♥ dalle Idee alle Sceneggiature
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SLEEPING DOGS (Inglese | Azione/Avventura, Thriller) L'ex detective della omicidi Roy Freeman (Russell Crowe) non riesce a ricordare. Dopo essersi sottoposto a un trattamento all'avanguardia per l'Alzheimer, gli viene chiesto di riesaminare un brutale caso di omicidio del suo passato. Un detenuto nel braccio della morte che Roy aveva arrestato dieci anni prima...
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ASCENSION (Inglese | Orrore) 8 studenti sono bloccati nel loro dormitorio universitario a seguito di una pandemia globale. Nonostante abbiano accesso alla rete nuova e migliorata della scuola, si trovano nell'impossibilità di connettersi al mondo esterno. Proprio quando pensavano di essere al sicuro,...
COLORADO CHRISTMAS (Inglese | Commedia, Drammatico, Romantico) Melody Miller, madre single in difficoltà, ha lasciato il lavoro dei suoi sogni come insegnante di musica per lavorare nell'assistenza sanitaria domiciliare per provvedere alla sua giovane figlia. Quando uno dei suoi clienti si ammala, la sua famiglia si precipita a casa e, con sorpresa di Melody, il suo...
DOUBLE BLIND (Inglese | Giallo) Sette sconosciuti si iscrivono a un test farmacologico apparentemente di routine presso una struttura farmaceutica, ma presto scoprono un effetto collaterale inaspettato: non riescono ad addormentarsi. Preoccupata per la sicurezza dei suoi pazienti, la dottoressa supervisore...
I DON'T WANT TO BE DUST (Spagnolo | Commedia nera, dramma) Bego, una casalinga in crisi di mezza età, vive annoiata e ha paura di essere irrilevante. Suo marito trascorre il suo tempo in riunioni di lavoro sospette e suo figlio, un regista, è sulla trentina perso nei suoi sogni di grandezza. Tuttavia, ha...
YOU & ME & ME (Tailandese | Drammatico, Famiglia, Romantico) Una nostalgica storia di formazione di sorelle gemelle identiche che condividono ogni aspetto della loro vita l'una con l'altra, finché un giorno un ragazzo entra nelle loro vite e mette alla prova il loro forte legame.
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da The Film Catalogue
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Copenhagen Does Not Exist (Danish | Psycho-Drama) Una giovane donna è scomparsa senza lasciare traccia. Tre mesi dopo il suo ragazzo accetta un accordo insolito: essere rinchiuso in un appartamento e interrogato dal padre della donna. Diventa presto ovvio che anche molto prima della sua scomparsa...
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One Four Three (English | Drama, Romance, Thriller) Una donna inizia una relazione lesbica, lasciando il fidanzato e la famiglia devastati. Ma un violento attacco di un aggressore sconosciuto la trova ricoverata in ospedale con amnesia. Non avendo nulla da perdere, inizia il pericoloso compito di scoprire chi è...
The Quiet Migration (Danish | Drama) Carl, 19 anni, vive una vita tranquilla nella campagna danese con i suoi genitori adottivi, che si aspettano che un giorno rilevi la fattoria di famiglia, continuando le loro tradizioni. Ma Carl inizia a sentire l'attrazione di due mondi: "casa" più la sua casa natale...
Second Act (Denmark) La vita di Eva non è eccezionale. Suo marito l'ha lasciata per il vicino, suo figlio non vuole più che si prenda cura di lui e lei sta per andare in pensione. Ma una telefonata cambia tutto.
Se pensiamo alle storie e ai personaggi che amiamo nella letteratura e nel cinema, notiamo che probabilmente hanno in comune un arco narrativo avvincente. L’arco narrativo del personaggio è semplicemente il riassunto essenziale del viaggio mentale e fisico che un personaggio compie nel corso di una storia. Imparare a costruire un arco narrativo forte può aiutare uno scrittore a trasformare un buon personaggio in un grande personaggio, e a migliorare notevolmente gli esiti della storia.
Che cos’è l’arco narrativo del personaggio?
Come detto, si tratta del percorso che il nostro personaggio fa nel corso di tutta la vicenda. L’arco narrativo di un personaggio comporta molte avversità e sfide, nonché alcune modifiche del suo carattere, che alla fine portano alla soluzione del conflitto. Gli archi progrediscono insieme alla tradizionale struttura della storia in tre atti. La maggior parte degli archi di trasformazione dei protagonisti inizia con un’incidente scatenante, che chiarisce la posta in gioco e il conflitto centrale del personaggio. Il modo in cui l’arco procede dipende dal tipo di storia che si sta raccontando, e da come funziona il personaggio.
Ci sono 4 tipi di archi narrativi del personaggio, e tanti archi di personaggi archetipici che si possono trovare in letteratura e nei film.
La maggior parte degli archi narrativi propri di un personaggio prevedono il cambiamento. Negli archi di cambiamento, osserviamo un personaggio cambiare nel corso di una storia in una direzione positiva o negativa. Gli archi piatti sono una modalità meno praticata: il personaggio rimane statico per tutta la storia. Di seguito sono riportate le descrizioni di alcuni tipi diversi di archi di personaggi e alcuni esempi di archi di personaggi corrispondenti.
Arco di trasformazione: un arco di trasformazione del personaggio è un arco narrativo in cui il protagonista passa dall’essere una persona normale all’inizio della storia, all’essere un eroe alla fine della stessa. Questo tipo di arco del personaggio è associato a storie epiche, e alla struttura della storia del viaggio dell’eroe archetipico. Esempio: all’inizio della serie di Harry Potter, Harry è un ragazzino orfano che vive con uno zio e uno zia crudeli, che lo trattano come un servitore. Alla fine della storia abbiamo visto Harry evocare la sua forza interiore, e diventare il salvatore del mondo magico.
Arco di cambiamento positivo: un arco di cambiamento positivo è simile a un arco di trasformazione ma di solito non è così pronunciato e si basa su una trasformazione soprattutto psicologica. Un arco narrativo positivo richiede che un personaggio sperimenti un cambiamento positivo nel corso della storia. I personaggi partono da caratteristiche negative e sviluppano una visione del mondo positiva entro la fine della vicenda raccontata. Esempio: in A Christmas Carol, Ebenezer Scrooge inizia essendo un vecchio e ricco avaro consumato dall’avidità. Nel corso della storia, cambierà punto di vista sulla vita e diventerà una persona caritatevole.
Arco di cambiamento negativo: come suggerisce il nome, un arco di cambiamento negativo coinvolge un personaggio che inizia come buono, e diventa cattivo nel corso dei fatti. Esempio: all’inizio de Il Padrino, Michael Corleone è un veterano dell’esercito perfettamente pulito, che gode di una buona reputazione nonostante provenga da una famiglia criminale organizzata di New York. Il percorso di Michael ha seguito un arco negativo e si ritrova a capo di una famiglia criminale, consumato dal bisogno sanguinario di mantenere potere e controllo. Allo stesso modo, in Breaking Bad, Walter White inizia come un insegnante di chimica della scuola pubblica che sta lottando per provvedere alla sua famiglia. Alla fine della serie, Walter ha tradito la sua morale ed è diventato un boss della droga, a spese della sua felicità e del benessere della famiglia.
Arco piatto o statico: un arco narrativo piatto è una forma molto meno comune, e si trova principalmente nelle storie d’azione e nei thriller. Esempio: Indiana Jones rimane un avventuriero emotivamente stoico e altamente capace indipendentemente dal pericolo in cui si trova. Una tendenza della sceneggiatura all’azione e all’avventura compensa questa staticità; il personaggio non cambia ma viene costantemente tenuto sotto pressione dagli eventi, come avviene anche agli eroi dei fumetti.
L’arco di trasformazione è il percorso che porta un personaggio a cambiare nel corso di una vicenda, affrontando nuove sfide, adattandosi agli eventi e infine vincendo. Un percorso vittorioso grazie all’acquisizione di una visione diversa dei fatti rispetto a quella, fallimentare, che aveva all’inizio della storia.
Il testo di riferimento da studiare per capire bene l’arco di trasformazione, a meno che non ti bastino le mie spiegazioni sintetiche, è L’Arco di Trasformazione del Personaggio di Dara Marks, pubblicato in Italia da Dino Audino Editore.
Io consiglio sempre di non accontentarsi delle mie spiegazioni e di leggerlo, di andare all’origine dei concetti che spiego, perché è ricco di esempi e ragionamenti. Non sono sempre d’accordo con quello che dice e nella mia analisi del film Arma Letale (presente online, come già indicato nell’introduzione) ho sottolineato la mia diversa interpretazione di alcuni dettagli tecnici rispetto a quella della Marks, ma è una grande lettura.
Lo stesso discorso vale per tutti i testi che troverai consigliati in fondo a questo manuale. Comprali, studiali e leggili. Nel mio Corso Avanzato troverai il “di più”: le connessioni ulteriori tra la teoria presente nei diversi saggi, le sintesi ragionate dei concetti e le mie aggiunte originali di teoria.
L’arco di trasformazione è il modello narrativo più diffuso, elegante e naturale, facile da seguire per il pubblico, ed è letteralmente il modo con cui l’umanità si è tramandata tramite le storie il concetto di “sopravvivenza del più adatto”, ben prima che questo concetto venisse descritto esplicitamente da Herbert Spencer nel 1864.
Abbiamo già visto le basi di una buona storia nei precedenti capitoli dedicati a che cosa sia una storia, all’importanza del difetto fatale di un personaggio, e al ruolo del conflitto e di come mai debba essere sempre maggiore, causando sofferenze a mano a mano peggiori al protagonista.
Immagine tratta dal saggio “L’Arco di Trasformazione del Personaggio” di Dara Marks, Dino Audino Editore. Leggetelo!
L’immagine dell’arco di trasformazione richiama un monte su cui il personaggio deve salire, con fatica, col fiatone, i muscoli in fiamme e maledicendo ogni passo, e arrivato in cima alla scalata può tirare il fiato e capire che aveva benissimo le forze per farcela: doveva solo impegnarsi e trovare dentro di sé la volontà di trionfare. Ora sa di che pasta è fatto per davvero!
Adesso lo aspetta la discesa dal monte, con la consapevolezza di aver avuto già la forza per salire, di essere quindi migliore di quanto pensasse di essere prima della scalata: la discesa è faticosa, ma grazie alla nuova fiducia che il personaggio ha in sé stesso ora si sente in grado di farcela, anche se il percorso è perfino più difficile di prima… e la sfida arriverà al suo apice, al massimo del pericolo, col terzo atto.
Dara Marks è l’esperta di analisi delle storie che ha reso ancora più famoso il modello dell’arco del personaggio, grazie all’opera L’Arco di Trasformazione del Personaggio, ma non ha inventato lei il modello.
Questo modo di strutturare le storie affonda le sue radici nei tradizionali tre atti del modello aristotelico, come lo fanno pure gli insegnamenti di Lajos Egri, di Syd Field, di Robert McKee e di altri ancora, tanto che modello “aristotelico”, “classico” o “restaurativo” sono tutti sinonimi dell’arco di trasformazione e si possono usare benissimo come nomi per indicare il modello spiegato dalla Marks.
Un modello efficiente e naturale che ritroviamo nelle migliori opere di Shakespeare. Il modo con cui gli uomini per millenni si sono raccontati storie, come mostrato da Joseph Campbell col monomito descritto nel capitolo precedente.
La Marks ha saputo spiegare questo modello in un modo chiaro ed elegante, e di conseguenza più comprensibile e facile da applicare rispetto ad altri autori famosi. Per questo, dovendo consigliare un singolo libro con cui partire, consiglio sempre il suo perché fornisce già tutti gli strumenti nel dettaglio per realizzare molti tipi di storie… e lo si può usare per scrivere anche tutta la vita, se non si vuole andare oltre con la teoria.
A cosa serve avere un modello ben spiegato se questo è un tipo di storia che viene naturale realizzare agli umani, in diversi millenni e continenti? Semplice: per prima cosa a evitare gli errori, perché per quanto “naturale” è un modello che viene assorbito per apprendimento, non è che ci siano dei manuali di sceneggiatura dentro al DNA.
Studiare invece che andare alla cieca permette risultati molto migliori. In più è comodo per fornire una guida che favorisca la creatività insegnandoci come indirizzarla in modo utile: la creatività ben stimolata lavora meglio di quella lasciata a sé stessa.
Disporre di un procedimento per ragionare sulla propria storia permette di trasformare le semplici intuizioni in qualcosa di più preciso, più coerente, senza uscire di strada mischiando cose che non c’entrano.
Per esempio applicando il procedimento con precisione è possibile ottenere quell’eleganza e coerenza di contenuti che ha emozionato il pubblico ne L’Attimo Fuggente ed evitare quell’incoerenza che ha portato a molte discussioni nel comunque bello (ma poteva essere spettacolare) Million Dollar Baby o nella piacevole, ma dal finale molto debole, commedia romantica All’Inseguimento della Pietra Verde.
Dall’interno all’esterno
Come abbiamo visto in precedenza, una storia nella sua essenza si basa su una crisi che sconvolge la normalità, porta a lottare per ottenere qualcosa (e per non perdere qualcos’altro) e obbliga a cambiare per adattarsi ai nuovi eventi e per sconfiggere le opposizioni che impediscono la vittoria.
Recuperando il mio esempio del ristoratore:
- [Normalità] Il protagonista ha un lavoro d’ufficio in cui viene poco valorizzato.
- [Crisi] Viene licenziato e deve reinventarsi sul mercato del lavoro, facendo qualcos’altro.
- [Desiderio] Vuole realizzare il sogno di aprire una pizzeria.
- [Opposizione] [Conflitto] Parte del vicinato non acconsente che il locale ottenga una licenza per vendere alcolici, per cui la pizzeria non potrà sopravvivere.
- [Cambiamento] Forse trova la fiducia in sé stesso e nelle proprie idee originali che gli mancava, e arriva a sviluppare un’idea geniale per non avere problemi per l’assenza di alcol: un ristorante-pizzeria vegetariano con annessa sede di un’associazione culturale salutista e accordi di promozione reciproca con un centro benessere.
Questa storia, come avevamo visto in precedenza, si basa sul difetto del personaggio: il personaggio non ha fiducia in sé stesso e nelle proprie idee originali, per questo cerca sempre la soluzione più ovvia e banale, quella seguita da tutti. Magari lo fa perché ha visto troppi colleghi nella sua agenzia pubblicitaria finire male per aver rischiato con qualcosa di innovativo, e la paura di perdere il lavoro lo ha portato a non “voler vedere” invece i tanti colleghi che con le idee nuove hanno avuto successo e lo hanno superato nella carriera.
Terrorizzato dal correre rischi per paura di venire licenziato, è diventato una pedina sacrificabile e ha perso il posto. Il suo sistema di sopravvivenza ha smesso di funzionare, ha smesso di proteggerlo dal licenziamento.
Ricorda il discorso che avevamo fatto su come non ci sia nulla che abbia in sé valore se non per il modo in cui viene interiorizzato. La vicenda del personaggio ha valore per l’effetto che ha su di lui, e la storia nasce come conflitto alimentato dall’imperfezione del personaggio, muovendosi così dall’interno del personaggio per divenire azioni all’esterno.
Mettiamo in scena il suo problema mostrando come il suo difetto influisce sulla sua vita e sulle persone che gli sono vicine. Un difetto è tale perché porta ad azioni sbagliate.
Nel modello classico esistono due tipi di storie:
- quelle in cui l’eroe attraverso un percorso di cambiamento riesce a divenire più adatto alla vittoria e trionfa, divenendo un esempio per noi;
- e quelle in cui l’eroe fallisce il proprio percorso di cambiamento, viene sconfitto e diviene un ammonimento per il pubblico.
Entrambi i tipi di storie hanno un contenuto che risuona con noi perché ci insegnano qualcosa sulla vita come “sopravvivenza del più adatto”, qualcosa che l’umanità ha dovuto imparare con molto dolore nel corso di centinaia di migliaia di anni.
E che, volendo o meno, viviamo tutti nelle nostre vite: forse non tutti quelli che decidono di cambiare la propria posizione e saltare via dalla rotaia quando il treno arriva a folle velocità sopravvivranno, ma di sicuro gran parte di quelli che prenderanno la locomotiva in fronte a 100 km/h, pur di non cambiare, finiranno molto male.
Il secondo tipo di storia, le tragedie che ci ammoniscono sui pericoli dell’evitare il cambiamento o sul cambiare nel modo sbagliato, hanno prodotto alcune delle più belle storie di sempre. Pensate a Macbeth e a Quei Bravi Ragazzi. Sulle tragedie, in particolare quelle moderne, tornerò nel secondo modulo del Corso Avanzato.
Tre conflitti, una Storia sola
Un metodo molto semplice per garantire che il proprio personaggio principale suoni tridimensionale è che sia sviluppato secondo tre dimensioni conflittuali, ovvero strettamente legate alla storia e che vediamo in azione.
- Conflitto esterno: la storia vera e propria;
- Conflitto interno: la sua lotta interiore per cambiare;
- Conflitto di relazione: come il suo problema influisce sugli altri e questo gli impedisce di trionfare nella storia.
Se una persona ha un difetto, questo difetto è definito dal suo causare un problema: se essere “egoisti” permette di vincere in un mondo di stronzi approfittatori, non è un difetto. Nessuna caratteristica è in sé un difetto sempre e comunque, dipende dalla storia, dal contesto in cui il personaggio opera.
