Nanni Moretti è uno dei più importanti rappresentanti del cinema italiano contemporaneo; regista, attore, sceneggiatore, produttore e proprietario di una sala cinematografica, ha esordito come autore nel 1973 (con il cortometraggio La sconfitta), firmando negli anni ’70-’90 film che hanno formato una generazione come Io sono un autarchico, Ecce bombo, Bianca, Palombella rossa, Caro diario, Aprile e altri. I suoi film raccontano storie personali che diventano universali e fondono il tragico e il comico in un racconto sincero e coinvolgente. Ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti, tra cui la Palma d’Oro di Cannes per La stanza del figlio, otto David di Donatello e undici Nastri d’argento.
I suoi film sono molto legati a Roma. Capitale italiana, culla della storia e dell’arte nota in tutto il mondo, Roma ha comunque zone molto interessanti, ma quasi sconosciute ai turisti. Penso a esempio ai quartieri di Garbatella e Spinaceto, in cui ha ambientato il film Caro diario. Ci sono altri luoghi di Roma che ama?
Certamente! Penso, ad esempio, a un quartiere come l’EUR, che possiede un fascino particolare, simile a un quadro di De Chirico… un’atmosfera quasi metafisica.
In Caro Diario Roma rappresenta quasi un personaggio protagonista, anziché una semplice ambientazione. Ci sono altre città italiane in cui le sarebbe piaciuto girare un film?
Ho ambientato La stanza del figlio ad Ancona. Ai miei occhi, era un posto più giusto per raccontare quella storia così dolorosa. Gli anconetani erano molto stupiti da questa mia scelta e mi chiedevano: “Come mai sei venuto a girare qui il tuo film?”. Mi sembrava fosse giusto allontanarmi da una metropoli e raccontare questo grande dolore in una piccola città dove — magari mi illudo — è ancora vivo un senso di comunità.
Roma continua a ispirare tantissimi registi, che ne restituiscono ogni volta rappresentazioni diverse. C’è qualche suo collega di cui condivide la visione della città?
Sì, certo. Mi viene in mente Estate romana di Matteo Garrone oppure Pranzo di ferragosto di Gianni di Gregorio. In entrambi i film Roma viene raccontata con affetto, ironia, dall’interno… questo non ha potuto che incuriosirmi.
Lei è ancora legato ai luoghi di Caro Diario?
Direi di sì. Anche e soprattutto agli oggetti: come la Vespa, ad esempio. Purtroppo però ormai è troppo malandata e da tre anni l’ho dovuta mettere in pensione. Ho deciso di donarla quindi al Museo del Cinema di Torino.
Quale rapporto ha con il territorio italiano? Quanto è importante il paesaggio – che sia urbano o di campagna — per i suoi film?
Roma è sempre stata — tranne per il caso de La stanza del figlio — lo scenario naturale dei miei film. Le mie prime opere sono a tutti gli effetti “film romani”… probabilmente senza volerlo ho raccontato un luogo, oltre che un ambiente politico, sociale e generazionale. In realtà, ho girato i miei film in quel posto così preciso geograficamente – Roma Nord, quartiere Prati – perché rappresentava la destinazione naturale delle storie che mi venivano in mente.
E l’episodio delle isole in Caro Diario sono pure basati su esperienze autobiografiche?
No, quell’episodio mi è venuto in mente un giorno in cui sorvolavo l’arcipelago delle Isole Eolie e le ho viste in un’unica immagine, in un’unica inquadratura. Allora mi è venuta in mente questa rivalità — che non c’è assolutamente tra gli abitanti dell’arcipelago, ma che c’è invece stranamente tra i rispettivi villeggianti. Chi sceglie Panarea detesta quelli che scelgono Stromboli o Salina; chi sceglie Alicudi detesta chi sceglie Lipari o Panarea: c’è una forte competizione tra i vari villeggianti, clienti delle isole, cosa che, ripeto, non appartiene assolutamente agli indigeni, a chi ci vive. E allora mi è venuto in mente di raccontare questa rivalità così feroce tra isole così vicine tra loro.
A lei piace trascorrere le vacanze in Italia? C’è qualche luogo poco conosciuto che si sentirebbe di suggerire ai nostri lettori?
Sono passato velocemente a Lecce un paio di volte, però tutti mi dicono che dovrei trascorrere più tempo in questa terra, il bellissimo Salento. Io, se devo suggerire un luogo, penso al Conero, un promontorio vicino ad Ancona, a cui sono legato perché vivevo lì, in un piccolo paese, quando giravo la Stanza del figlio. Ho speso diversi mesi lì…
Può nominare due-tre film italiani che deve assolutamente vedere una persona che vuole farsi una prima impressione dell’Italia di oggi?
È difficile! Non so… dico i primi che mi vengono in mente: Gomorra di Mattero Garrone, Il capitale umano di Paolo Virzì e Il ladro di bambini di Gianni Amelio.
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