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Ecco i prossimi film sullo schermo - May 1, 2023

17 Days - 17 giorni

17 days

Dramma | Inglese | 107 minuti

CAST & CREW

Director Darrell Smith

Producers Jeff Burton, Tysha Pollard Smith, Darrell Smith, Dj Profluent, Fresh Carreras

Writers Darrell Smith, Tysha Pollard Smith

Cast Omar Gooding, Drumma Boy Fresh, Miguel Nunez, Marc Shyst


TRAILER   youtube.com/watch?v=899pqLbhINk

SINOSSI

17 Days è un film potente e avvincente sulla ventitreenne Brianna Murphy e Damien Williams. Una relazione iniziata come una favola, finisce per diventare un incubo. 17 Days tocca il tuo cuore, scuote la tua anima fino al midollo.
Brianna Murphy è una studentessa infermieristica di ventitré anni, bella e sexy, che adora fare festa e uscire con la sua migliore amica Tiffany. A differenza della sua migliore amica Tiffany, è totalmente impegnata a diventare un'infermiera registrata. Cresciuta con sua madre, suo padre e suo fratello maggiore, Brianna ha costantemente sei occhi molto protettivi su di lei. Nessuno più della madre di Brianna, affettuosamente conosciuta come Momma Pearl. Predica costantemente a Brianna su quanto sia infelice per la sua relazione con Tiffany. Credendo che Tiffany la influenzi a fare del male, dicendole che chi frequenta determinerà se la sua vita andrà su o giù. Una notte Brianna mente a sua madre su di lei e finisce in un club con Tiffany, dove incontra per la prima volta Damien Williams, un affascinante architetto. La chimica tra loro è fantastica, ma Brianna non rinuncia al suo numero sapendo che la differenza di età di 10 anni tra loro non andrebbe d'accordo con i suoi genitori, specialmente sua madre. Tre anni dopo Brianna incontra di nuovo Damien e cominciano a volare scintille. Si fidanzano e si trasferiscono l'uno con l'altro, tutto sembra andare alla grande finché Damien non scatta e mette Brianna in un inferno vivente, che potrebbe costarle la vita. 17 Days è un film potente che ti farà pensare due volte alla prossima persona con cui sarai coinvolto. tutto sembra andare alla grande finché Damien non scatta e mette Brianna in un inferno vivente, che potrebbe costarle la vita. 17 Days è un film potente che ti farà pensare due volte alla prossima persona con cui sarai coinvolto. tutto sembra andare alla grande finché Damien non scatta e mette Brianna in un inferno vivente, che potrebbe costarle la vita. 17 Days è un film potente che ti farà pensare due volte alla prossima persona con cui sarai coinvolto.

The Artifice Girl - La ragazza dell'artificio

THE ARTIFICE GIRL Lower Res

 Science-Fiction, Thriller | English | 93 minutes

CAST & CREW

Director Franklin Ritch

Producers Aaron B. Koontz, Ashleigh Snead

Writer Franklin Ritch

Cast Tatum Matthews, Lance Henriksen, Franklin Ritch

SINOSSI

Quando un vigilante di Internet sviluppa un nuovo rivoluzionario programma per computer per combattere i predatori online, il suo rapido avanzamento porta a seri problemi di autonomia, oppressione e cosa significhi veramente essere umani.

Blue Hour: The Disappearance of Nick Brandreth

Blue Hour Poster 1

Horror, Science-Fiction, Supernatural Thriller | English | 100 minutes

CAST & CREW

Director Daniel Bowhers

Writer Daniel Bowhers

Cast Morgan DeTogne, Michael Kowalski, Mike Headford

TRAILER   vimeo.com/815762734?share=copy

SINOSSI

La documentarista del vero crimine Olivia Brandreth aveva nove anni quando suo padre è scomparso. La dichiarazione ufficiale della polizia era un suicidio sebbene nessun corpo sia mai stato recuperato. Venticinque anni dopo, Olivia è tornata nella casa della sua infanzia per chiudere finalmente la situazione in un inesorabile tentativo di mettere le cose in chiaro. Blue Hour racconta il viaggio di una troupe cinematografica dedicata alla ricerca di capire cosa sia realmente accaduto quella notte del 1997.

Cross - Attraverso

cross 433 Drama | English | 82 minutes

CAST & CREW

Director Judy San Roman

Producers Judy San Roman, Mike Walsh, Ramsey K Heitmann

Writers Judy San Roman, Joanne Tamburro

Cast Peter Greene, Joseph D’Onofrio, Myles Clohessy, Rayvin Disla, Deanna Mayo

TRAILER  youtu.be/RK_TjEe18Bc

SINOSSI

Un giovane, Rayvin, viene ingiustamente accusato di rapina. La sua ragazza Sloane fa un patto disperato con la banda criminale locale per assicurarsi i soldi necessari per salvarlo. Mentre il padre iperprotettivo di Sloane cerca di aiutare, entrambi sono comunque trascinati nel ventre della rete criminale, intersecandosi con poliziotti e farabutti che hanno tutti i propri programmi segreti. Alla fine, Rayvin si rivolge a un incontro di boxe con un primo premio di $ 100.000 per avere la possibilità di far uscire se stesso e la sua ragazza dalla rete contorta in cui sono intrappolati.

Desperate Housewife - Casalinga disperata

desparatehousewife 434 Erotic, Thriller | English | 80 minutes

CAST & CREW

Director Ntiarna Xavier Knight

Producer Rebecca Matthews

Writers Scott Jeffrey, Craig McLearie

Cast Danielle Scott, Mark Sears, Chrissie Wunna


TRAILER   youtu.be/MBAomNsSbqY

SINOSSI

Cercando di ravvivare il suo matrimonio, Summer, una casalinga annoiata, convince il marito ad andare con lei in un ritiro per scambisti per esplorare la sua fantasia con il marito e altre coppie attraenti. Quello che inizia come un modo entusiasmante per riaccendere la loro passione e provare nuove cose folli si trasforma presto nel loro peggior incubo quando emergono gelosia e oscuri segreti, mentre Summer ha un disperato bisogno di trovare un modo per sfuggire al suo nuovo amante.