Quindi se un personaggio ha una dimensione interna non più in equilibrio, un conflitto interno, questo è tale proprio perché nel mondo esterno impedisce di conseguire i risultati desiderati. Ma ci importerebbe davvero di una persona il cui difetto è chiuso dentro una campana di vetro e colpisce solo lui?
Il difetto del personaggio è interessante perché ha un effetto sugli altri, come ogni altra caratteristica degna di nota del personaggio… ed essendo il difetto un problema, ha un effetto problematico sugli altri.
Così come il difetto impedisce al protagonista di vincere sull’antagonista nel rapportarsi con lui (conflitto esterno), così impedisce anche di ottenere aiuto o comunque di sapersi relazionare correttamente con quelli che non sono nemici: amici, parenti, colleghi, potenziali alleati… chiunque possa essere utile poi per trionfare sul nemico.
Non necessariamente in modo “diretto”: anche capire che bisogna fare da soli, senza dare retta a persone che ci sottovalutano o ci fanno del male nel tentativo di proteggerci, e isolarsi dagli altri per proseguire in solitaria, è una possibile soluzione del conflitto di relazione.
Dipende dalla storia: nel romanzo Caligo Barbara Ann deve imparare a fare da sola, smettendola di fidarsi delle persone sbagliate. Talvolta serve l’aiuto altrui, altre volte serve che gli altri smettano di mettere i bastoni tra le ruote.
Se un tizio è avaro, al fine di una storia ci interessa la sua avarizia perché lo mette nei guai: ma se è avaro, ti pare possibile che questo non avrà alcun effetto nelle sue relazioni? Se compra al suo nipotino per il compleanno una confezione di matite invece di un videogioco appena uscito, il nipotino sarà felice? Probabilmente no.
Se per l’anniversario ha illuso la fidanzata che finalmente la porterà in un bel ristorante e che lì le chiederà di sposarlo, non pensate che la loro relazione avrà un problema quando la porterà in un McDonald e lì le dirà che non crede nel matrimonio perché sono tutte spese inutili e che si sta così bene continuando a vivere come adesso, ché tanto è l’amore che conta davvero, e non l’anello con la cerimonia? Sembra la formula del disastro con la sua (presto ex) compagna.
In certe storie il conflitto di relazione è interamente contenuto nel rapporto tra due soli personaggi: in Arma Letale i due poliziotti devono imparare a comprendersi a vicenda, in modo da trovare nell’esempio reciproco quel che manca nelle proprie vite (sono complementari), e grazie a questo equilibrio ritrovato ognuno dei due può dare il meglio di sé nel lavorare con l’altro e così sconfiggere i narcotrafficanti.
L’azione esterna è mossa dall’interno del personaggio: dal difetto, dalla caratteristica che non funziona più nella vita del personaggio e che bisognerà cambiare. Dall’interno all’esterno, la regola chiave di una buona storia tridimensionale.
Il conflitto interno e il conflitto esterno sono le due “sottotrame” della storia principale (subplot, usando i termini originali): ma non sono “sottotrame” nel senso di trame secondarie, trame aggiuntive, ma nel senso di fondamenta, di ciò che si trova sotto la storia esterna e ne regge lo svolgimento dando solidità e tridimensionalità a una storia altrimenti piatta, poco coinvolgente umanamente e priva di reale profondità. Tre conflitti, una sola storia: l’eleganza unita allo sviluppo tridimensionale.
Ricorda ciò che Aristotele diceva dell’unità della storia: se una sottotrama non fa parte del tutto, perché non riguarda ciò di cui la storia parla né a livello interiore, né esterno, né di relazione, come può essere “parte” della storia?
Possono essere scene interessanti o carine, ma se non fanno parte della storia vanno tolte dalla storia. I buoni film e i romanzi davvero ben fatti sono pieni di scene ottime per “altre storie”, e non per loro, che sono state tagliate e che magari sono finite, dopo un rimaneggiamento, in un’opera successiva dello stesso autore.
Breve riassunto del concetto chiave visto nelle pagine precedenti, prima di proseguire. La tridimensionalità del protagonista non nasce dall’ammassare dettagli a caso o dal farlo comportare secondo manierismi, come capita spesso ai personaggi degli anime/manga (talvolta fino a ridurli a vuote maschere), che nulla hanno a che fare con il suo difetto fatale o con il tema della storia.
Il nostro personaggio non diventa tridimensionale perché facciamo sapere al lettore qual è il suo sport preferito, o cosa mangia a colazione o che musica ascoltava da ragazzo… va bene avere dettagli, ma la quantità non fa la qualità. Anzi, tanti direbbero che “di meno è di più”!
Ciò che è importante davvero è ciò che genera conflitto, quindi i dettagli utili sono quelli che aiutano a generare un conflitto coerente in tutti gli aspetti della vita: esteriore, interiore e di relazione. Il personaggio diventa tridimensionale perché il suo difetto si esprime in tre dimensioni conflittuali legate alla sua personalità.
Tutto chiaro fino a qui?
di Marco Carrara per agenziaduca.it
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THE SOUND OF VIOLET (Inglese | Commedia romantica) Alla disperata ricerca di una moglie, Shawn incontra Violet e pensa che sia la sua anima gemella perfetta, ma il suo autismo gli impedisce di rendersi conto che lei è in realtà una prostituta. Basato sul romanzo pluripremiato.
GOOD FOR NOTHING BLUES (Inglese | Commedia) è la storia di Calvin, un malfattore, perso nella vita e in cerca di uno scopo, e del suo gruppo di amici malviventi che improvvisamente guadagnano dei soldi quando vincono alla lotteria.
JOINT CUSTODY (Inglese | Commedia) Jobe va avanti con la sua vita dopo il divorzio dalla sua ex moglie, a causa del divorzio ora hanno l'affidamento congiunto dei loro due figli. Che problemi deve affrontare?
LAST CHANCE (Inglese | Dramma) racconta la storia di un giornalista idealista, che combatte contro la crescente prevalenza della disinformazione nei media mainstream e quando cerca una storia di criminalità e corruzione, scopre che forse questa volta ha scavato...
BUTTERFLY (Inglese | Dramma) Una giovane donna supera la povertà, il crimine e i senzatetto per trovare uno scopo nella sua vita e riconquistare la custodia di suo figlio.
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FORECLOSURE (Inglese | Orrore, Thriller) Una giovane coppia acquista una casa nella speranza che sia infestata da un fantasma.
GOST PROJECT (Inglese | Fantascienza, thriller soprannaturale) Quando tre giovani programmatori si imbattono in una tecnologia abbandonata, oltrepassano i confini etici e decodificano la tecnologia che sblocca un orrore imprevisto. Attraverso il loro lavoro segreto aprono una dimensione nel mondo degli spiriti.
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WHO NEEDS IT? (Inglese | Urbano) Un terapista tenta di aiutare tre gruppi di coppie che hanno tutti a che fare con problemi di relazione. Sebbene ogni coppia abbia problemi diversi, sa che c'è una cosa di cui tutti hanno bisogno. La necessità di comunicare e di essere ascoltati.
WITCH OF THE WOODS (Inglese | Orrore, Thriller) Broker assicurativo di tutti i giorni, affronta la perdita del lavoro e decide di seguire la sua passione di diventare un fotografo paesaggista della natura.
IN THE COMPANY OF WOMEN (Spagnolo | Dramma) Bea ha 16 anni e si lascia ispirare dai venti di cambiamento che stanno spazzando il paese. Si unisce a un gruppo di donne il cui scopo è dare visibilità alla causa femminista e garantire il diritto delle donne all'aborto legale.
SPACE PUPS (Inglese | Bambini, Famiglia, Fantascienza) Tre alieni, trasformati in adorabili cani, sono bloccati sulla terra e devono riparare la loro astronave con l'aiuto di due bambini per tornare a casa.
da The Film Catalogue
SINOSSI
È un cortometraggio che parla delle sette arti e di quanto queste non vegano mai prese in considerazione dalla gente. Tranne quelle poche volte in qui sia critici che pubblico riescono a comprenderne la profondità e quindi viene apprezzata e applaudita. La settima arte, quella del cinema, si sottrae non identificandosi in nessuna persona per dar spazio alle altre. Il Cinema, l’ultima arte che unisce tutte le altre.
SCENEGGIATURA
SCENA 1 – EST. NOT. PIAZZA BRACCI
In Piazza Bracci, completamente deserta, una persona con una polaroid al collo, sta cercando un’inquadratura e la luce giusta: scatta una foto, attende che esca dalla macchina fotografica e la guarda soddisfatto.
Si rimette in cammino.
SCENA 2 – EST. NOT. PORTICO DEL COMUNE
Il fotografo vede un pittore dall’aria triste.
Il pittore è seduto su un gradino e sta dipingendo con estrema attenzione ai particolari, davanti a lui il cavalletto e i colori, per terra sono visibili alcuni suoi dipinti, non passa nessuno, il portico è deserto.
Il fotografo prende la sua polaroid e fotografa il pittore e il quadro che lui sta dipingendo.
il quadro, in divenire, rappresenta uno scultore che, assorto nei suoi pensieri, sta lavorando della creta.
SCENA 3 – EST. NOT. LABORATORIO DELLO SCULTORE
La scena si sposta sul dipinto e viene inquadrato lo scultore che sta lavorando della creta nel suo laboratorio.
Anch’egli è solo e silenzioso, concentrato sul suo lavoro.
Dalla creta prende forma una giovane ballerina.
SCENA 4 – INT. NOT. PALCOSCENICO ITC
Terminata l’opera dello scultore, la ballerina si anima e danza malinconicamente sul palcoscenico: è avvolta nella nebbia e non c’è pubblico in sala.
La ballerina rallenta i movimenti, la camera si sposta e inquadra sullo sfondo un violinista che suona e guarda la ballerina con ammirazione e affetto.
Il violinista termina la sua esecuzione, i passi di danza si interrompono, la nebbia si dirada e la ballerina si inchina davanti a un pubblico che non c’è.
In fondo alla platea si alza un poeta: applaude e, con la voce rotta dall’emozione, inizia a declamare alcuni versi facendo finta di rivolgersi a un pubblico che non c’è.
Finita la poesia, si conclude lo spettacolo: la ballerina, il violinista e il poeta si inchinano, i loro sguardi rassegnati si incrociano e poi lasciano il palcoscenico.
SCENA 5 – INT. NOT. CAMERINI ITC
Arrivano la ballerina, il violinista e il poeta, mentre gli altri artisti si stanno svestendo e struccando, e lentamente tutti si spogliano degli strumenti delle loro arti prima di andarsene.
Vediamo il fotografo che ripone la sua macchina fotografica, il pittore che lava i pennelli, lo scultore che si toglie il grembiule, la ballerina che pulisce le sue scarpette, il violinista che accarezza il suo violino prima di riporlo e il poeta che scrive un appunto sul libro di poesie.
In lontananza si sentono degli applausi.
Il violinista alza gli occhi verso l’alto con aria perplessa e indirizza agli altri uno sguardo interrogativo.
Insieme escono nel corridoio per capire cosa sta succedendo.
SCENA 6 – INT. NOT. CORRIDOIO ITC
Arriva il custode del teatro che, sbigottito, chiede loro:
-
Ma dove state andando? Il pubblico vi sta aspettando, il teatro tenda è esaurito!
Si guardano con un misto di incredulità e di stupore: non sanno cosa fare.
Il custode li incoraggia:
-
Uscite! Andate a vedere! Dai!
SCENA 7 – EST. NOT. GIARDINO ITC
I sei artisti escono.
SCENA 8 – EST. NOT. PIAZZA BRACCI
Corrono attraversando la piazza
SCENA 9 – EST. NOT. PORTICO
Corrono sotto al portico
SCENA 10 – EST. NOT. GIARDINO ITC
Arrivano di corsa nel giardino del teatro, rallentano il passo e felici si guardano.
Un fascio di luce proiettato dal teatro tenda verso l’esterno crea un corridoio e mostra loro la strada da percorrere.
La ballerina li invita a seguire la luce.
Si sentono gli applausi, gli artisti entrano nella tenda, la musica li accoglie, le sagome del pubblico nel teatro tenda si alzano.
Quando scriviamo un testo ci preoccupiamo di avere ben chìaro cìò che vogliamo dire, di stabilire una successione logica alle nostre affermazìoni, di rispettare la norma ortografica, grammaticale, sintattica, di usare un lessico adeguato. Solo inconsapevolmente, in genere, affrontiamo una scelta altrettanto importante, quella dello stile. Chi non scrive per professione, o comunque non ha particolari esperienze di scrittura, è portato a tenere in maggiore consìderazione il "che cosa» scrivere (Fabula) più che il "come" (Intreccio) scriverlo. In una fotografia tendiamo lo stesso a tenere in maggior considerazione ‘’Cosa’’ fotografare e non tanto ‘’Come’’ fotografarlo, infine in un film sotto l’’effetto delle abilità narrative del regista teniamo poco in considerazione lo stile, eppure un oggetto inquadrato dall’alto risulta schiacciato, uno piccolo inquadrato dal basso risulta grande…
Le scelte di stile risalgono tutte alla Retorica, l’arte dello scrivere e del parlare, le troviamo nelle fiabe nella letteratura in genere, in Poesia e poi nelle forme moderne della comunicazione audiovisiva
Le scelte stilistiche costituiscono un contributo essenziale alla chìarezza dei discorso e , in una narrazione, lo stile è ìmportante di per sé e può aggìungere ulteriori significati al racconto. Una anziana donna siciliana grande conoscitrice di Favole diceva al famoso scrittore Leonardo Sciascia: le storie sono sempre le stesse (Fabula) quello che io cambio è il modo di raccontarle. Se in una favola introduciamo un Lupo cambiamo la voce e di conseguenza il bambino entra in un mondo di ‘’Paura’’….
Es. "Il dono magico". Il vecchio nonno regala un vaso magico al nipote. Un Re regala una lampada magica ad un giovane. … etc ... cambiano i donatori ma resta Costante (k) il dono, possiamo così scrivere un bel po' di storie.
Queste tecniche le troviamo negli antichi miti, nelle fiabe, nei romanzi, nei poemi medioevali, intrecciati a codici, segni … Il ricevente dovrebbe Decodificare.
Vediamo: Lo stile di una narrazione è il risultato delle scelte formali operate dallo scrittore: la lunghezza deì perìodi, la disposizione delle parole all'interno della frase, l'aggettivazione, la punteggiatura ecc. Ti sarà capitato, scrivendo, di prestare attenzione al suono di una parola, al ritmo dì una frase; avrai sostituito una parola perché "suonava male" vicino alle altre, o avraì cambìato di posto a un aggettivo, decidendo di anteporlo a posporlo al nome a cuì è attribuito. Anche queste semplici operazioni appartengono alla ricerca stilistìca.
Non esiste uno stile‑modello a cui adegúarsi: ogni volta, infatti, le esigenze della comunicazione impongono il modo in cui essa deve avvenire. Per esempio, in una storia ricca di suspense l'autore cercherà di creare per il lettore un clima di apprensione e di attesa, come nel finale del racconto "nero’’ di Edgar Allan Poe ''Il cuore rivelatore''.
''Mi tolsi dalla sedia e comincìaì a dìscorrere di futili argomenti, ma ad altissima voce e con furia, nel mentre che il rumore cresceva, cresceva ad ogni minuto. Ma perché non se ne andavano? lo misuravo, su e gìù, a passi pesanti, il pavimento, esasperato da quel foro contraddittorio, ed il rumore cresceva con regolarità, con assoluta costanza. Gran Dio, che cosa potevo fare? Mi agitavo, smaniavo, bestemmiavo! Scuotevo la seggiola sulla quale m'ero dinanzi seduto, la facevo scricchiolare sull'impiantito, ma quel rumore aveva oramai sommerso tutto il resto, e cresceva e cresceva ancora, senza soste, interminabilmente. E diventava più forte, sempre più forte, e gli uomini chiacchieravano e scherzavano e ridevano. Ma era mai possibile che non lo udissero? Iddìo onnipotente! No, Essi udivano, essi sospettavano, essi sapevano, eppure si dìvertivano allo spettacolo dei mio terrore, così almeno mi parve e lo credo tuttavia. Ma ogni cosa sarebbe stata da preferirsi a quella orribile derisione. lo non mi sentivo ormai di sopportare oltre quelle loro ipocrite risa. Sentii che mi abbisognava gridare o morire. E intanto, ecco ‑ lo udite? ecco, ascoltate! Esso si fa più forte, pìù forte, e ancora più forte, sempre più forte! «Miserabili! lpocrìti urlai. «Non fingete oltre! Confesso ogni cosa. Ma togliete, togliete quelle tavole, scoperchiate l'impiantito! è là. là sotto! ìl battito dei suo terribile cuore!''
Il ritmo è incalzante e riproduce ìl battito cardiaco e il respiro affannoso del narratore‑protagonista. Quali scelte stilistiche ha effettuato l'autore per ottenere questo rìsultato? Utilizziamo questa volta due parametri: la lunghezza dei periodi e l'aggettivazìone. I periodi sono piuttosto brevi, poverì dì subordinate, rapidi. Prevalgono le frasi nominalì, le coordinate, le esclamazioni; l'autore ha scelto cioè un procedimento paratattico.
L'aggettivazione è ridotta al mìnimo: il protagonista è troppo agitato per osservare, analizzare, definire. Prevalgono le voci verbalì, portatrici di azioni, che si susseguono incalzanti.
Proviamo a utilizzare gli stessi parametri per esaminare lo stile di M. Proust nél brano: ''Il bacio della buona notte.''
