Il ruolo dello sceneggiatore. La realizzazione di un film è sempre preceduto da una lunga fase di lavoro letterario, in cui si tesse lo svolgimento della storia e dell'intreccio, si definiscono i personaggi, si redigono i dialoghi. È il lavoro dello sceneggiatore: realizzare il film sulla carta. Il cinema è sempre frutto di un lavoro di equipe, ma la fase letteraria sta alla base di ogni film. Lo sceneggiatore è l'unico che ha una visione d'insieme del film, "privilegio" che poi condividerà con il regista.
Chi lavora alla sceneggiatura. Innanzitutto non sempre l'autore della sceneggiatura è lo stesso del soggetto, cioé del progetto iniziale, sintetico, della storia che si vuol raccontare. Nell'industria statunitense accade frequentemente che la casa di produzione acquisti un soggetto, e lo passi poi ad uno sceneggiatore perché lo sviluppi. Inoltre non si tratta quasi mai di un lavoro individuale. In Italia nella sceneggiatura sono coinvolte di norma almeno due persone e vi sono state epoche (nell'immediato secondo dopoguerra) in cui a volte il numero era superiore a dieci; quasi sempre poi il regista vi partecipa anche se magari a livello di discussione e non di scrittura. Nel cinema USA è più diffusa una modalità di lavoro in cui la sceneggiatura è scritta da una persona sola, ma accade spesso che il produttore passi il lavoro terminato da uno sceneggiatore ad un altro per apportarvi modifiche anche radicali, e da questi ad altro ancora; esistono anche specifiche figure come quella dello script doctor, incaricato di rivedere la sceneggiatura nelle parti in cui non funziona e quello dello script consultant specializzato nell'analisi delle sceneggiature per individuarne i punti deboli. In Italia si è affermata una generica figura chiamata script editor o più semplicemente editor, che segue il lavoro dello sceneggiatore nel suo svolgersi per conto della produzione e che interviene anche "rammentando" agli scrittori le compatibilità economiche, gli attori scelti, ecc. In ogni caso la sceneggiatura, un po' ovunque, passa per vari tavoli, e in diverse epoche e in diversi Paesi ha conosciuto anche una differenziazione funzionale. Per esempio vi erano persone specializzate in dialoghi (i dialoghisti) o in battute (battutisti in Italia e gagman negli USA - Woody Allen è passato di lì).
Sceneggiatori e registi. Tra il ruolo dello sceneggiatore e quello del regista vi è sempre stata nella storia del cinema una certa tensione. Se, oggi, la gran parte degli spettatori ignora il nome dei registi, coloro che conoscono o si interessano al nome degli sceneggiatori sono ancora meno. In generale a parte alcune congiunture particolari (gli anni trenta negli USA e in Francia, gli anni sessanta in Italia - per quanto riguarda la commedia all'italiana, ecc.), il ruolo degli sceneggiatori è stato largamente sottovalutato. Nella realtà nessun film ha possibilità di successo se parte da una cattiva base letteraria, anche se una buona base letteraria non assicura di per sé il successo di un film. Nei lanci pubblicitari delle nuove uscite o nei dizionari dei film è comune trovare accanto al titolo la preposizione "di" seguita dal nome del regista, come se questi fosse l'unico autore. In realtà, pur tenendo conto del carattere collettivo della produzione cinematografica, vi sono innumerevoli film la cui forza è in gran parte merito della sceneggiatura. Così come, del resto, molti fallimenti si devono a pessime premesse letterarie.