Dying to Sleep - Morire per dormire

Dying to Sleep siteDrama, Mystery, Thriller | English | 94 minutes

CAST & CREW

Director  Paris Dylan

Cast SarahLydia Sophia, Dar Dixon, Eric Roberts, Victoria Baldesarra


TRAILER   vimeo.com/815762634

SINOSSI

Ispirato al cortometraggio di CHARLES DICKENS del 1866. Incubi terrificanti, una famiglia distrutta e un misterioso dottore olistico perseguitano Mary mentre cerca la forza per trovare il perdono tra oscuri tradimenti.

 

EVIE 

EVIE ART ONLINE Horror | English | 83 minutes

SINOSSI

Quando la giovane Evie trova una collana maledetta portata in riva al mare, non si rende conto della presenza malvagia ad essa collegata. Mentre il potere della collana si impadronisce di lei, scatena un demone mortale che vuole reclamarla.

SYNOPSIS

When young girl Evie finds a cursed necklace washed up at the seaside, she doesn't realize the evil presence connected to it. As the necklace's power takes hold of her, she unleashes a deadly demon that wants to claim her.

Monolith - Monolito

Monolith 1Science-Fiction, Thriller | English | 93 minutes

CAST & CREW

Director Matt Vesely

Producer Bettina Hamilton

Writer Lucy Campbell

Cast Lily Sullivan

SINOSSI

In questo mistero teso e contenuto, seguiamo una giornalista caduta in disgrazia mentre cerca di salvare la sua carriera dedicandosi al podcasting investigativo. Mentre cerca di andare a fondo di uno strano artefatto che potrebbe essere collegato a una cospirazione aliena, inizia a scoprire le bugie al centro della sua stessa storia.

 

 

da The Film Catalogue Weekly

 

3 SCENEGGIATURE che hanno reinventato i Personaggi delle STAR del cinema

Gli sceneggiatori e le star del cinema devono fare affidamento sia sulla loro abilità che sul loro sé autentico per creare relazioni emotive personalizzate con il pubblico. Gli scrittori devono creare gli scenari e le esperienze emotive dall'etere, e le star del cinema devono quindi interpretarli, incarnarli e consegnarli agli spettatori in generale. Questi due sottogruppi di creativi massimizzano le loro possibilità di prosperare quando si rendono conto di avere un profondo bisogno e di influenzarsi a vicenda.

Abbiamo già esplorato in generale la psicologia unica della scrittura per le star del cinema, ma ora scaviamo più a fondo. Perché probabilmente non c'è abilità più preziosa per uno sceneggiatore della capacità di comprendere il concetto di transfert emotivo e come creare ruoli adatti al cast, piacevoli alla folla... e ruoli che le star del cinema non solo vogliono, ma  devono interpretare  da un prospettiva del marchio.

Può sembrare grossolano e riduttivo dirlo, ma le star del cinema sono  marchi allo stesso modo di Coke, Panda Express e Smith & Wesson. Hanno target di riferimento, mercati e partner finanziari che devono soddisfare. Una cosa (una cosa importante) è diventare una star del cinema. Un'altra cosa è restare tale. Gli agenti di talento e le macchine di marketing in studio e in rete lavorano instancabilmente - e spesso spudoratamente - per coltivare, preparare e cementare uomini e donne di spicco come star del cinema e poi cavalcare le onde del botteghino, yeehaw, in ogni mercato e territorio del mondo. Questo è stato il modo delle cose da quando i film sono passati per la prima volta da un concetto tecnologico e narrativo a un'enorme industria di consumo più di cento anni fa.

Ma per ogni star del cinema che si attacca e diventa un'icona con capacità di resistenza, ci sono innumerevoli legioni di aspiranti star e lampi nella padella (o forse pan-flashers?) Che svaniscono e svaniscono. Le star del cinema in buona fede, oltre ad essere talentuose (e di solito straordinariamente attraenti), devono avere un carisma singolare - un fattore x iniziale - che le renda care al pubblico. Ma poi, ancora più cruciale, devono essere abbastanza esperti da capire qual è il loro marchio e sapere come mantenerlo e ottimizzarlo continuamente per il pubblico mondiale e i tempi che cambiano.

Sembra duro? È. Allontanati troppo dalla tua timoneria e perdi l'attrattiva e la connessione con il pubblico che ti hanno reso una star in primo luogo. Allontanati troppo poco dalla tua timoneria e tutti iniziano a risentirti per aver dato loro la stessa esperienza più e più volte (guardandoti Liam Neeson, Johnny Depp, Adam Sandler e Bruce Willis).

Questo è il motivo per cui le star del cinema e i loro team cercano instancabilmente sceneggiature che diano loro il meglio di entrambi i mondi. Le star desiderano ardentemente - e alcune delle più intelligenti persino modellano e creano - ruoli che consentano loro di coinvolgere i tropi e i personaggi che il pubblico ha abbracciato con entusiasmo, mentre contemporaneamente si rifanno e li sovvertono per fornire una nuova esperienza. Una miscela equilibrata di vecchio e nuovo, di comfort food e spezie.

Perché le star del cinema non fanno solo film; favoriscono relazioni continue con il pubblico che, se nutrite con abilità e serietà, possono durare anni e persino decenni. Le relazioni tra le star del cinema e il pubblico funzionano (o falliscono) allo stesso modo delle relazioni romantiche: una volta che l'attrazione iniziale svanisce e il periodo della luna di miele finisce, è necessario impegnarsi attivamente per mantenere l'esperienza coinvolgente ed emotivamente significativa. Le stelle esperte lo capiscono a livello cellulare. Capiscono che è fondamentale a quali sceneggiature si attaccano, e anche che è altrettanto cruciale l'ordine in cui le realizzano.

Clint Eastwood si è aggrappato e ha sviluppato Unforgiven per anni fino a quando non è stato il momento giusto nella sua filmografia per realizzarlo, e se l'avesse fatto prima, non avrebbe avuto il significato che aveva. Allo stesso modo , l'anno scorso Tom Cruise ha realizzato  Edge Of Tomorrow,  in cui ha ceduto il suo tipico status di eroe maschio alfa a Emily Blunt per interpretare un vigliacco vigliacco costretto a diventare eroico in circostanze estreme. Quel ruolo gli ha permesso alla fine di attingere alle qualità fondamentali del personaggio che cerchiamo in un ruolo di Tom Cruise, pur sovvertendole in modo significativo per rendere l'esperienza fresca. 

