Tutti noi sappiamo quanto sia fondamentale per il sistema Italia la filiera del Made in Italy. Qualche cifra: parliamo della seconda industria di questo Paese, con un fatturato di 53 miliardi di euro nel 2021 solo nel tessile e abbigliamento, con una crescita sul 2020 del +18,4%, un numero di aziende pari a 43.000 e un numero di addetti pari a 370.800. Questo quanto si apprende dai dati Istat elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda. Il nostro Made in Italy è fatto di tanti noti brands, alcuni ancora in mano italiana, come Armani, Dolce e Gabbana, Ferragamo, altri finiti nelle mani dei colossi francesi LVMH e Kering, come Gucci, Fendi, Bulgari, Bottega Veneta. Ma noi non siamo qui a parlare di questo, ma a parlare di chi c’è dietro questi grandi nomi: c’è una filiera di produttori, tra maglifici, concerie, calzaturifici e chi più ne ha più ne metta, enorme, che copre tutto il nostro stivale. Un know how immenso, un’artigianalità, un savoir faire che tutti ci invidiano. Ed infatti a produrre in Italia sono anche i grandi brand d’oltralpe, come Hermes, Chanel, Dior, e molti altri. Ecco che nel 2019 è nato il Gruppo Florence, con la mission di proteggere e preservare questo know how, dando man forte al tessuto della filiera produttiva grazie a tre fondi di investimento con le spalle larghe dietro, come Italmobiliare, il Fondo Italiano Investimenti e il Fondo Vam Investments di Francesco Trapani, ex amministratore delegato di Bulgari e noto conoscitore del settore. Il gruppo Florence vanta ad oggi 20 acquisizioni, coprendo già 9 regioni dello Stivale, dal Piemonte alla Puglia. Il modello di business prevede che il socio fondatore ceda l’azienda al gruppo Florence, ma rimane azionista e quindi decision maker, assieme agli altri. L’obiettivo strategico è coprire l’intera gamma produttiva. Ognuna delle aziende partner è già leader per lo sviluppo tecnico e per la produzione nel proprio segmento di prodotto. La formula del successo? La massa critica, che permette di trovare delle efficienze e risparmi, ma anche una maggiore managerializzazione. Le aziende hanno una maggiore stabilità finanziaria e una diminuzione del rischio di dipendenza da una specifica categoria prodotto. L’amministratore delegato del gruppo Florence, Attila Kiss, 55 anni, di origine ungherese, vanta una lunga esperienza nel mondo del fashion, ha una visione di lungo raggio per la tutela del Made in Italy, attività strategica per il nostro Paese. Attila ha sposato il progetto sin dalla partenza, anzi è tra gli sponsor e gli ideatori. Nel momento in cui c’è un’acquisizione, Attila parte a conoscere tutti i dipendenti dell’azienda e a coinvolgerli nella missione globale di salvaguardia del know how tecnico e culturale delle produzioni made in Italy, e così in poco più di due anni ha riunito già tante aziende per un giro d’affari di oltre 200 milioni di euro con oltre 1.000 dipendenti. Obiettivo finale la quotazione. E allora complimenti al gruppo Florence, che sia da stimolo per altre iniziative imprenditoriali a tutela del nostro Paese. L’unione fa la forza. E su questo noi Italiani abbiamo ancora tanto da imparare.


Articolo di  Valentina Rainone per today.i

 

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