Gli elementi indispensabili per fare del cinema sono le idee, la macchina da presa, la pellicola e un qualsiasi registratore del suono. L'immenso apparato tecnico e "artistico" di cui si serve l'industria cinematografica non ha lo scopo di fare del cinema ma di garantire la salvaguardia dei capitali investiti e dei connessi interessi economici. Non corrisponde ad alcuna necessità strutturale il cinema di silvano agostidel film. Esiste una lotta vitale fra una soffocante concezione commerciale del cinema e le testimonianze sempre più numerose di film che possono e debbono essere indipendenti dall'apparato economico. Il cinema è uno strumento alla portata di tutti, affinché ognuno possa comunicare agli altri la propria interpretazione della vita. Il cinema può, con maggiore ampiezza dei linguaggi che lo hanno preceduto, rappresentare e divulgare una visione della realtà che aiuti l'uomo a liberarsi dalle infinite schiavitù morali e politiche dalle quali è ancora oppresso. Quando i bambini impareranno a scrivere oltre che graficamente anche per immagini, allora l'ottuso pachiderma del cinema mitico-industriale lascerà il posto a un cinema quotidiano e immediato, strumento fra i più efficaci di dialogo e di conoscenza fra gli uomini.

L'IDEA CINEMATOGRAFICA

L'idea cinematografica è il seme dal quale nasce la necessità di realizzare un film. Può sorgere l'idea di documentare una data situazione che esiste nella realtà e allora nascerà un film documentario. Può manifestarsi l'idea di tradurre in termini cinematografici un racconto, una commedia o un romanzo e allora avremo un film che si ispira alla concezione del mondo di questo o di quell'autore letterario. Oppure l'idea può essere più estesamente creatrice ed esprimere situazioni e personaggi immaginati. L'idea cinematografica, comunque, scaturisce dalla conoscenza che abbiamo della realtà che ci circonda. A livelli più o meno profondi e con ampiezze più o meno estese l'idea cinematografica, così come il film al termine del processo creativo, finirà per esprimere il rapporto di maturità che uno o più autori hanno con la realtà della vita.

IPOTESI DI IDEA CINEMATOGRAFICA. Per meglio esemplificare il processo creativo, dall'idea iniziale al film compiuto, sceglieremo un'idea cinematografica e la svilupperemo attraverso le varie fasi organizzative ed espressive che sono alla base della realizzazione. Faremo un film a colori, e non tanto perché ci sembri indispensabile usare il colore in questo caso (anzi, forse il bianco e nero sarebbe più adatto) ma perché ormai la maggioranza dei film è a colori e il pubblico vi si è assuefatto: l'industria ha operato in modo che vi si assuefacesse. In un villaggio dell'Italia meridionale una povera donna analfabeta partorisce, dopo una lunga gestazione, un elefante. Fra l'interesse e lo stupore di tutti, l'elefante cresce e, poiché riesce a comunicare soltanto con la madre, frequenta le scuole insieme a lei, Alla fine l'elefante viene eletto capo del governo e accetta di parlare per la prima volta in pubblico.

Tutto il mondo è in ascolto. L'elefante, in un discorso breve e sensato, descrive il suo programma di riorganizzazione della società.

IL SOGGETTO

Il soggetto è una descrizione più ampia e dettagliata dell'idea originale, che consente di avere una prima indicazione precisa dell'arco narrativo del film, Nel soggetto si raccontano i fatti principali della vicenda e si precisano le caratteristiche dei personaggi principali. Se dall'idea poteva trasparire la struttura tematica, dal soggetto risulterà già l'impostazione narrativa del film, Cerchiamo quindi di proseguire nella nostra esemplificazione sviluppando l'idea proposta in un soggetto cinematografico.

