente apparire o svanire l’immagine, variandone la luminosità; in apertura il soggetto appare progressivamente dal fondo; in chiusura viene fatto scomparire gradatamente, oscurandolo. Quando l’immagine scompare e contemporaneamente ne compare un’altra, si ha la dissolvenza incrociata, usata di solito per significare il passaggio del tempo o la contemporaneità di due azioni in luoghi diversi.
DISTRIBUTORE. Chi acquista dal produttore i diritti di sfruttamento del film, lo noleggia agli esercenti, lo trasforma in un dvd o in un prodotto televisivo, e di solito finanzia la relativa campagna pubblicitaria. Questa figura può anche coincidere con quella del produttore.
DOLLY. Attrezzo costituito da una piccola gru (dolly) montata su un carrello, utilizzato dall’operatore, che vi alloggia con la camera, per compiere dei movimenti laterali, verticali e orizzontali.
DOPPIAGGIO. Operazione svolta dai doppiatori, che sostituiscono la voce degli attori con la propria, specie quando si vuole tradurre un film straniero. Ma un attore può anche doppiare la propria stessa voce all’interno di uno studio, che permette una maggiore affidabilità del sonoro. Col doppiaggio si può anche dotare la pellicola cinematografica di una colonna sonora diversa da quella registrata durante la lavorazione del film.
EFFETTI SPECIALI. Possono essere sonori o visivi. Quelli sonori sono sono ottenuti per riprodurre suoni che non costituiscono né il dialogo, né la musica di un film e generalmente corrispondono a rumori di ambienti: passi, apertura e chiusura di porte, pioggia o vento, rumori di veicoli, ecc. Quelli visivi sono ottenuti al fine di creare immagini irreali, illusionistiche, di dimensioni diverse dal reale o non più esistenti. Alcuni effetti si ottengono durane le riprese, altri in laboratorio. Sono molto usati nel cinema fantascientifico e catastrofico.
EFFETTO NOTTE. Tecnica di ripresa, detta anche “notte americana”, consistente nel far sì che una ripresa, effettua di giorno, passi per una ripresa notturna.
ESERCENTE. La persona o la ditta che gestisce l’amministrazione di una sala cinematografica.
ESPRESSIONISMO. Corrente cinematografica tedesca in cui la realtà viene distorta con scene fantastiche o addirittura mostruose, in atmosfere cupe, oscure. Il film di Robert Wiene, Il gabinetto del dottor Caligari, viene ritenuto il capostipite di questo genere. Molto famosi furono Nosferatu il vampiro (1922) e Metropolis (1926).
FICTION. Termine prevalentemente televisivo che sta ad indicare tutto ciò che è racconto immaginario, e che quindi non è documentario, dibattito, telegiornale ecc.
FLASHBACK. Lampo all’indietro della memoria. E’ il mezzo narrativo a cui in un film si ricorre per interrompe la continuità cronologica del racconto e introdurvi un fatto avvenuto precedentemente nella realtà, nel sogno o nel ricordo. Si realizza generalmente col montaggio, per mezzo di uno stacco netto o di una dissolvenza incrociata. Può essere brevissimo o molto lungo.
FLASHFORWARD. Un flash in avanti, nel futuro, con l’immaginazione, quando si prevedono come possibili determinati eventi.
FLOU. Effetto ottico di sfocatura dell’immagine, tale da sfumarne i contorni. Vi si ricorre per immergere cose o figure nella vaghezza del sogno o del ricordo. Si ottiene per mezzo di filtri o velatini di garza.
FOTOGRAMMA. Ognuno dei quadri in cui è suddivisa la pellicola impressionata. Scorrendo alla velocità di 24 al secondo, i fotogrammi proiettati danno l’impressione del movimento.
FUOCO. In cinematografia è il punto di massima nitidezza raggiunto dall’immagine destinata ad essere al centro dell’attenzione dello spettatore.
GAG. Invenzione visiva o verbale, di breve durata, che nel corso di un film genera improvvisa ilarità.
GENERI. I generi principali della cinematografia sono: western, poliziesco, horror, musical, avventura, animazione, comico, fantascientifico, guerra, storico…
GIORNALIERI. Il materiale cinematografico stampato che il regista, gli attori e i tecnici sono soliti farsi proiettare giornalmente per una visione di controllo.
GRANDANGOLO. Obiettivo che allarga il normale angolo visuale tendendo a deformare le zone laterali.
GRU. Apparecchiatura di grandi dimensioni destinata a far compiere alla macchina da presa ampi movimenti verticali, orizzontali e trasversali, combinati talvolta con quelli del carrello. È detta anche dolly.
HAPPY END. Il lieto fine di un film. Tipico nei film western è “l’arrivo dei nostri”, cioè la cavalleria che ha la meglio sugli indiani.
HOLLYWOOD. Cittadina della California che già negli anni 1907-08 divenne la capitale mondiale del cinema. Era stata scelta da molti importanti produttori perché il clima mite consentiva di girare scene in esterni quasi in ogni stagione dell’anno. Inoltre vi erano enormi spazi a disposizione e molta manodopera a basso costo. A Hollywood si decise per la prima volta la realizzazione industriale dei film, che prevedeva la standardizzazione dei generi (western, melodramma, avventura, commedia ecc.), la professionalità di tutti gli operatori, la creazione del divismo degli attori e delle attrici, l’impiego della pubblicità per commercializzare il prodotto su scala mondiale.
ILLUMINAZIONE. Può essere di tipo naturale (luce solare) o artificiale (riflettori, lampade, faretti). La gestione dell’illuminazione spetta al direttore della fotografia.
INQUADRATURA. È la quantità di spazio registrato dalla cinepresa (paesaggio, figure, oggetti…) in un certo tempo: più inquadrature girate in una stessa unità spaziale danno vita alla scena. L’inquadratura è anche l’insieme di fotogrammi girati senza interruzione. E’ l’immagine mobile o fissa corrispondente allo spazio colto dall’obiettivo della macchina da presa. Può essere ripresa dall’alto, dal basso, obliqua, a piombo, rovesciata... E’ oggettiva se riproduce la realtà come la vede l’occhio del regista; soggettiva se riproduce la realtà come la vede l’occhio di un personaggio. Più inquadrature o più scene, girate anche in ambienti molto diversi, fanno una sequenza.
LUMIÈRE. Cognome dei due fratelli francesi (Auguste e Louis) che inventarono nel 1895 la cinematografia. Girarono in pochi anni circa 1500 film, tutti brevi documentari, ma, nonostante il successo ottenuto, abbandonarono la produzione già nel 1901. Famosissimo resta il loro primo documentario apparso a Parigi il 28 dicembre 1895, L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat: la ripresa quasi frontale di un treno che entrava nella stazione terrorizzò a tal punto gli spettatori che, credendo d’essere investiti, fuggirono dalla sala.
