In una illustratissima collana della Electa di “Dizionari del Cinema” curata da Gabriele Lucci per l’aquilana Accademia dell’Immagine, dopo quelli dedicati a Western, Animazione, Musical, Noir, Fantascienza, Fantasy e in attesa di quelli del Melodramma e dell’Horror, ecco un dizionario del cinema Erotico affidato a Valerio Caprara (pp. 348, illustratissime, per euro 20,00). Nel susseguirsi delle immagini e delle schede (su protagonisti, registi, film eccetera), è facile perdersi molto piacevolmente, scoprendo o rievocando, tra sequenze e divi e registi che vengono definiti “cult”, “all’americana” in un modo che mi è sempre sembrato un po’ aberrante, per me quasi una parolaccia come “evento” o “tributo” al posto di “omaggio”.

Sarà forse perché ho ormai una bella età, ma più che il gusto di rivedere immagini e volti e corpi e situazioni entrati davvero nell’immaginario collettivo (un concetto che, questo, non mi è mai dispiaciuto) e di passare ora con distratta indolenza e ora con interesse quasi morboso da Louise Brooks a Marilyn Monroe, da Il postino suona sempre due volte a L’impero dei sensi, da Almodovar a Kubrick e dalle tette di Harriett Andersson in un film di Bergman agli opulenti culi dei film di Tinto Brass, dal burro di Ultimo tango ai “godemichet” di Tokyo Decadence, ha finito per coinvolgermi il discorso che presiede al volume e alla prefazione di Caprara.

Il quale afferma con convinzione spavalda molte cose giuste, ma anche legate alle teorie dell’erotismo che sono state in voga tra gli anni sessanta e ottanta dello scorso secolo, gli anni della liberazione sessuale che furono anche, immediatamente, dell’esplosione e rivendicazione del ruolo della pornografia. Credo che tutti, prima o poi, si sia stati dei consumatori di pornografia (oggi anche involontariamente: basta aprire la televisione o sfogliare le pagine dei settimanali e dei quotidiani per trovarsi costretti a consumare pubblicità spessissimo ai limiti della pornografia, anche se disgustosamente leccata e robotizzata alla Dolce e Gabbana… e considero una pornografia particolarmente raffinata e malata la pubblicità delle automobili, come sostenne magistralmente Ballard in Crash), e credo avesse ragione Mae West, citata da Caprara, quando elogiava la censura dicendo di “averne ricavato una fortuna”.

Il mercato è mercato, e se per tutti qualche volta e per molti reiteratamente “il sesso risulta più eccitante sullo schermo o sulle pagine che tra le lenzuola” (Andy Warhol dixit), la pornografia ha le sue ragioni di esistere, e sarebbe ipocrita negarle. Tra l’altro, come ben sanno psicologi e criminologi, è un “deterrente” importante in rapporto a comportamenti più gravi, per chi sfoghi sessuali non sa trovarne con un o una partner. Insomma, ha ragione Caprara a ricordare che è eccitante ed erotico ciò che per ciascuno è eccitante ed erotico. E bisognerebbe aggiungere che i comportamenti sessuali degli esseri umani non sono quei pochi facilmente catalogabili, ma che ciascun individuo ha una sessualità diversa dagli altri, e che quindi i sessi non sono due o tre o quattro ma un’infinità…

Caprara se la prende anche con i nostalgici dell’erotismo di un tempo, di quando si vedeva poco e si indovinava molto, e qui ha anche ragione, ma trascurando il fondo della questione: in una società dove tutto pretende all’erotico e quasi tutto sembra una variante del pornografico, l’elogio del pagano e libero può convincere ancora? E se fosse che l’erotismo (il mercato dell’erotismo, per essere precisi) è uno dei tanti modi di legare invece che di liberare? Un precetto indiano ricorda che bisogna “evitare esperienze sensuali che possano danneggiare altri”, e non sempre è il caso di ciò che si mostra (e di fatto si propaganda) oggi sullo schermo.

Questo libro è comunque divertente, piacevolissimo, e stimolante in molte direzioni. Ma ne consiglierei la lettura-visione assieme a un piccolo e austero libro uscito anch’esso in questi giorni: Passioni d’Oriente. Eros ed emozioni in India e Tibet, curato da due studiosi serissimi come Giuliano Boccali e Raffaele Torella (Einaudi, pp.244, euro 18,50), che parla dei modi di concepire eros e sesso, non disgiunti, nelle religioni e filosofie indiane. E’ qui forse la giusta via, e non nei modi comunque contorti in cui si è coniugato, anche nel cinema, il rapporto tra “l’amore e l’Occidente” (che è anche il titolo di un classico e importante saggio di Denis de Rougemont, oggi presente in una collana di tascabili, forse la Bur).

 di Goffredo Fofi da http://www.ilmessaggero.it

 

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