SOGGETTO DEL FILM. In un villaggio della Calabria, una povera donna analfabeta, sposata con un bracciante, deve dare alla luce un bimbo. Trascorsi nove mesi di gestazione, tuttavia, il bimbo non accenna a nascere. Passa altro tempo. Le poche amiche della donna le consigliano di cercare rimedio presso il medico condotto. Il medico scuote il capo e afferma che effettivamente il caso è inconsueto. Passano altre settimane, poi altri mesi. La donna non sembra accusare alcun particolare disturbo. Ma nel paese l'attesa e la curiosità aumentano. Allo scadere del terzo anno, tuttavia, in una notte di luna, le luci si accendono nel casolare della povera donna e il via vai delle vicine si fa fitto e misterioso, Qualche giorno più tardi si saprà che la donna ha partorito un elefante, e che il marito prima si è infuriato ma alla fine ha accettato il fatto compiuto. Le autorità imbarazzate cercano di mettere a tacere il fatto, ma la notizia si diffonde rapidamente. Reazioni anche in Vaticano, che ritiene l'evento poco chiaro e invia sul posto una commissione per raccogliere notizie più precise. Anche i poteri politici reagiscono con una interrogazione in parlamento e decidono di mandare al villaggio il ministro degli interni. L'elefante gode ottima salute. Mangia e gioca, ma non parla con nessuno, tranne che con la madre. La televisione segue in diretta gli avvenimenti del piccolo paese. L'elefante muove i primi passi, è precoce e grazioso. Tutti i bambini vogliono possedere un elefantino. I grandi magazzini sono invasi da infiniti elefantini di stoffa. Gente arriva da ogni parte del mondo: studiosi giornalisti corrispondenti televisivi e uomini politici. Naturalmente negli uffici, nelle scuole, sui posti di lavoro non si parla d'altro. Si decide che la donna deve mandare l'elefante all'università. Così, la vecchia donna analfabeta è costretta a sedere con lui sui banchi della scuola. Nel frattempo, i grandi gruppi industriali pensano che l'elefante, così intelligente e taciturno, possa essere il personaggio più adatto per rappresentarli al governo e lo avviano alla carriera politica. In ogni strada d'Italia appare così l'immagine dell'elefante. Seduto, in piedi, disteso, intento a leggere, mentre entra in un cinema, mentre distribuisce pacchi dono agli orfani dei ferrovieri etc. La sua candidatura al senato riporta una schiacciante vittoria. Senza neppure fare un comizio, l'elefante ottiene alcuni milioni di voti. Tutti gli elettori, infatti, hanno votato all'unanimità per l'elefante. Il mondo politico piomba nel più profondo imbarazzo. Si decide allora di lasciare al parlamento i deputati della precedente legislatura e di proporre l'elefante come capo del governo. I capi dell'esercito e la madre dell'elefante, tuttavia, si oppongono avanzando delle riserve. La madre si sente incapace, data l'età, di seguire il figlio elefante nelle vicissitudini di governo. I capi di stato maggiore, d'altra parte, rifiutano di essere costretti a conferire con il capo del governo passando attraverso una donna, sia pure la madre fedele. A togliere tutti dall'imbarazzo interviene l'elefante, il quale, la sera stessa dell'elezione a capo del governo, accetta di parlare per la prima volta in pubblico. I televisori del mondo intero saranno accesi e via satellite ogni paese potrà assistere simultaneamente, mediante traduzioni elettroniche, al discorso di insediamento dell'elefante.

IL TRATTAMENTO

Il trattamento è una descrizione ancora più dettagliata del soggetto e contiene, oltre una più evidente chiarificazione delle varie sequenze narrative che comporranno il film, anche alcuni esempi di dialoghi fra i personaggi. Anche i luoghi nei quali si svolgono i fatti sono descritti più ampiamente e precisati nelle loro caratteristiche funzionali alla narrazione cinematografica. Proseguendo con il nostro esempio, sceglieremo, per brevità, la parte iniziale e la parte finale del soggetto, ricavandone una parte di trattamento.