MÉLIÈS. L’illusionista e prestigiatore francese, Georges Méliès (1861-1938), fu il primo a creare dei film utilizzando un sistema di montaggio di più scene. Questo gli permise di realizzare i primi trucchi cinematografici, passando dal genere documentaristico a quello fantastico. Un film di 10-15 minuti poteva avere una pellicola lunga anche 500 metri. Nello studio cinematografico che allestì a Montreuil, vicino a Parigi, girò più di 500 film, utilizzando per la prima volta degli attori e quindi inventando una narrazione cinematografica diretta dalla figura del “regista”. Il suo film più famoso fu Il viaggio sulla Luna (1902), di trenta scene futuristiche, i cui i singoli fotogrammi erano stati colorati a mano.
MIXAGGIO. Fase della lavorazione del film durante la quale il doppiaggio, la registrazione degli effetti fonici e della musica vengono miscelati su un unico nastro magnetico che costituisce la colonna sonora definitiva.
MONTAGGIO. Fase della lavorazione di un film in cui le inquadrature e le sequenze più espressive, fra le molte girate, vengono congiunte fra di loro. Il montaggio è uno dei momenti centrali della creazione di un film, perché determina la natura e il ritmo del racconto. Può essere di vari tipi: lineare, un seguito di inquadrature e sequenze secondo un ordine logico e cronologico; alternato o incrociato: incollate di seguito inquadrature o sequenze simultanee, ma ambientate in luoghi diversi, per dare l’impressione, con un’alternanza veloce delle immagini, che le azioni si siano svolte nello stesso tempo; parallelo, quando le immagini riproducono azioni contrapposte, ma senza rapporti temporali; descrittivo, quando vengono introdotte immagini che non hanno preciso riferimento spazio-temporale con le altre, cui sono giuntate; alla Griffith (nome di un regista americano), quando due azioni contemporanee, ma di ambiente diverso, sono rapidamente alternate fin quando si congiungono. Il montaggio può avvalersi del flash-back, interrompendo il corso degli eventi con un salto nel passato; o del flash-forward, anticipando eventi che accadranno in seguito. Il montaggio collega anche fra loro le immagini secondo criteri diversi: stacco, dissolvenza in chiusura, dissolvenza in apertura, dissolvenza incrociata, piano sequenza.
MOVIMENTO DI MACCHINA. Gli spostamenti della macchina da presa, siano panoramiche, carrellate, gru o dolling o movimenti compositi.
MOVIOLA. Tavolo attrezzato per il montaggio del film.
NEOREALISMO. Corrente cinematografica italiana del secondo dopoguerra, che rifiuta i canoni della cinematografia fascista e si concentra sulla rappresentazione della vita reale, specie negli aspetti di emarginazione e povertà, in luoghi realmente esistenti: gli stessi attori spesso non erano professionisti e parlavano l’italiano usato nelle strade. Il film che segna la nascita di questa corrente è Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini. Altri film molto famosi furono Sciuscià, Paisà, Ladri di biciclette, La terra trema…
OPERATORE. Detto anche cameraman, è colui che manovra la macchina da presa seguendo le direttive del direttore della fotografia (quando le due persone non coincidono).
PAN FOCUS. Procedimento di ripresa che mette a fuoco tutti i particolari di un’inquadratura.
PANORAMICA. Movimento orizzontale, verticale o obliquo, ottenuto ruotando la macchina da presa attorno al suo asse, in modo da cogliere tutto il panorama di spazi esterni, compresi oggetti o figure che vi si muovono, come lo sguardo circolare di una persona. Indica anche la ripresa che ne risulta. Si dice “panoramica a schiaffo” un rapido movimento della macchina da un’inquadratura a un’altra.
PEAK. Il “picco” di un film televisivo, cioè un momento di grande tensione nella storia, che spesso purtroppo viene usato per un’interruzione pubblicitaria.
PIANO. È costituito dalle inquadrature in cui predomina l’elemento umano. I piani sono di diverso tipo: primissimo piano, quando compare solo il volto dell’attore o un oggetto molto ravvicinato; primo piano, quando appare il volto e una parte del busto dell’attore; mezza figura, quando l’attore è ripreso dalla cintola in su; figura intera, quando l’attore tocca i margini superiore e inferiore del quadro; piano americano, quando la figura è ripresa dalle ginocchia in su (tipica nei duelli dei film western); particolare, quando appare solo un particolare del corpo umano (bocca, mani…); dettaglio, quando compare solo un particolare di un oggetto o di un animale. Il piano di ascolto ha un uso prevalentemente televisivo, in quanto indica l’inquadratura di chi ascolta la persona che sta parlando: in genere trova impiego nell’intervista. Il piano sequenza è un’unica inquadratura che segue il soggetto in modo uniforme, senza tagli o stacchi di ripresa: in tal modo si evita il montaggio in moviola. Tempo cinematografico e tempo reale coincidono. Quando si usava la pellicola, il massimo di girato possibile era di 11 minuti, l’equivalente di una bobina di 300 metri. Il film di Hitchcock, The rope (Nodo alla gola), è stato girato così, utilizzando una serie di trucchi tra una bobina e l’altra.
PLOT. È l’intreccio, la storia principale di un film. Il subplot sono le storie secondarie.
PRODUTTORE. Chi fornisce i capitali necessari alla realizzazione di un film, ne organizza la produzione e la porta a termine.
PROFONITA’ DI CAMPO. Possibilità di avere a fuoco tutto lo spazio all’interno di un’inquadratura.
QUADRO. Lo spazio di schermo cinematografico occupato durante la proiezione del fotogramma.
REGISTA. Trasforma la sceneggiatura scritta in un film, scegliendo e dirigendo gli attori sul set. Può avvalersi della collaborazione di un aiutoregista.
REMAKE. Rifacimento parziale o totale di un film, generalmente di grande successo, compiuto a distanza di tempo, conservando la trama o aggiornandolo e cambiando i dialoghi, gli interpreti e il regista.
RIPRESA. L’atto di riprendere con la camera un’immagine e di registrarla sulla pellicola cinematografica: panoramica, carrellata, carrellata ottica, ripresa a mano, dolling, ripresa aerea o subacquea sono varie forme di ripresa cinematografica. Non è quasi mai unica: la stessa immagine può essere ripresa decine di volte, finché non si raggiunge il miglior risultato. La ripresa a mano avviene quando la cinepresa è manovrata dall’operatore senza un punto d’appoggio: una specifica macchina da presa, detta steadycam, viene fissata, tramite un’imbracatura, al cineoperatore, permettendogli di mantenere stabile l’inquadratura.