Di conseguenza, dopo quell'astuto detergente per la tavolozza, il pubblico è ora entusiasta di vederlo riprendere il manto del suo caratteristico eroe d'azione sfacciatamente dominante Ethan Hunt in Mission:  Impossible - Rogue Nation.  Al contrario, se Tom Cruise avesse girato e pubblicato due   episodi consecutivi di Mission: Impossible, il fattore di anticipazione sarebbe stato così alto? Probabilmente no. Le star del cinema non hanno solo bisogno dei progetti giusti; hanno bisogno dei progetti giusti al momento giusto.

Tom Cruise lo capisce chiaramente; ha continuamente dimostrato di essere una delle star del cinema maschile più sagge e consapevoli della storia, così come Clint Eastwood e Jack Nicholson. Queste tre star si sono strategicamente reinventate a un bivio cruciale della loro carriera aggrappandosi a tre sceneggiature straordinarie: Unforgiven, Jerry Maguire, As Good As It Gets.

  

Unforgiven, Jerry Maguire e As Good As It Gets sono stati tutti pubblicati dai principali studi tra l'inizio e la metà degli anni '90. Sono stati alcuni dei film più personali usciti dalla Hollywood mainstream durante quel decennio e, sebbene fossero proprietà potenzialmente rischiose, hanno riscosso tutti un enorme successo commerciale (ciascuno ha incassato oltre $ 100 milioni al botteghino nazionale) e hanno ottenuto un notevole successo di critica, compresi i cenni di Oscar.

Si sono rivolti alle personalità e alle percezioni pubbliche di Eastwood, Cruise e Nicholson e hanno permesso loro di reinventarsi offrendo l'opportunità di esplorare e persino sottilmente sovvertire gli strati e i confini delle personalità maschili che ciascuno di loro aveva creato nel corso del proprio corpo di lavoro.

Questo fenomeno di reinvenzione è particolarmente avvincente nel caso di star del cinema del loro calibro perché il pubblico gioca un ruolo così critico nel processo di negoziazione dei loro personaggi e, consapevolmente o inconsciamente, sente che le star portano un pezzo di tutti i loro ruoli precedenti a ogni film successivo che realizzano. Di conseguenza, una scena in uno dei film attuali delle star può assumere un livello di significato più elevato se vista in risposta o in opposizione a una scena o persino a un intero personaggio di un progetto precedente.

Unforgiven (1992) , scritto da David Webb Peoples e prodotto e diretto da Eastwood, racconta la storia di William Munny, un killer riformato di mezza età che è costretto a ripiegare sui suoi vecchi modi. Il film si apre con un preambolo che mostra Munny che scava la tomba di sua moglie mentre un passo introduttivo ci informa che la suocera di Munny aveva il cuore spezzato quando sua figlia si sposò con lui, poiché era “un uomo notoriamente vizioso e intemperante. "

Accettiamo questa caratterizzazione di Munny - prima ancora di incontrarlo, intendiamoci - senza dubbio perché associamo Eastwood ai duri assassini che ha interpretato nella miriade di western che ha realizzato prima di Unforgiven, come A Fistful of Dollars, High Plains Drifter, Il fuorilegge Josey Wales e Cavaliere pallido. Munny sta cercando di nascondersi dal suo passato violento, ma quel passato non ha bisogno di essere completamente spiegato a noi perché inconsciamente sostituiamo il passato di Eastwood la star occidentale con quello di Munny; Munny diventa una nuova incarnazione dei personaggi che Eastwood ha interpretato in precedenza.

Questo straordinario processo di costruzione psicologica e significato negoziato avviene praticamente prima ancora che il film abbia inizio e consente a William Munny di entrare nella narrazione come personaggio pienamente formato. Questo è fondamentale per il modus operandi della sceneggiatura, perché  Unforgiven non si preoccupa di costruire e rivelare il personaggio di William Munny, ma di decostruirlo e demitizzarlo - e l'archetipo romantico del pistolero che rappresenta che è così pervasivo nel genere western.

La corretta introduzione a William Munny inizia immediatamente a demitizzarlo. Viene mostrato disteso nel fango, mentre cerca di rinchiudere i suoi maiali in un recinto dall'aspetto dispiaciuto mentre i suoi due bambini piccoli guardano con aria assente. Sicuramente non può essere Eastwood/Munny, l'uomo più duro e taciturno del West, sopraffatto dai maiali e gocciolante nella povertà senza prospettive di una vita migliore. Dal fango, Munny sente Schofield Kid, uno sfacciato, giovane aspirante assassino che vuole farsi un nome, chiamarlo: "Non sembri più cattivo di un dannato assassino a sangue freddo". Schofield è venuto a reclutare Munny come suo partner in una taglia per uccidere due cowboy che hanno fatto a pezzi una prostituta, avendo sentito che era "il peggior pistolero, ovvero il migliore" in circolazione. Ma come mostra il film in questo caso e in molti altri a venire, la reputazione spesso non coincide con la realtà.

Munny inizialmente rifiuta l'offerta, insistendo sul fatto che sua moglie lo ha curato dalla sua malvagità e che "non è più così". Ma quando vede Schofield Kid allontanarsi all'orizzonte e si rende conto che niente aspetta lui e i suoi figli se non fango e maiali malati, ci ripensa. La sceneggiatura quindi ripete il motivo di mostrare Munny come incompetente mentre rispolvera il suo vecchio pacificatore e prepara il tiro al bersaglio con una lattina su un paletto e procede per vedere se ce l'ha ancora. La risposta è un clamoroso no, poiché spara tutti e sei i colpi e non colpisce il barattolo, completamente impotente e incompetente. Questa scena è particolarmente significativa perché il film è un western, e così spesso nei western la mascolinità è equiparata e misurata in termini di tenacia e competenza; dopo tutto, il pistolero deve per definizione essere competente,

Sgomento, Munny torna al poligono, questa volta con un fucile, e fa a pezzi il barattolo; con la pistola più grande, non può sbagliare. Ma incredibilmente, Munny è raffigurato ancora una volta come incompetente nella scena successiva quando cerca di montare a cavallo e parte per unirsi a Schofield Kid nella taglia. Fallisce, sempre di fronte ai suoi figli, miseramente e ripetutamente (e, almeno per gli spettatori, in modo piuttosto comico). La sua lotta per ottenere il controllo dell'animale ricorre nella narrazione e mina ulteriormente la persona competente, taciturna e mascolina che Eastwood aveva plasmato e accumulato nel corso della sua carriera. Ciò è appropriato, poiché anche Munny lotta per controllare il proprio io animale, precedentemente responsabile di innumerevoli atti di violenza e brutalità da ubriaco.

