IL CINEMA È ARTE, MA L'ARTE DEL CINEMA È IL MONTAGGIO
"Tutto quanto precede il montaggio è semplicemente un modo di produrre una pellicola da montare" Stanley Kubrick

"Lo scopo del montaggio è conferire alla rappresentazione cinematografica significato e logica narrativa" (enciclopedia Garzanti). Ma non solo; per il cineasta William Dieterle:"Il montaggio non è semplicemente un metodo per mettere insieme scene e frammenti distinti; in realtà, è un metodo per guidare, in modo deliberato e forzato, lo spettatore". Dunque, con il montaggio, l'autore organizza la sua opera articolando immagini in modo da guidare lo spettatore, secondo il proprio punto di vista, in un percorso espressivo e concettuale personalissimo. Più semplicemente il montaggio è lo stile del film e, pare chiaro, che organizzare la semplice concatenazione delle inquadrature e la loro sequenzialità ne è lo scopo meno rilevante;c on il montaggio il cineasta predispone un'esperienza emotiva ma anche e soprattutto intellettuale di straordinario impatto.

Nel periodo del muto, per il russo Vsevolod I. Pudovkin,"ll montaggio è dunque il vero linguaggio del regista (...); l'atto creativo cruciale nella produzione di un film (...); per giudicare la personalità di un regista cinematografico non si deve far altro che osservare i suoi metodi di montaggio. Quello che per uno scrittore è lo stile, per il regista è il suo modo particolare ed individuale di montaggio". E ancora, l'autore attraverso il montaggio può"costringere lo spettatore a guardare non come egli è abituato a vedere". Un cinquantennio più tardi poco è cambiato; Jean-Luc Godard, regista del sonoro sostiene:"Dire regia è automaticamente dire, ancora e di nuovo, montaggio. Quando gli effetti di montaggio superano per efficacia gli effetti di regia, la bellezza della regia stessa ne risulterà raddoppiata".

Ma torniamo ad inizio secolo: storicamente si ritiene che Georges Méliès con "Il viaggio della luna" del 1902 e "Il viaggio attraverso l'impossibile" del 1904, sia stato il primo ad introdurre la narrazione cinematografica: le sequenze, riprese con piano fisso, venivano collegate tra loro con il montaggio-incollaggio di spezzoni di pellicola (rulli o bobine). Ma è solo da quando, da questo semplice montaggio meccanico, si è passati al montaggio cinematografico vero e proprio, che si è avuta la "liberalizzazione" della macchina da presa: da piani fissi e statici, responsabili di riprese di "natura" teatrale, si diventa improvvisamente capaci di esprimere un linguaggio artistico. Il montaggio cinematografico in quanto tale, lo si deve, in forma embrionale, soprattutto a Edwin S. Porter in "Vita di un pompiere americano" del 1902 e "La grande rapina al treno" del 1903.
David Wark Griffith
seguendo la strada intrapresa da Porter, intuì che in una sequenza le singole inquadrature dovevano essere montate tra loro in base ad esigenze di necessità drammatica. Ha inventato, quindi, il linguaggio cinematografico definendone, per primo, gran parte degli elementi e sperimentando, sempre per primo, i vari aspetti del montaggio. Per la prima volta ha impiegato magistralmente il primo piano considerato per l'epoca un'audace novità, il flashback, con cui fu possibile rompere la linearità del tempo filmico proiettando alcune scene cronologicamente antecedenti e il montaggio alternato che ha permesso le cosiddette sequenze di «salvataggio all'ultimo minuto» che, staccando continuamente dalle sequenze dedicate al salvato a quelle del salvatore, ci tengono continuamente con il fiato sospeso. Ma se a D.W.Griffith, di cui ricordiamo almeno "La nascita di una nazione" del 1915 e "Intolerance" del 1916, si deve l'invenzione del linguaggio cinematografico, a Vsevolod I.Pudovkin e Sergej M.Ejzenstejn, per il muto, ed a Orson Welles per il sonoro, se ne deve gran parte dell'evoluzione.

