Un video per far conoscere il senso di smarrimento di chi è affetto da una malattia degli occhi che lo porterà alla cecità. Condizioni rare per cui i progressi della ricerca sono un raggio di sole. Paura, spaesamento, sgomento. Sono i sentimenti portati sullo schermo da Gabriele Mainetti, regista di “Lo chiamavano Jeeg Robot”, protagonista del video “In the woods”, ideato per far conoscere al pubblico la condizione di chi è affetto da una malattia rara degli occhi.

“E' questo un ambito in cui sono ancora molte le risposte che i pazienti attendono”, spiega Paolo Rama, Primario dell'Unità Operativa di Oculistica – Cornea e Superficie Oculare dell'IRCCS Ospedale San Raffaele.

“Malati che vanno tutelati e sostenuti nel loro diritto all'accesso all'innovazione, sia in campo diagnostico sia terapeutico”, sottolinea Francesca Moccia, vice Segretario Generale Cittadinanzattiva. Il video e la campagna social #fightforlight sono sostenuti da Dompè, azienda farmaceutica impegnata nella ricerca sulle malattie rare, proprio per aumentare la conoscenza e la consapevolezza sulle condizioni di questi pazienti in vista della giornata mondiale sulla malattie rare che si terrà il prossimo 28 febbraio.

Una delle risposte che i malati aspettano – un raggio di luce, come vengono definiti i risultati della ricerca nel cortometraggio - potrebbe arrivare a breve a partire dagli studi condotti da Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina per la scoperta del fattore di crescita neurotrofica, Ngf, una proteina naturalmente prodotta dal corpo umano, responsabile dello sviluppo, del mantenimento e della sopravvivenza delle cellule nervose. L’intuizione di usare Ngf per curare alcune patologie che colpiscono la cornea è stata proprio di Rama, che alla fine degli anni Novanta provò a trattare una piccola paziente che rischiava di rimanere cieca con la proteina della Montalcini, mai usata fino a quel momento per la cura degli occhi. Da quella prima esperienza sono passati venti anni: i ricercatori hanno continuato a studiare per capire quante e quali malattie si potevano trattare con Ngf e hanno incontrato un'azienda, Dompè, che ha investito per far diventare quell'intuizione una terapia.

“Diversi studi sono stati condotti, con risultati molto buoni, per il trattamento delle ulcere da denervazione della cornea, condizione che può essere causata da diversi fattori: dall'abuso di farmaci o di lenti a contatto fino alle forme congenite, passando per le infezioni più comuni”, va avanti Rama. “Il più delle volte non si hanno le manifestazioni gravi, come quelle che abbiamo studiato noi; ma quando succede il paziente rischia la cecità”. Per questi malati rari al momento non ci sono che dei palliativi, si può bendare l’ulcera o chiuderla con un intervento ma il più delle volte, quando si chiude, rimane un’opacità che impedisce una visione piena. Le cose però presto potrebbero cambiare: “L'Ngf potrebbe rappresentare una vera innovazione in determinati ambiti dell’oftalmologia”, conclude Rama.

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