''Subito quella mia ansìetà scomparve; adesso non era più come poco prima, che avevo lasciato la mamma fino a domani, poiché almeno il mio biglietto, mettendola senza dubbio in collera (e doppiamente, perché quel traffico m'avrebbe reso ridicolo aglì occhì di Swan) stava per introdurmi invisibile e beato nella stanza dov'era lei, e parlarle di me all'orecchio; quella sala da pranzo proìbita, ostile, dove solo un attimo prima, il gelato- una graffita ‑ e le coppette mi sembravano racchiudere piaceri malvagi e mortalmente tristi, poiché la mamma li godeva lontano da me, mi si apriva, e, come un frutto divenuto dolce che rompa il suo involucro, avrebbe fatto scaturire, proiettare fino al mio cuore ìnebriato l'attenzione della mamma, mentre leggeva quelle mie righe.''
Il testo è formato da un unìco lunghissimo periodo, ricco di subordinate e ìncìsi. Leggendo, sembra di perdersi lungo il filo dei pensieri del narratore‑protagonista, che scava nella sua memoria. Il ritmo è lento: l'autore ha scelto un procedimento ipotattico. L'aggettivazíone è abbondante, perché il protagonista ricostruisce il ricordo nei particolari e si sofferma ad analizzare, a definire con meticolosa precisione.
L'ironia , dal greco ''Eironéia'' dissimulazione , consiste nell'attribuire a parole o a intere frasi che di per se avrebbero un certo significato , uno contrario . Lo fa per esempio Don Abbondio nel primo capitolo dei Promessi Sposi rispondendo a Perputua , che cerca di farsi rivelare un segreto. Lo faceva Totò dicendo ‘’Esipodio’’ inveced id Episodio e non solo.
''Lei sa bene , che ogni volta che m'ha detto qualche cosa sinceramente , in confidenza , io non ho mai…''
''Brava! Come quando..''
Ovvio che Don Abbondio non pensa davvero che Perpetua sia brava, al contrario lascia capire che non è brava affatto perché non sa mantenere i segreti.
L’ironia irride, prende in giro: quando la sua forza critica si fa più intensa e più amara diventa umorismo.
Pirandello in un suo saggio chiarisce la differenza tra comico e umorismo attraverso un esempio.
Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia e rispettabile signora dovrebbe essere. Posso cosi, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario, Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagailo, ma che forse ne soffre e lo fa perché pietosamente s'inganna che, parata così, nascondendo cosi le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l'amore dei marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quei primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quei primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario.
Pensando al cinema potremmo continuare con tanti esempi ma in questo caso volevamo soltanto far capire che come nel linguaggio narrativo anche quello del cinema possiede una ‘’Retorica’’ autonoma, prova a confrontare quanto detto con la narrazione filmica.
dal sito Cicciotti
Grande domanda. Quentin Tarantino ne parla spesso. Sebbene si concentri sui film di genere, questo suggerimento funziona anche nei film drammatici. Il consiglio è di non far parlare costantemente i personaggi della "trama". Diventa un po' troppo "centrato in pieno". Lasciate che le circostanze si sviluppino in modo che i personaggi principali parlino con più naturalezza o almeno sembrino farlo.
Se guardate la seconda scena di "Pulp Fiction" in cui i due sicari, Vincent e Jules, interpretati da John Travolta e Samuel Jackson, chiacchierano, non parlano mai di ciò che stanno per fare. Discutono dei nomi degli hamburger di McDonald's venduti a Parigi. Il che ha completamente senso. Non facendo parlare i personaggi dei loro colpi. Quando si cimentano nel colpo, ci rendiamo conto che lo fanno da molto tempo.
Le persone che sono impegnate nello stesso tipo di attività da molto tempo non ne parlano necessariamente in continuazione. Qual è il punto? L'hanno già fatto. E mantenendo il dialogo lontano dalla "trama", lo fa sembrare più realistico.
Vincent (Travolta) e Jules (Jackson) stanno andando a fare un "colpo", ma non parlano della loro missione. Parlano degli hamburger di McDonald's a Parigi.
di Stephen Whitehead per quora.com
Quali sono alcuni consigli fondamentali da ricordare quando fai ricerche sulla tua sceneggiatura? La ricerca è un fattore critico nello sviluppo di una storia cinematografica avvincente; che si tratti di studiare il mondo in cui abiterà il tuo personaggio immaginario o di imparare tutto ciò che puoi sulla figura o sull'evento della vita reale che presenterai nella sceneggiatura. Ecco sette cose da ricordare quando inizi la tua ricerca.
Leggi tutto: 7 cose da ricordare mentre fai Ricerche per la Sceneggiatura
Daddy don’t marry again
a Movie written by
Enrico PINOCCI
In collaboration with
Francesco MALAVENDA
Sono riportate solo le prime 4 scene
SCENA 1 EXT – Spiaggia – DAY
Visione aerea della città, lungomare e poi la ripresa si abbassa fino ad arrivare ad un primo piano di DAVID che passeggia con i suoi tre cani.
SCENE 2 EXT – Strada – DAY
DAVID tutte le mattine, vestito molto elegante, prima di andare al lavoro porta a spasso i suoi tre cani che hanno un andamento regale, ma, come accade sempre, grazie ai suoi amati cani colleziona una serie di brutte figure.
Non si è accorto che uno dei cani ha fatto un bisogno davanti la casa dei vicini che, coincidenza vuole, al suo passaggio aprono la porta e si trovano davanti la sorpresa .
Il vicino e la moglie lo guardano molto seriamente.
DAVID sorride timidamente.
VICINO E MOGLIE fanno un segno con l'indice “Eh-eh-eh-eh!!!”
DAVID
Mi scusi , mi scusi, farò pulire subito
E si allontana velocemente.
VICINO E MOGLIE non parlano, fanno gesti e con un espressione di perplessità se ne vanno
DAVID si rivolge ai cani.
DAVID
Che figura che mi avete fatto fare... e non vi ho neanche visto !!!!!
Ma come avete fatto??
Non ha il tempo di finire la frase che, al passaggio di un altro vicino con due cani piccoli, gli si scatena una battaglia tra cani e per riprendere i suoi cani scivola e cade per terra.
SCENA 3 EXT - Spiaggia
Ripresa su Emma, Emily e Charlotte che giocano in spiaggia con un gruppo di amici
EMMA
Charlotte, Emily ma papà oggi è in ritardo, lo vogliamo chiamare ?
CHARLOTTE
Eccolo laggiù, sta arrivando
EMILY
Ma ..... sembra che ha avuto dei problemi
Tutte e tre le ragazze corrono incontro al papà che lascia i cani festanti
EMMA
Papà come stai ?
DAVID
Tutto bene amore !!!! Vi lascio Bobby , Drek e Alex
CHARLOTTE
Papà sembra che sei stato investito?
EMILY
Credo proprio che non ti puoi presentare così in ufficio
DAVID
Ragazze non vi preoccupate, vado .... vado ... ci vediamo dopo grandi amori miei
DAVID si allontana
EMMA
Chissà cosa gli sarà successo
CHARLOTTE
Basta guardare le tre pesti
EMILY
Aveva tutto il vestito distrutto, mi dispiace povero papà
Rebecca prende la pallina
EMILY
Vai ALEX !
SCENA 4 EXT - Spiaggia
David è nascosto dietro un cespuglio per vedere le figlie come giocano, gli arriva una pacca sulla spalla
IL PARCHEGGIATORE
Che bella famiglia è!
E appena finito il commento gli arriva una pallonata in fronte.
David ( con un mezzo sorriso)
DAVID
Oh-oh che botta !!! diceva ... è meglio che vada .....
Il parcheggiatore mentre si tocca la fronte fa un sorriso a mezza bocca .... e si allontana
David prende la macchina e si allontana
“Giulia!”. La voce del Piero scendeva il fianco della collina crepata di caldo, si incuneava nella carona umida di robinie e rimbalzava sulla collina di fronte per disperdersi.
“Giulia!” chiamava sua madre venticinque anni prima in un pomeriggio identico a quello se non fosse che allora c’erano più uccelli nel cielo in stormo, come una nuvola di malaugurio che si estende e si riduce a capriccio e tu non sai quale sventura ti promette. Lei non riusciva a non pensare all’esame di riparazione di greco allora, mentre lo stormo si estendeva e si riduceva a capriccio
I pioli della scala di legno scricchiolavano e non si capiva come facessero a reggere mentre lei saliva sul fienile venticinque anni prima.
Sapeva che il ragazzo da dietro le vedeva le mutande sotto la gonna: era impossibile evitarlo. Avrebbe dovuto mandare su prima lui ma era salita prima lei e lui le veniva dietro col muso quasi nel suo sedere e a lei veniva da ridere per quella situazione indiscreta.
Giulia, venticinque anni dopo, nello stesso fienile, pensava che la vigna manda odore dalle foglie quando c’è tutto quel caldo estivo, e anche l’argilla delle colline esala odore attraverso le crepe del terreno.
Quegli odori, pensava, erano gli stessi di venticinque anni prima.
“Bisogna arare perché ci rimanga un po’ d’umido” diceva nonno Anselmo seduto al tavolo annerito. Il caffelatte fumava nelle tazze di terraglia sbeccate e il ragazzo annuiva con gli occhi furbi fissandola e lei sapeva che prima o poi l’avrebbe seguita su per la scala del fienile guardandole le mutande da dietro.
La voce del Piero si lamentò ancora nel caldo: “Giulia!”. Nonno Anselmo era già morto da un pezzo. Lei aveva dovuto chiedere il permesso in ufficio, a Milano, per venire a seppellire nonno Anselmo. Aveva inforcato la Uno bianca, era passata a caricare il Piero sotto alla ex-Motta, in Battistotti Sassi, ed erano corsi giù a Stradella che le
colline azzurre erano bellissime sullo sfondo perché era un’estate luminosa come quella di adesso ma nonno Anselmo se n’era andato al Creatore quella notte. I due ragazzi, Marco e Alfredo, non c’erano ancora allora, e Piero aveva ancora tutti i capelli sulla testa.
Venticinque anni prima il ragazzo con gli occhi furbi: “Saliamo in fienile oggi, quando dormono” le aveva sussurrato. “Per fare cosa?” aveva detto lei. “Quando ci siamo, vediamo” aveva detto lui.
Giulia ricordava ora benissimo l’odore del suo coso, come se fosse successo pochi minuti prima. Era l’odore del coso di un ragazzo dalla pelle liscia, odore come della polvere della terra crepata dal caldo o delle foglie delle viti scaldate dal sole a picco. E ricordava come se fosse successo cinque minuti prima il suo sapore salato, che poi lui l’aveva tenuta stretta in mezzo al fieno baciandole i capelli e “adesso faccio io” le aveva detto che aveva già la bocca fra le sue gambe e lei aveva spostato di lato le mutandine e per lei non era mai stato più così, mai più, mai più nella vita né con Piero né con nessun’altro.
“Che cosa rimane?” pensò Giulia quel pomeriggio di venticinque anni dopo.
Era un pensiero che la incalzava negli ultimi tempi. Le si offriva improvviso quando non se lo sarebbe aspettato e la innervosiva, le faceva lasciare la tastiera del computer e alzare la testa togliendo gli occhiali per guardare dai vetri il Pirellone che di fronte svettava nel cielo con gli uccelli in stormo che ci sbattevano contro a morirci perché erano ingannati dal riflesso delle nuvole nei finestroni. “Farcela” ripeteva a se stessa: “Devo farcela”. E: ”Devo farcela” aveva dovuto ripetere a se stessa ininterrottamente per tutti quei venticinque anni, dall’esame di riparazione di greco in poi. “Devo farcela” aveva gridato con le cosce spalancate sul lettino mentre espelleva dal ventre prima Marco e poi Alfredo. E sempre, sempre, aveva ripetuto “Devo farcela” aggirandosi con carte e pratiche e fotocopie in mano per gli uffici che guardavano il Pirellone eretto dal ventre della città come un pene.
Giulia si mise a piangere. Marco e Alfredo e Piero la stavano cercando, ma non sarebbero saliti in fienile. L’avrebbero cercata nella vigna, o nella carona all’ombra scura delle robinie, o fra i fichi che stavano cominciando a maturare i frutti verdini.
Giulia poteva piangere senza riguardo ora. Nessuno sarebbe venuto a cercarla lì. Le voci di Piero e dei ragazzi diventavano sempre più fioche mentre scendevano nella vigna, e lei poteva lasciare che i singhiozzi le scuotessero le spalle e il costato e i fianchi. Pensò che la sua bocca doveva sembrare quella di una maschera greca.
Non poteva sentirla piangere neppure il ragazzo con gli occhi furbi, sepolto sotto un metro e mezzo di terra nel cimitero appartato dove anni prima avevano inumato nonno Anselmo. Era tornato in una cassa di zinco dalla missione di pace in Bosnia, questo le avevano detto.
Giulia piangeva senza ritegno ora, abbandonata, e mentre piangeva una dolcezza nuova le inondava il ventre, il costato, la schiena, il corpo intero per via delle sue dita che la frugavano sotto i jeans aperti ed era quella la prima volta che non le pareva che qualcuno la guardasse mentre lo faceva, la prima volta, sotto i coppi malfermi e le travi scurite, nell’odore benevolo del fieno.
Era finalmente sola, Giulia, sotto il tetto di travi scurite e di coppi del vecchio fienile da cui filtrava la luce del cielo abbagliante che chiazzava il fieno, sola nel rumore delle cicale che fuori assordavano e ormai coprivano del tutto i richiami di coloro che la stavano cercando.
Sola.
Sola con il ragazzo dagli occhi furbi disteso nella sua cassa di zinco sotto un metro e mezzo di terra nel piccolo cimitero di paese poco distante che non l’aveva mai abbandonata in tutti quegli anni.
L'autore ringrazia Fabrizio Pedroni per l'editing del racconto che
commenta così (e non posso che essergliene enormemente grato):
C'è una malinconia diffusa e velata, quasi un anelito di ritorno al
ventre caldo e ovattato di una madre ideale, alla brama di protezione da
una vita per la quale nessuno ci prepara davvero e che procede
casualmente e inesorabilmente, a prescindere dal nostro essere pronti ad
affrontarne momenti e sfide; la sorpresa, stizzita e frustrante, di chi
conosce da tempo il mondo ma non si arrende alla consapevolezza che odora
di cinismo e disillusione. Conoscendo l'autore, è lo stesso velo che si
annida dentro ogni sua trama, che si svela in qualsiasi personaggio, che
caratterizza tutte le azioni. Il tentativo, sommo ed estremo, di
costruire una vita che non sia semplice somma di istanti, di decifrare le
regole di un universo che possa sperare in un ordine logico e matematico,
che sia bello, pulito, prevedibile, pur nel suo essere sempre
diverso da se stesso, come può esserlo una serie numerica che non sia
semplice successione casuale scandita dal ticchettio del prodotto di un
vecchio, stanco e inconsapevole orologiaio cieco. Ma questo non è, né può
essere, il difetto di questo racconto; semmai, è la cifra, il marchio a
fuoco di Renato.
di Renato Di Lorenzo <
Questo è il copione della prima sequenza con la quale, dopo una breve introduzione, inizia il mio Corto “Tentazione fatale” . A questa prima parte del corto parteci pano tutti gli attori del cast ed è stata già quasi completamente registrata. Le battute che ho scritto sono piu ttosto brevi per rendere più semplice la recitazione agli attori tutti alle pr ime armi, me compreso! Durante le riprese ho dato l’opportunità di improvvisare t entando di ottenere il massimo del r ealismo sia nelle espressioni che nell’intonazione della voce in modo spontaneo: secondo me è giusto che l’atto re abbia la possibilità di immedesimarsi nella parte c on una certa libertà specialmente quando l’esperienza è poca o addirittura nulla! Per questo motivo mi sono limitato a correggere i miei amici solo quando la loro interpretazione risultava parecchio diversa rispetto a ciò che volevo.
Oltre alle battute ci sono anche le note che mi sono servite come promemoria: in realtà le ho usate poco perché una volta giunti sulla location, nonost ante i numerosi soprallu oghi da me effettuati precedentemente, spesso ho modificato il tipo di ripresa che avevo in mente o cambiato radicalmente ciò che mi ero prefissato di fare ! Le note sono importanti ma il regista secondo me deve avere il film in testa e agire con una certa el asticità per ottenere il massimo, a ccettando anche eventuali consigli dai propri collaboratori.
In realtà “Tentazione fatale” è il finale di una sceneggiatura molto più lunga che non ho potuto realizzare per mancanza di attori e non solo... per iniziare ho pensato che fosse più giusto cimentarsi in un progetto semplice ma che allo stesso tempo potesse dare sfogo alla mia creatività! “Tentazione fatale” sarà un corto dal ritmo incalzante con spar atorie, inseguimenti e combattimenti all’ultimo sangue, un concentrato d’azione che mi auguro riesca a coinvolgere e divertire chi lo vedrà!
Le immagini si riferiscono al secondo giorno di lavorazione, nel corso del quale abbiamo registrato gli spostamenti effettuati dai due poliziotti protagonisti, interpretati dal mi o amico Andrea (maglia scura e marsupio) e dal sottoscritto, regista e pure attore per necessità!
Foto 1 : Girare di notte non è semplice, per ovvi problemi di illuminazione ma non solo... infatti, avendo utilizzato una videocamera analogica formato Hi8 con messa a fuoco automatica, spesso capita che l'immagine vada fuori fuoco essendo la macchina molto sensibile anche a piccoli punti luce che la mettono in difficoltà. In questa foto tramite il piccolo schermo della videocamera stiamo verificando la qualità dell'immagine. Purtroppo a causa delle ridotte dimensioni dello schermo a cristalli liquidi, non è sempre possibile accorgersi di eventuali imperfezioni che risultano visibili solo in tv, ma per lo meno in questo modo è possibile farsi un'idea su l materiale registrato. L'ideale sarebbe poter collegare la videocamera ad uno schermo grande in loco, ma essendo dei dilettanti con pochissimi mezzi a disposizione, bisogna sapersi adattare!
