La comunicazione

Gli esseri umani comunicano tra loro nelle più svariate forme e per i più diversi motivi. Ad esempio si scambiano parole per informare, gesticolano per salutare, utilizzano segnali per avvisare, producono musica per intrattenere… Ogni tipologia di comunicazione ha le sue caratteristiche, ma tutte possono essere ricondotte in ultima analisi ad un sistema che contiene, tra gli altri, tre elementi: l’emittente, il messaggio, il destinatario. Uno studente (emittente) dice ad un suo compagno (destinatario) che l’indomani non ci sarà lezione (messaggio); oppure: un pittore (emittente) espone per il pubblico di una mostra (destinatario) una sua opera (messaggio); e ancora: la radio (emittente) diffonde agli ascoltatori (destinatario) le previsioni del tempo (messaggio). 

La narrazione

Anche la narrazione è una forma di comunicazione: un ragazzo (emittente) racconta agli amici (destinatario) una barzelletta (messaggio); uno scrittore (emittente) scrive un romanzo (messaggio) per i suoi lettori (destinatario); una rete tv (emittente) trasmette un film (messaggio) per gli spettatori (destinatario).  

Ciò che distingue una narrazione dal resto delle comunicazioni (che possono essere denominate  “non narrative”) è la particolare forma che assume il messaggio. La barzelletta, il romanzo, il film posseggono, tra tutte le tipologie di messaggi, una caratteristica unica: l'esistenza necessaria e contestuale di eventi e personaggi. Nessuna barzelletta divertirebbe se si limitasse a descrivere gli eventi rinunciando a tratteggiare chi ne è protagonista. Film, romanzi, programmi tv raccontano una serie di fatti che sono vissuti da persone ben caratterizzate. Può esistere una narrazione senza eventi? No, perché descriverebbe solo i personaggi, limitandosi unicamente ai loro connotati psicologici e fisici: una sorta di affresco, immobile, senza azione. Può esistere una narrazione di eventi senza personaggi? No, perché sarebbe solo una fredda cronologia. É soltanto la combinazione di eventi e personaggi che dà vita ad una narrazione. Le altre tipologie di messaggi sono costituite invece da dati, informazioni, descrizioni… e gli eventi e i personaggi eventualmente presenti non sono strettamente legati tra loro. Una discussione politica, un segnale stradale, un saluto, non sono narrazioni. Uno stesso tema può essere oggetto di una comunicazione narrativa o di una non narrativa. Ad esempio:

"Per farmi passare la bronchite il medico mi ha dato degli antibiotici da prendere per sei giorni". E' una comunicazione non narrativa, diversamente da:

"Oggi sono andato dal dottore per la bronchite. Hai presente: è uno che non alza nemmeno la testa dal tavolo. Gli ho detto di farmi la ricetta per gli antibiotici. Lui ha farfugliato qualcosa e ha scritto quello che gli dicevo. E' una comunicazione narrativa". Ci sono due personaggi che interagiscono e un evento: una piccola storiella. 

Definiamo dunque la narrazione come una forma di comunicazione il cui messaggio, che denominiamo racconto, è costituito da un insieme di eventi concatenati e correlati ad uno o più personaggi

La narrazione, come molte modalità di comunicazione, può avvalersi di diversi linguaggi. 

Uno stesso racconto può essere narrato attraverso diversi linguaggi: eventi e personaggi sono identici, ma li si può ritrovare in un film, in un fumetto, o in un programma radio: cambia solo il veicolo sul quale sale. Il dramma di Romeo e Giulietta è stato rappresentato a teatro da Shakesperare, adattato al cinema da decine di film, trasposto in balletto da Prokofiev, adattato al fumetto da Gianni De Luca. Ogni volta che cambia veicolo, il racconto deve adattarsi al diverso linguaggio. Ciò comporta inevitabilmente delle trasformazioni, ma non esiste alcuna storia che non possa essere raccontata da un linguaggio narrativo. Non tutti i linguaggi infatti si prestano per la narrazione. I linguaggi della pittura, della fotografia, della poesia, ad esempio, possono essere narrativi, ma il più delle volte sono evocativi. Parlano raramente attraverso storie, personaggi ed eventi tra loro strettamente intrecciati. La narrazione invece è sempre esplicita e deve servirsi di linguaggi che assicurino una chiara esposizione della storia.

Narrazione e linguaggio cinetelevisivo

Il linguaggio che universamente gode di maggior successo quando si tratta di narrare è quello cinetelevisivo. Gli spettatori di un film ad esempio sono sempre inesorabilmente superiori al numero dei lettori del romanzo da cui il film è stato tratto. La storia è la stessa, ma la massa del pubblico preferisce vederla al cinema o in tv. Definiamo pertanto narrazione cinetelevisiva, ogni concatenazione di eventi e personaggi raccontata con il linguaggio cinetelevisivo.

Il linguaggio cinetelevisivo è naturalmente narrativo. La lingua parlata e scritta può essere usata per pregare, elencare, incitare, non solo per raccontare. Il linguaggio cinetelevisivo invece si è costituito solo per raccontare qualcosa a qualcuno. O è così o non è. Se filmiamo un evento senza creare un racconto, il girato potrà essere conservato come archivio e memoria, ma nessuno lo vedrà mai come "pubblico", sarà qualcosa di simile alla registrazione di una telecamera di sicurezza.