TRATTAMENTO DI UN FILM. In una casetta rustica ai margini del paese, abita Santina Buonasorte. E' sposata da alcuni anni con un bracciante, Abramo Buonasorte. Santina è incinta e dovrebbe partorire fra pochi giorni. L'avvenimento non ha mutato in nulla la vita povera e faticosa che la donna conduce nel piccolo paese. Passano alcune settimane ma il bambino non nasce. Santina non si preoccupa granché. Passano alcuni mesi e le poche amiche le fanno visita sempre più spesso convincendola a cercare rimedio presso il medico condotto che, una volta alla settimana, visita i malati del paese in una stanzetta della canonica. Santina decide di malavoglia di recarsi dal medico. In una stanzetta nuda della canonica, una decina di persone aspettano di essere visitate. Il medico fa qualche domanda stracca all'uno e all'altro paziente e prescrive ricette evidentemente generiche. Sembra oscillare fra un atteggiamento di annoiata stanchezza e una frettolosità professionale da medico della mutua. Finalmente è il turno di Santina.
— Cosa ti senti? — chiede il medico.
— Io, niente.
— E allora perché sei venuta?
— Devo sgravarmi — dice Santina guardando in basso verso il ventre enorme.
— Hai dei disturbi?
— No.
— E allora, figlia mia, che c'entro io? Vattene a casa e appena arrivano le doglie, chiama la Diotaiuti, lei ne ha messi al mondo a non finire e ne sa più del diavolo e di me.
— Signor dottore, scusi l'ignoranza, ma io son diciotto mesi che mi trovo in questo stato.
— Ma cosa dici, avrai sbagliato il calcolo. Il ritardo può essere tuttalpiù di qualche giorno...
— Signor dottore, giuro su Dio che è così. Può testimoniare il marito mio. Son diciotto mesi, analfabeta sono, ma i giorni li so contare.
Altri due o tre pazienti, rinfrancati dall'incredulità del medico, si mettono a ridacchiare. Il dottore scosta la tenda che separa il lettino su cui è sdraiata Santina. — Zitti voi. Figliola mia, quello che dici è molto strano. Ma se non hai nessun disturbo, tornatene a casa, aspetta e fammi sapere. Lascerò il mio recapito al parroco e gli dirò di chiamarmi in caso di necessità.
Santina scoppia a piangere.
— Non ti preoccupare, vedrai che tutto si aggiusta. Abbi pazienza. Se ti vengono i dolori ti faccio trasportare in ospedale. Sei contenta? Addio, cara, addio.
Passano altre settimane, poi altri mesi. La donna non accusa particolari disturbi. La curiosità e l'attesa aumentano nel paese. Allo scadere del terzo anno, in una notte di luna, Santina si sveglia. Fitte di dolore le attraversano il ventre. Il marito Abramo Buonasorte corre a chiamare la Diotaiuti, l'ostetrica del paese. Il via vai delle vicine diviene nel corso della notte sempre più fitto e misterioso. Abramo, all'alba, scambia qualche parola con gli altri braccianti che si avviano al lavoro dei campi, quindi, caricata la semente su un furgoncino a motore, va al lavoro. La Diotaiuti si affaccia a una finestra e gli grida:
— Ancora niente, Abramo, vai pure, che in caso tí faccio avvisare da Tonino. Improvvisamente, proprio mentre Abramo sta per sparire nella stradetta di campagna, dalla camera di Santina si sente uno strano grido, si direbbe un barrito. La Diotaiuti chiude precipitosamente la finestra. Nella camera da letto di Santina, la povera donna singhiozza disperata e mormora:
— Che disgrazia, dio mio, che disgrazia.
La Diotaiuti le si avvicina.
— Fatti animo Santuzza, non è poi la fine del mondo. In un angolo della camera, appena illuminata dalla luce dell'alba che filtra dalla finestra, ritto in piedi, muove dolcemente a pendolo la sua proboscide, un piccolo, grazioso elefante.

