Seguito della: Comunicazione visiva parte 1
Capitolo VI
Effetti, Distorsioni, Illusioni
Gioco illusorio del trompe-l’oeil implicato a restituire all’osservatore la sensazione verosimile di una terza dimensione oltre la superficie pittorica.
Nell’elaborazione creativa alcune figure strutturate su elementi di per sé ambigui (come il rombo, il trapezio, l’ellissi e il parallelogrammo) sono utilizzate per creare ulteriori illusioni che coinvolgono la forma, lo spazio, la luce, il colore e il movimento, ecc… perché possono assumere e creare effetti tridimensionali, rendendo visibili solidi con orientamenti spaziali variabili.
Configurazioni geometriche costituite da figure combinate fra loro danno luogo a percezioni distorte o falsate di forma e grandezza, distanza e direzione.
Le illusioni ottiche sono perlopiù errori di percezione elaborati da una forzatura del nostro sistema di visione.
- Illusione di Wundt: il nostro sistema visivo tenda ad ingannarci sulla considerazione della reale dimenzione delle forme: se infatti tracciamo due segmenti di uguale lunghezza in modo che uno si unisca perpendicolarmente al centro dell’altro, si noterà che il segmento spezzato apparirà più corto rispetto all’altro. Questo perché l’occhio conferisce maggiore valore e quindi maggiore lunghezza alle linee unite e non a quelle che presentano interruzioni.
- Illusione di Poggendorff: una retta che incontra due linee parallele perde l’effetto di allineamento se viene a mancare il tratto interno a queste.
- Illusione di Mach: ossia la tendenza all’inversione di profondità che assume la figura costituita da due parallelogrammi aventi un alto in comune. Questa illusione dimosta che la prospettiva di certi oggetti della realtà può creare effetti di rovesciamento.
- Illusione di Hering: dimostra che due linee parallele non appaiono più tali ma incurvate se relazionate a un contesto di linee irradiantesi da un centro.
- Illusione di Muller-Lyer: le punte di una freccia, agli estremi di un segmento, inducono una percezione falsa della reale lunghezza del segmento: lo spazio creato dal segmento si espande o si contrae a seconda della direzione delle frecce.
- Illusione di Kundt: un errore di valutazione molto diffuso è quello secondo cui le diagonali uguali di due parallelogrammi contigui possono apparire di diversa lunghezza.
- Illusione di Ebbinghaus: dimostra che un cerchio circondato da cerchi di diametro maggiore appare più piccolo dello stesso cerchio circondato da cerchi di diametro minore (effetto condizionato dal confronto).
- Illusione di Ponzo: se il sistema della geometria piana interferisce con quello prospettico ciò produce distorsioni visive in cui il meccanismo percettivo tenta di mantenere dimensione costante per oggetti simili posti a distanze differenti (pag 90).
- Illusione di Zollner: dimostra come a causa dell’influenza degli angoli inseriti in una struttura modulare venga a manifestarsi una distorsione illusiva sulle linee diagonali, il cui parallelismo risulta percettivamente alterato.
- Illusione di Giovannelli: distorsione percettiva provocata da una serie di piccoli segmenti o di punti allineati equidistanti che non appaiono più tali se essi vengono inseriti in altrettante figure geometriche disposte disordinatamente (apparente movimento ondulatorio).
- Distorsioni di Fraser: una lieve differenza di rapporto tra figura e sfondo è sufficiente a produrre esiti visivi diversi (dai quali traspare l’illusione di cerchi deformati, o di una spirale alterata o di una spirale regolare). Se poi gli elementi in gioco sono due strutture geometriche sovrapposte e con caratteristiche simili allora si ottiene l’effetto moiré, ossia striato, prodotto dall’intererenza delle due geometrie.
- Illusione di McKay: in una figura con raggi (che vanno verso il centro) l’effetto di disturbo è generato dall’eccedenza degli elementi che produce un alone scintillante di natura illusoria.
- Illusione dei contorni e delle aree anomale: l’apparire di forme e margini geometricamente inesistenti produce effetti ottici di particolare rilievo nella progettazione grafica, evidenziando forme pregnanti ricche di significato. La pregnanza della forma permette di assegnare valore comunicativo a forme geometricamente incomplete (pag 97). Le aree illusorie nascono in virtù dell’intervento costruttivo dell’atto della percezione.
