Ferdinando Vicentini OrgnaniOggi, l'America Latina è in rivoluzione: dal Messico, al Brasile alla Bolivia sono migliaia le persone che si mobilitano in nome della libertà, dei diritti, dell'identità, di una nuova politica. Rivoluzioni che spesso in Europa non ci vengono raccontate e se qualcuno ci prova spesso omette o distorce quei fatti fondamentali che andrebbero a formare una corretta opinione pubblica. In questo caos comunicativo dato da un giornalismo superficiale vi è però chi cerca di approfondire i fatti e di documentare la realtà, andando sul luogo dell'accaduto e cercando di comprendere la situazione.', '

E' il caso per esempio di UN MINUTO DE SILENCIO del regista Ferdinando Vicentini Orgnani che partendo da un personaggio come Evo Morales, il primo presidente indigeno della Bolivia, si tenta di scoprire cosa c'è veramente dietro alla sua elezione.

L'entusiasmo iniziale che aveva coinvolto molte persone alla notizia di un presidente boliviano autoctono è stato smontato quando si intuisce che la democrazia che sta al governo da dieci anni nasconde una realtà criminale legata alla coca. Uno Stato che ha come scopo il narcotraffico, situazione simile già vista in Colombia ai tempi di Pablo Escobar. Questo però non impedisce alle persone di avere una specie di resistenza ideologica: “Vi è molta superficialità da parte della stampa europea” commenta il regista “si preferisce credere alle favole, piuttosto che a una realtà documentata. Non c'è la voglia di approfondire, di andare nel posto per comprende cosa realmente sia accaduto”.

UN MINUTO DE SILENCIO del regista Ferdinando Vicentini OrgnaniIl film dopo essere stato presentato a San Paolo, ha avuto una distribuzione negli States e fra poco uscirà anche in Brasile, Paese che attualmente ha grossi problemi con la coca. In Europa, per il momento, è prevista solo una distribuzione in Francia, ma Sean Penn si è detto favorevole a sostenere l'opera del regista avendo vissuto sulla propria pelle la situazione instabile della Bolivia.

Una circostanza controversa che non capita per la prima volta al regista: guardando alla sua filmografia, infatti, Ferdinando Vicentini Orgnani, ha più volte nuotato in acque non troppo pulite dove la memoria storica è stata inquinata. Occasioni che spesso gli sono capitate e che ha approfondito, spinto dalla curiosità di capire perché certe cose non sono state dette, altre si sono invece volute oscurare.

Appena qualche giorno fa così è stato scritto in un articolo di giornale: Ipotizzato falso in atto pubblico, calunnia e favoreggiamento. La Procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo sul caso Ilaria Alpi, la giornalista del Tg3 uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme all’operatore triestino Miran Hrovatin. L’indagine riguarda alcune anomalie legate alla gestione di un testimone, Ahmed Ali Rage che per la Corte di Appello di Perugia si sarebbe rivelato falso.

Dopo più di 20 anni ancora si cercano risposte e verità sulla morte della giornalista. Un argomento che Vicentini Orgnani ha trattato in un film (“Ilaria Alpi il più crudele dei giorni” con protagonista Giovanna Mezzogiorno), ricevendo poi diverse querele. Un'opera che si basa sugli atti del processo e sul lavoro svolto da quel giudice che venne sollevato dal caso perché considerato scomodo.

Episodi ambigui che in fondo non sono mai finiti: da Giulio Regeni, agli uomini ammazzati dalla mafia, a Pier Paolo Pasolini. “Non è un caso che quel mio film inizi con il celebre scritto: Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Quella frase è il senso che abbiamo voluto dare al film e oggi su altri fronti la storia sembra ripetersi. Fatti come questi ti fanno capire come certe scelte, legate ai meccanismi della politica estera, siano disastrose”.

Vicende simili sono racchiuse anche in “68 – Utopia della Realtà”, titolo che enuncia la condizione problematica e contraddittoria di quegli anni e di ciò che (in parte) viene ricordato e detto. Un documento audiovisivo che salva, insieme ad altri del suo genere, un tipo di memoria che si sta perdendo, specialmente nelle nuove generazioni che ignorano, a causa dell'istruzione scolastica, l'esistenza di anni così fondamentali della storia del nostro Paese. Il documentario infatti va contro la tradizione ideologica che ha vinto. “Di quegli anni spesso vogliamo dimenticarci che molte persone pur appartenenti a partiti opposti – della sinistra e della destra estrema – andavano tra loro d'accordo” racconta il regista “c'era una convergenza, ma a differenza di altri Stati - come la Francia - noi siamo finiti per spezzare questo equilibrio, abbiamo voluto gli scontri pesanti, il terrorismo...nessuno si è voluto assumere le proprie responsabilità”.

Ferdinando Vicentini Orgnani ha girato anche film fuori da questi schemi, come per esempio VINO DENTRO, opera che è stata definita una black comedy metafisica, ma l'autore è indubbiamente uno di quei registi che si vanno ad annoverare nell'attuale panorama italiano di un cinema impegnato, un genere poco amato rispetto a quell'eredità lasciataci dagli anni '60-'70, ma che di sicuro, nonostante le avversità, assume un valore importante per la memoria e l'identità del nostro Paese.

Eleonora Gasparotto Nascimben per Manifesto 0 

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