Mentre se ne va, dice ai suoi figli che tornerà tra un paio di settimane e di ricordare che "lo spirito della [loro] cara mamma defunta" veglia su di loro. Eastwood recita la battuta in modo quasi impertinente, suggerendo forse che Munny stia mettendo in scena uno spettacolo teatrale, cercando di illudere i suoi figli e, cosa più sorprendente, se stesso. Munny crede davvero che la sua angelica, legittima, devota e devota moglie Claudia lo abbia "guarito"? O ha solo facilitato il suo desiderio di nascondersi dalla propria natura? E ora che se n'è andata, Munny sta continuando questo omicidio per guadagnare i soldi per garantire un nuovo inizio ai suoi "giovani" o sta cercando l'opportunità di riconnettersi e riaccendere la sua vera natura che sua moglie lo ha aiutato a sopprimere e a rimanere dormiente? nell'ultimo decennio? Munny ha questo dibattito con se stesso per tutta la narrazione. 

Eastwood sminuisce ulteriormente il suo personaggio mettendo in scena una scena in cui Munny, febbricitante e colpito dall'influenza per la pioggia, viene picchiato selvaggiamente a un centimetro dalla sua vita dal sadico sceriffo di Gene Hackman Little Bill Daggett, che è psicopatico impegnato a mantenere la pace. Munny striscia senza dignità fuori dal saloon e nelle strade fangose. La scena, che è parallela a una precedente in cui Daggett brutalizza il colorato pistolero di Richard Harris, l'inglese Bob, mostra che anche il pistolero più incallito con una reputazione mitica può ammalarsi e picchiarsi in un combattimento, un'idea impensabile in tutti i precedenti western di Eastwood. 

Munny sopravvive, ma nella sua febbre delirante, vede visioni straziate e spaventose dall'oltretomba, immagini di uomini che ha ucciso e della moglie infetta da vaiolo. Dice a Ned che ha paura di morire e gli chiede di non dire ai suoi figli nessuna delle cose brutte che ha detto o fatto. Ma quando esce dal coma, rinasce essenzialmente come se stesso.

Prende parte all'uccisione dei cowboy e all'adempimento della taglia, e quando Daggett cattura Ned e lo uccide, Munny regola i conti. Spazza via vendicativamente Daggett, il proprietario del saloon Greeley e tutti gli altri che si mettono sulla sua strada, senza esitazione e senza rimorso. Beve persino whisky, non per attenuare il dolore ma perché lo vuole, ignorando la bussola morale che Claudia gli ha fornito. Cavalca nella notte oscura, l'Angelo della Morte, torna all'allevamento di maiali e scompare con i suoi figli.

Così Unforgiven  smantella e sfata i miti dell'Occidente ei miti della persona di Eastwood, in particolare la definizione che equipara la mascolinità alla competenza d'acciaio e alla rettitudine morale.

Tom Cruise interpreta il personaggio del titolo in Jerry Maguire dello sceneggiatore/regista Cameron Crowe (1996), su un agente sportivo di grande successo ma insincero che si rende conto di odiare se stesso e ciò che è diventato e che intraprende un viaggio emotivamente straziante per riscoprire e riconnettersi con l'idealismo che aveva una volta. Maguire è il lanciatore a lungo ambizioso ma a corto di scrupoli che trasuda fascino e brio genuini. È il ragazzo che la sua agenzia "manderebbe in soggiorno", dove potrebbe convincere qualcuno a darsi fuoco. È calmo sotto pressione e in grado di trasformare qualsiasi situazione a suo vantaggio, ed è fidanzato con una bellissima donna ambiziosa quanto lui. Ma la presunzione centrale del personaggio è che tutto il suo comportamento, in sostanza tutta la sua esistenza, è diventata una facciata - capace di nascondere la solitudine, il vuoto e la mancanza di appagamento che prova - da tutti tranne che da se stesso.

Ancora una volta, in una perfetta fusione di sceneggiatura e casting, il personaggio della star si adatta come un guanto alle dinamiche del personaggio. Tom Cruise aveva costruito la sua carriera interpretando quasi esclusivamente il maschio bello, caloroso, urbano e professionale in odi cinematografiche al testosterone come Top Gun e Days of Thunder e film di prestigio come Rain Man, A Few Good Men, The Firm e Mission: Impossible.

Proprio come con Unforgiven, il pubblico era incline ad accettare immediatamente l'introduzione di Jerry Maguire come un pubblicitario sportivo liscio come la seta basato sul personaggio che Cruise aveva precedentemente coltivato e negoziato con gli spettatori. Che fosse o meno un desiderio consapevole da parte di Cruise, interpretare Maguire gli ha permesso di commentare indirettamente i suoi ruoli precedenti, dicendo che forse non erano gli esseri umani completi che sembravano essere. In quel contesto, la sua presenza aggiunge una gravità personale al ruolo e al film.

Nell'incidente scatenante della storia, Maguire, solo nella sua camera d'albergo, crolla e, in un momento di epifania o follia (mentre trascorre la durata del film cercando di decidere quale fosse), scrive una lunga dichiarazione d'intenti . Intitolato "Le cose che pensiamo ma non diciamo: il futuro della nostra attività", implora la sua azienda di ridurre l'enorme elenco di clienti e di concentrarsi non sul fare un sacco di soldi, ma sulla creazione di relazioni strette e personali con gli atleti che rappresentano. Copia in massa il documento e lo distribuisce con esitazione a tutte le anime della sua agenzia.

L'accoglienza del pubblico è unanime di lodi e applausi; quello privato è quello di eliminare Maguire. Il film rende subito evidente che ha solo due alleati nel suo viaggio: Rod Tidwell, l'unico cliente che riesce a mantenere e Dorothy Boyd, una contabile dell'agenzia e madre single che crede nell'idealismo di Maguire e rischia tutto lasciando l'agenzia. andare a lavorare per lui.