- Illusione di Kai von Fieandt: detta anche illusione del cratere, dimostra come la percezione della profondità dal concavo al convesso sia dipendente dalla direzione della luce.
Una particolare situazione illusoria è costituita dalla post-immagine, ossia da quella reazione del sistema visivo alla fissazione oculare capace di provocare una risposta fantasma, ossia una proiezione, nel campo visivo, di un’immagine proveniente dal cervello, quindi inesistente nella realtà oggettiva.
Diverse illusioni sono provocate dalla percezione di un movimento apparente degli elementi del campo: pulsazioni e oscillazioni sono il risultato dinamico di alcuni artifici grafici stabili che generano una reazione di instabilità traducibile come impressione di movimento.
Si possono distinguere 4 tipi di movimento apparente:
- le immagini consecutive: fenomeno psico-fisiologico per cui dopo aver osservato per un certo tempo un movimento reale continuo e spostando poi lo sguardo su un oggetto immobile, si ha la sensazione che quest’ultimo si muova nella direzione opposta a quella dell’oggetto precedentemente fissato.
- i movimenti indotti: riguardano l’illusoria mobilità di un oggetto in realtà immobile, provocata dallo spostamento di un altro oggetto col quale è in relazione.
- gli effetti autocinetici: sono costituiti dall’effetto di movimento causato dalla fissazione di un punto luminoso e immobile in uno spazio buio.
- il movimento stroboscopico: dato dall’osservazione di elementi immobili spazialmente distintivi che compaiono in successione, costituendo una sequenza apparentemente dinamica di stimolazioni singolarmente statiche (insegne luminose aeroportuali).
Wertheimer partendo dal principio che la stimolazione retinica tende a persistere per un istante, dimostrò che la sequenza di stimoli crea una forma coerente nella dimensione temporale, poiché il fenomeno ha luogo quando si viene a creare una concatenazione visiva tra le forme.
Nel cinema di animazione sono state individuate altre tipologie di movimento virtuale:
- la deformazione della figura: data da mutamenti di una forma rispetto alla successiva;
- la posizione e dimensione della figura: date da mutamenti sulla forma e sulla distanza fra le due immagini per cui la figura si sposta deformandosi;
- la dilatazione e la contrazione della figura: date da una notevole differenza di grandezze delle due forme presentate in successione.
Capitolo VII
Figure anfibiologiche e Oggetti impossibili
Il sistema visivo si trova spesso di fronte a situazioni reali e grafiche di ambiguità e non riuscendo a comunicare una simultaneità di significati distinti al cervello lascia a quest’ultimo la facoltà di decidere per l’una o l’altra soluzione.
Questo processo è definito “multistabilità della percezione”:è come se l’oggetto e il suo sfondo invertissero i propri ruoli oppure come se la forma stessa dell’oggetto fosse reversibile o contenesse un’altra forma (es. vaso reversibile con i profili del re e della regina).
La multistabilità si attua fra la realtà oggettiva degli elementi del campo visivo e la qualità spontanea della percezione, la quale può generare figure distinte, a volte antagoniste per orientamento o per significato.
E’ il caso di esempi come “il papero-coniglio” o “l’uomo-topo”: è come se una forma ne imprigionasse un’altra, nascosta ma viva; le due immagini convivono graficamente ma compaiono alla percezione visiva solamente una alla volta in modo distinto ed univoco.
Questo tipo di duplicità tivela quindi che in un’immagine possono essere presenti più concetti e nei meccanismi percettivi hanno la caratteristica di apparire alternativamente, secondo il principio di mulistabilità proprio della fissazione nell’osservatore.
Quindi il segno grafico diviene un potenziale strumento di illusione al di là della pura rappresentazione della forma.
Esempi: “Cubo di Necker”, “Scala di Schoder” e “Figura di Thiéry” o la figura dell’essagono con i raggi interni nella quale si vede anche un cubo assonometrico.