Foto 2 : Il copione che ho scritto è piuttosto semplice, ma nonostante ciò è incredibile quanto sia difficile memorizzarlo... in questa foto Andrea ed io lo stiamo ripassando sotto lo sguardo vigile di mia morosa Martina, attenta e scrupolosa collaboratrice! Non avendo a disposizione microfoni direzionali, i dialog hi li abbiamo ripresi da distanza ravvicinata, recitando le battute con un adeguato tono di voce.
Foto 3 : In questa immagine Michela, sorella di Martina, morosa di Andrea (è un corto a conduzione famigliare!) e nostra assistente tutto fare, ci ha immo rtalato poco prima di iniziare a "recitare". A dire il vero siamo venuti un pò "scazzati", ma vi assicuro che le immagini di questa sequenza sono venute molto bene! Da notare la posizione della nostra cameraman... molto professionale!
Durante le riprese abbiamo cercato di variare l'altezza della videocamera in modo tale da ottenere una certa varietà di immagine con diverse prospettive.
Foto 4 : Qui non c'è che dire siamo venuti molto più operativi! Ispirandoci ai tanti telefilm polizieschi, abbiamo curato molto le movenze con le pistole in pugno, tentando di ottenere un certo realismo. In questa foto è ben visibile il faro che abbiamo utilizzato per illuminare adeguatamente la scena: il treppiedi telescopico l'ho comprato per la modica cifra di 15 euro, mentre la lampada è il faro di una moto che ho fissato al sostegno tramite un telaio in alluminio fatto in casa, che permette di regolare la direzione della luce. Il faro funziona a 12 Vo lt e ciò, lavorando in esterno, lo rende molto pratico po iché in pochi minuti è possibile spostarlo dove serve, collegandolo semplicemente alla batteria di un'auto tramite una prolunga. Il telo visibile sopra alla lam pada serve a rendere omogeneo il fascio di luce e a smorzare l'intensità dello stesso: in base alla distanza del soggetto da illuminare abbiamo usato teli più o meno spessi.
Foto 5 : Altra foto che ci ritrae in azione... per effettuare i primi piani abbiamo usato pure il faretto della videocamera. La macchina che stiamo usando, nonostante sia la più economica in nostro possesso, si è rivelata la migliore per riprendere di notte ed è stata una scelta obbligata poiché le videocamere digitali con le quali avremmo dovuto realizzare il corto (una delle quali semiprofessionale), pur avendo la regolazione del bianco, riproducevano una realtà molto scura quasi totalmente priva di colore.
Cortometraggio “Tentazione fatale” di Ugo Puglisi
SEQUENZA 1:
Poliziotto 1 (Ugo), Poliziotto 2 (Andrea), Palermo (Marco), Asia (Anna) e Max.
Poliziotto 2:
“Spegni i fari, Max e posizionati dietro quelle gabbie.” - “Se le informazioni sono esatte Palermo dovrebbe
essere da queste parti...”
Poliziotto 1:
“Qui sembra tutto tranquillo...scendiamo.”
Poliziotto 2:
“Mi raccomando occhi aperti.”
Poliziotto 1:
“Teo, da questo lato non c’è anima viva.”
Poliziotto 2:
“Diamo un’occhiata dall’altra parte...”
Poliziotto 1:
“Ok, andiamo.” - “Eccoli!” - “C’è parecchio movimento...guarda.”
Poliziotto 2:
“Ci sono Palermo, Asia e due uomini con armi automatiche...”
Asia:
“E’ roba di ottima qualità.”
Palermo:
“Molto bene...mi piace fare affari con uomini che mantengono la parola data.”
Max:
“Con chi pensavi di avere a che fare?! Ora piuttosto fuori la grana.”
Palermo:
“Mi sembra giusto. Tutte banconote da 50 come pattuito.”
Max:
“Adoro il profumo dei soldi...a quanto pare anche tu sei un uomo di parola.”
Poliziotto 2:
“Speriamo che i rinforzi arrivino in tempo, altrimenti dovremo sbrigare la faccenda da soli.”
Poliziotto 1:
“Ho l’impressione che stiano concludendo l’affare...dobbiamo avvicinarci.”
Poliziotto 2:
“Vado io per primo, coprimi.”
Palermo:
“Ma chi cazzo è quello?!”
Poliziotto 1:
“Porca troia! Mi hanno visto!”
Inizio sparatoria
Poliziotto 2:
“Merda, merda!”
Poliziotto 1:
“Cazzo! Spara, spara!”
Palermo:
“Maledetti sbirri!”
Asia:
“Nico, non lasciarmi qui ti prego...”
Palermo:
“Mi dispiace dolcezza ma ora non ho tempo da perdere.”
Asia:
“Noooo! Maledetto bastardo!”
Poliziotto 2:
“Palermo sta scappando!”
Poliziotto 1:
“Dobbiamo tornare alla macchina! Stavolta vado io...al mio via, fuoco a volontà!” – “Via!”
Poliziotto 2:
“Vai, vai! A tavoletta !”
Poliziotto 2:
(“42, 42 dalla Savona Milano!”)
Operatore:
(“Vai Savona Milano.”)
Poliziotto 2:
(“Siamo stati coinvolti in un conflitto a fuoco con un gruppo di trafficanti lungo il canale navigabile e ora
stiamo inseguendo un’auto sportiva di colore grigio chiaro fuggita verso la zona industriale! Insieme ai colleghi
fai intervenire anche il 118 ci sono diversi feriti, cambio.”)
Operatore:
(“Ricevuto Savona Milano, le pattuglie dovrebbero giungere sul posto a momenti. Tienimi aggiornato sulla
vostra posizione.”)
Poliziotto 2:
(“Kappa 42. Ora stiamo imboccando la sopraelevata in direzione nord.”)
Operatore:
(“Ricevuto Savona Milano.”)
Note: I poliziotti arrivano con l’auto dalla strada laterale, spengono le luci per non farsi notare e si parcheggiano dietro alle gabbie metalliche: la camera segue l’auto frontalmente lungo tutto il tragitto fino a quando si ferma, le prime battute vengono riprese da dentro l’abitacolo (eventuale camer-car). Una volta fermi, i poliziotti scendono e si lenziosamente si spostano per o sservare il lato sinistro della riva da di etro l’edificio: la camera segue i due attori e inquadra ciò che i due protagonisti vedono dalla propria posizione (montacarichi e inceneritore sullo sfondo). Dopo aver constatato che da quella parte non c’è nessuno, i poliziotti si spostano verso destra riparandosi dietro al muro di cemento. A questo punto vedono Palermo insieme ai suoi uomini e decidono di avvicinarsi ulteriormente: gli spostamenti a piedi con le ar mi in pugno vengono riprese da lontano da destra verso sinistra per dare una visione d’insieme di ciò che succede. Una volta fermi gli attori vengono ripresi da vicino e recitano le battute. Quando Palermo li vede inizia la sparatoria. Inizialmente i due poliziotti vengono ripresi da vicino mentre si riparano dal fuoco nemico dietro alla cabina. I trafficanti vengono inquadrati frontalmente mentre sparano, quando i poliziotti rispondono al f uoco invece viene dato il punto di vista dei trafficanti, i quali vengono ripresi da vicino quando vengono colpiti. I due poliziotti sono costretti a tornare sui propri passi per raggiungere la macchina e lanciarsi all’inseguimento di Palermo che scappa a bordo della proprio auto: anche in questo caso viene effettuata una ripresa da lontano alternata a primi piani degli attori mentre sparano, fino a quando, una volta raggiun to il mezzo, partono lanciati all’inseguimento del trafficante.
1. L’autovettura dei poliziotti viene ri presa frontalmente mentre percorre la strada che porta al canale navigabile e viene seguita fino a quando si avvicina alle gabbie vicine alla gru dove si ferma.
2. Ripresa frontale dell’auto che mentre rallenta spegne i fari.
3. Ripresa all’interno dell’abitacolo mentre i due poliziotti recitano le prime battute.
4. I due attori vengono ripresi frontalmente o da ¾ mentre scendono dalla macchina.
5. La camera segue i due attori mentre con le pistol e in pugno si dirigono verso sinistra accostandosi al muro dell’edificio.
6. Uno dei due guarda da dietro l’angolo (breve ripresa in primo piano).
7. Panoramica della location da sini stra verso destra da l punto di vista del poliziotto leggermente zoommata per rendere più grandi le strutture che caratterizzano lo sfondo.
8. L’attore dopo aver esaminato la zona si volta verso il collega inform andolo che da quella parte non c’è nessuno.
9. I due attori a questo punto si dirigono verso destra e muovendosi con estrema attenzione raggiungono il muro di cinta (inquadratura a campo largo possibilmente realizzata dall’alto).
10. Uno dei due individua i malviventi e li osserva tramite un piccolo binocolo.
11. Breve ripresa zoommata sul gruppo di trafficanti possibilmente realizzata con un filtro colorato verde o arancione per simulare la vista tramite lo strumento.
12. Il poliziotto mentre dice “C’è parecchio movimento...guarda!” passa il binocolo al collega.
13. Primo piano del poliziotto che mentre guarda analizza la situazione elencando i presenti.
14. Stacco sui trafficanti mentre trattano la vendita della part ita di droga (riprese in dettaglio dell’esame della cocaina e primi piani degli attori mentre recitano le battute;).
15. I due poliziotti decidono di avvici narsi: ripresa a campo largo per re ndere chiari gli spostamenti, eventualmente alternata in fase di montaggio con riprese frontali degli attori mentre corrono.
16. Quando i due raggiungono la cabina in izia la sparatoria (primo pi ano dei due protagonisti che dopo aver recitato le brevi battute si preparano a rispondere al fuoco).
17. Vengono alternate riprese con punti di vista sia dei po liziotti che dei traffican ti, con riprese strette relative ai momenti in cui gli attori simulano di essere colpiti (da tenere in considerazione le angolazioni delle armi rispetto all’inquadratura per rendere più agevole il ritocco in fase di montaggio).
18. Stacco sul breve dialogo tra Palermo e Asia realizzato alternando riprese strette sugli attori e riprese a campo più largo.
19. Ripresa dell’auto di Palermo mentre inizia la fuga.
20. Inquadratura dei due poliziotti mentre tornano verso la proprio autovettura effettuata mixando riprese dinamiche che rappresentano il punt o di vista degli atto ri, brevissimi primi piani e inquadrature a campo largo.
21. Breve ripresa del secondo poliziotto che mentre sale grida “Vai,vai a tavoletta!” (battuta ripresa in primo piano o a campo più largo se avremo a disposizione il lampeggiante).
22. Inizio dell’inseguimento con breve ripresa inizialmente frontale della macchina dei poliziotti seguita da destra verso sinistra.
Questa è la sinossi-sceneggiatura di una storia abbozzata da Silvana Depalma.
Per scaricarla questo è il link.
https://www.ilcorto.eu/images/PDF/Al%20diavolo%20-%20Sinossi%20di%20Silvana%20Depalma.pdf
AL DIAVOLO
Presentazione dei personaggi
Dea Tattoli, docente di Lettere affronta con dignità la solitudine del suo ruolo di ragazza –madre. Trent’anni, bruna statura normale, precisa e disponibile rivive in Francesco Fiore alunno caratteriale, la sua sofferenza. Per questo lo aiuta a ritrovare l’amore di sua madre.
Pino, professore di disegno, scapolo, 50 anni, è vicino a Dea per carattere e simpatia.
Flavio Lemmi, alto, rossiccio, robusto, sfotte sempre i compagni.
Maria Pavone è l’alunna secchiona, magra, capelli biondo cenere è sempre preparata.
ll liceo scientifico”Maiorana”: È il ritratto di quella realtà in cui tutti i ragazzi possono identificarsi.Un ritratto della solitudine, dell’incomunicabilità, dell’autolesionismo. Le storie si intrecciano tra loro nel quotidiano svolgimento della vita nell’istituto.
I tedeschi avevano appena occupato Parigi.
Tatiana abitava in rue Du Colyseè al n.11
Un elegante palazzo, in una via elegante.
Tatiana aveva uno splendido appartamento arredato da arredatori di grido, la sua stanza da letto era in pelle di pescecane e tutto in quella casa esprimeva buon gusto e lusso discreto.
Il marito di Tatiana era ingegnere ed aveva uno splendido ufficio in un palazzo accanto al famoso albergo Geoges V.
Avevano 2 splendidi cani, un San Bernardo ed un Danese, che soggiornavano tranquilli sui tappeti persiani.
Avevano anche una tenuta fuori Parigi, a Voucresson, ex dimora della celeberrima Sarah Bernard, dove tenevano i cavalli che, entrambi amavano cavalcare.
Non era sempre stato così, erano diventati ricchi grazie ad un favoloso appalto che Paul, l’ingegnere, era riuscito ad avere, da allora il denaro era arrivato copioso e senza troppa fatica.
Tatiana era più giovane di lui, era molto bella e lui l’adorava e la viziava come un padre innamorato della figlia, più che come marito.
Lei era felice e spensierata in quel periodo, passava le sue giornate nelle case di moda e comprando un’infinità di cappellini dalle fogge strane.
Ma non era né superficiale né stupida.
Era diventata in poco tempo la migliore procacciatrice d’affari per il marito.
Alle sue cene andavano tutti volentieri, i soci del marito l’adoravano e le chiedevano di appianare i loro problemi di lavoro organizzando qualche ricevimento, dove tutte le controversie venivano appianate.
Tatiana spesso si sentiva sola, non aveva amiche, la sua bellezza e la sua ricchezza, unite alla gioventù, non la rendevano gradita alle mogli degli amici o colleghi del marito tutte un po’ più vecchie e brutte di lei, gelose del suo fascino e dei loro mariti.
Tatiana non si era montata la testa e svolgeva molte mansioni domestiche da sola, pur avendo 2 cameriere di cui era anche amica, le ragazze le raccontavano i loro problemi e lei le aiutava economicamente, le consigliava e voleva loro molto bene, le cameriere ricambiavano comportandosi in modo ineccepibile durante i ricevimenti e rubando l’argenteria e quanto più potevano.
Un bel giorno Tatiana andò ad aprire la porta e si trovò davanti alcuni militari, indossavano la divisa delle S.S e cercavano suo marito.
Al primo impatto sì spaventò, poi, vedendo tra loro il fratello di una delle sue poche amiche, sorrise e lo chiamò per nome.
Il giovane la guardava come se non la conoscesse e le dava del lei.
Tatiana, avvolta nella sua bella vestaglia di seta che non nascondeva l’elegante pigiama, sgranava i suoi occhini, incredula e continuò a chiamarlo per nome.
Poco dopo si affacciò Paul.
Da quel momento in poi la vita iniziò a girare vorticosamente: I soldati portarono via Paul, lasciando Tatiana ed i suoi occhini sgranati da sola in quella grande casa, che, all’improvviso, era diventata un musei senza senso e senza vita.
Il guaire dei cani riportò Tatiana alla realtà, la porta era ancora aperta, i vicini spiavano dalle porte socchiuse, chiamo’ le cameriere, incredula continuava a ripetere: ‘’Ci deve essere un’errore! Cosa devo fare? da chi devo andare?"
Le cameriere la guardavano inebetite anch’esse.
Una di loro scappò via, l’altra rimase, per fortuna.
Tatiana telefonò alla suocera, non rispondeva nessuno
Telefonò alla cognata, non rispose nessuno.
Telefonò al socio del marito e, piano piano realizzò, che il marito sarebbe stato portato in un campo di concentramento e così anche la cognata e la suocera.
Era rimasta sola.
Anche il socio del marito, con garbo le fece capire che non era prudente frequentarla in quel momento.
Conobbe alcune signore che stavano vivendo quell’incubo, erano donne distrutte dal dolore, dalle notti insonni passate a piangere e supplicare nel tentativo di salvare i loro uomini.
Nessuna di loro c’era riuscita.
Tatiana poi non era ben vista in quel mare di dolore coi suoi tacchetti, i suoi cappellini ed i suoi vestiti costosi, e poi lei non piangeva, non urlava, non era spettinata, non sembrava soffrire quello che soffrivano gli altri.
Tatiana capì che anche quella non era la direzione giusta, non l’avrebbero potuta aiutare.
La donna di servizio le diceva: "Signora, non può andare a supplicare di avere un’udienza vestita così, è troppo appariscente, la gente la critica, sparla di lei".
Lei rispondeva: ’’quelle vestite di nero hanno riportato i mariti a casa?"
La cameriera rispondeva: "Solo al quartier Generale potrebbero fare qualcosa, ma non fanno entrare nessuno".
‘’Sai come si chiama il capo?" disse Tatiana
‘’Sì, Signora, una mia amica lavora là dentro, ma non riceve nessuno, è uno strazio vedere tutte quelle povere donne cacciate via senza pietà"
Tatiana, la mattina seguente, si vestì e si truccò con particolare attenzione, passava e ripassava il rimmel sulle sue lunghe ciglia e le separava scrupolosamente passandovi un ago per dividerle ad una ad una.
La cameriera la guardava e commentava tra sé ’’questa è proprio matta, si vede che non le frega niente di quel poveretto!"
‘’Roba da matti! Truccarsi per 2 ore in un momento simile!"
