Qual è l’origine del cinema? Qual è stato il primo film? E’ vero che già nel lontano 1400 conoscevano l’arte cinematografica? Come erano considerati gli attori nel passato? A chi si deve l’invenzione della macchina da presa? A tali rilevanti, importanti, primarie domande ho cercato di rispondere tramite l’articolo che segue.
La cinematografia intesa come proiezione di immagini in movimento ha diversi antenati, appartenenti al mondo antico. In Oriente esiste la rappresentazione delle ombre cinesi, mentre in Europa emergono studi ottici sulle proiezioni tramite lenti già dal 1490, con la camera oscura leonardiana, cioè un dispositivo visivo composto da una scatola oscurata con un foro sul fronte e un piano di proiezione dell'immagine sul retro. Dal XVIII secolo, però, nasce l'antenato più prossimo allo spettacolo cinematografico: la lanterna magica, che proietta su una parete di una stanza buia, tramite un buco con una lente, immagini dipinte a vetro e illuminate da una candela posta in un contenitore chiuso. Nello stesso periodo si utilizza anche il Mondo Nuovo, una scatola che riceve luce dall’interno nella quale è necessario, però, guardare sempre nel suo di dentro per vedere le immagini illuminate. Successivamente, con la nascita delle fotografia si iniziano a cercare modi di proiettare fotografie in successione, in modo da ricreare un'illusione di movimento estremamente realistica. Tra gli esperimenti i più famosi sono il Kinetoscopio di Thomas Edison (ispirato al Mondo Nuovo") e il Cinematografo dei Fratelli Lumière (stimolato dalla lanterna magica). L'invenzione della pellicola cinematografica, vera e propria, risale al 1885 ad opera di George Eastman, mentre la prima ripresa è ritenuta essere Roundhay Garden Scene, cortometraggio di 3 secondi, realizzato il 14 ottobre 1888 da Louis Aimé Augustin Le Prince. I fratelli Lumière mostrano per la prima volta, al pubblico del Gran Cafè del Boulevard des Capucines a Parigi, uno strumento da loro brevettato, chiamato “cinématographe”, in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini distinte, impresse sopra una pellicola stampata con un processo fotografico, in modo da creare l'effetto del movimento. Thomas Edison nel 1889 realizza, invece, una cinepresa (detta Kinetograph) e una macchina da visione (Kinetoscopio): la prima è destinata a scattare in rapida successione una serie di fotografie, mentre la seconda consente, ad un solo spettatore per volta di osservare, tramite un visore, l'alternanza delle immagini impresse sulla pellicola. Essi considerano, tali avanzatissimi strumenti, esclusivamente a fini documentaristici, rifiutandosi, infatti di vendere le loro macchine, limitandosi a darle in locazione, determinando, così, la nascita di molte imitazioni. Nel 1900, però, i fratelli Lumière cedono i diritti di sfruttamento della loro invenzione a Charles Pathé. Il cinematografo si diffonde così immediatamente in Europa e nel resto del mondo. Negli stessi anni si registrano grandi successi quali:” The Great Train Robbery” (1903) dell'americano Edwin Porter, “Viaggio nella luna” (1902) del francese Georges Méliès, padre del cinema di finzione e si assistono ai primi atti di pirateria. Vengono sperimentati i primitivi effetti speciali realizzati dai trucchi di montaggio (da Méliès, che faceva apparire e sparire personaggi, oggetti e sfondi), le sovrimpressioni (dai registi della scuola di Brighton, ripreso dalla fotografia) e lo scatto singolo (dallo spagnolo Segundo de Chomón), per animare i semplici oggetti. Verso l’anno 1906 il cinema vive la sua prima crisi, per il calo di interesse del pubblico. La riscossa però è possibile grazie alla creazione di grandi sale di proiezione a prezzi molto contenuti rivolte alla classe operaia, come svago economico e divertente: nascono i "nickelodeon", con contenuti più semplici ed espliciti e con le prime didascalie. E’ bene ricordare che la possibilità di sincronizzare dei suoni alle immagini è antica come il cinema stesso, ma è Thomas Edison a brevettare una maniera per aggiungere il sonoro alle sue brevi pellicole (Dickson Experimental Sound Film, 1895), Nel 1927 ‘’Il cantante di jazz’’ prodotto dalla Warner però inaugura ufficialmente la tecnica del sonoro. Questa viene perfezionata ulteriormente nel 1930, creando due nuove attività, il doppiaggio e la sonorizzazione. Tale novità provoca un terremoto nel mondo del cinema: nascono nuovi contenuti adatti a valorizzare il sonoro (come i film musicali) e nuove tecniche (mancando ormai il sipario della didascalia). Con il sonoro e la musica, la recitazione teatrale a cui si affidano gli attori del cinema muto risulta esagerata e ridicola: così, dopo alcuni flop diverse stelle del cinema orami antico scompaiono dalle scene, e sale una intera nuova generazione di interpreti, dotati di voci più gradevoli e di una tecnica di