RUMORISTA. Tecnico specializzato nella riproduzione di qualunque tipo di rumore.
SCALETTA. Fase di elaborazione del testo scritto di un film fra il soggetto e il trattamento. Fornisce indicazioni generali sulla suddivisione della materia in blocchi narrativi ed elenca in sintesi l’ordine delle scene più importanti.
SCENA. Ogni momento della rappresentazione cinematografica in cui i fattori scenografici, fissi e mobili, interni o esterni, generalmente non subiscono mutazioni. Le scene di una storia cinematografica sono definite dai set, cioè dai luoghi in cui si svolge l’azione. Le scene vanno numerate, indicate ad ogni cambiamento di set, devono anche indicare la luce necessaria all’azione.
SCENEGGIATURA. La fase finale di elaborazione del testo scritto di un film che, relativamente ad ogni scena, contiene tutte le indicazioni necessarie alle riprese, le azioni degli attori, le battute del dialogo, gli interventi della musica (colonna sonora e rumori di fondo), le indicazioni atmosferiche, le descrizioni degli ambienti. Deriva dalla stesura del soggetto, attraverso le fasi intermedie della scaletta e del trattamento. Le scene devono essere numerate e contrassegnate da precise indicazioni di tempo e luogo. Lo sceneggiatore viene aiutato da storiografi di professione quando il film tratta argomenti di tipo storico.
SCENOGRAFIA. L’arte della realizzazione degli ambienti naturali, costruiti, adattati, in cui dovrà svolgersi l’azione di un film. Le scene possono essere allestite dallo scenografo sia in esterni che in teatri di posa (studi cinematografici), oppure direttamente al computer.
SEGRETARIA DI EDIZIONE. Chi, durante le riprese sul set, prende nota, cronometrandoli, dei tempi di lavorazione, di tutti i particolari della scena (abiti, posizione degli attori e degli oggetti), perché non vengano commessi errori quando si gireranno, a distanza di ore o di giorni, inquadrature successive della stessa sequenza.
SEQUENZA. E’ un insieme di inquadrature che costituiscono un tutt’uno dal punto di vista del racconto. Godono di una relativa autonomia quasi come un capitolo di un romanzo. Si ha il piano-sequenza quando più scene si succedono senza stacchi in una sola inquadratura grazie ad un unico e continuo movimento della macchina da presa; il piano-sequenza abolisce quindi la pratica del montaggio. Generalmente si girano prima le sequenze degli interni, poi quelle degli esterni, per evitare continui spostamenti del cast.
SET. Il luogo, convenientemente allestito, in cui si compiono le riprese di un film, in un teatro di posa o all’aperto.
SOGGETTO. L’argomento di un film, contenuto in poche pagine con l’indicazione della trama, dei luoghi, dei tempi e dei personaggi. Il soggetto può derivare da un’opera letteraria, musicale o teatrale, da un fatto storico o di cronaca o della fantasia di un autore che lo ha scritto proprio in vista dell’utilizzazione cinematografica.
SONORO. Il primo film sonoro, prodotto nel 1927 dalla casa cinematografica statunitense Warner Bros, fu girato dal regista Alan Crosland. S’intitolava Il cantante di jazz, il cui attore principale fu Al Jolson.
STACCO. Il passaggio da un’inquadratura all’altra, senza legami, senza soluzione di continuità, anzi spesso a contrasto: p.es. da un interno silenzioso e in ombra a un esterno pieno di luce e rumore.
STEADYCAM. Macchina da presa fissata addosso all’operatore con una imbragatura particolare: ha una specie di braccio che permette alla macchina di ruotare, ottenendo effetti straordinari. È usata di regola con un grand’angolo e richiede molta abilità.
STORYBOARD. Il racconto di un film o anche di una scena fatto con inquadrature disegnate. È usato soprattutto negli spot televisivi.
TECNICO DEL SUONO. Si occupa di registrare la colonna sonora, che comprende, oltre ai rumori, il parlato (dialoghi, eventuale voce fuori campo…) e la musica vera e propria.
TELECAMERA. La telecamera è in grado di sostituire la pellicola. L’immagine prodotta non è più chimica ma elettronica. La telecamera permette al regista di rivedere immediatamente il girato.
TELEFILM. In inglese serials, in americano series. Una serie di film televisivi che hanno in comune il personaggio e l’ambiente. Ogni telefilm ha in genere una storia con un inizio e una fine. Una serie di telefilm in chiave comica è detto sit-com (situation comedy), ma vi sono anche le telenovelas, l’equivalente televisivo dei romanzi d’appendice, che raccontano storie private, d’amori e lacrime.
TENDINO. Mezzo cinematografico per passare da un’inquadratura alla successiva nascondendo progressivamente una parte della scena e facendo apparire la seguente.
THRILLER. Termine generico (da thrill, brivido) con cui si definisce un film fortemente emotivo, che mette lo spettatore in uno stato ansioso, proponendogli situazioni che possono avere una conclusione tragica.
TRASPARENTE. Uso degli effetti speciali visivi ottenuto proiettando su uno schermo translucido di vetro o di plastica, posto dietro gli attori, una scena girata in precedenza, la quale viene a fare da sfondo a quella che si sta girando. Vi si ricorre per simulare una corsa in automobile, un volo in aeroplano, ecc.
TRATTAMENTO. Fase di elaborazione del testo scritto di un film fra scaletta e sceneggiatura. Fornisce indicazioni sempre più dettagliate sull’azione dei personaggi, l’ordine della durata delle sequenze, l’argomento dei dialoghi.
TROUPE. L’insieme di tutti coloro che sono impegnati nella lavorazione di un film: regista (di regola si avvale di un aiutoregista), attori e comparse (spesso coadiuvati da controfigure), tecnici (scenografo, direttore della fotografia, rumorista, tecnico del suono, doppiatori).
TRUKA. Stampatrice ottica con cui si possono ottenere effetti speciali in sede di stampa: trucchi, effetti ottici particolari, rallentamenti e accelerazioni, eliminazione di errori di ripresa ecc.
TV MOVIE. Film prodotti espressamente per la televisione.
VOCE FUORI CAMPO. Nella colonna del dialogo, quando si vuole indicare chi parla, si scrive il nome del personaggio in lettere maiuscole e quindi quello che dice. Ma se scrive accanto al nome FC (Fuori campo, oppure Off), allora vuol dire che le parole sono dette da qualcuno che in quel momento non è inquadrato. Una voce fuori campo può anche essere semplicemente la voce interiore di un attore che pensa e che non muove le labbra.
ZOOM. Obiettivo a lunghezza focale variabile che permette di ottenere effetti di avvicinamento e di allontanamento dagli oggetti di scena senza che si debba spostare la macchina da presa.