Dorothy, Tidwell e Maguire formano un triumvirato improvvisato. La mamma single e la calciatrice professionista hanno entrambi bisogno di Maguire per avere successo, ma per ragioni molto diverse. Tidwell ha bisogno che Maguire gli assicuri un contratto ben pagato per finire la sua carriera e placare il suo ego e la mascolinità alfa; Dorothy ha bisogno che lui abbia successo perché, per sua stessa ammissione, ha bisogno di sentirsi ispirata dopo la vita oppressa e solitaria che ha condotto.

Fondamentale per la narrazione è che anche Maguire ha bisogno di Tidwell e soprattutto di Dorothy, anche se non se ne rende conto fino alla fine del film. Maguire perde il lavoro, i suoi clienti più importanti e la sua fidanzata assetata di potere. Tutto ciò che gli è rimasto è la speranza del senso idealizzato dello scopo che si è ritagliato nella sua dichiarazione d'intenti e l'amore per Dorothy e il suo giovane figlio Ray. Dorothy ama Maguire per "l'uomo che vuole essere e l'uomo che quasi è", ma inizialmente non vuole il suo amore. Lo spaventa, perché se accetta quell'amore, deve mantenersi all'altezza dello standard che ha esposto nella sua dichiarazione d'intenti.

Maguire non cambia semplicemente idea all'inizio del film e poi procede lungo un percorso completamente lineare, delineato e in avanti verso la trasformazione di se stesso da senz'anima a realizzato. Al contrario, Maguire mette costantemente in discussione la sua dichiarazione d'intenti e ricade ripetutamente sulla sua vecchia, impersonale, tutta affaristica (e piuttosto antipatica) efficienza come meccanismo di difesa. Galleggia liberamente tra due ancore, un'altalena umana costantemente in bilico tra la facile familiarità dell'uomo che era e la spaventosa promessa dell'uomo vulnerabile, audace e completo che potrebbe essere.

Quando si ritrova ad innamorarsi di Dorothy come lei si è innamorata di lui, il suo impulso naturale è quello di respingerla, allontanarsi e proteggersi dalle emozioni penetranti nell'anima che non può controllare o prevedere. Ma in un altro momento di debolezza - che, per il sorvegliante compartimentato Maguire, è in realtà un momento di forza - non sopprime i suoi veri sentimenti e chiede a Dorothy di sposarlo. 

Mentre questo sarebbe (ed è stato) il climax tradizionale in molti film di Hollywood, in realtà è solo il punto a metà dell'arco narrativo di Maguire. Perché inizialmente la proposta di Maguire si rivela essere solo un'altra tattica di vendita dell'Ave Maria nel repertorio dell'abile agente; ha chiesto a Dorothy di sposarlo per impedirle di andarsene e portargli via un altro lavoro. Sente che Dorothy meritava una proposta e così gliene fa una, per premiare la sua lealtà; non è pronto ad ammettere a se stesso che vuole davvero stare con lei. Perché? Perché quell'ammissione lo costringerebbe a essere all'altezza dell'immagine dell'uomo che ha creato nella sua dichiarazione d'intenti, e non sa se può farlo. 

Comprensibilmente, il matrimonio si rivela di breve durata quando Dorothy, più forte ed emotivamente sviluppata, chiama Maguire per non essere completamente impegnata con lei, per aver affrontato i movimenti ("Cosa vuoi, la mia anima o qualcosa del genere?" Chiede Maguire). Tidwell - che, sebbene sia un giocatore con stipendio sul campo di calcio, ama profondamente sua moglie e la sua famiglia - chiama anche Maguire per la sua mancanza di impegno per l'intera "cosa tra marito e moglie".

Opportunamente, Maguire e Tidwell trascorrono la maggior parte del film incompleto, ma nelle arene opposte. Tidwell, tutto cuore nella sua vita personale, è freddo e scostante sul campo. Maguire, al contrario, è tutto cuore e impegno nella sua vita professionale, ma superficiale e persino chiuso in quella personale: "bravo nell'amicizia, pessimo nell'intimità" come proclamano varie donne nel suo video di addio al celibato che compare nel primo atto della sceneggiatura.

Per quanto improbabile sia una coppia, Maguire e Tidwell formano una partnership simbiotica; a malincuore ispirano e facilitano la svolta reciproca verso la completezza emotiva e persino spirituale. Maguire ispira Tidwell a riscoprire la sua gioia per il gioco (e di conseguenza a guadagnarsi il contratto ben pagato che gli è sfuggito con una vendetta) e attraverso Tidwell, Maguire si rende conto che ama davvero Dorothy e ha bisogno che lei si senta soddisfatta e completa.

Tidwell completa il suo viaggio sul campo davanti a migliaia di appassionati di calcio; Maguire deve completare il suo a casa di Dorothy, di fronte a un pubblico ancora più intimidatorio composto dalla disapprovante sorella maggiore di Dorothy, Laurel, e dai membri stanchi del gruppo di sostegno alle donne divorziate che guida. In una scena diventata iconica fino alla derisione negli anni successivi, Maguire convince Dorothy che ora è completamente impegnato con lei, salvando così il matrimonio. Si rende conto che Dorothy lo completa ispirandolo a essere l'uomo che voleva essere nella sua dichiarazione d'intenti, ma non era abbastanza forte per diventarlo da solo; lei lo ancora a quello scopo.

Così il film mostra che gli uomini sono imperfetti, fallibili e assolutamente incompleti a meno che non si permettano di impegnarsi completamente nell'amore sia nella loro vita professionale che in quella personale. Come ha fatto Unforgiven per Eastwood, Jerry Maguire ha permesso a Cruise di riconnettersi con il pubblico coinvolgendo i capisaldi del suo personaggio e della sua filmografia, sovvertendoli al contempo per creare un nuovo contesto retroattivo.

Allo stesso modo, As Good As It Gets (1997), co-scritto e diretto da James L. Brooks, ha permesso a Jack Nicholson di costruire sui ruoli eccentrici, abrasivi e grossolani che ha interpretato in film come Qualcuno volò sul nido del cuculo, L'ultimo dettaglio  e  Five Easy Pieces  e per mostrare l'essere umano in conflitto che giace sotto l'impiallacciatura a strati. Racconta la storia di Melvin Udall, un misantropo ossessivo-compulsivo di mezza età che vive completamente solo nel suo appartamento di New York e lavora come autore di successo di romanzi rosa pulp.

