Folgorata! Ho visto “Mi chiamo Sam” (un film di Jessie Nelson del 2001, interpretato da Sean Penn e Michelle Pfeiffer). Bello, commovente. Colorato e triste. Pieno di vita come di drammaticità. Lineare e controverso. Dolce e nervoso.

Non può lasciare indifferenti, non credo. Ti butta addosso talmente tante emozioni e tante sfumature che non puoi non captarne almeno una, e rifletterci.

Sam è un padre ritardato, che cresce da solo una figlia senza problemi fino a quando questa compie 7 anni e, gli assistenti sociali, le persone “che sanno”, decidono di strappargliela perché “certificano” che la sua età mentale, nonostante sia un adulto, é ferma ai 7 anni. Come quella della figlia. Da quel momento inizia un percorso travagliato, confuso e crudele che porta alla separazione di Lucy, la bellissima e intelligentissima Lucy, e di Sam (interpretato da Sean Penn)

Per proteggere il suo papà, Lucy alterna momenti di grande saggezza e maturità a momenti di rifiuto verso l’apprendimento di cose nuove, per non sentirsi più grande e più capace di lui.

Si potrà pensare che è la solita “americanata”, ma questo non preclude il fatto che ci metta di fronte a situazioni che esistono e che viviamo, più o meno da protagonisti.

E’ un film allegro e strappalacrime al tempo stesso. Allegro perché Sam non è solo, lavora, ed è circondato da amici gioiosi. Quattro amici come lui, uno diverso dall’altro, con caratteristiche ben distinte, che fanno sorridere. Sono persone colorate, che fanno sorridere in ogni momento della storia. Non per la loro condizione, ma per il loro modo di comportarsi, che potrebbe essere benissimo quello di tante altre persone. Ovvio, che certi lati siano calcati (e forse già questo ci spinge ad una certa reazione) ma questi aspetti si possono trovare in chiunque.

C’è quello sempre serio, diffidente e accigliato che, per qualsiasi cosa dice “lo sapevo che andava a finire così”, quello appassionato di cinema che ricorda a memoria battute e film, quello saggio, che dispensa consigli e verdetti e quello silenzioso e dolce, sempre dal sorriso aperto.

Dall’altra parte, nella vita “reale”, c’è l’avvocato Harrison, interpretato da Michelle Pfeiffer, tutto ricchezza, potere, affermazione ed…egoismo.

Naturale che, per insegnarci la lezione, i due mondi si incontrino, e che ci facciano scontrare con il cosiddetto buon senso. Abbiamo il diritto di decidere per la vita degli altri “solo” perché sono “diversi”? Dobbiamo per forza misurare tutta la nostra vita con il metro delle etichette e dei luoghi comuni o possiamo lasciarci andare, eccezionalmente, e far parlare i sentimenti? Cosa avremmo fatto noi al posto di Lucy, Sam, dell’avvocato Harrison, del pubblico ministero? Avremmo lottato? Da che parte avremmo guardato la vicenda?

Mi metto in prima persona: non credo sia facile pensare alla soluzione. E’ molto facile invece, lasciarsi guidare dalla legge, dal giusto o sbagliato, dal concesso e dal proibito.

“Mi chiamo Sam” fa pensare. Fa pensare che non perché si è down o autistici o chissà cos’altro, non si possa amare e…..insegnare. Potrà sembrare banale, certo, l’avvocato di grido, apparentemente soddisfatto, ma in realtà frustrato, che impara i valori più semplici dalla persona “diversa”.

E mi metto ancora in prima linea. Quando ho cominciato l’avventura con l’A.G.b.D, quasi tre anni fa, ero molto incerta, volevo fare qualcosa (per gli altri? Per me?), volevo provare con i down, pensando che fossero quelle facce tristi ed impersonali che vedi, a volte, per strada.Mi sono ricreduta subito. Già dalla prima festa sono tornata a casa stanchissima, ma contenta, soddisfatta. Mi sono divertita con loro, semplicemente stando assieme, ballando, giocando.

E non è cosa da poco. Come non lo è il fatto che, grazie al mio super-allievo Diego, possa misurarmi con i miei limiti e scoprire che….la pazienza non è una mia virtù! E qui i due piatti della bilancia restano allo stesso piano: Diego (che credo mi consideri tanto quanto Heidi considerava la signorina Rottermeier) impara un po’ di più l’inglese o il tedesco…io imparo ad avere pazienza (non sempre però) e a non fare la solita maestrina.

E non è vero che sono tutti uguali. C’è chi ti è più simpatico e chi meno o chi parla tanto e chi sta zitto. Il lato che io considero sorprendentemente bello è che ti fanno ridere, nella loro ingenuità come nel loro voler essere consapevolmente spiritosi.

Ieri sono andata da Diego; abbiamo ripassato gli articoli determinativi tedeschi al nominativo e accusativo. Santi casi, non volevano uscirgli dalla testa e neanche dalla bocca. Esauriti i modi che potessero aiutarlo a capire la differenza, alla fine gli ho chiesto “allora cos’è il nominativo? E l’accusativo?”. La risposta, nella sua disarmante semplicità, mi ha fatta abbassare la guardia e….sorridere! “Allora, il nominativo è quello che……da il nome e l’accusativo quello che……accusa!”

Mi viene in mente anche “un” Massimo Garuti che, puntandogli la pistola d’aria compressa in faccia, fa finta di essere in moto con il vento che gli passa tra i capelli oppure quando domenica, allo stadio, ha preso il berretto a Massimone e me l’ ha nascosto in fretta in mezzo ai piedi per fargli uno scherzo.

Ecco perché, guardando il film, ci si interroga. Perché si capisce che anche se le persone sono “diverse” possono avere una vita e imparare qualcosa e insegnare qualcosa.

Non sono mamma, ma posso capire comunque, il disorientamento nell’accettare un figlio così; credo sia un percorso lungo e difficile. A volte, sinceramente, non è facile neanche per noi volontari; bisogna avere la famosa pazienza, polso, costanza ed energia.

Bisogna riconoscere però, che se stiamo con i nostri ragazzi, vuol dire che cerchiamo di non cadere nell’errore di etichettarli o di voler decidere al posto loro. E’ giusto che si creino un’identità, come Sam, per quanto difficile, l’ ha costruita nel suo ruolo paterno.E sarebbe un passo importante che qualche volta (noi) saggi, normali, ci mettessimo davanti allo specchio, a pensare (e cito le parole di un articolo) “ e se loro ci vedessero portatori di niente, o diversamente imbecilli?”

2024 albero su mare v1 1200

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