Cosa si intende per taglio in asse?
Nella realizzazione di film, un taglio in asse è una modifica a un singolo scatto in sequenza che fa sembrare che l’azione faccia un balzo in avanti nel tempo. Dopo il taglio, il soggetto può apparire in una posizione o atteggiamento diversi, oppure la posizione della fotocamera può essere leggermente diversa. Questo stile di taglio è una notevole deviazione dalle convenzioni standard del montaggio di continuità, secondo cui l’angolo della fotocamera deve cambiare di almeno 30 gradi da una clip alla successiva.
Breve storia del taglio in asse
Nei primi anni del ‘900, il filmmaker Georges Méliès scoprì il taglio in asse usandolo per ritrarre trucchi di magia. Con i tagli che apparivano senza interruzioni, Méliès faceva scomparire e riapparire magicamente i personaggi.
Fai un salto nel 1959 con Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard. Godard ruppe le regole con chiari tagli in asse nella stessa sequenza. Durante una scena di guida, l’angolo della fotocamera rimane uguale, sopra la spalla del personaggio Patricia sul sedile del passeggero, ma lo scenario nello sfondo cambia repentinamente.
L’effetto della discontinuità è volto a disorientare l’osservatore e catturare l’attenzione sulla natura artificiale del filmato. Alcuni affermano che Godard sia stato forzato dal produttore ad effettuare tagli drastici al film, così lo tagliò a caso per ripicca, creando involontariamente uno dei film più influenti della Nouvelle Vague francese.
Da Godard, i filmmaker hanno usato tagli in asse in infiniti modi creativi. Questi tagli possono funzionare con effetti drammatici o comici per mostrare il passaggio del tempo mentre un personaggio cambia posizioni in una singola inquadratura. Possono usare una singola posizione della fotocamera per mostrare un personaggio che percorre una grande distanza senza che il pubblico veda ogni passo. I tagli in asse possono anche ritrarre il punto di vista di un personaggio ubriaco o disorientato senza ricorrere ad effetti speciali.
Quando usare i tagli in asse
L’uso più contemporaneo del taglio in asse si ha in YouTube, dove autori di video di teste parlanti sono tagliati in asse per saltare pause o errori sgraziati. Il pubblico moderno è abituato a questa tecnica, quindi puoi eseguire il montaggio nella post produzione invece di cercare di ottenere una ripresa perfetta.
“Le persone hanno pochi riempitivi conversazionali oppure faranno una pausa per pensare un attimo e nessuno vuole vedere questi vuoti, quindi puoi tagliare quelle parti e accelerare il video”, afferma il videografo Nick Cann.
Nei video pubblicitari, i tagli in asse possono aggiungere energia al messaggio. “Un taglio in asse può mandare avanti l’azione di un video e accelerare il battito cardiaco dell’osservatore, che si entusiasma ed è più coinvolto. Non c’è perdita di tempo, non ci sono punti morti”, afferma Cann.
Basta non esagerare. Filmati troppo discontinui diventano irritanti e difficili da guardare. Analogamente al taglio di corrispondenza e allo stacco, il taglio in asse è uno strumento cinematografico che deve essere usato con moderazione.
Come usare il taglio in asse in Adobe Premiere Pro
Un modo per applicare tagli è fare clic su Comando + K su Mac o Ctrl + K su PC, per dividere la clip in corrispondenza del fotogramma dove si trova la linea di scansione. È facile da usare quando trovi una sezione che vuoi tagliare mentre esamini i filmati. Per tagliare le tracce audio insieme ai filmati video, fai clic su Maiusc + Comando/Ctrl + K.
Per realizzare tagli con lo strumento Lametta, segui questi passaggi.
1. Trascina i filmati video nella timeline.
2. Assicurati che l’impostazione Calamita sia abilitata e l’audio bloccato in modo che le clip possano incastrarsi in posizione l’una accanto all’altra e l’audio rimanga sincronizzato dopo aver fatto il taglio.
3. Fai clic sullo strumento Lametta (oppure premi C) e fai clic sul punto nella clip in cui vuoi iniziare il taglio.
4. Fai di nuovo clic sullo strumento e fai un taglio nel punto in cui vuoi riavviare l’azione.
5. Per selezionare ed eliminare in modo semplice i segmenti, usa Alt/Option (a seconda del sistema operativo) + Canc per avvicinare lo spazio tra clip mentre effettui i tagli.
6. Per affinare ancora di più i tagli, ingrandisci o rimpicciolisci sulla timeline (tocca il tasto +) e ripeti il lavoro con Lametta.
Come usare il taglio in asse in Adobe Premiere Rush
Con Premiere Rush, puoi usare un dispositivo mobile per aggiungere tagli in asse ai tuoi video.
1. Vai al punto nei filmati dove vuoi iniziare il taglio in asse.
2. Tocca l’icona delle forbici nel menu in fondo per iniziare il taglio.
3. Passa avanti al punto in cui vuoi che l’azione riprenda.
4. Tocca di nuovo l’icona delle forbici. Seleziona la clip appena creata e tocca l’icona del cestino.
Come evitare un taglio in asse
I filmmaker hanno sviluppato molti modi per eliminare errori o pause imbarazzanti senza ricorrere ai tagli in asse. Puoi tagliare un’altra scena e magari incrociare le due scene oppure puoi tagliare in B-roll. Se, nel tuo film a New York, due personaggi sono seduti su una panchina di Central Park, puoi staccare sui filmati di una scena al parco.
La regola dei 30 gradi è alla base dell' editing del film: è la regola che afferma che la videocamera deve spostarsi di almeno 30 gradi in due riprese successive dello stesso soggetto. Se l'inquadratura si sposta di meno di 30 gradi, il risultato potrebbe interdire il pubblico e fargli credere che in fase di montaggio ci siano stati dei problemi, per esempio problemi di ripresa che si vogliono correggere affiancando nuovi fotogrammi, invece di riprendere di nuovo l'intera scena. Per questo motivo il regista deve cambiare di posizione alla videocamera per più di 30 gradi, in modo da non sembrare un taglio saltato. Mentre in fotografia, che è un unico fotogramma, il fotografo può e deve spostarsi anche di pochi gradi per ottenere l'immagine migliore, nel cinema questo non è possibile per non disorientare gli spettatori.
Riassumendo, il passaggio da una inquadratura all'altra di uno stesso soggetto, deve essere di almeno 30 gradi: una angolatura inferiore non sarebbe armoniosa, fluida
Quando si applica la regola dei 30 gradi, però è importante ricordarsi che il movimento della videocamera deve rimanere su un lato del soggetto per seguire e non saltare la regola dei 180 gradi. La regola deve essere applicata anche quando un soggetto che si muove viene ripreso da diversi punti in vari momenti del suo percorso: la sua traiettoria stabilisce una linea che delimita due campi: le riprese vanno effettuate esclusivamente o alla sua destra o alla sua sinistra.