È un uomo definito dalla contraddizione. Scrive spazzatura sentimentale eppure è un abile pianista e il suo appartamento è pieno di opere d'arte costose e libri di filosofie provenienti da tutto il mondo. Un maniaco del lavoro, i suoi libri sono molto popolari e particolarmente amati dalle donne, ma non si diverte a scriverli. Esprime apertamente disprezzo e persino disgusto per il concetto stesso di romanticismo, e quando un fan zelante gli chiede come scrive così bene le donne, risponde: "Penso a un uomo e tolgo ragione e responsabilità".

Udall esce dal suo appartamento solo quando deve. Crede che "le persone che parlano per metafore dovrebbero lavarsi il [suo] inguine" e non fa discriminazioni nel suo disprezzo. Il film mostra fin dall'inizio come Udall detesti il ​​suo vicino artista gay Simon, neri, ebrei, cani, poliziotti, attrici... tutti tranne Carol Connelly, la cameriera che lui insiste ad aspettarlo alla tavola calda in cui va ogni giorno per i suoi pasti - e l'unico disposto a tollerarlo. Come Dorothy Boyd, Carol Connelly è una mamma single della classe operaia e, come Dorothy Boyd, è la spina dorsale del film, il catalizzatore che spinge Melvin Udall a riscoprire e riconnettersi con la sua umanità, ad accettare l'amore e diventare una persona completa.

Come Jerry Maguire, questo è un viaggio a cui Udall resiste e lotta per l'intera sceneggiatura. Una serie di circostanze lega indissolubilmente Udall, Carol e Simon: che lo voglia ammettere o no (non lo vuole), Udall ha bisogno che Carol e Simon lo salvino da se stesso o, come dice Carol, per non "rovinare". tutto essendo te”; Simon ha bisogno che Udall si prenda cura del suo cane Verdell dopo che è stato derubato, picchiato selvaggiamente e ricoverato in ospedale a casa sua, e lo porti a Baltimora per chiedere aiuto ai suoi genitori separati da decenni per le spese mediche; e Carol ha bisogno dell'aiuto di Udall per prendersi cura del figlio Spenser, gravemente malato (quando Carol non si presenta al lavoro un giorno, Udall organizza e paga costose cure mediche domiciliari per Spenser in modo che possa tornare al lavoro e aspettalo).

Carol usa suo figlio per nascondersi dalla sua solitudine proprio come Udall usa il suo disturbo e il suo intenso cinismo per lo stesso motivo. Ma alla fine della sceneggiatura, dopo una serie di battute d'arresto disastrose (ed esilaranti), Udall ha stretto sia una stretta amicizia con Simon che una fiorente storia d'amore con Carol, che pensa sia "la più grande donna vivente" e che gli fa "voler sii un uomo migliore”. A differenza di Jerry Maguire, tuttavia, il film non si conclude con il completamento del viaggio di Udall verso l'integrità spirituale, ma con la promessa del completamento; lotta ancora con le sue nevrosi e ha molta strada da fare.

Sebbene sicuramente senza alcuno sforzo cosciente da parte dei vari team creativi dietro Unforgiven, Jerry Maguire e As Good As It Gets, i film si completano a vicenda e vale la pena guardarli insieme. I protagonisti dei tre film sono tutti personaggi ai punti di svolta della loro vita che sono costretti a esaminare la loro natura e intraprendere viaggi per diventare o rimanere versioni idealizzate di se stessi. Tutti inizialmente resistono al viaggio e lottano con esso per tutto il corso delle narrazioni.

Maguire e Udall (almeno in parte) desiderano migliorare la loro essenza, trasformarsi da maniaci del lavoro chiusi, solitari e autosufficienti con connessioni umane impersonali e persino inesistenti in esseri umani emotivamente completi e realizzati. Munny, tuttavia, inizia la narrazione come la migliore versione di se stesso e, senza la presenza di sua moglie per mantenerlo onesto, lotta per non regredire nell'assassino amorale che era in passato. Questi sono tutti personaggi i cui difetti e vuoti sono nascosti dalla loro reputazione e dai loro comportamenti esteriori altamente sviluppati. I film usano i loro protagonisti per chiedersi se gli uomini esteriormente di successo impostati nei loro modi possano o meno cambiare la loro natura, in meglio o in peggio.

Fondamentalmente, sebbene questi siano film sugli uomini, non sono guidati da loro. Al contrario, le donne – e più specificamente le donne che sono anche madri – vengono presentate come più forti e spiritualmente superiori agli uomini. Claudia Feathers, Dorothy Boyd e Carol Connelly fungono da spina dorsale morale delle rispettive narrazioni e sono assolutamente fondamentali per i viaggi profondamente trasformativi che i protagonisti maschili affrontano. E non sfidando questa gerarchia, Cruise, Eastwood e Nicholson hanno ampliato i loro marchi per attrarre una fascia demografica femminile più forte di quella che normalmente raccoglievano. Il che non vuol dire che si trattasse di un calcolo mercenario intenzionale da parte loro, ma probabilmente solo un fiducioso riconoscimento di quanto fossero buone queste rispettive sceneggiature e di come le storie dovessero essere raccontate organicamente.

Unforgiven, Jerry Maguire e As Good As It Gets sono sceneggiature complesse e coinvolgenti che hanno rivitalizzato e ridefinito le carriere delle rispettive star. Visti collettivamente, realizzano anche quanto segue: sfidano lo stereotipo secondo cui le narrazioni patinate di Hollywood presentano solo personaggi simpatici e semplicistici e non corrono rischi; mirano a sfatare la definizione tradizionale di mascolinità come caratterizzata da forza, potere, consapevolezza di sé e autosufficienza; e presentano la reputazione e il successo professionale come costrutti psicologici e culturali incompleti che, se non controllati, possono impedire la vera realizzazione emotiva e umana.