recitazione più adatta. Dal 1917 in poi, si impone il concetto di film come racconto, come romanzo visivo. E come nella narrativa, iniziano a emergere anche nel cinema dei generi ben precisi: l'avventura, il giallo, la commedia, etc., tutti con regole stilistiche delineate e differenti. Questa evoluzione è legata soprattutto al miglioramento e perfezionamento delle tecniche del montaggio, nascono infatti il montaggio alternato, analitico e contiguo, permettendo così al pubblico di saltare da una scena all'altra e da un punto di vista all'altro, senza restare disorientato dal cambio d'inquadratura, diminuendo quindi i momenti di pausa narrativa e già verso la fine degli anni trenta un film americano contiene in media 600-700 inquadrature, circa il triplo della media di venti anni prima. Tutte queste Regole del Buon montaggio verranno prescritte nel Codice Hays, parametri necessari per l'accettazione delle pellicole da parte degli studios. Intanto il cinema afferma sempre più la sua importanza come mezzo di comunicazione di massa. Persino papa Pio XI vuole intervenire nel dibattito sull'utilità del cinema con l'enciclica Vigilanti cura del 29 giugno 1936, sostenendo che gli spettacoli cinematografici non devono «servire soltanto a passare il tempo», ma «possono e debbono illuminare gli spettatori e positivamente indirizzarli al bene» A Los Angeles, in California, verso la fine degli anni dieci si riuniscono affaristi desiderosi di investire nel cinema e registi. Nei primi anni venti la città continua a svilupparsi nel campo industriale e agricolo, e in breve tempo nella zona aprono una serie di case di produzioni cinematografiche, dalla Universal alla MGM, e così nasce Hollywood. In breve tempo il cinema diventa un vero e proprio prodotto commerciale: attori e attrici ricoprono le immagini delle riviste e vengono visti dal pubblico quasi come fossero delle divinità (si pensi a Mary Pickford, Rodolfo Valentino e Douglas Fairbanks); registi come David W. Griffith e Cecil B. DeMille, alternano prodotti artistici ad altri comandati dagli Studios. E Charlie Chaplin, indipendente sia come artista che come produttore, realizza le sue comiche prendendosi gioco della società. Negli anni trenta nasce lo studio system: gli Studios comandano le star, e pur esaltandone l'immagine (si pensi a Greta Garbo e Clark Gable), tendono ad intrappolarli in personaggi stereotipati. Si parlerà del "periodo d'oro del cinema". Intanto generi come la commedia e il dramma romantico crescono, ma in seguito alla Grande depressione sorgono il "gangster-movie" e il noir. Ma in questo decennio il musical ‘’scacciapensieri’’ riesce crescere vertiginosamente, con Fred Astaire e Ginger Rogers che allietano spettatori desiderosi di evasione. Inizia verso la fine del decennio inoltre la rivoluzione del technicolor, ovvero dei film a colori, come il celeberrimo Via col vento di Victor Fleming. Negli anni quaranta lo studio system finisce a causa delle leggi federali che privano gli Studios della proprietà delle sale cinematografiche. Intanto si esaltano i valori dell'"american way of life" grazie a registi idealisti come Frank Capra, e attori sciovinisti come John Wayne, indimenticabile nei suoi western. Nel 1942 viene girato da Michael Curtiz ‘’Casablanca’’, uno dei film più importanti e celebri della storia del cinema, che pur essendo un film romantico, ha saputo affrontare dignitosamente il problema della guerra, della resistenza partigiana e dell'avanzata nazista e che ha lanciato nello star system Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Negli anni cinquanta anche la concezione del "divismo" cambia, come nel caso dei più sanguigni Marlon Brando e James Dean, che portano sullo schermo un modo più verosimile di rappresentare la realtà. Contemporaneamente esplode, soprattutto grazie a registi quali Billy Wilder e George Cukor, la «commedia all'americana», che ha i suoi capisaldi in capolavori come ‘’A qualcuno piace caldo’’, ‘’Scandalo a Filadelfia’’ e ‘’L'appartamento’’. Negli anni sessanta e settanta ormai la vecchia Hollywood non è che un ricordo, e il "New Cinema" esordisce criticando ipocrisie e pudori della vecchia America, per opera di registi audaci come Francis Ford Coppola, Woody Allen, Stanley Kubrick, Robert Altman e Martin Scorsese e di attori come Dustin Hoffman, Jack Nicholson, Robert De Niro e Meryl Streep. Film come ‘’Easy Rider’’ e ‘’Il laureato’’ girati con budget bassi e che registrano incassi inimmaginabili, illuminano anche le major, le quali lasciano perdere le restrizioni stilistiche del Codice Hays. Negli anni seguenti il cinema come contestazione sarà più una prerogativa del cinema europeo e dopo gli anni '70 a Hollywood inizia il cinema d’intrattenimento, fino all'esaltazione della fantascienza di ‘’Incontri ravvicinati del terzo tipo’’ di Steven Spielberg e ‘’Guerre