Inoltre, quando si vuole cambiare di poco una inquadratura, è importante anche avvicinarsi od allontanare la videocamera dal soggetto pure senza spostarsi sull'asse, cioè sulla direzione videocamera-soggetto inquadrato, e questo si può fare anche modificare la lunghezza focale dell'obiettivo di almeno 20 mm ad ogni movimento (cioè per esempio aggiungere o togliere 20 mm nella zoommata di inquadratura), per esempio un allontanamento sull'asse dal Primo Piano al Piano Medio o viceversa.
Talvolta i registi a volte infrangono le regole della tecnica cinematografica convenzionale per ottenere degli effetti particolari, ma bisogna studiarli bene e provarli più volte.
Tra le due scuole fondamentali di cinema, quella hollywoodiana e quella sovietica di Ejzenstejn, la prima prende il sopravvento diventando il cosiddetto cinema classico. Se Ejzenstejn puntava al condurre lo spettatore verso un ragionamento che lo portasse alla crescita, spesso mediante l’utilizzo del montaggio parallelo come in «Sciopero», dove creò un parallelismo tra le rivendicazioni sociali sfociate in disastro e la macellazione di un bue in un mattatoio, il cinema hollywoodiano aveva scelto la strada opposta. Per Hollywood il montaggio doveva essere lineare, con legami di causa/effetto tra un’inquadratura e l’altra. Il pubblico non doveva fare eccessivi sforzi a livello intellettuale per comprendere il significato profondo di ciò che aveva davanti agli occhi, anzi, doveva essere supportato, in quanto la fruizione dell’audiovisivo diventava un’elemento di svago, che doveva garantire un rilassamento e un’immersione nel mondo fittizio del film, la cosiddetta diegesi. Per diegesi s’intende tutti quegli elementi di carattere profilmico che ruotano intorno alla vicende narrate (personaggi, musiche, oggetti, ambiente, ecc…). Il contesto del film deve apparire totalmente reale per far sì che lo spettatore accetti il patto col regista e s’immerga totalmente nell’opera, vivendola emotivamente.
Con questa finalità, oltre al montaggio lineare, si cominciò a parlare di montaggio invisibile. Più la presenza del montaggio è visibile, più l’immersione totale nell’opera risulta disturbata, quindi si doveva riuscire a limitare al massimo la percezione della sua esistenza, mascherandolo con dei vincoli specifici. La regola fondamentale del cinema hollywoodiano che risponde a questa necessità è la regola dei 180°.
Essa consiste nella suddivisione dello spazio scenico in due porzioni: lo spazio scenico visibile e lo spazio scenico invisibile. Ognuna di queste porzioni è di 180°. Nella prima, lo spazio scenico visibile, si posizionano gli elementi profilmici (attori, ambiente in cui si svolge la vicenda). Esso sarà la porzione che le macchine da presa riprenderanno dall’altra metà, dallo spazio scenico invisibile, dedicato totalmente agli elementi filmici e quindi alle attrezzature per la ripresa.
In una classica scena di dialogo, collegata alla regola dei 180° entra il campo-controcampo. Si chiama campo il primo attore ripreso nell’unità narrativa, mentre il controcampo sarà il secondo soggetto. Lo scambio del dialogo presuppone che i due attori siano messi uno di fronte all’altro, in un’alternanza d’interventi verbali ed espressivi che serviranno per far cogliere tutti i particolari. Si parte sempre da un piano d’ambientazione, dove il regista mostra il contesto in cui avviene il dialogo: un parco, un tavolino all’esterno o all’interno di un bar, per esempio. Nel piano d’ambientazione si vedono in lontananza i due attori, per poi passare al dialogo vero e proprio, dove si alternano primi piani degli attori, inquadrati in 3/4, in modo che si possano notare bene le espressioni e che il viso sia rivolto verso l’interlocutore.
Riprendendo un attore da una macchina da presa posizionata nello spazio scenico visibile, si avrebbe uno scavalcamento di campo e si confonderebbe lo spettatore. Avverrebbe uno spaesamento, perché lo spettatore si sarà abituato a vedere l’attore inquadrato dalla parte opposta e perderebbe l’orientamento. Per questo motivo, alla regola dei 180° si collegano tre tipologie di raccordi.
Parliamo di raccordi in fase di montaggio, quando un’inquadratura dev’essere collegata a una seconda. Per mantenere una logica nel movimento degli attori dello spazio scenico, per prima cosa, si deve rispettare il raccordo di posizione: se nella prima inquadratura Marco stava a destra e Luca a sinistra, anche nell’inquadratura successiva Marco starà a destra e Luca a sinistra. Poi, il raccordo di direzione di sguardo: se Luca e Marco stanno parlando tra loro e Marco guarda verso sinistra, Luca che è in posizione opposta dovrà guardare verso destra.
In ultimo, consideriamo il raccordo di direzione di movimento. Poniamo il caso che Luca esca da una stanza per entrare in un’altra e per questo motivo ci dovranno essere due inquadrature a rappresentare il suo movimento che inizierà in A e terminerà in B nella seconda stanza. Luca camminando uscirà dalla prima inquadratura verso destra e nella seconda inquadratura, la B, che inquadra la seconda stanza, dovrà entrare da sinistra, per rappresentare la continuità di movimento, pena la mancata comprensione da parte dello spettatore.
Articolo di Simone Usai per lavocechestecca.com
È piccolo, pratico, potente e piace tanto anche ai registi. Sul set dell’ultimo corto di Gabriele Muccino, «Living in a movie», non c’erano telecamere. L’unico strumento di ripresa era lo Xiaomi Mi 11 5G, uno smartphone che veniva impugnato da lui stesso e dagli operatori a mano libera. «Lo schermo dello smartphone mi permette di vedere subito se l’inquadratura che ho in mente corrisponde a quella della ripresa — racconta il regista —. Il telefono è un mezzo democratico, con cui si possono realizzare film e corti di qualità con un costo ridottissimo e tempi molto più brevi».
Tempo e denaro sono i due punti nodali degli «smartphone movie». Malik Bendjelloul per il suo documentario premio Oscar «Searching for Sugar Man» (2012) ha usato un telefono e un’app da due euro che simula una vecchia cinepresa 8 mm. Aveva finito il budget ed era l’unico modo per proseguire la lavorazione. Anche il capostipite dei film girati con un cellulare è nato per carenza di fondi. È «Sms Sugar Man» del sudafricano Aryan Kaganof del 2008, che non ha guadagnato la palma di primo «smartphone movie» solo perché gli smartphone ancora non c’erano (aveva usato otto Ericsson W900i).