Nel campo delle figure anfibiologiche, antagoniste o impossibile, ambigue o equivoche, reversibili o instabili, è quindi possibile trovare una ricca fonte di creatività, soprattutto quando il segno grafico vuole esprimere dinamicità o evocare molteplici significati.
Gli oggetti impossibili
Rovesciando la profondità e la direzione e stravolgendo il concetto di razionalità della struttura era possibile rendere ambigua e inafferrabile la forma di una figura.
L’ambiguità deriva dalla contraddizione fra collegamenti che si escludono ma che trovano nell’artificio grafico una verità contradditoria.
Nel 1934 Oscar Reutersvard elaborò un disegno a colori con nove cubi disposti in una situzione spaziale equivoca, inaccettabile dal punto di vista di un contesto concreto e oggettivo, ma apparentemente logica (fig. pag. 107).
Questo segnò l’inizio di una nuova avventura nella comunicazione visiva che si può definire “l’estetica dell’errore”.
Nel 1958 i fratelli Penrose crearono il “tribarra” un triangolo impossibile sempre però con una logica coerente. Cercarono anche di costruirlo ma fu impossibile perché esiste un solo punto di vista corretto per poter osservare la figura e mantenere l’effetto di illusione.
Il fascino estetico di queste forme impossibili sta proprio nella loro capacità di attivare percorsi visivi labirintici nei quali il continuo cambio di direzione costringe l’immaginazione ad accettare la forma della figura.
Dal tribarra Bruno Ernst analizzando la continuità, la sovrapposizione, il collegamento e la direzione delle superfici, arrivò alla conclusione che si potevano creare anche figure a quattro o più travi.
Zenon Kulpa propone la costruzione a una trave e mezza, dissolvendo la parte laterale di una trave nella sua ombra, che coincide con una seconda trave nella quale si annulla.
La caratteristica fondamentale che accomuna gli oggetti impossibili è quella di essere figure progettabili dal punto di vista grafico ma irrealizzabili a tre dimensioni.
Maurits Cornelis Escher
Le opere di Escher (olandese) sono fondate sulla ricerca di nuove dimensioni spaziali e sull’invenzione di mondi impossibili.
Manipolando le leggi della percezione visiva egli inventa espedienti ottici, prospettive illogiche, errori di statica e fisica, attratto dalle forme che oscillano tra materiale e immateriale.
Escher si trovò indubbiamente suggestionato dagli studi sul rapporto figura-sfondo pubblicati da Edgar Rubin e dalle ricerche di Kurt Koffka .
Nel 1937 appare la sua “Metamorfosi”, una xilografica che rappresenta la graduale trasformazione di una cittadina, attraverso una serie di cuboidi, in un pupazzo cinese: l’illusione si attua dalla raffigurazione tridimensionale a quella bidimensionale.
La contraddizione è essenziale nell’opera di Escher in quanto dimostra la relatività dell’esistenza, sovvertendo le regole della prospettiva a favore di connessioni incredibili fra spazi opposti.
La logica apparente è meticolosamente costrita su accorgimenti, trucchi e artifici grafici al fine di ottenere un coinvolgimento percettivo.
L’ambiguità figura-sfondo la ritroviamo anche nella litografia “rettili” in cui lucertole prigioniere della struttura grafica si divincolano fino ad uscire illusoriamente sul piano, come partorite dalla carta.
Nelle sue più famose xilografie “Cielo e acqua” e “Giorno e notte” troviamo la multistabilità percettiva nel passaggio dalla figura allo sfondo e viceversa.
Nella litografia “Su e giù” adotta nuove teorie prospettiche facendo convergere le verticali verso lo zenit e il nadir e curvando le stesse per meglio rappresentare la percezione spaziale.
La parte fondamentale è il punto centrale della composizione che è il risultato della coincidenza dello zenit, come punto di fuga della parte inferiore, e il nadir, punto di fuga della parte superiore.
Con la fusione dei due blocchi spaziali Escher ha voluto portare il movimento del punto di osservazione nell’ambiente, ossia la pluridirezionalità prospettica mediante la quale uno stesso ambiente è visto in una successione temporale brevissima.
Escher sostiene che nessuno può tracciare una l