Karel Reisz e Gavin Millar scrivono: "Fin dagli inizi della carriera Griffith si rese conto che riprendere un'intera scena a distanza fissa imponeva grossi limiti alla narrazione.Volendo mostrare allo spettatore il pensiero o le emozioni di un personaggio, capì che il modo migliore per farlo, era quello di avvicinare la macchina da presa, registrando così con più precisione l'espressione del viso (...); la scoperta fondamentale di Griffith è stata quella di rendersi conto che una sequenza deve essere composta da singole inquadrature incomplete, scelte ed ordinate in base a motivi di necessità drammatica". E sostengono ancora che:"Il cinema, attraverso il montaggio si è trasformato da semplice mezzo per registrare l'attualità in un mezzo estetico di grande sensibilità". Dunque il lavoro di montaggio è rilevante sia sul piano pratico, dando struttura e ritmo al film, sia su quello estetico, influendo inevitabilmente anche sulla recitazione. La sua importanza è prioritaria e molti lo considerano l'essenza stessa del cinema,"L'elemento peculiare (specifico filmico) che permettere al cinema di assurgere ad autonoma espressione artistica".
L'introduzione del sonoro consentì al cinema di raccontare storie più complesse di quanto non fosse possibile ai tempi del muto: non solo le scene risultarono più realistiche ma la musica, i rumori e soprattutto i dialoghi, ne accentuarono l'impatto drammatico. Per questo, ma anche per problemi di natura tecnica, il linguaggio basato sul montaggio, per qualche tempo non progredì: ma ben presto, insieme alla recitazione ed alla stesura dei dialoghi, tornò ad essere "Il principio fondamentale dell'arte cinematografica". È intuitivo, infatti, che consente una profondità della narrazione, che in teatro per esempio è quanto mai impossibile; una rappresentazione teatrale si potrebbe paragonare ad una scena ripresa in campo lungo con macchina fissa. Frammentando l'avvenimento in brevi inquadrature di diversa durata, angolo e piano di ripresa, si può controllare in modo più efficace l'intensità drammatica dei fatti mentre la narrazione avanza, riuscendo a comunicare un senso di movimento altrimenti impossibile con un piano sequenza, un campo lungo o anche con un montaggio invisibile; inoltre le inquadrature sui particolari descrivono la storia in modo completo e convincente, quindi più vicino alla realtà di quando non possa fare un'unica inquadratura in campo lungo.

Il montaggio invisibile è particolarmente usato nel cinema classico e in quello americano (John Ford e Frank Capra); è funzionale alla trasparenza della storia e la macchina non rivela mai la sua presenza a vantaggio della fluidità visiva e della narrazione, più continua ed omogenea. In parole povere la regia, durante la visione, non si avverte mai. Nel cinema europeo e in quello d'avanguardia, invece, il cineasta solitamente lascia il segno della propria personalità con un montaggio che si discosta da norme e convenzioni, imponendo il suo ritmo con continui cambi d'inquadrature sia nelle angolazioni che nei piani. La macchina da presa allora diventa parte attiva della narrazione (non occhio distaccato come accade in una scena fissa generalmente in campo lungo). In genere il responsabile del montaggio è il produttore e/o il regista. Il montatore ha il compito e la possibilità di scegliere i vari ciak della stessa inquadratura per trovare il punto in cui lo stacco risulta drammaticamente più efficace: non solo riordina la successione delle sequenze, ma ne interpreta e valorizza i particolari. È da notare però che soltanto alcuni cineasti di grande successo possono permettersi il controllo e la supervisione del montaggio, il cosidetto the last cut (il taglio finale)!

Il montaggio,"È il solo aspetto specifico della sola arte del film" (Stanley Kubrick).

da www.1aait.com

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