Tatiana si guardò allo specchio, l’abito nero le donava molto e metteva in risalto la sua figura ben fatta, il cappellino con la veletta dava al suo bel visino, la pelliccia di volpe argentata buttata sulle spalle non la nascondeva del tutto
Tatiana uscì di casa e si incamminò velocemente sui suoi tacchi alti verso il QUARTIER GENERALE TEDESCO, la gente la guardava.
La sua andatura sicura non faceva trasparire la tempesta che le sconvolgeva la mente, i battiti del suo cuore, che rimbombavano nelle sue orecchie, non si sentivano.
Giunta davanti al portone, mentre ancora si chiedeva cosa avrebbe detto per riuscire ad entrare, non senza meraviglia vide il piantone scattare sull’attenti ed aprire la porta.
Si voltò per vedere chi stava arrivando, non c’era nessuno tranne la folla di persone respinte in malo modo dai soldati, Tatiana entrò, incredula, riuscì a fare anche un sorriso al piantone.
Era entrata! Non aveva detto una parola ed ora si trovava ai piedi di quella scalinata, non sapeva dove andare ed aveva paura di chiedere, certo l’avevano scambiata per qualcun’altra, e, se avesse chiesto, l’avrebbero scoperta.
Iniziò a salire la scala lentamente, cercando di riordinare le idee e di far rallentare i battiti del suo cuore.
Elegantissimi ufficiali passavano senza darle importanza, così si trovò all’inizio di un corridoio
Sul quale si affacciavano parecchie porte.
Qual’era quella giusta?
Improvvisamente un generale le si avvicinò chiamando: ’’Signora,signora ,dove sta andando?"
Ecco, ora l’avrebbero buttata fuori, forse l’avrebbero arrestata!
Tatiana vacillò, stava per svenire
Il generale premuroso le chiese se si sentiva bene.
Non voleva cacciarla, non le chiedeva chi era né che ci faceva lì.
Tatiana sorrise, sollevò la veletta, puntò i suoi occhini verdi in quelli celesti e gelidi del generale
E disse il nome del capo dei capi, il generale le fece cenno di seguirlo, si fermò ad una porta, bussò e la fece accomodare.
Qualche giorno dopo Paul tornò a casa.
I due si abbracciarono e, senza dire una parola salirono sul calesse e tenendosi per mano fecero correre il cavallo per le vie deserte di Parigi, non avevano freddo, anche se nevicava.
Era la notte di Natale!
Il piantone l’aveva scambiata per una delle amanti dei militari, il generale, vedendola lì, discretamente, non aveva fatto domande, il Capo dei Capi, vedendola arrivare col Generale, pensò fosse raccomandata da lui e non fece troppe domande neanche lui.
Tutto merito del trucco pensò Tatiana felice.
IL PEDAGGIO DI UN’ILLUSIONE
Quattro amici appoggiati al muro di un locale notturno, in sottofondo musica dance ad alto volume. Adriano ha la sigaretta, Andrea un bicchiere in mano, tutti appoggiati al muro a guardare chi passa e le ragazze che ballano.
Adriano: “Che ore sono?”
Andrea: “Quasi le tre”.
Lorenzo: “Dai prendiamo la macchina, si va in autostrada”.
In macchina, Adriano sta ancora fumando, Giulio sorseggia una bottiglia di birra.
Lorenzo guida e prende il biglietto al casello.
Andrea (accanto a chi guida): “Che musica mettiamo?”
Lorenzo: “Dipende da dove andiamo, intanto metto questa, per favorire la decisione”.
Prende una musicassetta e la infila nella radio. Iniziano le note di una musica jazz.
Inquadratura dell’auto dall’esterno e poi della striscia d’asfalto bianca che scorre nel buio della notte. Musica in sottofondo.
Giulio: “Barcellona, i bar di Barcellona”.
Lorenzo: “Allora per le notti di Barcellona va bene questa”.
Cambia cassetta e suona una musica rock.
Andrea: “Parigi, voglio vederla ancora al tramonto dal Trocadero”.
Andrea toglie la cassetta e ne mette un’altra, ad esempio Yann Tiersen.
Adriano: “Gamla Stan”.
Andrea: “Che?”
Adriano: “Gamla Stan, la città vecchia di Stoccolma”.
Giulio: “Newcastle, il monday night della Premiere League, Newcastle contro Manchester United, in curva con gli ultras seminudi che ballano”.
Andrea mette una canzone dei Dire Straits.
Lorenzo mette la freccia, dal vetro dell’auto si vede il cartello verde autostradale del casello di uscita, illuminato dai fari.
Andrea: “Dura sempre così poco.”
Lorenzo: “Lo sai che se esco a quello dopo per portarvi a casa faccio un giro troppo lungo”.
Ne ho scritte un paio, una per un lungo (inedito) e un po’ per corti vari; e per un corto ho vinto un Santa Monica Film Festival! questo solo per dire che la mia risposta è un minimo informata; il mio consiglio é non tentare di scriverla istintivamente perché una sceneggiatura ha regole tutt sue anche solo per la formattazione: senza uno studio della tecnica é molto difficile ottenere qualcosa che sia “accettato” come una sceneggiatura.
Una sceneggiatura è prima di tutto un “manuale di come fare il film”: nella mano di un producer o di un regista questo vuol dire avere a colpo d’occhio tutta una serie di informazioni rilevanti per calcolare, per esempio, un costo spannometrico del film, basandosi su alcuni macro come, il numero di tutti personaggi (che la prima volta che compaiono vengono scritti tutti maiuscoli proprio perché facilitarne la “conta” ; quanti e quali suoni particolari andranno catturati (infatti anche i tutti i suoni sono scritti maiuscoli), quante scene sono di notte va quali di giorno (specificato nell’heading di ogni scena, es ESTERNO - NOTTE - BOSCO),
come le varie scene possono essere raggruppate a livello di girato in modo da ottimizzare costi e presenza di determinati attori sul set, quali props o oggetti o mezzi di trasporto sono necessari (anche questi di solito scritti la prima volta in maiuscolo proprio per “tradurli” in fattibilità tecnica; oltre a tutte queste cose le sceneggiature sono scritte con uno “stile” molto oggettivo, che non entra o comunque non dovrebbe farlo nel merito della regia (perché la regia è “come farlo vedere” è questo è il compito del regista); per finire un sceneggiatura per convenzione deve sforzarsi di rappresentare/comprimere/risolvere ogni pagina del film in modo che occupi statisticamente nell’inferno documento, un minuto di film; infatti la sceneggiatura dovrebbero essere tra le 90 e le 120 pagine perché questi sono i minutaggi “commercialmente vendibili” dei film. Insomma, dietro l’apparente aspetto da romanzo breve le sceneggiature nascondo una marea di tecnicismi e convenzioni che, se non si conoscono, rischierebbero di vanificare lo sforzo (enorme, di solito mesi di lavoro) solo perché il documento non è “conforme” come si direbbe in linguaggio “industriale”; il cinema infatti è un’industria, che produce manufatti molto molto costosi (costo medio di un film italiano, senza molte pretese, 2-3 mln euro; per i film americani può essere 10-20 anche 50 volte maggiore per i colossal; da cui si capisce come ogni cosa ogni parola ogni scena perfino ogni comparsa dev’essere programmato condivisa da varie figure professionali e maestranze, e il tutto chiamato sceneggiatura verrà modificata più volte, in certi casi anche un corso d’opera, cioè sul set.
Esistono testi che insegnano tutte le cose che ho detto, e molte altre che qui non si possono esaurire, tra cui gli aspetti più complessi legati ala struttura stessa della sceneggiatura e al cosiddetto “paradigma”; la lettura di testi tecnici da sola non basta, suggerisco di procurarsi in rete delle sceneggiature sia di film che si sono visti sia di film sconosciuti, per capire come la teoria dei libri viene messa in pratica dai professionisti, con quali licenze ed eccezioni, etc.
Fade a nero
TITOLI DI CODA
FINE :-)
Aggiungo una curiosità che credo aiuti a fare capire come in sceneggiatura tutto sia finalizzato alla realizzazione tecnica. se una scena si svolge a bordo di un auto e la prima sequenza é filmata dal sedile dietro, si scrive INTERNO AUTO ma se nella scena dopo si vogliono mostrare i volto del guidatore e del personaggio seduto sul sedile del passeggero che parlano guadando la strada che scorre dinnanzi a sé, diventa evidente dalla descrizione che i due sono inquadrati frontali é quindi di scrive Esterno auto,, perché le voci interno esterno + posto di riferiscono a ‘ dove sarà la macchina da presa” cioè l’occhio che cattura l’azione.
quindi se in pieno giorno una scena svolge da dentro un bagagliaio che viene aperto si scriverà
INTERNO AUTO DI JOHN - GIORNO -Parcheggio del Seven Eleven
La prima inidicazione dice dove si trova in partenza o durante tutta la scena l’occhio che osserva (e che lo spettatore vedrà comecon i suoi occhi; la seconda ci dice cheègiorno e non bisogna quindi creare set luci da notte (molto più costosi) e la terza la location in cui si svolge effettivamente la scena. se la mpd non vedesse mai che siamo in un parcheggio , se fosse solo lo sguardo terrorizzato di un rapito che guarda i suoi rapitori contro un cielo qualsiasi, si scriverebbe solo
Interno bagagliaio - Giorno, ma se la percezione del rapito fosse che invece è notte allora si scriverebbe notte: perché quello che interessa al produttore è sapere come verrà fatta quella scena a se la può ottimizzare girandola es in uno studio o in una location che non è affatto un parcheggio o addirittura se gli serve un auto intera o solo un mockup che simuli l’interno di un bagagliaio, il che permetterebbe di piazzare la mdp anche sotto le chiappe del malcapitato se a lui o più probabile al regista viene questo sfizio … forte no?
di Alberto Tandoi per quora.com
Lo sceneggiatore é importante almeno quanto il regista, se non molto spesso piú importante. Un film senza una buona sceneggiatoura perde moltissimo, e ce ne sono stati parecchi nella storia che avevano un potenziale enorme ma si sono rivelati dei flop. La sceneggiatura é l'elemento con la quale un film anche se apparentemente stupido, te lo rende interessante e piacevole da seguire.
Leggi tutto: Perché è cosi importante lo sceneggiatore nei film?
La città sospesa
Bibbia dei personaggi
- TONI MONFREGOLA (50 anni)
Uomo solitario e introverso, lavora come capo magazziniere al porto di Napoli e nasconde a tutti, colleghi e famiglia, la sua omosessualità. Si occupa di traffici di immigrati che arrivano al porto nascosti nei container delle navi. Li smista in varie attività nella città facendosi pagare al loro arrivo per questo servizio.
I rapporti con le persone che lo circondano sono aridi: la maggior parte dei colleghi, in realtà consapevoli della sua omosessualità, lo emarginano e lo deridono, gli immigrati che arrivano hanno, nei suoi confronti, un atteggiamento reverenziale e passivo.
L’unica persona con la quale Toni lascia trasparire un po’ di umanità è la sorella Anna; donna non sposata, poco più piccola del fratello, che vive fuori dalla città di Napoli occupandosi dei terreni lasciati dai loro genitori. Durante ogni loro incontro lei, con atteggiamento materno e protettivo, tenterà di far redimere il fratello rispetto alle sue attività di sfruttamento e illegalità.
Un tragico evento del suo passato lo ha segnato profondamente. È da quel momento che la sua vita ha preso una strada piena di solitudine e sofferenze. Da allora l’uomo cova questo dolore dentro il suo animo e, appena ha l’occasione di redimere se stesso, non se la fa sfuggire.
- JASMINE (25/30)
Jasmine è un’immigrata di colore arrivata dal Marocco. È accolta da Toni con altri clandestini, ma a differenza loro, non ha i soldi per pagare l’uomo. Lui dunque decide di tenerla con sé in casa e di farle guadagnare il denaro sufficiente tramite la prostituzione. Le trova i clienti e le gestisce gli appuntamenti.
La ragazza acquista sempre più peso durante il film. Prima appare fragile e spaventata, in seguito mostra un carattere forte e un desiderio di rivalsa nei confronti della vita assoluto.
Jasmine fa nascere in Toni sentimenti che l’uomo aveva represso per molti anni. La sua storia lentamente viene raccontata durante le giornate che i due trascorrono insieme. Sa che la sua posizione non la facilita ma con grande furbizia riesce a cogliere il malessere di Toni e ad avvicinarsi a lui. Il loro rapporto delinea ciò che da una parte e dall’altra è mancato: un legame con un’altra persona che liberi sentimenti repressi per una vita intera. Lei, arrivata da sola in Italia, dopo aver perso la famiglia nel suo paese, ritrova una figura paterna e un figlio per darle una nuova speranza.
- ANNA MONFREGOLA (45)
Anna, sorella di Toni, pur essendo più piccola dell’uomo, cerca di tirarlo fuori dal malessere che vive con atteggiamento protettivo. Durante i loro rari incontri lo esorta a dimenticare ciò che lo ha ferito in passato.
La loro storia non viene mai raccontata in modo chiaro, probabilmente entrambi, ora soli, non hanno ricevuto sufficiente affetto dai genitori. Il loro rapporto è però fortissimo, quasi viscerale.
Alla notizia della possibile partenza di Toni e quindi dalla sua conseguente uscita dalla malavita, lei si mostra subito entusiasta. Per anni ha tentato di portarlo fuori da quel giro. La sua partenza, anche se li allontana, le fa capire che l’uomo è cambiato e che vuole rifarsi una vita altrove.
- GIUSEPPE (60)
Collega di Toni, unico ad essergli vicino nei momenti difficili. È il legame tra l’uomo e gli altri lavoratori del porto. Grazie a lui Toni riesce a gestire i traffici, mantenendo il silenzio di tutti tramite lauti pagamenti in nero.
Giuseppe mette in guardia Toni quando le cose iniziano ad andar male per lui. Non può nulla però quando tutti gli altri colleghi sono pronti a denunciarlo.
Nel finale è Giuseppe la chiave per fuggire in Francia. Toni gli chiede aiuto per essere nascosto, con Jasmine, in una nave. Nel momento della fuga però Giuseppe gli fa capire che gli altri hanno tramato alle sue spalle e vogliono incastrarlo. Grazie a lui, dunque, Toni riesce a sfuggire alla cattura e riesce a salvare Jasmine.
Giuseppe non è un uomo cattivo, prova nei confronti del collega un affetto che però non riesce a vincere le pressioni degli altri colleghi. Risulta essere un personaggio fondamentale per le scelte del protagonista e, con grande sofferenza, riesce a salvarlo nel finale.
- YOSEF (25)
Giovane ragazzo di colore arrivato dall’Africa nel primo carico di clandestini. È accolto da Toni ma, a differenza degli altri, non viene mandato subito a lavorare. Toni lo tiene a casa sua e, ogni tanto se ne serve sessualmente, senza mai fargli male.
Il ragazzo gli racconta di essere arrivato in Italia completamente solo, privo di qualsiasi appoggio e senza prospettive per il futuro. Toni, evidentemente in cerca di qualcuno da amare prova ad avvicinarsi al giovane, sempre però in modo diffidente. Lui, dal suo canto, comprende che Toni non è cattivo e decide di assecondare le sue volontà.
Il loro breve rapporto cresce nella prima parte del film fin quando, una volta ottenuta la fiducia dell’uomo, Yosef viene accusato di avergli rubato del denaro. In seguito ad una feroce lite Toni lo sbatte fuori di casa ma subito dopo si accorge che il denaro è in un luogo diverso da quello che immaginava.
PERSONAGGI SECONDARI E FIGURAZIONI
- LOLLO (35)
Spacciatore e gestore di varie prostitute al quale Toni porta le clandestine più belle. Il rapporto tra i due è sempre teso per i mancati pagamenti del giovane criminale. Lollo ha un timore reverenziale nei confronti di Toni.
- CARMINE (50)
Cuoco che gestisce la cucina di un albergo. Toni gli porta gli immigrati asiatici per farli lavorare con lui. Il loro rapporto è basato esclusivamente sul commercio degli immigrati.
- COLLEGHI (x3)
Tutti più o meno coetanei di Toni. Accettano le buste di denaro da parte dell’uomo per mantenere il silenzio sui traffici. Iniziano però a volere più soldi e, quando Toni non riesce più a permettersi il loro aiuto, lo denunciano.
La loro presenza, durante tutto il film, è sempre ambigua. Da una parte sembrano appoggiare Toni, dall’altra vorrebbero denunciarlo ad ogni occasione, provando nei suoi confronti grande antipatia.
- CLANDESTINI (x15)
Di varie nazionalità: cinesi, marocchini, egiziani, mediorientali. Tutti pagano il loro biglietto e vengono smistati da Toni nelle diverse attività.
- POLIZIA (x3)
Tre agenti che indagano sulla tratta degli esseri umani gestita da Toni. Lo mettono con le spalle al muro e sono loro, nel finale, a trovarlo.
La città sospesa
Presentazione del progetto di Andrea Piretti
La necessità di raccontare una storia nasce da ciò che questa storia può dare agli altri. Seguendo e rivisitando i canoni di un certo cinema contemporaneo, fatto di solitudini, inettitudine e inadeguatezza, ho scritto questo film raccontando la storia di un uomo solo in cerca di redenzione.
Per raccontare questo dolore ho scelto un tema di grande attualità: l’immigrazione clandestina. Il protagonista infatti pur partendo da un presupposto di sfruttamento nei confronti di chi arriva in Italia, riuscirà, proprio in relazione ad una ragazza africana, a redimere se stesso e ciò che ha fatto per tanti anni.