Vi sono molti casi di registi che controllavano e controllano direttamente la fase letteraria, anche se non compaiono tra gli autori della sceneggiatura. Ad esempio Kubrick o Hitchcock, e in Italia Fellini, Visconti, Antonioni ed altri. In questi casi gli sceneggiatori sono dei "collaboratori" del regista, e il loro sforzo è quello di adeguarsi creativamente all'impostazione di colui che a giusto titolo può essere definito l'"autore" del film. In altri rari casi il regista è anche l'autore della sceneggiatura (nei titoli di testa appare la scritta: scritto e diretto da). E' il caso di Woody Allen, Quentin Tarantino (tutti e due hanno cominciato come sceneggiatori), Spike Lee ed altri. Vi sono poi casi di stretto connubio tra un regista e uno sceneggiatore, nel senso che realizzano sempre i film insieme e il merito dell'impresa autoriale viene condiviso: Krzysztof Kieslowski e Krzysztof Piesewicz, Yasujiro Ozu e Kogo Noda, Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, Marcel Carné e Jacques Prévert, James Ivory e Ruth Prawer Jhabvala, Federico Fellini e Tonino Guerra, ed altri.
Nella gran parte dei casi però, specie nel cinema commerciale USA, i registi sono chiamati a dirigere film interamente scritti da altri (gli sceneggiatori). In Italia accade spesso che i registi invadano il campo della sceneggiatura senza averne le capacità, e si tratta di una concausa del basso livello qualitativo del cinema nostrano degli ultimi venti anni, dove si trovano troppi personaggi poco interessanti, dialoghi impossibili e strutture drammaturgiche che non reggono. La mancanza di un numero adeguato di sceneggiatori competenti e autorevoli deriva a sua volta dalla difficoltà del cinema italiano (e in generale di quei Paesi che hanno un pubblico nazionale esiguo in relazione agli investimenti e ai rischi tipici di questa attività economica), ad essere e a funzionare come industria.
Il contributo degli sceneggiatori. Purtroppo il contributo degli sceneggiatori sia al film che alla stessa fase letteraria non sempre è così riconoscibile. Questa scarsa considerazione del mestiere da parte del vasto pubblico (non degli addetti ai lavori), ha fatto sì che nelle interviste rilasciate dagli sceneggiatori emerga spesso amarezza o cinismo. Non è nemmeno un caso che i film che li ritraggono li dipingono come frustrati, in crisi, alcolizzati, o altro. Si tratta di un lavoro pagato molto bene (si guadagna certamente di più a "piazzare" un soggetto o una sceneggiatura che a scrivere un romanzo), specie negli USA, ma dove il "merito", anche delle proprie invenzioni, sovente se lo prendono altri. In Italia è accaduto spesso che fossero accreditate, insieme ai veri autori della sceneggiatura, anche persone che con il film non c'entravano nulla o ben poco. Questo "diritto" se lo prendono in maniera sistematica i registi: raramente rinunciano ad apparire come coautori della sceneggiatura pure quando nella realtà vi hanno partecipato in maniera marginale. Negli USA accade spesso il contrario: non tutti coloro che hanno collaborato alla fase letteraria "firmano" la sceneggiatura, perché per essere accreditati si deve aver steso una percentuale consistente dello scritto.
Ma, anche se è sempre difficile individuare il contributo dato da uno sceneggiatore o dal regista o da altri alla fase letteraria, è però sempre abbastanza agevole comprendere quali siano i meriti e i demeriti della sceneggiatura. Essi si situano sempre nell'area della costruzione drammaturgica. Quando ci accorgiamo che i dialoghi "stanno male" in bocca ad un certo attore, oppure quando c'è un finale farraginoso o la storia ci pare inverosimile, se non ci appassioniamo, se usciamo con il sospetto di non aver capito la trama, se abbiamo l'impressione che in alcune parti il film annoi e in altre ci "prenda", se diciamo "buono il primo tempo pessimo il secondo", se ci domandiamo perché mai un certo personaggio si comportasse in quella strana maniera, allora, in tutti questi casi, c'è un problema di sceneggiatura. Perché è la sceneggiatura che deve assicurare una struttura narrativa solida ed equilibrata, personaggi e storia credibili, dialoghi appropriati e una sufficiente progressione drammatica.
Di Michele Corsi per Cinescuola.it