L’assenza di fondi si unisce all’arte in «Tangerine», capolavoro del cinema indipendente del 2015. Sean Baker era stato costretto a girarlo con tre iPhone 5s perché non poteva permettersi telecamere di alta qualità ma ha saputo fare di necessità virtù. Il film è girato all’interno di un’angusta caffetteria americana dove le telecamere professionali non sarebbero potute entrare ma uno smartphone sì (e chiusa la lavorazione uno l’ha venduto per pagare l’affitto di casa). Un’altra «indie» come Jennifer Zhang ha fatto tutto col telefono: il suo «Charon» è stato anche montato con un’app.
Sono però le piccole dimensioni del telefono ad aver stregato i registi che non hanno problemi di budget: possono muoversi liberamente sul set, creare un maggior contatto con gli attori, nasconderlo per scene «rubate». C’è chi lo usa a mano libera, chi lo mette sul cavalletto e chi sfrutta il gimbal, lo stabilizzatore che tiene il telefono sempre puntato sul soggetto, ma anche chi sperimenta. Nel thriller psicologico «Unsane» (2018) di Steven Soderbergh ci sono scene di psicosi in cui si vede la protagonista muoversi senza sosta mentre viene inquadrata in viso e sulla nuca. Un artificio possibile grazie a un’imbragatura ideata sul set che manteneva i telefoni all’altezza della testa senza pesare sull’attrice.
Un altro sperimentatore come Gondry è riuscito a proporre le sue magie anche sul piccolo dispositivo: si stenta a credere che per il corto «Détour» abbia usato solo degli iPhone. «Nessuno si è accorto della differenza. Solo gli addetti ai lavori possono coglierla» aveva detto l’81enne Claude Lelouch del suo «I migliori anni della nostra vita», di cui un terzo è girato con lo smartphone. Il cellulare ha ancora tanti limiti, primo tra tutti le ottiche — in «Tangerine» Baker ha usato una lente anamorfica da 100 euro — ma compensa con l’intelligenza artificiale. I dispositivi attuali come il Mi 11 usato da Muccino hanno algoritmi che ricostruiscono digitalmente la ripresa per renderla più simile alla realtà. «La possibilità di girare di notte, senza alcuna luce aggiuntiva e avere tutto così bello, illuminato e vivo era una novità anche per il direttore della fotografia», racconta il regista che per ora però è cauto: «Tornerò a utilizzare lo smartphone per fare film solo se ce ne sarà bisogno. Rimango affezionato alla cinepresa».
Il link del video è: https://www.youtube.com/watch?v=hSeHlAycvg4
Articolo di Alessio Billi del 19 ottobre 2016 per colpidiscena.blogspot.com
Da High Flying Bird di Steven Soderbergh a Tangerine di Sean Baker, sono diversi i produttori cinematografici che hanno deciso di avventurarsi nella realizzazione di un film o semplice cortometraggio, sfruttando esclusivamente il sensore fotografico degli iPhone. Infatti, che sia un modello appena lanciato o già in commercio da alcuni anni, la qualità dei filmati girati con il melafonino è piuttosto elevata e, se associata ad alcuni accessori esterni come pannelli luminosi e microfoni, potrebbe farci ottenere risultati piuttosto soddisfacenti.
«La prima volta che ho preso in mano una telecamera avevo 16 anni mentre oggi anche i giovanissimi se la trovano “in tasca”. Senza togliere nulla alle camere e produzioni tradizionali, per i filmmaker indie l’iPhone diventa la possibilità di sperimentare con le inquadrature, di rendere le produzione più snelle ed economiche e persino liberare il cast di elementi di scena che potrebbero distrarli dalla performance» spiega Giovanni Labadessa, produttore cinematografico e co-founder del Nòt Film Fest affiancato da Alizé Latini e Noemi Bruschi: un festival dedicato al cinema indipendente internazionale oramai giunto alla quarta edizione. «Due icone indie hanno scelto la videocamera del loro smartphone per girare tre dei loro film. È il caso di Unsane e High Flying Bird di Steven Soderbergh oppure Tangerine di Sean Baker. Questo ci mostra concretamente quanto quell’idea possa garantire qualità. Ovviamente però, tutto questo funziona solo se applicato a un idea di estetica cinematografica e una visione registica affine a questo nuovo formato. Infine, l’iPhone permette a giovanissimi di avere a disposizione uno strumento potentissimo per crescere come produttori di film: sono quindi curioso di vedere cosa si prospetta per il cinema del futuro» conclude Labadessa.
Sul tema, inoltre, è Lorenzo Follari, regista e sceneggiatore italiano che vive e lavora a Stoccolma e co-fondatore della società di produzione Harvest Film AB a commentare: «Un iPhone è solo la camera: l’ultima cosa a cui pensare se si vuol fare un buon prodotto. Può sembrare strano ma quando si gira un film o un cortometraggio la camera è solo lo strumento di cattura dell’immagine. Quello che è importante è tutto ciò che gli si pone davanti. Da questo punto di vista, dunque, una camera vale l’altra e in un momento in cui la tecnologia va così veloce anche lo smartphone diventa dunque un valido strumento di ripresa - con i suoi pregi ma anche con i suoi limiti. Un normale smartphone permette a chiunque di cimentarsi come filmmaker, e questo è forse ciò che di più importante ci sia. Girare con il proprio telefono in buona qualità permette a chiunque abbia una buona idea di realizzare un prodotto, di sperimentare sul set e di essere creativo, senza bisogno di costi stratosferici. La tecnologia rende dunque il cinema, il fare cinema, aperto a tutti. Le idee contano, non l’attrezzatura».
Pertanto, se vi piace l'idea di realizzare un buon film utilizzando il melafonino, l'impresa non sarebbe poi così impossibile ma senza dubbio è necessario prendere in considerazione alcuni accorgimenti per catturare le scene in modo corretto. Esistono, infatti, alcune applicazioni - come FiLMiC Pro - che ci permettono di settare la videocamera dell'iPhone come una normale camera o reflex, regolando i parametri in maniera analitica a seconda del risultato che vogliamo ottenere, così come app e servizi utili per la fase di pre-produzione o strumenti per catturare l'audio in modo corretto: «Per realizzare un ottimo film utilizzando solamente il proprio iPhone, è fondamentale per prima cosa prestare molta attenzione al suono da catturare nel momento in cui filmiamo una scena. Gli adattatori del microfono e i microfoni multipli che registrano il suono separatamente sono strumenti fondamentali per aiutarci in questo e permetterci quindi di ottenere un perfetto audio per il nostro film» ci spiega Peter Baxter, regista e produttore inglese oltre che fondatore dello Slamdance Film Festival - un'alternativa indipendente al Sundance Film Festival - e conclude «Una cosa molto importante da segnalare sul tema è che filmare con un iPhone abbassa l'inibizione degli attori esordienti e non professionisti, permettendo al regista di catturare i momenti significativi in ogni modo possibile!».