La scelta di questo tema non è dovuta al semplice racconto di un fenomeno così attuale con il solo scopo di attirare lo sguardo dello spettatore. Bensì il tutto è in funzione del racconto della storia del protagonista.
Il rapporto che si crea tra i due, spesso silenzioso a causa della differenza di nazionalità, diventa sempre più forte basandosi su ciò che capita ad entrambi durante l’avanzare della trama. L’uomo diventa per la ragazza una figura paterna e prende a cuore il dolore e il desiderio di fuga per una vita migliore che la muovono.
Pur ambientando il film a Napoli, ambiente saturo (cinematograficamente parlando) di un certo tipo di storie, in questo caso, pur rasentando un ambiente criminale, la violenza non è mai fine a se stessa. Ciò che è mostrato è sempre giustificato dal processo di crescita e cambiamento dei protagonisti.
Il film non si pone in nessun modo come atto di denuncia nei confronti di un fenomeno quale l’immigrazione, ma cerca di raccontarlo in modo asciutto e mai banale. Le difficili condizioni di vita, l’impossibilità di trovare un lavoro e la diffidenza nei confronti di queste persone, sono le ragioni per le quali spesso essi si trovano a dover accettare forme di sfruttamento e di maltrattamento.
Il film resta comunque un atto politico e morale nei confronti di un problema che esiste e che in qualche modo deve essere affrontato. L’etica dei personaggi, sempre mossi da un buon senso, si piega alle deviazione di una società malata e priva di qualsiasi forma di empatia.
Grazie alla conoscenza dell’altro, inteso come essere umano al di là di qualsiasi differenza, i personaggi riescono a salvarsi o almeno ci provano, per il bene di chi hanno, con difficoltà, imparato ad amare. La solitudine dunque si trasforma in condivisione ed emancipazione morale, volta al miglioramento del mondo.
Andrea Piretti
La città sospesa
soggetto di Andrea Piretti – ottobre 2016
Toni ha cinquantasei anni e lavora come capo magazziniere nel porto di Napoli. Vive da solo in un piccolo appartamento vicino la stazione centrale e nasconde ai pochi amici e colleghi la sua omosessualità. Ogni settimana al porto giungono numerosi immigrati dal Nord Africa e dalla Cina nascosti nei container delle navi mercantili. Toni si occupa, in completa solitudine, del loro smistamento in varie attività che gestisce, in base alle loro competenze e ai precedenti impieghi. Molti, soprattutto gli orientali, sono inviati nelle cucine degli alberghi vicini, altri lavorano in nero nel porto come magazzinieri e braccianti. Le donne invece, quelle giovani e belle, diventano prostitute, gestite da un collega di Toni che individua i vari clienti nei dintorni del Centro Direzionale della città. Toni inoltre cerca tra gli uomini che arrivano una compagnia anche per se stesso. La sua omosessualità in realtà è tutt’altro che ignota, soprattutto nell’ambiente lavorativo.
Il traffico di immigrati è gestito dall’uomo tramite vari contatti che ha in Nord Africa. Chi arriva a Napoli paga un “biglietto” e si nasconde nei container che Toni smista al porto. Nel suo tempo libero intanto ristruttura una piccola barca a motore di sua proprietà che tiene ferma da diversi mesi. Quando non lavora va invece a trovare la sorella minore, Anna, che vive in provincia, terra natale dell’uomo. La donna non accetta ciò che Toni fa per vivere, e lo considera un vero e proprio criminale. Nonostante questo gli sta vicino e tenta in tutti i modi di redimerlo. I due sono legati anche da un tragico evento del loro passato: molti anni prima, quando erano ancora ventenni, un loro fratello minore, all’età di sei anni, è venuto a mancare. Toni ogni domenica si reca al cimitero, si ferma di fronte alla tomba del piccolo e prega per la sua anima.
Un freddo giorno d’autunno arriva a Napoli un carico di immigrati dal Marocco. Toni, come al solito, sceglie, seleziona e indirizza ogni persona nelle sue attività. Tra loro c’è una ragazza, Jasmine, di vent’anni, che non ha il denaro per pagare l’uomo. Toni quindi decide di tenerla con sé e farle guadagnare i soldi necessari attraverso la prostituzione.
Organizza per Jasmine vari incontri con uomini d’affari nell’albergo vicino la stazione centrale e si intasca la maggior parte dei ricavi. L’uomo comprende immediatamente che la ragazza può essere per lui una grande fonte di guadagno e inizia a trattarla nel migliore dei modi. Lei si offre sessualmente all’uomo per ringraziarlo ma egli rifiuta spiegandole che preferisce un altro tipo di compagnia. Tra i due nasce una tenera amicizia, che cresce anche durante le giornate dove Toni ristruttura la sua barca, insegnando alla ragazza come guidarla.
Toni una notte trova Jasmine priva di sensi e pestata a sangue in una stanza d’albergo. La porta in ospedale e scopre che è incinta di due mesi. Decide di trovare il cliente che ha lasciato Jasmine agonizzante per vendicarla. Nel parcheggio sotterraneo del Centro Direzionale individua l’uomo e lo picchia, abbandonandolo lì svenuto. Questi però cercherà di giustificarsi dando la colpa alla ragazza che aveva tentato di derubarlo.
Lei confessa a Toni di averlo fatto poiché la sua volontà è quella di partire per la Francia e far nascere lì il figlio. Intanto i rapporti tra Toni e i suoi colleghi degenerano: la polizia si presenta sempre più frequentemente nel porto indagando sui traffici di esseri umani. Toni non riesce più a pagare per il loro silenzio e dunque litiga con tutti.
Una notte dopo aver finito il suo turno Toni è attaccato alle spalle da numerosi uomini, mandati probabilmente dal cliente di Jasmine che egli aveva precedentemente pestato. L’uomo è quindi vittima di una barbara vendetta, sotto gli occhi dei colleghi che evitano di intervenire.
Ormai da solo, Toni smette quindi di occuparsi degli immigrati: denuncia alle autorità l’arrivo di nuovo container carico di uomini, i quali si scagliano contro di lui avendo pagato per avere il suo aiuto una volta arrivati a Napoli.
La difficile situazione al porto e la volontà di Jasmine di partire e lasciare Napoli spingono Toni a trovarle un modo per raggiungere la Francia. Si mette d’accordo con uno dei colleghi per far entrare la ragazza di nascosto su una nave diretta a Nizza. Lei gli chiede di accompagnarla e Toni accetta, avendo compreso che nulla più lo lega a Napoli. Saluta la sorella Anna e le spiega che ciò che fa per Jasmine è per lui una forma di riscatto per tutto il male che ha causato in quegli anni. Anna, nonostante la paura di perdere il fratello, accetta la sua decisione e lo lascia andare.
Il giorno prima della partenza Toni porta Jasmine di fronte la tomba del fratellino e le racconta cosa è successo. Il bambino in realtà un giorno è scomparso senza lasciare traccia, probabilmente rapito e ucciso da qualcuno. Toni mostra a Jasmine che nel loculo dietro la stele di marmo non c’è nessuna tomba.
La notte della partenza i due si recano al porto ma quasi subito sono scoperti dai colleghi dell’uomo e dalle autorità. Toni e Jasmine riescono a fuggire uscendo velocemente dai container.
L’uomo ora ricercato ufficialmente dalla polizia è costretto dunque a salvare Jasmine completamente da solo. Salirà sulla sua piccola barca, ormai completamente funzionante, e dirà alla ragazza di mettersi alla guida. Lei eseguirà e al segnale di partenza che Toni urlerà dalla poppa farà salpare la barca che si allontanerà dalla costa. Subito dopo la partenza Jasmine scopre di essere sola sull’imbarcazione. Toni, per non farsi seguire dalle autorità, è rimasto sulla terraferma circondato dalle auto della polizia in attesa del suo destino. Grazie a lui Jasmine potrà allontanarsi da Napoli e ricominciare una nuova vita.
FINE
Titolo: Il tuo mondo
Genere: Fantascienza
Autore: Davide Origlia
In una metropoli occidentale ai giorni nostri.
David è un quarantenne provato da anni di depressione e alcolismo, riesce a malapena a pagare l'affitto di uno squallido monolocale al pian terreno senza riscaldamento facendo qualche lavoretto da idraulico.
Ormai è paranoico e asociale, le uniche relazioni sociali che intrattiene sono quelle con Victoria, la barista del bar dove va ad ubriacarsi, una bella ragazza dall'aspetto volgare e dai modi scurrili, che non perde occasione per ricordare a David quanto sia squallida e inutile la sua vita.
Poi c'è Morgan un senza tetto dai lunghi capelli e dalla barba bianca, con la sua inseparabile armonica ed un cartoccio di vino accanto che staziona accanto al portone di casa di David.
Morgan è l'unico amico di David, e spesso la sera rincasando si ferma a bere un bicchiere e a chiacchierare con lui. Le loro lunghe chiacchierate si concludono sempre allo stesso modo, David dice che se il suo passato non si fosse accanito con lui, oggi il suo mondo sarebbe ben diverso, e Morgan continua a ribadire a David che ci sono un'infinità di mondi, e che sta a lui scegliere quello che più gli piace. A questo punto David fa spallucce e torna a casa.
Una sera mentre David sta salendo i tre gradini che lo separano dal portone viene colto da un malore, gli fa male il petto vede tutto sfocato ed i colori attorno a lui si fondono assieme creando un vorticoso arcobaleno. David riprende i sensi dopo qualche minuto, si alza e si avvia verso la porta di casa, ma la porta non si apre, David pensa di essere troppo ubriaco per centrare la toppa, ma non è così. Dopo qualche minuto apre la porta una vecchia signora, David chiede alla vecchietta cosa ci faccia in casa sua, ma l'anziana dice a David che quella è casa sua e vive lì da vent'anni, a questo punto David sbircia all'interno e nota che l'arredamento è totalmente diverso, così esterefatto si precipita in strada e corre verso il bar di Victoria.
Arrivato lì trova dietro il bancone un signore calvo dai lunghi baffi neri, gli chiede dove sia Victoria, ma il barista gli dice che lì non lavora nessuna Victoria, che il bar è suo da sempre avendolo ereditato da suo padre.
A questo punto David sempre più confuso comincia a vagare per la città senza meta, finchè arrivato davanti ad un supermercato vede se stesso, sbarbato e ben vestito, accompagnato da una bella donna dai lunghi riccioli biondi e due bambini, a questo punto David ha capito, si trova in un universo parallelo.
Decide allora di seguire la famigliola fino a casa, badando bene di non farsi notare, hanno una bella casetta indipendente con un bel giardino e sembrano davvero felici.Il suo sosia si chiama Micheal, è uno stimato psicologo innamoratissimo di sua moglie Connie e dei suoi bambini, Giada e Luke.
Micheal ha la vita perfetta, quella che David ha sempre sognato al punto che un'idea malata s'insinua nella mente di David, vuole uccidere Micheal per sostituirsi a lui ed avere così il suo mondo perfetto, quello che ha sempre pensato gli sia stato sottratto dal destino.
Comincia così a pedinarlo per scoprirne le abitudini, in modo da trovare il momento ideale per agire.
Il giorno seguente, David aspetta Micheal davanti casa per pedinarlo, e così fa, mentre Micheal si sta recando al lavoro ha un incidente in auto e sbatte violentemente il capo rompendosi il naso, David che lo seguiva su un'altra auto si accorge di avere i pantaloni sporchi di sangue allora specchiandosi nel retrovisore vede che sta copiosamente sanguinando dal naso pur non avendo subito alcun trauma, capisce allora che uccidendo Micheal ucciderebbe anche se stesso.
A questo punto David decide di passare al piano b, ha in mente di rapirlo, e tenerlo prigioniero in una vecchia autorimessa abbandonata sita a pochi chilometri dalla casa di Micheal.
Detto fatto, lo colpisce alle spalle, lo addormenta con un panno imbevuto di cloroformio e lo conduce nell'autorimessa, dove c'è un piccolo magazzino con spessi muri di cemento armato senza finestre e con una massiccia porta tagliafuoco in acciaio. David indossa i suoi abiti e rientrerà a casa al suo posto, salvo tornare ogni giorno per portargli da mangiare.
Giunto al cancello di casa di Micheal il suo cane un labrador di nome Nemo, abbaia furiosamente a David, e cerca di aggredirlo tanto che Connie è costretta ad uscire e calmare l'animale, che non si è fatto ingannare.
Anche Connie e i bambini si accorgono che c'è qualcosa di strano nel loro papà, ma David si giustifica dicendo che non si sente molto bene a causa dell'incidente in auto avuto qualche giorno prima.
Il mattino seguente David si reca da Micheal per portargli da mangiare e cercare di estorcergli delle informazioni personali per non insospettire troppo la famiglia.
Nei giorni seguenti procede tutto tranquillamente, David è al settimo cielo la sua vita ha finalmente un senso.Col passare dei giorni David comincia a conoscere meglio Micheal dal momento che vive con la sua famiglia, e scopre che il passato di Micheal è tremendamente più doloroso del suo.
David realizza di non essere vittima del proprio passato e di un infanzia difficile, ma è vittima solo di sè stesso.
Ora i sensi di colpa lo attanagliano, deve restituirlo alla propria famiglia.
La mattina seguente David si sveglia sanguinante con un dolore atroce ad una spalla, capisce immediatamente che è accaduto qualcosa a Micheal, dunque si precipita all'autorimessa.
Giunto lì trova Micheal in una pozza di sangue, si è ferito gravemente ad una spalla con uno spuntone d'acciaio che sporgeva dalla porta in un disperato tentativo di fuga.
David rimette a Micheal i suoi abiti e lo porta immediatamente in ospedale, qui gli dicono che bisogna operarlo d'urgenza, ma hanno bisogno dell'autorizzazione di un familiare in quanto Micheal è privo di sensi, David dice di essere suo fratello gemello è dà l'autorizzazione, nessuno ha nulla da obiettare in quanto i due sono identici, quindi procedono anche se David è sprovvisto di documenti.
Anche David ha fortissimi dolori alla spalla e comincia a sudare vistosamente ma omette di farsi curare a sua volta per non destare sospetti.Un medico raggiunge David all'esterno della sala operatoria e gli dice che l'operazione è andata bene Micheal è fuori pericolo.
A questo punto David telefona a Connie spacciandosi per Micheal e le dice di raggiungerlo in ospedale, dopo di che lascia l'ospedale e va a riposarsi all'autorimessa.
Arrivato qui David sta sempre peggio, la spalla fa male ha la febbre alta e trema come una foglia decide di aspettare il passare della notte e si addormenta.
Al suo risveglio David è in un letto d'ospedale, appena aperti gli occhi vede Victoria la barista, vestita da infermiera, ma non è Victoria si chiama Mary ed è realmente un'infermiera in questo mondo.David chiede a Mary cosa è successo e lei gli dice che ha contratto il tetano a causa della ferita alla spalla e che è vivo per miracolo, deve ringraziare un signore dalla barba bianca di nome Morgan che lo ha portato in ospedale appena in tempo.
Mary a differenza di Victoria è una donna molto dolce ed educata, e David capisce che è interessata a lui.
Dopo undici giorni David viene dimesso dall'ospedale ma non ha un posto dove andare, così Mary si offre di ospitarlo, tra i due ormai c'è del tenero.
Durante il tragitto verso casa David vede seduto su un gradino un signore con la barba bianca che suona l'armonica, chiede a Mary di fermare l'auto, quindi lo raggiunge è Morgan, è realmente lui anche in questo mondo, David lo ringrazia per avergli salvato la vita, Morgan chiede a David se ha imparato la lezione, David annuisce, quindi i due si salutano e David torna dalla sua Mary.
E'mattina l'orologio indica le 11:11 ma non è la sveglia di Mary, nel buio della stanza David scorge solo quegli orribili numeri rossi della sua vecchia radiosveglia, si precipita ad accendere la luce e si accorge di essere nel suo grigio monolocale a battere i denti dal freddo, forse è stato solo un sogno.Peccato pensa David sembrava che in quel mondo qualcosa di buono stesse per accadere, si stava innamorando di Mary. Togliendosi la maglia David nota la vistosa fasciatura alla spalla e guardandosi il braccio vede il segno lasciato dalle flebo, dunque si precipita davanti allo specchio, è perfettamente rasato con i capelli in ordine e non trema come tutte le mattine.A questo punto apre l'armadio ed indossa gli abiti migliori che possiede, esce di casa e si reca al bar di Victoria, lei è lì al suo posto dietro il bancone, la guarda intensamente negli occhi e la bacia appassionatamente, Victoria gli chiede quanto pensava di aspettare ancora e lo bacia a sua volta.
Morgan aveva ragione ci sono infiniti mondi sta a noi scegliere quello che più ci piace, il nuovo mondo di David ha preso forma.
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Autore: Davide Origlia Email:
Titolo: Occhio per occhio
Genere: Thriller
Autore: Davide Origlia
Torino, ottobre 2011
E' una piovosa domenica mattina torinese di fine ottobre, quando gli addetti alla manutenzione della metropolitana si trovano di fronte ad una scena agghiacciante;
Sulla rampa d'accesso giace riversa in una pozza di sangue una donna dai lunghi capelli rossi, ha la parte anteriore del collo completamente mancante.
La scientifica rileva sulla scena delle impronte insanguinate di un cane di grossa taglia, e ad un attento esame del cadavere tirano le prime conclusioni, la donna è stata aggredita da un grosso cane inferocito, c'è un insolito particolare la vittima ha gli occhi di diverso colore, uno castano ed uno di colore azzurro.
Il caso viene affidato ad un giovane commissario di polizia alle prime armi, di nome Calogero Neri, che però da tutti viene chiamato Gino.