Queste sceneggiature singolari e sorprendenti sono riuscite a raccontare narrazioni emotivamente serie ma fondate con personaggi complessi e altamente capaci. Stanno affermando la vita e suggeriscono piuttosto abilmente che le persone hanno bisogno di altre persone... anime gemelle... per aiutarle a diventare le migliori versioni di se stesse e per dare loro uno scopo centrale.

C'è molto da imparare da queste sceneggiature e dall'alchimia singolare e trascendente che è scaturita da Tom Cruise, Clint Eastwood e Jack Nicholson che interpretano specificamente i protagonisti. Se sei uno sceneggiatore, comprendi che le scelte di casting e la confezione possono aggiungere una dimensione unica ai tuoi personaggi che si eleva al di sopra di ciò che potresti mai mettere sulla pagina. Pensa a persone reali che incarnano i tuoi personaggi e ne assumono una proprietà significativa. Desideratelo e sperate che accada.

Se sei un attore, rispetta il potere dei grandi ruoli in una grande sceneggiatura. Assorbi la scrittura. Coltivalo e incarnalo. Racconta la storia. Comprendi che tutti i tuoi ruoli sono collegati a un certo livello e se sei abbastanza fortunato da raccogliere membri del pubblico che ti seguono da un progetto all'altro, allora sei in una relazione che devi sforzarti seriamente e strategicamente di fare tesoro , mantenere e sviluppare.

Articolo di Screencraft 

Belle storie che ancora non sono film

 (Dal film "The Rum Diary")

Nel 2005 a qualcuno venne in mente di chiedere ai principali produttori di Hollywood quali fossero le sceneggiature e i soggetti – cioè le idee per i film – più belli che avevano letto durante l’anno, e che ancora non erano diventati film e nemmeno avevano iniziato il percorso per diventarlo (con i finanziamenti necessari, un regista, un cast e delle riprese). L’esito di quel sondaggio fu usato per compilare la cosiddetta “Black List“: la lista delle belle storie che ancora non erano diventate film. Da allora quella lista è diventata piuttosto famosa nel cinema, e ne hanno fatto parte le storie che poi sono diventate Argo, Il discorso del re, The Millionaire, Manchester by the Sea e Arrival. Quest’anno la “Black List” è stata fatta chiedendo a 250 professionisti quali fossero secondo loro le storie scritte o pensate nel 2016 che meritavano di diventare film. Ognuno di loro poteva nominarne al massimo dieci. Nelle pagine seguenti ci sono le dieci che hanno ricevuto più voti, con molti pari merito. Ce n’è una sulla storia dell’Universo, una su una giovane Madonna (la cantante), una su Rosemary Kennedy e una su una donna che si sveglia senza memoria in una cella criogenica da cui non riesce a uscire.

Quelle belle ma non nei primi dieci posti

Ce n’è una ispirata alle vere vicende di un uomo che «dopo una crisi di mezza età lascia l’Alaska e parte per quella che crede essere una tranquilla crociera ma fa naufragio nell’Atlantico con un uomo carismatico ma psicotico che smette di prendere le sue medicine». Un’altra storia – “ispirata a una storia vera” – parla di una ragazza che nel 1966 cercò di entrare di nascosto in un hotel in cui stavano i Beatles, «per perdere la sua verginità con George Harrison». Una è sui problemi avuti da Stephen King mentre cercava di finire Carrie, una sul triangolo amoroso tra Eric Clapton, George Harrison e Pattie Boyd. C’è anche una sceneggiatura intitolata Battle of Alcatraz ed è riassunta così: «Un piano di fuga di alcuni prigionieri di Alcatraz si trasforma in uno scontro di due giorni (con di mezzo degli ostaggi) tra i detenuti e le truppe dell’esercito degli Stati Uniti». Un’altra storia è King of LA, ambientata negli anni Ottanta e basata sulla vera storia di un ex agente antidroga diventato un grande trafficante di droga. Un’altra storia è intitolata Saving Charlie Chaplin: «Mentre i nazisti cercano di fermare la produzione di un film che prende in giro Hitler, un agente dell’FBI e un detective di Los Angeles devono collaborare per proteggere un ubriaco e arrabbiato Charlie Chaplin da un probabile rapimento dei nazisti».

Letters from Rosemary Kennedy

di Nick Yarborough: 21 voti

È l’idea di un film sulla terribile storia di Rosemary Kennedy, la sorella minore di John Fitzgerald Kennedy, che nacque con una disabilità mentale – l’infermiera che la fece nascere cercò di bloccare il parto per due ore, provocando una carenza d’ossigeno nella neonata – e che per anni la sua famiglia cercò di tenere nascosta. Quando aveva 23 anni Rosemary fu sottoposta a una lobotomia che anziché aiutarla peggiorò molto le sue condizioni. 

Rosemary Kennedy, nel 1938 (Keystone/Getty Images)

Dark Money

di Matt Fruchtman: 21 voti

È un film sulla vera storia di un giovane broker che andò a lavorare per il miliardario Steve Cohen e «finì in mezzo al più grande caso di insider trading della storia». L’insider trading è l’utilizzo di informazioni riservate sulle aziende per fare compravendita di titoli azionari. Un po’ come Wall Street e Wall Street: il denaro non dorme mai, quindi, però “tratto da una storia vera”.

Un progetto su “Lax Mandis”

di Seth Spector: 22 voti

«Un film su un produttore cinematografico che non sopporta l’industria in cui lavora e finisce per dover lavorare con una persona che gli fa rimettere tutto in discussione». Il nome Lax Mandis sembra essere un piuttosto chiaro riferimento a Max Landis, lo sceneggiatore di Chronicle e American Ultra e il figlio di John Landis, quello di Animal House, di The Blues Brothers e di Una poltrona per due (giusto per sceglierne tre). Max Landis ha già criticato il progetto.

O2

di Christie LeBlan: 22 voti

Mette ansia già in due righe, soprattutto se siete claustrofobici e avete paura di restare chiusi in ogni cosa che si possa chiudere: «Charlie si sveglia in una cella criogenica senza ricordarsi come ha fatto a finire lì, e deve scappare prima che finisca l’ossigeno». Probabilmente senza poter usufruire dei consigli di Pai Mei, altrimenti finirebbe subito.

