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“Il guerriero” è una storia di sogni, di lotte, di rivolte, che racconta il volto introspettivo ed esistenziale, irrequieto e onirico del pugilato e dello sport e che trasforma una finale di boxe in un grande duello interiore. Il cortometraggio non si propone di mostrare i trionfi e le esaltazioni del pugilato, bensì vuole mostrare i dubbi, le cadute e le “resurrezioni” che accompagnano la vita di un atleta. Il giovane protagonista (Francesco Latilla) sta infatti inseguendo il suo sogno ma è costretto a fare i conti con i turbamenti che talvolta possono infestare lo sport, la vita reale e le grandi sfide internazionali.

I fratelli Latilla sul cortometraggio:

“Il nostro intento è stato sin da subito quello di raccontare la solitudine del pugile che, come un guerriero, lotta interiormente contro un mondo difficile e complesso. Il tutto cercando di evocare l’atmosfera poetica figlia del grande cinema del passato. In questo caso – proseguono – volevamo raccontare il sottosuolo dello sport, quel regno di ombre in cui i contrasti si fanno meno visibili e dove può capitare di tutto, senza preavviso, anche alla vigilia del più importante appuntamento agonistico di sempre. Nel rappresentare il contrasto tra bene e male, abbiamo quindi avuto l’idea di porre come contraltare l’animo del protagonista, permeato invece di una luce immensa che è quella della coscienza”.

Nella pellicola il grande sogno agonistico del protagonista si scontra con una realtà fatta di compromessi e con i torbidi inganni del malaffare sintetizzati nella figura di un malavitoso. Un uomo burbero, e dall’aria inquietante, che vuole minacciare Mirko per fargli perdere il titolo mondiale ed incassare le scommesse della sua sconfitta, considerata improbabile e quindi con quotazioni altissime. Il grande dubbio amletico del protagonista diventa dunque: vincere o vivere? Lo scontro diventa metafora della lotta tra bene e male, tra integrità morale e salvezza, tra sogni e compromessi, tra rivolta e resa, tra il mondo spirituale del protagonista e la realtà grigia e crudele in cui è immerso e che viene ben rappresentata da una regia onirica, evanescente, intima, eroica e lirica. Ecco che alle sequenze introspettive si alternano sinfonie di canti gregoriani, mentre allenamenti e incontri si snodano sulle note classiche del compositore Domenico Pernarella. Il risultato è un lavoro cinematografico che, oltre a rappresentare uno stile personalissimo, si nutre di una educazione sentimentale, esplicita negli omaggi e nelle scelte autoriali, soprattutto dei pugili di Lino Capolicchio, autore a cui il corto è dedicato. Nel cast figurano oltre al protagonista, Walter Lippa nel ruolo del gangster e Giulio Tropea nel ruolo del giornalista.

dall'articolo di  Redazione LatinaCorriere.it