Persino l'informazione, passando attraverso il linguaggio cinetelevisivo, diventa narrazione. Il telegiornale presenta una o più persone che raccontano storie fatte di eventi e personaggi. Queste storie possono essere vere o false oppure distorte, non ha importanza in questa sede. Fatto sta che qualsiasi TG deve organizzare la notizia come se fosse un racconto. Nei programmi di varietà televisiva sono gli stessi presentatori a farsi personaggi: sono scelti per disporre di un insieme di caratteristiche pubbliche che li rende credibili per quel certo tipo di trasmissione. Gli autori studiano come questo personaggio deve comportarsi, quello che deve dire, come deve vestirsi e truccarsi. Poi redigono la scaletta degli eventi che si svolgono sotto gli occhi dello spettatore, magari facendo entrare in scena altri personaggi secondari, gli "ospiti". Anche nelle cronache sportive televisive la tendenza è sempre quella di creare il personaggio ed enfatizzare l'evento. Un documentario naturalistico sui ghepardi, seguirà uno solo di loro, gli darà un nome, racconterà le sue avventure, cioè cercherà di articolare una storia, anche se nella realtà per costruire quel filmato sono stati ripresi diversi ghepardi in diversi momenti e luoghi. 

Il ruolo della narrazione nelle opere cinetelevisive

Si è portati a pensare che il prodotto cinetelevisivo sia, in ultima analisi, un insieme di immagini e suoni. Nella realtà è soprattutto narrazione. Non è un caso se la progettazione della narrazione, dal punto di vista produttivo, viene prima della ripresa filmata: tutte le opere cinetelevisive sono precedute da un lavoro di scrittura chiamato fase letteraria. Esso parte sempre da idee base che si arricchiscono successivamente di dettagli sino a costituire la tela, più o meno precisa secondo la tipologia dell'opera, che reggerà la successiva fase produttiva. Il lavoro letterario costituisce sempre la percentuale maggioritaria del tempo dedicato alla realizzazione di un'opera: la sceneggiatura di un film viene elaborata mediamente nel corso di un anno, le riprese invece possono risolversi in due mesi; l'edizione di un telegiornale di venti minuti, del resto, è preceduta da ore di scrittura a più mani. La fase letteraria serve a mettere a fuoco la narrazione, in tutti i suoi aspetti. Le immagini e i suoni intervengono successivamente, sono la realizzazione di ciò che prima è stato pensato, dibattuto, scritto e riscritto. Una volta che l'opera è conclusa essa appare costituita solo da immagini e da suoni, nella realtà essa sta in piedi perché vi è, in filigrana, una trama narrativa che regge tutto. 

Forme discorsive e forme drammaturgiche della narrazione cinetelevisiva

La narrazione cinetelevisiva si articola in due tipologie di opere: quelle discorsive e quelle drammaturgiche. Le opere discorsive sono caratterizzate dalla presenza di uno o più narratori che si rivolgono direttamente al pubblico per raccontare o presentare la storia. Questa modalità suona assai familiare agli spettatori perché richiama la piccola narrazione, quella in cui chiunque può prendere l'iniziativa di raccontare qualcosa a qualcuno: un aneddoto, una barzelletta, un accadimento. Ma è stata anche l'antica forma della grande narrazione, quando le mitologie erano trasmesse oralmente e non attraverso i libri. Si tratta di opere che possono essere presenti sia al cinema, attraverso i documentari, sia alla televisione con i telegiornali, i talk show, i varietà musicali, i programmi sportivi, i reportage, ecc. 

Le opere drammaturgiche sono caratterizzate invece dalla rappresentazione di una storia. Anche questa modalità è familiare al pubblico perché recitare e mettere in scena fanno parte del repertorio dei giochi infantili ma anche delle tradizioni più ancestrali. Le opere cinetelevisive che si presentano in questa forma comprendono i film di vario metraggio e varia tipologia (dai lungometraggi ai corti, dalla serie tv alla telenovela). 

Denomineremo le forme drammaturgiche della narrazione cinetelevisiva fiction, e quelle discorsive non fiction. Sia l'una che l'altra sono costituite da personaggi ed eventi, ma nelle prime i personaggi sono gli attori, e si relazionano tra loro di fronte ad un pubblico che ha il ruolo di osservatore esterno, nelle seconde i personaggi sono narratori (presentatori, giornalisti, esperti, ecc. presenti anche solo con la voce) e si rivolgono direttamente al pubblico come interlocutore muto; per quanto riguarda gli eventi, nelle fiction essi sono rappresentati, nelle non fiction sono raccontati oppure mostrati. Una news che visualizza un giornalista sul luogo di un disastro e che informa su quanto è appena accaduto, dà vita ad un'opera non fiction. Un film dove un attore recita la parte di un giornalista che parla sul luogo di un disastro ricostruito, è fiction. Nelle popolazioni cosiddette primitive gli uomini raccontavano intorno al fuoco le avventure vissute durante una battuta di caccia: era narrazione non fiction; la stessa storia raccontata attraverso ruoli in cui uno "faceva la parte" del cacciatore e l'altro quella dell'animale cacciato, costituiva il passaggio dal racconto orale alla sua rappresentazione, cioé alla sua drammatizzazione. Era fiction. La drammatizzazione è basata sulla convenzione, tacitamente concordata tra attori e pubblico, che tutti devono fingere che gli eventi raccontati stiano accadendo in quel momento, davanti agli occhi degli spettatori.

Tra i due poli, drammaturgico e discorsivo, vi sono numerose possibilità di ibridazione. Nei documentari spesso alcune situazioni vengono ricostruite, si chiede cioé ai protagonisti di ripetere qualcosa che è accaduto fingendo che sia l'originale. Del resto abbondano i film dove interviene anche del materiale documentario di repertorio. Anche uno spot interamente costruito su una fiction contiene comunque quasi sempre una parte, come minimo grafica, in cui un narratore, anche se virtuale, si rivolge direttamente al pubblico.

di Michele Corsi per cinescuola.it

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