Una settimana dopo arrivano sulla scrivania di Gino i risultati dell'autopsia, ci sono sviluppi sconvolgenti;
Uno dei due occhi non appartiene alla donna, ma bensì ad un'altra persona, uno psicopatico ha cavato un'occhio alla vittima e lo ha sostituito con uno di colore azzurro appartenente ad un'altra donna. Sulla scena sono state rilevate tracce biologiche dell'animale, probabilmente si tratta di un Rottwailer, ma nessuna traccia dello squilibrato.
Un rompicapo per Gino, ci troviamo di fronte ad un cadavere ma probabilmente ci sono già due vittime, e poi l'aggressione da parte del cane è stata casuale oppure l'animale è stato utilizzato come un'arma vera e propria?
Le risposte non tardano ad arrivare;
La mattina del primo novembre viene ritrovata un'altra vittima al Valentino riversa nella fontana dei dodici mesi, si tratta di una giovane ragazza bionda in tenuta da jogging, la scena è la medesima, il collo letteralmente strappato, l'acqua colorata di rosso e due occhi di colore diverso.
I risultati dell'autopsia rivelano che l'occhio castano appartiene alla prima vittima, e le tracce biologiche rinvenute sono dello stesso cane, anche in questo caso nessuna traccia dell'assasino.
Ora il quadro è più chiaro, c'è un folle che si serve di un rottwailer come un'arma, cava un occhio alla vittima e lo sostituisce con quello della malcapitata precedente.
Viene ribattezzato come "L'Ottico".
Gino cerca di trovare qualche collegamento tra le vittime ma non sembrano essercene, ora l'unica certezza che ha è che la prossima vittima avrà gli occhi castani e che deve cercare un rottwailer.
Vengono rintracciati decine di possessori di Rottwailer per raccogliere campioni genetici, ma la ricerca non porta a nulla.
E' la mattina della vigilia di Natale, l'Ottico ha colpito ancora;
Sulla gradinata della Gran Madre viene trovata un'altra donna sbranata, con l'occhio della vittima precedente, questa volta una traccia viene trovata sulla scena;
Vicino al corpo della donna viene rinvenuta la punta di un bastone per ciechi.
Arrivano i risultati dell'autopsia, c'è un'altra curiosità, sull'occhio azzurro della vittima precedente vengono ritrovate delle fibre di nylon dei comuni sacchetti di plastica.
Gino si sta scervellando, ormai è ossessionato dal caso arriva ad una brillante conclusione;
L' Ottico conserva gli occhi sottovuoto ecco spiegato perchè gli organi non sono mai in via di decomposizione, li libera dalla plastica solo al momento del delitto.
Ora bisogna cercare un cieco con un rottwailer, così Gino comincia a frequentare circoli per non vedenti, senza arrivare a nulla di concreto.
Siamo a fine gennaio, è una mattinata fredda, sta nevicando, in commissariato arriva una ragazza in stato di shock, dice di essere stata aggredita dal cane di un cieco, ma di averlo ucciso cacciandogli l'ombrello in bocca nel disperato tentativo di difendersi. La ragazza, di nome Lara conduce Gino sul luogo dell'agguato, arrivati li trovano il cane riverso a terra su un tappeto di neve rossa, la lunga punta d'acciaio dell'ombrello ha perforato gli organi interni dell'animale non lasciandogli scampo. I risultati delle analisi della scientifica confermano che si tratta del cane dell'ottico, ora il folle non ha più la sua arma.
Gino però non sa se questo è un bene, il cane era l'unica traccia che aveva, se l'avesse trovato in compagnia dell'Ottico avrebbe risolto il caso, ora invece le cose si complicano maledettamente.
Passano diversi mesi, non ci sono più state vittime, ma neanche indizi utili per incastrare l'ottico e Gino vuole assolutamente rendere giustizia a quelle povere vittime.
Siamo ad Agosto, arriva una chiamata in centrale, c'è una donna ai Murazzi riversa con la testa in giù lungo l'argine del fiume.
Gino si precipita sul luogo, afferra la donna da una spalla la rigira;
Solita scena il collo devastato due occhi di colore diverso. L'Ottico è tornato, Gino urla di rabbia con tutto il fiato che ha attirando l'attenzione dei passanti.
Il mattino seguente Gino è a fare colazione al Gran Bar (Il bar sito ai piedi della Gran Madre), quando vede un cieco che sta facendo colazione al tavolino accanto al suo, che ha con sè una busta piena di avanzi alimentari, Gino chiede al cieco cosa ne faccia, e lui risponde che li sta portando ad un signore che ha conosciuto al circolo dei non vedenti, in quanto tale signore anche lui non vedente adotta cani abbandonati.
Gino chiede allora se può andare con lui, in quanto vuole chiedere a questo signore se può prendersi cura di un cane trovatello che ha.Il cieco acconsente così i due si avviano.
Arrivano, Gino nota il nome sul campanello "Giovanni Fumagalli" cognome chiaramente milanese.
Suonano, il signor Giovanni apre il cancello camminando verso i suoi ospiti sostenendosi con un bastone per ciechi.Gino non può non notare cinque cani di grossa taglia che abbaiano furiosamente da una gabbia.
Il signor Giovanni invita i due ad entrare per un caffè, appena seduti al tavolo Gino scorge una macchinetta per il sottovuoto sulla credenza.
Gino chiede al signor Giovanni se è milanese, il signor Giovanni conferma dicendo di essersi trasferito a Torino dopo la morte della moglie, per allontanarsi dai ricordi.
Quando Gino chiede informazioni sulla sua cecità, il signor Giovanni dice che ha perso un occhio in un incidente sul lavoro. I due si salutano, e mentre Gino si avvia al cancello nota un bastone per ciechi con la punta spezzata in una vecchia cariola, il cerchio si stringe.
A questo punto Gino decide di recarsi a Milano per avere più notizie su questo signore, riesce a rintracciare la sorella Ombretta Fumagalli, e decide di andare a farle visita.
Arrivato a Milano chiede ad Ombretta notizie sulla cecità di Giovanni, Ombretta gli dice che da bambino una sua coetanea lo ha spinto contro una cancellata e uno spuntone gli ha cavato un occhio, da allora Giovanni usa un occhio di vetro, poi da una decina d'anni ha perso la vista anche dall'altro occhio quasi totalmente. Gino chiede ad Ombretta se la bambina che lo ha ferito vive ancora lì, ma Ombretta gli dice che è scomparsa da circa un anno. Parlando di questa ragazza Ombretta la chiama Iride, al chè Gino chiede lumi su questo strano nome, ed Ombretta gli rivela che era soprannominata così perchè aveva gli occhi di diverso colore uno castano e uno azzurro.
E' fatta ormai Gino non ha più dubbi Giovanni Fumagalli è l'Ottico.
Gino chiama in centrale dice di mandare due dei suoi ad attenderlo a casa di Fumagalli, e si avvia verso Torino alla velocità della luce.
Arrivato davanti a casa di Fumagalli trova i suoi ad attenderlo, suonano il campanello, Giovanni apre il cancello senza neanche rispondere al citofono, i tre entrano e guardando nella gabbia dei cani vedono le cinque bestie morte, l'ottico li ha uccisi a fucilate.
Gino sfonda la porta d'ingresso pistola in pugno, l'Ottico è seduto a Tavola, dice a Gino che lo stava aspettando e si fa ammanettare dopo essersi levato l'occhio sinistro dall'orbita, lo consegna a Gino, è ricoperto dalla plastica del sottovuoto, tra un delitto e l'altro l'ottico usava l'occhio delle sue vittime per sè. L'Ispettore chiede all'Ottico che fine abbia fatto Iride, e lui gli rivela di averla data in pasto ai cani, di lei rimane solo l'occhio, quello trovato nell'orbita della prima vittima.
Gino chiede all'ottico il perchè di tali gesti e lui risponde "Gli occhi sono lo specchio dell'anima avere un occhio solo è come perdere metà dell'anima"
di Davide Origlia email :
In Italia le storie si auto-generano: dello sceneggiatore ormai non vi è più traccia. A quanto pare, il mercato dell’audiovisivo è in crescita, anche in Italia. Anzi, in forte crescita, con tutto quel che ne consegue in termini industriali. E su questo, tutti concordi. Tutti concordi anche nel dire che si tratta di un mercato al cui centro sono le storie; perché senza una buona storia, com’è ovvio, non si fa un film, né una serie tv, né una web serie eccetera eccetera. E alle storie si dà – apparentemente – la caccia. Ora, di norma: dove al centro vi è una storia, al centro vi è un narratore. Cioè colui che è in grado di strutturarla e di scriverla.
Leggi tutto: Sceneggiatori, i nuovi desaparecidos. Un mercato delle idee senza… le idee?
SCENEGGIATURE ORIGINALI RITROVATE
Abbiamo avuto la disponibilità di leggere e studiare varie decine di sceneggiature originali introvabili,
perchè non sono sceneggiature desunte,
ma quelle originali, scritte prima di produrre il film, spesso sottolineate dal regista o dagli attori protagonisti
e poi variate e modificate nella lavorazione del film.
Era materiale unico, interessante per studiosi, collezionisti e cinefili.
ELENCO (ordinato per Titolo)
TITOLO |
ANNO |
REGIA |
ATTORI |
…altrimenti ci arrabbiamo! |
1974 |
Marcello Fondato |
Terence Hill, Bud Spencer, Donald Pleasence, John Sharp |
Acqua e sapone |
1983 |
Carlo Verdone |
Carlo Verdone, Florinda Bolkan, Natasha Hovey |
Adulterio all'italiana |
1966 |
P. F. Campanile |
Vittorio Caprioli, M. G. Buccella, Catherine Spaak, Nino Manfredi |
Amarsi un po'… |
1984 |
Carlo Vanzina |
Claudio Amendola, Riccardo Garrone, Tahnee Welch |
Asso |
1981 |
Castellano & Pipolo |
Renato Salvatori, Adriano Celentano, Edwige Fenech |
Attila |
1954 |
Pietro Francisci |
Ettore Manni, Irene Papas, Henri Vidal, Claude Laydu, Sophia Loren, Anthony Quinn |
Attila, flagello di Dio |
1982 |
Castellano & Pipolo |
Diego Abatantuono, Rita Rusic, Angelo Infanti |
Basta guardarla |
1971 |
Luciano Salce |
Luciano Salce, Maria Grazia Buccella, Mariangela Melato, Carlo Giuffrè, Franca Valeri |
Bluff Storia di truffe e di imbroglioni |
1976 |
Sergio Corbucci |
Corinne Clèry, Anthony Quinn, Adriano celentano, Capucine |
Borotalco |
1982 |
Carlo Verdone |
Carlo Verdone, Eleonora Giorgi, Christian De Sica, Isa Gallinelli, Angelo Infanti |
Capitan Fracassa |
1961 |
P. Gaspard-Huit |
Gerard Barray, Anna Maria Ferrero, Jean Marais |
Caruso Pascoski (di padre polacco) |
1988 |
Francesco Nuti |
Francesco Nuti, Novello Novelli, Clarissa Burt, Ricky Tognazzi, Antonio Petroelli |
Che ora è |
1989 |
Ettore Scola |
Lou Castel, Marcello mastroianni, Massimo Troisi, Anne Parillaud |
Compagni di scuola |
1988 |
Carlo Verdone |
Carlo Verdone, Eleonora iorgi, Alessandro benvenuti, Nancy Brilli, Massimo Ghini, Christian De Sica |
Corleone |
1979 |
Pasquale Squitieri |
Francisco Rabal, Remo Girone, Giuliano Gemma, Claudia Cardinale, Stefano Satta Flores, Michele Placido |
Dove vai tutta nuda? |
1969 |
Pasquale Festa Campanile |
Angela Luce, Tomas Milian, Gastone Moschin, maria Grazia Buccella, Vittorio gassman |
Fantozzi va in pensione |
1988 |
Neri Parenti |
Paolo Villaggio, Anna Mazzamauro, Milena VuKotic, Gigi Reder, Plinio Fernando |
Grand hotel Excelsior |
1982 |
Castellano & Pipolo |
Carlo Verdone, Eleonora Giorgi, Adriano Celentano, Diego Abatantuono, Enrico Montesano |
Hotel Colonial |
1987 |
Cinzia Th Torrini |
John Savage, Rachel Ward, Massimo Troisi, Robert Duvall, Anna galiena |
Il bambino e il poliziotto |
1989 |
Carlo Verdone |
Carlo Verdone, Federico Rizzo, Barbara Cupisti |
Il bisbetico domato |
1980 |
Castellano & Pipolo |
Adriano Celentano, Ornella Muti, Edith Peters, Milly Carlucci |
Il burbero |
1986 |
Castellano & Pipolo |
Adriano Celentano, Jean Sorel, Debra Feuer, Iaia Forte, Angela Finocchiaro |
Il mistero di Bellavista |
1985 |
Luciano De Crescenzo |
Luciano De Crescenzo, Renato Scarpa, Riccardo Pazzaglia, Andy Luotto, Marina Confalone |
Il pentito |
1985 |
Pasquale Squitieri |
Rita Rusic, Ivo Garrani, Erik Estrada, Franco Nero, Tony Musante, Max von Sydow |
Il piccolo diavolo |
1988 |
Roberto Benigni |
Roberto Benigni, Nicoletta Bruschi, Walter Matthau, Stefania Sandrelli, John Lurie |
Il provinciale |
1971 |
Luciano Salce |
Franco Fabrizi, Teri Hare, Gianni Morandi, Maria Grazia Buccella |
Il sindacalista |
1972 |
Luciano Salce |
Isabella Biagini, Paola Pitagora, Dominique Boschero, Renzo Montagnani, Lando Buzzanca |
Il viaggio di capitan Fracassa |
1990 |
Ettore Scola |
Claudio Amendola, Marco Messeri, Remo Girone, Ornella Muti, Massimo Troisi |
Il volpone |
1988 |
Maurizio Ponzi |
Paolo Villaggio, Alessandro Haber, Enrico Maria Salerno, Sabrina Ferilli, Renzo Montagnani, Enrico Montesano, Eleonora Giorgi |
Innamorato pazzo |
1981 |
Castellano & Pipolo |
Adolfo Celi, Ornella Muti, Adriano Celentano, Enzo garinei, Milla Sannoner |
Io e mia sorella |
1987 |
Carlo Verdone |
Carlo Verdone, Elena Sofia Ricci, Ornella Muti, Mariangela Giordano |
Io speriamo che me la cavo |
1992 |
Lina Wertmuller |
Palo Villaggio, Paolo Bonacelli, Ciro Esposito, Gigio Morra, Marina Confalone |
Johnny Stecchino |
1991 |
Roberto Benigni |
Roberto Benigni, Paolo Bonacelli, Franco Volpi, Nicoletta Braschi, Ivano marescotti |
La califfa |
1970 |
Alberto Bevilacqua |
Ugo Tognazzi, Stefano Satta Flores, Marina Berti, Romy Schneider, Guido Alberti |
La casa stregata |
1982 |
Bruno Corbucci |
Renato Pozzetto, Gloria Guida, Marilda Donà, Lia Zoppelli |
La chiesa |
1989 |
Michele Soavi |
Asia Argento, Antonella Vitale, Tomas Agrana, Fedor, Scialiapin, Barbara Cupisti |
La leggenda del santo bevitore |
1988 |
Ermanno Olmi |
Sandrine Dumas, Dominique Pinon, Anthony Quayle, Rutger Hauer |
La partita |
1988 |
Carlo Vanzina |
Faye Dunaway, Ian Bannen, Corinne Clèry, Federica Moro, Matthew Modine |
La presidentessa |
1977 |
Luciano Salce |
Luciano salce, Gianrico Tedeschi, Johnny |
La voce della luna |
1990 |
Federico Fellini |
Roberto Benigni, Paolo Villaggio, Patrizio Roversi, Syusy Blady, Angelo Orlando |
L'anatra all'arancia |
1975 |
Luciano Salce |
Monica Vitti, Ugo Tognazi, Barbara Bouchet, John Richardson |
Le comiche |
1990 |
Neri Parenti |
Paolo Villaggio, Renato Pozzetto, Fabio Traversa, Tiziana Pini, Enzo Cannavale |
Stasera a casa di Alice |
1990 |
Carlo Verdone |
Carlo Verdone, Ornella Muti, Yvonne Sciò, Sergio Castellitto, Cinia Leone |
Lo scrittore Mario Vargas Llosa ha tenuto un seminario di tre giorni sulla scrittura, ospite della scuola Holden di Torino. Lo scrittore Enzo Fileno Carabba ha distillato, dai tre giorni di conversazioni, una sorta di glossario di parole-chiave. Ad ogni parola corrisponde un'idea, un paradosso, uno stimolo per la riflessione. Vedrete anche come l'approccio di Llosa sia assolutamente anti-americano, aperto all'irrazionale, contrario alle regole. Però, con una estrema chiarezza su quale sia il mondo da contrapporre alle "regole". Il fatto è che per saltare oltre le regole, ci vuole un immenso talento, ci vuole una immensa inventiva, personalità, cuore, voglia di lottare, capacità di soffrire, e - in ultima analisi - del genio.
Leggi tutto: Le parole chiave della letteratura secondo Mario Vargas Llosa
L'autore di "Cent'anni di solitudine" (romanzo del 1967 del Premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez) esemplifica le sue idee. In modo un po' semplice, un po' misterioso. Usando la forma della parabola, come un narratore di grande successo venuto prima di lui, e i cui libri si stampano ancor oggi, e finiscono persino nei comodini degli alberghi. SI chiamava Gesù. Per il resto, mi sembra un resoconto molto un resoconto molto personale, ma anche molto autoreferenziale. Marquez parla di sé, dei suoi racconti, dei suoi romanzi. A voi trovarne una chiave di lettura personale, e soprattutto una utilità per voi.
