Wim Wenders non si è mai considerato un vero narratore, ma qualcuno che ama preoccuparsi delle immagini, siano esse quadri, disegni o fotografie: Wim Wenders 1queste ultime lo hanno da sempre interessato e più di qualsiasi altra cosa, persino di più della sua attività cinematografica, “perché ogni foto è più dello sguardo di un uomo ed è superiore alle capacità del suo fotografo”. Lo spiega chiaramente nella prefazione al suo album-saggio, Una volta, che dopo essere stato pubblicato nel 1993, è di recente tornato nelle librerie grazie alla casa editrice Contrasto. Ogni foto è anche un aspetto della creazione al di fuori del tempo e il poter fotografare è un atto di presunzione e di ribellione: è troppo bello per essere vero, ma è anche altrettanto troppo vero per essere bello”. E’ un’azione priva di conseguenze che avviene in un singolo istante e all'interno di una certa relazione tra l’occhio e la macchina fotografica e di tutto questo potete averne la prova sfogliando questo libro, un gioiello speciale che farà contenti gli estimatori del regista oltre a molti appassionati di fotografia. Ne troverete più di trecento, a colori e in bianco e nero, disposte per sequenze e accompagnate da sessanta piccole storie, tutte scritte da Wenders, tutte con il medesimo incipit (“Una volta”), ma guai a confonderle con le fiabe, perché a lui non sono mai piaciute.

Wim Wenders fotografie 1“Mi infastidiscono, perché ho trovato sempre paurosi e terrorizzanti i personaggi, troppo crudeli o inverosimili le situazioni”, si legge nell'intervista che apre il volume, rilasciata a Leonetta Bentivoglio in due tempi (nel 1991 a Monaco di Baviera e nel 1993 a Berlino), ma in ogni caso quel suo particolare ‘C’era una volta’ è da sempre legato ai bambini, perché Wenders è interessato a un certo modo di conoscenza, alla loro visione e al loro rapporto con la realtà. Li vuole sempre nei suoi film e anche in ruoli rilevanti perché non vuole dimenticarsi come cineasta del loro punto di vista, della loro curiosità e di quella innocenza con cui sanno guardare il mondo, ma soprattutto perché sono una fonte di ispirazione continua. Vivendo al momento, ovvero senza curarsi del passato né del futuro, i bambini sono simili ai fotografi – “che devono avere la capacità di vivere per il momento e dentro il momento” – ma mai ai registi – “perché in un film è necessario preoccuparsi sempre dell’insieme, della struttura generale, di quel che viene prima e dopo e non si è mai liberi di vivere solo il momento, ma bisogna mantenersi sempre in rapporto con quel che si è già fatto e con quello che si farà tra una settimana o un mese”.

Fotografare rimane, dunque, per Wenders un’azione quasi infantile, perché priva di conseguenze, una di quelle che avviene in un singolo istante e all'interno di una certa relazione tra l’occhio e la macchina fotografica. Guardando le sue foto (tutte scattate rigorosamente in pellicola) – che restano un attimo di “ascolto del vedere”, la traccia di un incontro irripetibile e senza seguito con un pezzo di mondo - viene sempre in mente una storia diversa, dal momento che la storia può essere differente e non appartenere solo ad un’immagine.

Wim Wenders fotografie 2Sono i paesaggi e i grandi spazi illimitati a colpirlo principalmente, dall'Europa con la sua Germania (“la mia infanzia”) all'America (“la mia seconda vita da adulto”), fino all'Australia, passando per la Russia, l’India e la Cina. Quasi mai fotografa persone perché “fare ritratti equivale di solito a fotografare persone che ti guardano” e questo non è una cosa che gli appartiene, neanche nei film, dove l’inquadratura che gli piace di meno è proprio il primo piano. Attraverso i suoi scatti ci fa incontrare personaggi del calibro di Godard, Kurosawa, Handke, Scorsese e Coppola, ma nel farlo ci presta i suoi occhi e, pertanto, quei grandi li vediamo da dietro, da lontano, sfocati o solo accennati, e ciò rende il tutto ancora più particolare.

Quelle foto sono delle vere opere d’arte, delle opere pittoriche dove tutto accade dentro una cornice che stabilisce un ordine preciso all'interno del quale si descrive un pezzo di mondo. Un suggestivo atto creativo volto alla ricerca d’identità (ed è questo che le collega maggiormente al viaggiare, altra sua grande passione) in cui è fondamentale quella “disposizione” (Einstellung, in tedesco), che indica sia l’atteggiamento col quale qualcuno si dispone a qualcosa quanto l’immagine che lo stesso produce. Immagini che colpiscono senza mai scioccare e che incuriosiscono senza mai totalmente affascinare: restano dentro come testimoni di un atto nel tempo nel quale qualcosa viene strappato al suo momento e trasferito in una diversa forma di continuità.

di   -  Tutte le foto sono © Wim Wenders

 

 

 

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