Di certi film io trovo sia necessario parlarne a freddo. Come quando devo giudicare un luogo super turistico: preferisco andarci fuori stagione per evitare il contagio dell’entusiasmo e il pericoloso rifiuto per la calca che ne snatura le qualità.
Non ho scritto nulla su “C’è ancora domani” fino ad ora, ma adesso che è in streaming e concorre ai David con la cifra monstre di 19 candidature, sollecitato in privato da tante persone che mi chiedono cosa ne penso, provo a formulare il mio pensiero.
Il film della Cortellesi è un capolavoro? No, non lo è.
È un’opera brutta e furba? No, non credo nemmeno questo.
19 nomination sono troppe? Difficile dirlo, un fenomeno così porta con sé ondate di euforia e comunque il numero delle “possibili” statuette lascia il tempo che trova.
È un bene per il cinema italiano? Assolutamente sì. Un film che ha fatto impazzire i registratori di cassa nelle sale e avvicinato al cinema tantissime persone non può non essere una benedizione.
“C’è ancora domani” è un film godibile, che guardi con piacere, forse qualcuno lo riguarda pure. Io l’ho visto una sola volta e non lo rivedrei, raramente lo faccio. In questo periodo rivedrei solo “The Holdovers”, “Estranei”, “Il mio amico Robot” o “Past Lives”. Ma non questo.
Ci sono diverse cose che non ho proprio apprezzato di “C’è ancora domani”.
Non ho amato il modo in cui è costruito il finale a sorpresa, perché usa dei mezzi narrativi ingiusti per costruire la “trappola” per lo spettatore. Capisco il lavoro degli sceneggiatori, ma non per questo lo trovo giusto.
Non ho amato la scialba rappresentazione di un’epoca. E questa è la cosa peggiore di tutte.
Non c’è atmosfera, non c’è senso del tempo e il bianco e nero per me è dozzinale. Lo stesso effetto che mi ha fatto vedere la Napoli della SerieTv “L’amica geniale”.
È come masticare una gomma che non ha sapore.
Non mi piace il trattamento di certi personaggi troppo abbozzati: come il militare americano nero che è “usato” solo ai fini della trama, ma senza nessuna necessità intrinseca e senza personalità. Una figurina, insomma.
D’altro canto la storia ha una sua presa. Ci sono tanti non detti che s’infilano nelle pieghe della coscienza di chi guarda e funzionano bene. La condizione della donna ritratta come una parabola senza tempo è lineare, semplice e fruibile da tutti. Una cosa buona? Sì, specialmente come innesco per discussioni, anche per le scolaresche.
Mastandrea, la Fanelli (la mia preferita), Marchioni, la Vergani, Centorame: straordinari, tutti. Diretti bene e bravissimi nel consegnarci personaggi giusti.
Che dire della Cortellesi, invece? È una gigantessa dell’intrattenimento italiano, un talento come pochi, ma in questo ruolo non riesco a crederle fino in fondo.
Mi spiace, non ci riesco.
Ecco non voglio scrivere un pippone critico (anche perché lo hanno fatto in tantissimi e molti con maestria), né riesco a schierarmi decisamente tra gli amanti e gli odiatori, ma un ultimo pensiero per chiudere: tante persone mi scrivono solo in privato per dirmi la propria opinione di solito negativa sul film e anche “per strada” c’è come una certa ritrosia a non essere allineati al godimento di massa, quasi che non amare questo film sia indice di grettezza o di anti-femminismo.
Io credo che il timore reverenziale nei confronti di questa opera sia ingiustificato. Perché il cinema non dovrebbero mai suscitare schieramenti, ma confronto di idee, anche se diverse.
Post di Manlio Castagna su Facebook
.... con il seguito:
Ovviamente il mio post sull'intoccabile "C'è ancora domani" della bravissima Cortellesi ha scatenato l'ira funesta di chi proprio non sopporta che si possa avere qualche idea difforme dalla propria ( tra l'altro se vi capita di leggerla scoprirete che sono stato assolutamente equilibrato tra ciò che mi è piaciuto e ciò che non ho gradito).
Le più interessanti critiche che mi sono sentito rivolgere sono, riassumo:
1. essendo maschio non posso capire e in quanto tale sono geneticamente antifemminista.
2. sono snob perché non ho amato alla follia il film come la grande massa che, per un'idea malsana e infondata, ha "sempre ragione".
3. sono cerebrale perché non ascolto la pancia (e i suoi borborigmi, qui mi verrebbe da dire ironicamente).
Preciso: io non ci resto male e non me la prendo, anzi godo di questo livore così appassionato e mi ci faccio un sacco di risate.
POI RISPONDO PACATAMENTE CHE:
Di tutti i compiti richiesti al "critico professionista" (che tra l'altro io non voglio essere), forse il meno importante, certamente il meno duraturo è la pronuncia di un verdetto.
Mi dispiace sempre leggere di coloro che si sentono personalmente offesi, addirittura scandalizzati, dal fatto che la mia opinione su un film diverga dalla loro.
Spero di poterli convincere che sto semplicemente esponendo un argomento, come fanno tutti a cena o in un bar affollato, dopo essere andati a vedere un film e che la loro libertà di non essere d'accordo fa parte del divertimento.
Ancora una volta ribadisco: io parlo da amante del cinema e non da critico. e le mie sono opinioni e non verdetti assoluti.
Amen.