I video maker devono soffermarsi su tutte quelle opere che raccontano qualcosa, qualunque sia il linguaggio utilizzato, quindi opere di scrittori, poeti, registi che hanno filmato storie loro, fotografi, pittori e scultori e architetti, tutti insomma quegli artisti che “ hanno cose da dire “. Gli aspiranti registi dovrebbero imparare a risalire dalle storie alle idee che ne sono alla base, discutere sulle idee, discutere sulle storie. Formarsi una cultura delle idee e delle storie che possono esprimerle. Se questa fase di autoformazione è carente, il rischio è grave. I registi continueranno ad andare alla ricerca di idee e di storie altrui. E c’è un rischio ancora più grave. Un regista non abituato a risalire dalla storia all’idea, abituato invece a soffermarsi alle vicende, alla trama, può non comprendere e travisare per esempio un romanzo. Una cosa del genere è accaduta, ne sono stato osservatore impossibilitato a intervenire. E’ accaduto che non venisse colto il senso di un racconto proprio di un autore noto per essere un indagatore dell’animo umano. Una buona cultura di base avrebbe potuto mettere in guardia il regista che si apprestava a realizzare un film da quel racconto e gli avrebbe evitato di ridurre una storia di profonda introspezione psicologica a una vicenda senza spessore.
Andare alla ricerca di film che hanno un’idea forte. Mi riferisco al grande cinema. Il contatto con questo cinema è più facile, i film delle case produttrici sono a portata di sguardo. Conviene frequentare le sale, si impara dal bene e dal male.
Avevo sentito parlare di un film “da vedere” e l’altra sera l’ho visto. Gli Acchiappafilm ( Be Kind Rewind, 2008 ) scritto e diretto da Michel Gondry. Fa al caso mio perché in sostanza parla di video maker. Sposta l’attenzione dal cinema al fare cinema. A chi piace raccontare c’è qualcosa che può piacergli di più del semplice narrare una storia? Sì. Il narrare una storia interpretandola. Inventare i personaggi e realizzarli con la propria persona. Vivere insomma la storia che si è fantasticata. E che succede se si coinvolge un intero quartiere?
Michel Gondry ci racconta la storia di due giovani sconclusionati che si improvvisano video maker per rimediare a un danno. Uno dei due è commesso in una videoteca, il cui proprietario, al momento assente, ha perso l’entusiasmo per il lavoro perché le videocassette non vanno più e perché è imminente uno sfratto per demolizione del palazzo che lo ospita. L’altro giovane, che per un incidente è rimasto “magnetizzato” e non lo sa, involontariamente smagnetizza tutte le videocassette. Se ne accorgono perché la gente riporta indietro le cassette senza più film e rivuole i soldi. Una ragazza, a cui tengono, vuole il film Gli acchiappafantasmi. Ma anche questo è smagnetizzato. E così hanno un’idea brillante! Rifare un corto in quattro e quattr’otto copiando alla meglio questo film… E il giorno dopo glielo consegnano. Il film è esilarante, assurdo, pazzo e hanno successo. Sono costretti a rifare tutti i film della videoteca, classici, celebri, di successo. E coinvolgono altre persone. Più i film sono demenziali, più hanno successo. Perché sono girati lì, tra quelle case, quella gente. E perché sono tutti comunque divertenti.
La videoteca rivive affittando semplicemente a un dollaro questi film, pazzi remake di capolavori. Il proprietario, al ritorno, può riprendersi dallo scoramento. Ma un tale successo disturba chi detiene il potere culturale ed economico. Sono accusati di plagio e tutte le video cassette finiscono sotto una macchina schiacciasassi.
La gente del quartiere non ci sta, rivuole i film. O meglio vuole che il gruppo si rimetta a fare film. E c’è una storia, completamente inventata dal proprietario della videoteca per incantare il commesso quando era bambino. La storia di un cantante che era vissuto in quel quartiere e che era diventato famoso, una leggenda! Il proprietario deve avvisare che è completamente inventata. Meglio! Si urla da più parti. Ognuno di noi inventerà un personaggio della propria storia familiare. Sarà una nostra storia!
Il film si gira, tutto il quartiere partecipa. E quando è terminato, si proietta in piazza e c’è tanta altra gente, persino coloro che devono demolire il palazzo, i quali con le lacrime agli occhi per le risate non possono che prendere atto della situazione e fare marcia indietro sulle loro decisioni.
La formazione del regista deve partire dallo stimolare e sviluppare la capacità di pensare e scrivere soggetti. Fare da soli è possibile solo se c’è consapevolezza di ciò che ci occorre. Faccio un esempio e prendo me stesso. Io so che non sono un video maker completamente autonomo. Per fare i miei film ho bisogno del fotografo del cinema ( cinematographer ), il direttore della fotografia per intenderci. Non sono nelle condizioni per poter apprendere un uso abile della videocamera. E dunque a me i film costano di più. E l’eventuale merito lo condivido con il fotografo. Ora se non avessi questa consapevolezza e fossi presuntuoso e convinto che per fare un film basta un’idea e una storia valida…farei da me e da solo il film ma… con che risultato?
Così molti giovani pensano che per diventare registi basta imparare a usare la videocamera. Imparano, anche ad usarla bene, fanno un film, ma… con che risultato?
Consapevolezza dei limiti, soluzione per superarli. E la crescita come registi può essere autogestita.