ULTIMA SEQUENZA. Il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Bucatempo, telefona al ministro dell'interno.
— Inconciliabile, impossibile, comunque inimmaginabile che lo stato maggiore conferisca con il capo del governo avendo come intermediaria una donna, sia pure la madre, caro ministro.
— Generale Bucatempo, io mi rendo perfettamente conto delle sue perplessità, ma consideri che il Paese ha espresso una precisa volontà politica.
— Politica, politica, quello che conta è il rispetto della tradizione e soprattutto della dignità dell'apparato difensivo. Io aspetto una risposta, caro Ministro, altrimenti sarò costretto ad assumermi responsabilità ben più gravi. A presto.
Il generale depone il ricevitore. Il ministro perplesso guarda il segretario che, con il capo fra le mani, sembra immerso in profondi pensieri. Improvvisamente la porta dell'ufficio del ministro si spalanca e entra come un forsennato il capo gabinetto.
— Eccellenza, eccellenza, ha deciso di parlare, parlerà a tutti, questa sera in televisione.
Il ministro si accascia sulla poltrona.
— Chi l'ha detto?
— Lui stesso, l'ho sentito io, con le mie orecchie.
— E' la salvezza — mormora il ministro e sorride.
I televisori di tutto il mondo sono in funzione. Via satellite, ogni Paese assisterà fra poco, mediante traduzioni elettroniche, al discorso di insediamento a capo del governo dell'elefante. Tutte le telecamere sono puntate sul palco d'onore allestito nei giardini della presidenza. L'elefante entra, seguito dai diciotto ministri e dai settantotto sottosegretari. Si avvicina ai microfoni, e aspetta che gli uomini politici abbiano preso posto, sedendosi a semicerchio intorno a lui. Poi comincia a parlare. — Vi debbo dire che è per la prima ed ultima volta che accetto di parlare nella vostra scomodissima lingua. Voi mi avete eletto per una sola ragione, perché sono diverso da voi. Quindi, non perché riteniate che sia uno di voi che vi deve rappresentare, ma perché siete abituati a cercare la verità fuori di voi stessi. Questo fatto io lo ritengo sbagliato, ma siccome è il solo modo che vi è concesso per esprimere la vostra volontà, io, da buon democratico, accetto come buone le vostre cattive intenzioni. Accetto la candidatura a Capo del governo. Noi elefanti abbiamo superato le vostre feroci inclinazioni alla lotta. Basti dire che, al contrario di voi, noi non siamo carnivori. Non forziamo il corso della natura, non lavoriamo per un profitto, ma per le nostre reali esigenze e quindi non abbiamo alcun bisogno di denaro. Sesso e possesso, dunque, non ci turbano. E la distinzione, che fra noi non esiste, fra elefanti indiani ed elefanti africani, sia chiaro, è vostra. Da oggi io dunque decreto che la società degli uomini dovrà sforzarsi di somigliare almeno a quella degli elefanti. Per cominciare, noi non abbiamo distinzioni di lingua e ci esprimiamo in modo assai più conciso. Tutto il mio discorso, ad esempio, noi lo avremmo espresso con un solo suono. Questo: uhuuuuuaaaahhaaarggghhhuuuu iffillcccrrrsccch.
Dopo aver lanciato un lungo barrito, l'elefante continua con voce calma e dolce:
— E ora, tutti i presenti e tutti quelli che nel mondo mi stanno ascoltando in questo momento, ripetano con me: uuhhhuuaarggghuuuuulmonscccrrrschhh.
E tutta l'umanità lanciò così per la prima volta all'unisono uno stupendo urlo di saggezza: uuuuuuhhhuuuuaaarggghaarccccccrrrsccchhh

FINE.

(segue 2° parte)

Dal libro: IL CINEMA ALLA PORTATA DI TUTTI
COME "SI GIRA" UN FILM  di Silvano Agosti
Stampato dall'Associazione Culturale L'Immagine
Seconda edizione Agosto 1986