Il Direttore della fotografia è uno dei ruoli e profili che formiamo in Shot Academy, l’Academy della ripresa cinematografica professionale.
Stranamente, parlando di ripresa cinematografica in lungo e in largo, non ci siamo mai preoccupati di definire chi è e cosa fa il direttore della fotografia.
Con questo articolo vogliamo lanciare nella rete un semplice contributo che potrà essere l’occasione per confrontarci con il parere di chiunque voglia dire la sua.
Dunque: proviamo a definire chi è il direttore della fotografia – DoP – (meglio: autore della fotografia o, per fare gli anglofoni, Cinematographer).
La parola fotografia ha un’etimologia molto suggestiva: photos e graphia.
Ovvero, scrivere con la luce. L’immagine cinematografica è un procedimento, nel caso dell’analogico, foto chimico e, nel caso del digitale, foto elettrico. In ogni caso la materia prima per impressionare un supporto fotosensibile è la luce. Ed è quello che usano i direttori della fotografia per illuminare una scena, un film. Per dare corpo alle atmosfere. La luce dà al film quello che un film dà allo spettatore.
E questa emozione si costruisce. Tecnicamente, professionalmente e artisticamente. E’ una questione di stile, certo, ma anche di storia personale, di cultura, di educazione. Lo stesso film illuminato da diversi direttori della fotografia visivamente non sarà mai lo stesso.
Illuminare, secondo noi, significa:
– tradurre un’idea in un’immagine;
– realizzare un’immagine;
– gestire delle persone;
– gestire un budget.
Come?
In infiniti modi, a cominciare dalla tecnica che fornisce il sapere per impostare le luci e rendere verosimile il racconto cinematografico. Verosimile nell’ambito di quel sottile patto che allea lo spettatore alla finizione del racconto (la cosiddetta sospensione dell’incredulità). Usare una luce di taglio, contrastare con una fill light, sottolineare con una back light, evidenziare con una background light sono il naturale portato di una serie infinita di combinazioni, e modi di combinare, che un direttore della fotografia, come un attore, ha nel suo baule da portare in scena. Quando un regista racconta al direttore della fotografia le sue emozioni, suggestioni, impressioni, ispirazioni, riferimenti, desideri per il film che vuole realizzare sta passando la tavolozza dei colori, ancora impalpabile, a colui che la renderà concreta. E lo dovrebbe fare con rimandi pittorici, fotografici, con esempi di luce quotidiana, con quei racconti che potrebbero iniziare con ‘hai presente quando…’
Il direttore della fotografia, allora, comincia ad assemblare i pezzi, a fabbricare l’immagine assecondando le richieste. Spesso una bella fotografia, se fine a se stessa, non rende un film migliore. Una bella fotografia è una fotografia giusta, in quanto sottotesto per veicolare il testo. Rende verosimile una storia, una scena, una location, un personaggio, uno stato d’animo, un gesto. E non parliamo di verosimiglianza come fede, come credo assoluto a cui sottomettere la propria opera. Si tratta piuttosto di un approccio. Se il direttore della fotografia sta illuminando un film come ‘The Avengers’ la verosimiglianza richiesta, quella che anche lo spettatore si aspetta per credere all’incredibile, sarà una luce per l’appunto ‘incredibile’, spettacolare, effettata, piena di ‘fuochi d’artificio’; diciamo che non è congruo andare a dormire in smoking e presentarsi su un red carpet in pigiama. Il genere chiama una luce; la luce è caratterizzante del genere. Una luce sarà adatta ad una commedia, un’altra luce sarà adatta ad un western. I generi cinematografici non solo solo una catalogazione per definire un plot, sono anche una codice espressivo. E ogni direttore della fotografia ha il suo codice per ogni codice/genere.
Quando il direttore della fotografia ha capito che luce fare, si passa alla fase esecutiva: come fare la luce da fare. Il set è un non luogo pieno di imprevisti, terreno ideale per non trovare le condizioni giuste per fare quello che si è pensato. Sul set vale tutto. E tutte le regole, le conoscenze, la preparazione possono non valere, a patto di ottenere quello che avevi in mente di realizzare. Elasticità, plasticità servono al direttore della fotografia per fabbricare, comunque, quell’immagine che aveva pensato. Fortunatamente non lo fa da solo. Intorno alle sue scelte mediamente ruota il lavoro di altre 10-15 persone. E il tempo ruota intorno alle scelte del direttore della fotografia. Gestire delle persone e gestire un budget. Non è ‘produttivo’ che una giornata di lavoro sia impiegata per metà tempo a preparare le luci. La produzione così avrebbe solo metà giornata per girare. Ottimizzare il lavoro significa aver lavorato – e parecchio – in pre-produzione. Più si lavora in pre, più la produzione è lavorabile. Ma non sempre è così…
Insomma, chi è il direttore della fotografia?
Noi ci fermiamo qui. Il nostro è solo uno stimolo per confrontarci con le vostre opinioni.