Quindi, quale opportunità migliore per produrre un film anche senza possedere attrezzature costosissime? Nella gallery potrete scoprire 6 consigli di Lorenzo Follari per girare un film con iPhone nel modo migliore.
Utilizza un'app professionale
Per le riprese, una buona applicazione da utilizzare è FiLMiC Pro: un'applicazione di produzione di film incredibilmente avanzata per iOS e Android che permette di sfruttare al massimo il proprio dispositivo trasformandolo in una videocamera professionale. Tra i vari benefici, offre maggior controllo sulla fotocamera del telefono, consentendo la modifica manuale dell'esposizione, ISO, velocità dell'otturatore, messa a fuoco e zoom. Filmic Pro, ad esempio, è stata utilizzata da Steven Soderbergh per realizzare High Flying Bird. Foto di PhotoMIX Company da Pexels
Imposta i parametri manuali
A seconda dell’app che utilizziamo è importante imparare a settare le impostazioni in maniera manuale e non automatica, come se stessimo utilizzando una videocamera professionale o reflex. In questo modo potremo sperimentare al massimo senza affidarci alle impostazioni automatiche già proposte dal telefono che purtroppo non ci fanno esprimere a pieno la nostra creatività.
Fai attenzione al suono
Il suono è tanto importante quanto le immagini, pertanto quando giriamo un video con iPhone ricordiamoci di utilizzare le app e strumenti esterni che ci permettono una presa perfetta dell'audio, così che la qualità di quest’ultimo rispecchi quella del video
I tool di pre-produzione
L’aiuto regia, insieme a tutto il reparto di produzione, ha a disposizione un infinito numero di app per organizzare le riprese in modo professionale ma anche rapido e immediato. Un regista o un direttore della fotografia può avere il viewfinder in un app - per decidere magari quale lente sia più adatta ad una determinata inquadratura. Un gaffer, invece, può controllare con SunSeeker dove si trova il sole a qualunque momento del giorno e in qualsiasi location, così da calibrare le riprese esterne utilizzando al meglio la luce naturale oppure una segretaria di edizione avrà le sue note sullo smatphone - o iPad di solito - grazie ad una comoda applicazione.
La post-produzione
Ci sono varie app che ci possono aiutare ad eseguire la post-produzione come Adobe Premiere Rush, una versione lite di Premiere Pro disponibile per i dispositivi iOS gratuitamente. Grazie alle funzioni offerte, i registi possono scattare, modificare e condividere i loro video in un unico dispositivo, aprendo i file Rush direttamente in Premiere. La timeline, inoltre, è molto intuitiva e consente agli utenti di organizzare video, audio, grafica e foto, regolare l'audio, migliorare il colore, aggiungere titoli, transizioni o addirittura voci fuori campo.
Sfrutta i servizi in cloud
È una buona idea organizzare il lavoro in maniera più facile e veloce utilizzando un'app dedicata anziché la carta: in questo modo la condivisione sarà istantanea e tutte le modifiche verrranno comunicate in tempo reale a tutti. Per troupe di 40-50 o più persone, avere tutti i documenti aggiornati dal vivo in un cloud è ormai indispensabile!
ARTICOLO di
Le seguenti indicazioni sono valide sia per i video realizzati con apparecchiature amatoriali, sia quelli prodotti da apparecchiature di tipo professionale. Si tenga conto, comunque, che è solo la continuità con cui viene utilizzata la strumentazione tecnica a garantire la produzione di un filmato di qualità via via migliore.
Ecco le regole da seguire:
# Focalizzare in precedenza lo sviluppo della storia, stendendo a tavolino uno story-board. Insieme allo story-board conviene fare un elenco di materiali che servirà per le riprese, luci, microfoni, camera e cavalletto, etc.
# Registrare per circa un minuto una base di nero, ponendo il tappo davanti l’obbiettivo.
# Quando la telecamera lo consente, fare sempre il bilanciamento del bianco in manuale sul filtro esatto a secondo delle condizioni di luce: 3200° Kelvin con luce artificiale e quando si riprende al tramonto o all’alba, 5500° Kelvin con luce solare. Se si effettua una ripresa al sole o all’ombra, la temperatura colore cambia, in questo caso bisogna avere l’accortezza di fare di volta in volta il bilanciamento del bianco con la luce ottimale di ripresa, poiché le due situazioni hanno differenti e marginali dominanti di colore. Sulla neve o nelle giornate di sole estivo, intorno al mezzogiorno, molte volte bisogna inserire un filtro ND che riduce sensibilmente la luce che arriva in macchina. Nelle nuove camere digitali il bianco si può selezionare tra vari preset: luce artificiale, sole, nuvole etc., nella funzione manuale si riesce ad ottenere un bianco giusto ricordandosi che il foglietto bianco, la parete o qualsiasi oggetto bianco deve essere illuminato correttamente dalla sorgente di luce presente nell’ambiente, per sapere se è stato accettato dalla macchina, tenendo premuto il tasto del bianco manuale deve smettere di lampeggiare il simbolo che appare nel view-finder.
# Premuto il tasto di registrazione posto sulla telecamera, prima di iniziare a registrare immagini in movimento occorre rimanere fermi per almeno 2 secondi in caso di montaggio in macchina, almeno 5 secondi in caso di post-produzione (montaggio ottenuto con due videoregistratori). Su immagini fisse bisogna aumentare, sempre a seconda del tipo di montaggio, rispettivamente 2 o 5 secondi il tempo di registrazione. Questo serve per precauzione nel primo caso, in quanto le camere poste in commercio iniziano a registrare circa un secondo dopo che la spia rossa si illumini o che compaia la parola REC nel view-finder della telecamera e nel secondo caso per avere un segnale sincronizzato, non avere dei fastidiosi sganci su un immagine iniziale e non avere l’immagine in movimento tagliata.
# Se si ha il tempo necessario, provare il movimento di partenza e di arrivo prima di registrare una scena.
# Controllare sempre il fuoco prima di riprendere il soggetto tenendo presente quanto segue:
A- se il soggetto e la camera, durante la ripresa, non sono in movimento, il fuoco viene ottenuto zoomando vicino (tele), mettendo successivamente a fuoco il centro dell’immagine riprodotta nel view-finder e infine allargando fino ad ottenere l’inquadratura desiderata.