stellari’’ di George Luca. Negli anni ottanta e novanta si afferma una nuova generazione di talentuosi registi, come Quentin Tarantino, Tim Burton, i Fratelli Coen, Terrence Malick e David Lynch. Se in America Hollywood era la capitale del cinema, in Europa, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale nascono in molte nazioni diverse scuole di cinema, ma tutte accomunate dalla voglia di rappresentare la realtà. Diviene quindi importantissimo il neorealismo italiano e i suoi registi principali: Luchino Visconti, Pietro Germi, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Film come Roma città aperta, Sciuscià e Ladri di biciclette ispirano e affascinano diversi registi nel mondo, come il giapponese Akira Kurosawa. Anche dopo il periodo prettamente neorealista, l'Italia può vantare una nuova generazione di registi come Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Mario Monicelli, Ettore Scola, Dino Risi, Pier Paolo Pasolini e più tardi Bernardo Bertolucci. Diventano importantissimi gli esperimenti di cinema introspettivo di Marcel Carné, realizzati subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e poi concretizzati in grandi film dai maestri del cinema introspettivo Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni: la realtà non è più analizzata come qualcosa di oggettivo, tutto diventa soggettivo ed ambiguo, il ritmo è lento e le scene sono lunghe e silenziose e i registi si soffermano su particolari prima di allora trascurati. È tuttavia in Francia che questo tipo di cinema diventa un genere famoso ed apprezzato in tutto il mondo grazie alla Nouvelle Vague. I film cominciano ad essere minimalisti, personalissimi, le problematiche trattate sono intime e non assolute. Il montaggio è discontinuo, sincopato e sovente evita di tagliare i tempi morti della storia, Può capitare che gli attori guardino direttamente nell'obiettivo della cinepresa, cosa vietatissima nel cinema classico, come accade regolarmente nel cinema di Jean-Luc Godard, Ingmar Bergman o, in tempi più recenti, in Pulp Fiction di Quentin Tarantino. Il cinema tedesco è invece molto più figurativo e pittoresco, introspettivo e con storie talvolta epiche che fuoriescono dal semplice neorealismo, come ad esempio Aguirre, furore di Dio di Werner Herzog. I registi sembrano afflitti da dolori insanabili e assoluti, che quindi toccano punte di pessimismo assoluto leopardiano, e con soluzioni effimere e talvolta inesistenti. È il caso di Rainer Werner Fassbinder. Altri registi, invece, pur trattando forti problematiche, proprie e non, si mostrano più disposti a trovare una soluzione, e anzi girano film pieni di speranza e velato ottimismo. È questo il caso di registi come Wim Wenders e Werner Herzog. Il film tedesco più importante degli ultimi anni è senz'altro Le vite degli altri del 2006, amaro e lucido spaccato della Germania Est e dello strapotere del governo comunista. Il cinema dell'est Europa, ha avuto un rapido sviluppo tra anni '20 e '30 soprattutto grazie ai capolavori dei russi Sergej M. Ejzenstejn, Dziga Vertov, Vsevolod Pudovkin e Aleksandr Dovženko. I film di quegli anni davano un'esasperata e continua immagine del benessere del governo bolscevico, immagine talvolta falsa ed imposta dalla censura sovietica. È solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che comincia a nascere una cinematografia più ampia anche all'interno delle nazioni del patto di Varsavia. I film, soprattutto dopo gli anni '60, sono più critici e ribelli e talvolta sono fortemente censurati dal governo rosso. Registi come il polacco Andrzej Wajda o come il russo Sergej Paradžanov sono costantemente promotori di un cinema ribelle e libero dalla censura, che avrà però la piena realizzazione solo dopo il 1989. Dagli anni '60 debutta anche il famoso regista Andrej Tarkovskij, conosciuto principalmente per capolavori della storia del cinema come Andrej Rublëv, ‘’Lo specchio’’ e ‘’Stalker’’. Tarkovskij dopo Stalker verrà cacciato dalla Russia. E’ anche molto importante citare l'ungherese Béla Tarr, regista di capolavori come ‘’Le armonie di Werckmeister’’, ‘’Il cavallo di Torino’’ e il colossale ‘’ Satantango’’. Dopo anni di censura a causa della dittatura di Francisco Franco, ultimamente è emerso il cinema spagnolo, cinema fresco e giovane disposto ad affrontare ogni tipo di tematica e ad aprirsi verso prospettive sempre nuove.
Concludo questo testo, inteso come una rapida e riassuntiva carrellata relativa alla storia che ha caratterizzato lo sviluppo cinematografico dagli albori a oggi, con la speranza che possa essersi rivelato utile e interessante, confermando la mia più profonda convinzione che il cinema abbia rappresentato e possa tutt’ora rappresentare una forma massima di libertà d’espressione, caratterizzato da essenze di unicità, come del resto qualunque forma d’arte.
di Lucrezia Romussi