Leggi tutto: Gabriel Garcia Marquez: come si scrive un racconto
"Più che insegnare a scrivere si può insegnare a non commettere degli errori. Si può spiegare, per esempio, cosa non fare quando si scrivono i dialoghi, come evitare certe incongruenze, come documentarsi sul periodo nel quale si ambienta un testo, come differenziare le voci in modo che il lettore capisca che a parlare sono personaggi diversi, come non eccedere nel differenziarle. Passare dall'errore alla creazione di un testo di qualità letteraria è impossibile, perché dipende dai talenti individuali".
Leggi tutto: Cotroneo sulla scrittura. Polemica con Ken Follett
La teoria dei tre atti prevede che ogni storia debba essere composta da tre atti principali. Nello specifico ogni racconto deve avere un inizio, uno svolgimento e una fine. È una struttura che ha origini molto antiche si ritiene che derivi dalla poetica di Aristotele, che scompose un’opera drammaturgica in tre momenti distinti. Oggi ha un largo impiego nella creazione di sceneggiature, in particolare per quelle cinematografiche, ma può essere utilizzata per scrivere un romanzo, un racconto oppure un tema.
I tre atti possono essere esemplificati così:
- Inizio, fase in cui viene presentata per la prima volta la situazione, è un incipit del racconto, vengono presentati i personaggi, il contesto e l’ambiente in cui si trovano e le loro necessità più o meno definite.
- svolgimento, durante questa fase la narrazione cambia e ha un’evoluzione, qui accadono molti eventi che permettono alla storia di proseguire e avanzare verso il terzo atto, ogni situazione va verso alla risoluzione del conflitto e alla conclusione anche se non è immediatamente chiaro. Il personaggio si trova a dover affrontare ostacoli che si pongono in contrasto con la risoluzione.
- fine, la storia giunge verso la sua conclusione, qui principalmente viene descritto il modo in cui la storia termina e come generalmente i conflitti trovano la loro conclusione.
La struttura in tre atti può essere definita anche un’architettura del racconto e ogni atto è distanziato da un altro da un punto di attacco o turn point, ovvero, il momento in cui accade qualcosa nella narrazione che cambia improvvisamente la situazione. Stravolge il mondo del protagonista o il racconto, spingendo il protagonista verso una situazione nuova che necessita di agire per trovare una soluzione. Vi sono due turn point principali nella narrazione: il turn point che porta allo sviluppo del racconto e il turn point che permette la risoluzione della narrazione.
La storia in tre atti oltre a un racconto principale è composta da altre storie definite subplots ossia storie sottostanti e che procedono parallele a quella principale, possono coinvolgere lo stesso protagonista e anche personaggi secondari e possono influenzare o meno l’andamento della trama. Esse permettono di creare una storia variegata e consentono di dare profondità alla narrazione che senza di essa potrebbe apparire come falsa e poco realistica. È importante non utilizzare però lo schema in maniera molto rigida ma può essere un modo per poter prendere spunto per lo sviluppo del racconto, ma è fondamentale sapere che chi regola veramente il racconto è l’autore.
SIX CHILDREN AND ONE GRANDFATHER
a Movie written by
Francesco MALAVENDA
Sinossi:
Il destino a volte prepara beffe a chi proprio non se le aspetta… ed al protagonista della nostra storia, uomo ricco, eccentrico, avaro e bizzarro, il destino fa uno "scherzo" che gli cambierà per sempre la vita!
David Mc Doll, Scozzese di Glasgow ma trapiantato da anni sulla Costa Azzurra, vive una agiata vita abitudinaria nella sua stupenda villa con il suo fedele maggiordomo Jean Pierre.
Le giornate passano inesorabilmente tutte uguali, con la colazione, d’estate, servita in giardino in compagnia del quotidiano preferito e d’inverno nel sala da pranzo poi verso le 9 footing, seguito in bicicletta da Jean Pierre.
Alle 11 la solita "visita" alle sue "amate" bottiglie di vino pregiato nella cantina della villa e con esse si intrattiene verificandone lo stato di conservazione, in un rapporto quasi "umano".
Alle 13,15 pranzo frugale a base di pasta al pomodoro o in alternativa riso all'inglese.… il tutto annaffiato da un vino dozzinale in tetrapak e a fine pasto mezza mela… l'altra mezza è per cena!
Alla ore 14 precise, sigaro e bicchierino di whisky Scozzese, con sottofondo musicale, dal vivo, eseguito al pianoforte dal Maggiordomo Jean Pierre che su richiesta, a volte, canta.
Ore 15, riposo pomeridiano fino alle 17,30… tassative!
Quindi visita in garage alla sua collezione di adorate “Super Car” che “saluta” una ad una recando con se un piumino per togliere qua e là, eventuali granelli di polvere.
Quindi partita a tennis al Tennis Club per poi arrivare a casa alle ore 20 precise e si siede sulla sua poltrona di pelle, di fronte alla TV per vedere le News.
Alle 20,30 cena, a base di petto di pollo alla griglia o una fetta di prosciutto e mezza mozzarella… l’altra mezza è per la sera successiva.
Poi alle 21, se c’è un buon film in TV lo guarda altrimenti legge un libro e alle 23 circa va a letto dopo che Jean Pierre gli fa bere la solita tisana rilassante.
… ma ogni fine settimana, di sabato sera, alle 18, un suo amico introdotto nell’Alta Moda, gli organizza nel suo giardino, accanto alla piscina, una sfilata con un classico finale danzante.
Alternativamente passa giornate nella sua barca di lusso, sempre in compagnia di stupende modelle.
Una mattina, mentre sta degustando la colazione, ecco arrivare Jean Pierre con in mano il cordless.
JEAN PIERRE:
“Mister David, la cerca il Notaio Stones”
David prende il telefono.
DAVID:
“Caro Paul cosa ti porta a me?… come???… una eredità???… devo passare da te per una eredità???… oggi?… alle 15… ci sarò… senz’altro!”
David passa il telefono al suo maggiordomo con espressione tra il soddisfatto e il perplesso.
DAVID:
“…un’eredità… capisci… mi hanno lasciato un eredità!… e ha detto che è cospicua … ma chi sarà mai???… avevo un zio in Argentina ricchissimo… un lontano parente di mia madre ma era così avaro!… beh… comunque, vai a preparare l’auto!… mi cambio ed andiamo!”
JEAN PIERRE:
“Avaro lui eh?.… comunque le faccio notare, Signore, che sono le dieci e trenta di mattina e che lei ha l’appuntamento alle 15 e per arrivare dal notai ci mettiamo al massimo mezz’ora!”
DAVID:
“Meglio anticipare, non si sa mai, un ingorgo, un contrattempo… e poi la devi finire di contraddirmi sempre… vuoi che ti licenzi?”
JEAN PIERRE (a mezza voce):
“lo dice sempre… da oltre trent’anni!… ma non lo fa mai… purtroppo!”
Ma poi arrivano le fatidiche ore quindici e David è già seduto alla scrivania del Notaio Stones.
DAVID:
“Allora Paul… questa eredità?… sto fremendo!”
NOTAIO STONES:
“un attimo, un attimo di pazienza… ancora trenta secondi e saranno le quindici esatte, ora di apertura del testamento… sai quanto io sia preciso… ecco… devo solo fare una piccola premessa… tu hai tre figlie, anche se non le frequenti da molti anni, ebbene, di esse non si hanno più notizie da tempo!...”
DAVID:
“…e che c’entrano le mie figlie con un’eredità?…”
NOTAIO STONES:
“aspetta e vedrai… signorina Clara, apra pure la porta!”
La segretaria del Notaio apre una porta ed entrano sei bambini che si gettano su David chiamandolo: NONNO!!!
David rimane esterefatto e bloccato ed il Notaio gli spiega che quelli sono i suoi nipoti, figlie delle sua figlie… ma le sorprese non finisco lì… pochi attimi ed ecco arrivare tre cani che si gettano affettuosamente su David ed il più grosso gli lecca la faccia…
…ma in tutto questo mi ero dimenticato di dire che David Mc Doll nella sua vita aveva sempre dichiarato la sua avversità verso bambini ed animali domestici!
Da quel giorno la vita di David subisce un drastico cambiamento, infatti i suoi nipoti ed i tre cani diventano un uragano che tutto travolge.
La casa è ben presto a soqquadro con bambini che pattinano nel salone, altri che suonano la chitarra e cantano a tutte le ore, altri ancora fanno battaglie con i cuscini… e tanto altro ancora… per non parlare di tutti gli scherzi che fanno al nonno e a Jean Pierre tanto che quest’ultimo minaccia spesso di dimettersi!
Le notti di David diventano popolate di finti fantasmi/bambini con tanto di classico lenzuolo bianco… nella piscina si troverà di tutto, da finti cadaveri a finti serpenti… e poi tutti a giocare, cani compresi, tra le preziose bottiglie di vino o simulare un “gran Premio” nel garage delle “Super Car”…
In tutto questo ci sono anche le uraganiche feste che i nipoti organizzano con una trentina di loro amici… facendo rischiare “l’infarto” a David.
I bambini coalizzati riescono a far “saltare” una serata/sfilata facendo scherzi di tutti i tipi agli ospiti ed alle modelle.
Così come pure David dovrà rinunciare alle sue “gite” in barca in quanto i nipoti riescono a sabotarne una partenza.
…ma pian piano David inizia ad affezionarsi ai bambini e a condividerne gli interessi fin anche i giochi, tornando un po’ “bambino” e meno avaro tanto da spendere molti soldi per i suoi nipoti.
David tornerà sulla sua lussuosa barca ma solo in compagnia dei suoi amati nipoti, per effettuare allegre battute di pesca
Ma l’arrivo di questi inaspettati ospiti rovina i piani “criminali” di Jean Pierre e del notaio Stones che da anni stanno tentando di “eliminare” Mc Doll per impossessarsi della sua immensa fortuna tanto che il maggiordomo, ogni sera, mette delle gocce di veleno nella tisana di David, non sapendo che questi, essendo mal fidato, fa finta di berla.
Passano i giorni e David è ormai diventato il “settimo” bambino di casa tra la disperazione del maggiordomo… ma ecco una mattina che il notaio Stones lo convoca di nuovo nel suo studio e qui David troverà una nuova inaspettata sorpresa infatti, ad aspettarlo ci saranno le sue tre figlie con i rispettivi mariti.
David rimane quasi scioccato anche nel sentire la spiegazione dell’accaduto, le sue figlie, candidamente, confessano che avendo deciso di fare una vacanza da soli, senza i bambini, e non sapendo a chi lasciare quelle “pesti” avevano deciso di inscenare la finta sparizione per affidarli a lui.
Dopo un momento quasi di arrabbiatura da parte di David, questi si mette a ridere, abbraccia le sue figlie e tutti insieme tornano alla villa…
Passano dei giorni di stupenda allegria fino a che non arriva il momento della partenza dei bambini con i rispettivi genitori e da quel attimo la tristezza inonda la casa ed il cuore di David… anche all’austero Jean Pierre scende una lacrima mentre salutano i partenti.
La vita di David non è più la stessa di prima… i bambini hanno lasciato un vuoto incolmabile… ed anche Jean Pierre ha smesso di tentare di avvelenare il suo datore di lavoro anche perché lo aveva promesso ai bambini che lo avevano scoperto e ai quali aveva confessato che non voleva uccidere il loro nonno ma “punirlo” per la sua avarizia!
Passano i giorni e Villa Mc Doll è sempre più triste fino a quando ecco arrivare un giorno una nuova convocazione da parte del Notaio Stones per una nuova eredità!
David va da lui immediatamente, pensando che non gli sarebbe importato nulla di ricevere soldi…
Il notaio lo fa sedere e poi gli espone il tutto.
NOTAIO STONES:
“Caro David, devo ammettere che ultimamente la tua vita si sta movimentando tantissimo… ebbene … tieniti forte!… Signorina Clara, apra la porta!”
La porta si apre e ne escono i sei nipoti e i cani che corrono festosi ad abbracciare David che commosso li stringe a se.
Sono tutti tornati e non chiedono altro che di vivere con il nonno!
FINE
BALLATA ROMANTICA, QUASI
Un ragazzo è assorto ad ascoltare la voce di una ragazza che canta. Quando la canzone finisce, lei lo guarda ed esce dal locale. Lui va sul palco e suona una canzone con la chitarra. Lentamente il locale sembra cambiare, alcune voci lo interrompono. Il rumore cresce e quando la luce si accende, si ritrova da solo nello stesso locale, ora, semi deserto. Finisce così di suonare, alza lo sguardo ed è per strada. Ritrova davanti a sé la ragazza del locale, ma è solo una figura tra i tanti passanti.
Una bambina lo guarda e se ne va via canticchiando la sua canzone. Lui sorride, consapevole che la musica segue un tragitto simile al nostro: sempre in viaggio per tornare a casa.
TRAMA
Una ripresa a 360 gradi e posta abbastanza in alto si muove lentamente e ci fa vedere
una stanza vuota. La porta è aperta e ad un certo punto si vede un ragazzo (Teo)
passare da una stanza all’altra.
In un collegio dove sembra tutto nella normalità, viene cresciuta amorevolmente una
ragazzina, Priscilla. Chi se ne fa carico è la Madre Superiora Carmela in quanto
responsabile dell’istituto, assieme a Suor Lucia e Suor Agnese, la perpetua. Assieme a
loro è presente un ragazzo, Teo, dal carattere molto introverso.
Da un giorno all’ altro nel convento cominciano accadere cose strane: urla, voci e
comportamenti strani e innaturali sia da parte delle suore, sia da parte di Teo, che
viene colto più volte da Priscilla mentre discute intensamente con la Madre Superiora.
Dopo varie vicende strane ed inquietanti, una notte Priscilla viene svegliata di soprassalto sentendo rumori e voci. Seguendo le voci, si reca dunque in una camera dell’istituto, dove trova le suore, assieme anche a Teo, posizionate a semicerchio. Nel mezzo della stanza è presente un cappio. Qui Priscilla scopre che tutti quanti, tranne Teo, sono in realtà delle anime che sono rimaste bloccate in quel luogo e non possono accedere al paradiso fino a quando il loro assassino, che si scopre essere la stessa Priscilla, non morirà di vecchiaia o non deciderà di togliersi la vita spontaneamente. Durante la conversazione Teo chiama la Madre Superiora “Zia”.
Mentre Priscilla ascolta, si vedono dei flashback inerenti al suo passato:
Vediamo una bambina di 7/8 anni orfana di madre, ad occuparsene da quel momento è il padre Federico. A causa della perdita della madre, la bambina rimane scioccata e inizia ad avere dei seri problemi. Il padre Federico solo non riesce né a capirla, né a gestirla e, anche per problemi di lavoro, decide affidarla ad un collegio. Priscilla però, accettando soltanto il tipo di amore che le dava sua madre, vede nelle gestrici del collegio soltanto i loro aspetti più negativi, cominciando così a provare per loro del vero e proprio odio. Priscilla in ogni caso trascorre gli anni successivi all’interno dell’istituto, parlando molte volte nella sua testa con sua madre.
Un giorno, mentre Priscilla è assieme a Suor Agnese, non sente più la voce della madre e, agitandosi e divincolandosi, spinge la suora giù dalle scale. Impaurita va a chiamare le altre suore, dicendo che tutto sia stato un incidente ma Suor Agnese muore. Non sentendo più la voce della madre, Priscilla, nella sua testa, incolpa le suore di avergliela portata via. Quella notte, completamente fuori di sé, si alza dal letto, va a prendere un coltello in cucina e nel sonno uccide le suore che lei riteneva responsabili della “sparizione” della madre.
Dopo questo massacro, Sofia venne rinchiusa in un ospedale psichiatrico per alcuni anni. Un giorno però (probabilmente grazie a Teo camuffato da dottore o da guardia dell’ospedale) riesce a fuggire e di sua spontanea volontà ritorna nel collegio (che ormai era stato abbandonato), nel quale sono intrappolate le anime delle suore.
Nel presente le anime vogliono spingere Priscilla ad impiccarsi, dicendole anche che così potrà ricongiungersi con la madre. Anche Teo la vuole spingere a compiere questo gesto in quanto vuole che sua zia, alla quale era molto legato, riposi finalmente in pace. Priscilla dunque avanza e sale sopra una sedia posta sotto in cappio.
NOTA: - Puoi decidere Teo vede e sente solo sua Zia oppure no (secondo me sarebbe più
interessante e in base a questo ci puoi costruire delle vicende inquietanti)
SINOSSI
Il piccolo Giovanni (sei anni) non riesce ad avere la necessaria attenzione dai genitori, troppo presi dalle loro attività. Gli anziani, con la loro preziosa disponibilità di tempo e disponibilità all'ascolto, sono l'anello di congiunzione tra le due generazioni che non si parlano. L'esempio di una bambina che torna a casa con una nonna disponibile e attenta a suoi bisogni sottolinea la solitudine di Giovanni. Un magico colpo di vento gli fa volare tra le mani un volantino che lo porterà in un forno alla ricerca di abbracci... Una anziana volontaria, agli occhi di Giovanni una magica fatina, lo accompagnerà al lieto fine.
Sottocategorie
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Bisogna leggere per conoscere tutte le realtà che ci circondano ma che non ci toccano direttamente o di cui abbiamo solo una vaga idea.
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