B- Se il soggetto o la camera sono in movimento, fare il fuoco ottimale correggendo morbidamente.
C- Naturalmente le nuove camere in commercio hanno l’autofocus, ma per alcune scene conviene sempre, se la camera lo permette, usare il fuoco in manuale.
# Avere possibilmente un appoggio stabile, (cavalletto) o bilanciare bene la camera se la ripresa viene effettuata a spalla, tenendo le gambe divaricate a circa 45° (non oltre la larghezza delle spalle) con il peso del corpo perfettamente in centro. Controllare sempre nel view-finder la linea dell’orizzonte.
# Quando il tipo della ripresa lo consente, non registrare più di 20 secondi di immagini panoramiche e 10 secondi di primi piani d’ascolto.
# Non tornare indietro su un movimento effettuato. Ad esempio su una panoramica a destra non tornare subito a sinistra, su uno zoom da totale a primo piano non tornare a totale. Questa regola si può ignorare durante un’intervista, però bisogna avere l’accortezza di aspettare almeno 50 secondi o di più prima di riallargare o stringere, questo perché poi in fase di montaggio si può intervenire.
# Mantenere un taglio il più possibile fotografico nelle inquadrature.
# Tenere la persona intervistata in asse con l’ottica della camera, cioè non più bassa o non più alta.
# Se possibile garantirsi di una buona illuminazione.
# Evitare, quando è possibile e quando lo story-board non lo prevede le immagini in controluce ( forte illuminazione alle spalle del soggetto, per es. le finestre).
# Curare anche la ripresa audio usando appropriati microfoni ausiliari se la camera lo permette (mic. In o aux. In).
# Nel caso di registratori con due piste audio separate - mono canale 1 (CH 1), canale 2 (CH 2) - bisogna tenere sempre l’audio originale su CH 2 e la musica o il commento (voce fuori campo) su CH 1. Sulle nuove camere digitali bisogna registrare in funzione 12 Bit.
# Per evitare di tagliare le immagini e l’audio all’inizio di un’intervista, ricordarsi che l’intervistatore deve contare mentalmente tre secondi prima di iniziare a parlare dopo il via.
# Corredare sempre, quando i mezzi lo consentono, il filmato con un titolo di presentazione e con musiche adeguate alla ripresa. In un filmato senza interviste, oltre al commento sonoro sarà necessario inserire anche un commento parlato per alleggerire la visione del filmato.
# Avendo la possibilità di montare su computer, alcuni programmi permettono di inserire delle barre colore e una nota musicale, in genere di 1000 Hertz, in questo caso si procede con circa un minuto di barre con la nota, circa 20 secondi di nero e se ci fosse la possibilità il counter animato che da 7 secondi porta a zero, questo serve a tarare eventuali apparecchiature in fase di messa in onda (in caso di televisioni), di taratura di apparecchi televisivi in caso di videoproiezioni e in ultimo per dare una coda iniziale per preservare il filmato in caso di nastro rovinato accidentalmente.
# Non eccedere nella lunghezza del filmato, perché un documentario o un’intervista lunga provoca noia e disinteresse negli utenti finali.
# Nel montaggio di un’intervista alternare i brani parlati con immagini inerenti all’argomento trattato, registrate sul luogo o prelevate dal proprio archivio video o fotografico.
# Nel montaggio alternare sempre delle immagini in movimento a delle immagini fisse e non montare mai in sequenza delle immagini che abbiano la stessa inquadratura (in gergo: stacco in asse), lo stesso movimento (per es.: panoramica a sinistra con panoramica a sinistra o a destra), immagini di gruppo poste sullo stesso asse o aventi lo stesso taglio di inquadratura.
# Non esagerare con gli effetti nelle riprese o nel montaggio, per es. uso di filtri particolari, posizioni strane di ripresa, effetti speciali ottenuti con appositi mixer video, generatori di effetti speciali o montati su computer.
da dreamvideo.it
Le luci offrono una gamma enorme di scelte, per tipi e dimensioni, di conseguenza esistono svariate modalità di utilizzo della luce nella scena.
Luce disponibile
Questa è la luce che si può trovare in qualsiasi luogo ed ha fonti naturali: luce del sole, lampade fluorescenti, incandescenti od alogene, una semplice candela o un fuoco di un camino; sono esempi in cui queste possono interagire differentemente in un ambiente.
Luce dura e Luce morbida
Viene definita dura quella luce che è diretta, che crea così un contrasto netto tra l'oggetto inquadrato e le sue ombre. Viene utilizzata, in genere, per una definizione marcata di superfici e quindi, per le sue caratteristiche, aumenta l'illuminazione globale dell'oggetto.
L'illuminazione naturale dei raggi solari è un esempio di luce dura.
In contrapposizione alla luce dura vi è la luce diffusa, o morbida, che sfuma ed ammorbidisce i contrasti di ombre. Viene utilizzata per smorzare i i toni decisi della luce dura; inoltre può essere utilizzata per bilanciare l'insieme dell'illuminazione generale di una scena.
La luce del sole durante le giornate nuvolose è un esempio classico di luce morbida.
Un esempio di luce dura è quella che si crea utilizzando un faretto montato sopra la telecamera. Infatti, la luce del faretto è unidirezionale, e viene proiettata in modo diretto sul soggetto creando appunto un contrasto netto tra luce e l'ombra.
Se interponiamo un filtro diffusore tra la luce ed il soggetto, questa si trasformerà in luce morbida.
Un altro sistema per ottenere una luce diffusa consiste nell'utilizzare un riflettore, come possono essere, ad esempio, un cartellone bianco od un ombrello diffusore.
La luce chiave (Key Light)
Cosiddetta perchè è la luce principale che illumina il soggetto.
È frequente che ci si riferisca ad essa chiamandola, in gergo tecnico, "chiave" così come quando si dice "utilizziamo la luce solare come chiave".
In effetti è la fonte di luce più forte e viene posizionata generalmente di lato rispetto alla telecamera.
Essendo abbastanza intensa viene usata spesso come sorgente di luce diretta.
Luce di riempimento (Fill Light)
Questa luce si usa per diffondere la luce sul soggetto ottenendo un risultato di morbidezza che attenua le ombre decise e nette create dalla luce-chiave.
La luce di riempimento è solitamente posizionata dall'altro lato della telecamera rispetto alla luce-chiave e di norma ha una potenza minore rispetto alla luce principale (chiave).
Luce posteriore (Back Light)
Viene utilizzata per illuminare la parte posteriore del soggetto in modo da "staccare" il soggetto dallo sfondo e quindi dare maggior realismo alla scena.
Questa luce, di solito, è posizionata esattamente dalla parte opposta della luce principale (chiave).
Articolo da dreamvideo.it