 

In the Blink of an Eye

di Colby Day: 25 voti

È un progetto di un giovane regista di cortometraggi che sul suo sito dice di sé: «Colby Day è un emergente, promettente, fico, unico, carismatico, divertente, intelligente, geniale e strambo sceneggiatore e cineasta. Onestamente». Il suo progetto di film la-tocca-piano: «Esplora l’intera storia dell’Universo e della nostra specie attraverso tre linee narrative interconnesse che mettono in discussione l’essenza della vita, dell’amore, della mortalità, di dove siamo stati e di dove stiamo andando; il passato, il presente e il futuro della razza umana».

Voyagers

di Zach Dean: 28 voti

È un film sulla «storia d’amore cosmica» tra Carl Sagan, un famoso astronomo e divulgatore scientifico, e Ann Druyan, scrittrice e produttrice televisiva e sua moglie. Sagan è, tra le tantissime altre cose, quello di questo discorso.

The Post

di Liz Hannah: 35 voti

«Prima del Watergate ci furono i Pentagon Papers. Questa è la storia vera di come Katharine Graham [della famiglia che per anni ha gestito il Washington Post] e il leggendario direttore Ben Bradlee superarono le loro differenze per pubblicare una storia che avrebbe cambiato le loro vite». Di Bradlee – forse il più famoso direttore di un quotidiano della storia – avevamo parlato qui. A quell’altro film su due giornalisti del Washington Post e sulla loro inchiesta invece ci state già pensando da soli.

The Olympian

di Tony Tost: 35 voti

«La vera storia di un canottiere che contro tutti i pronostici vuole provare ad andare alle Olimpiadi del 1984. Raccontata attraverso il suo rapporto con l’allenatore, il padre, la fidanzata». Adesso forse state invece pensando a questa, di storia.

Life Itself

di Dan Fogelman: 35 voti

Fogelman è quello che ha sceneggiato Cars e This is Us, la serie tv candidata al Golden Globe per la Miglior serie drammatica. La storia di Life Itself parla di «una storia d’amore multigenerazionale che riguarda diverse persone le cui vite si intrecciano in una storia lunga decenni, dalle strade di New York fino alla campagna spagnola». This is Us, per l’appunto, è una serie tv che parla di un gruppo di persone che sono nate nello stesso giorno, vivono in diversi posti degli Stati Uniti e hanno stili di vita differenti ma le cui vite finiscono per intrecciarsi in modi strani. Se vi è venuta voglia: nell’attesa di Life Itself questo è il trailer di This is Us.

Blond Ambition

di Elyse Hollander: 48 voti

È l’idea per un film sulla storia di una giovane Madonna, che negli anni Ottanta vive a New York e cerca di farsi pubblicare il suo primo disco.


Articolo di ilpost.it

Buone notizie per gli appassionati dell''HORROR: da oggi a fine anno sono in cantiere ben 29 film Horror

Per gli appassionati irriducibili dell’horror, il 2023 si sta rivelando un anno incredibilmente favorevole. Dal numero di film in uscita nei cinema Usa da qui a fine anno, 29, Hollywood sembra puntare forte su un genere tradizionalmente low budget, capace però di riempire le sale: secondo la società di ricerca online Comscore, nel 2022 i film del terrore hanno generato al box office Usa 676 milioni di dollari, una cifra pari al 9% dei biglietti staccati in tutto il Paese.

Leggi tutto: Buone notizie per gli appassionati dell''HORROR: da oggi a fine anno sono in cantiere ben 29 film...

Io prima di te - Me Before You di Thea Sharrock

io prima di te film libro sceneggiatura regiaFilm tratto dall'omonimo romanzo di Jojo Moyes che ripropone il tema dell'eutanasia in maniera molto forte, toccando i sentimenti a mò di fili scoperti, sentimenti insiti nella semplicità ingenua e solare di una ragazza che potrebbe essere chiunque, (e anche da qui il successo della storia) ..... la protagonista non è quel modello di bellezza che noi associeremmo ad una storia d'amore con un principe azzurro ( anche se in carrozzina), ma una ragazza come tante, spesso goffa, ridicola nel vestire, con una vita semplice ed abitudinaria.... storia in cui i corpi, sempre tanto enfatizzati dalla cinematografia, scompaiono per far posto alla vera comunicazione tra due anime diverse, che si incontrano e trascorrono un tratto di vita insieme, forse il tratto più intenso emotivamente della loro esistenza, in cui lo splendore della vita e lo spettro della morte, del nulla, si intrecciano e innescano la vera consapevolezza...... Louisa capirà che l'amore è conoscenza e accettazione dell'altro, delle sue scelte, lascerà quell'infantile quanto tenera e fiabesca missione di cambiare le decisioni di Will, e lo accompagnerà, col coraggio che solo l'amore può donare, nel portare a termine la sua scelta, Will, dal canto suo, scopre di amare la vita di questa istintiva e appassionata ragazzina, forse come non ha mai amato la vita di nessuno, sempre così preso dalla sua... e, paradossalmente, sente anche che ha qualcosa da dare, proprio nel momento in cui la percezione di sè lo relega nell'inutilià esistenziale, ... Nell'ultima parte del film si sente la sua trasposizione in Louisa di tutta la sua energia vitale, forza, autostima, voglia di vivere e fare esperienze di ogni tipo,....... ottima interpretazione, un film che da molti spunti di riflessione e che coinvolge. (mymovies.it)

io prima di te sceneggiatura regia storia 1TRAMA: Louisa Clark vive in una tipica cittadina della campagna inglese con la madre, il padre, la sorella Katrina, il nipotino e il nonno ed è fidanzata con Patrick, un giovane personal trainer. Ha 26 anni e passa da un lavoro all'altro per aiutare la sua famiglia. La ragazza è stata appena licenziata dal locale in cui lavorava da anni, il "The Buttered Bun", perché stava chiudendo per fallimento e il suo inattaccabile buonumore viene messo a dura prova quando si ritrova ad affrontare una nuova sfida lavorativa. Trova infatti lavoro presso la famiglia Traynor che cerca un'assistente per il figlio Will di 31 anni che ha avuto un incidente due anni prima rimanendo paralizzato sulla sedia a rotelle cambiando radicalmente la sua vita in un attimo. 
Nel periodo durante il quale lavorerà per lui, Louisa imparerà a conoscerlo e capirà che dietro la corazza di superiorità e freddezza c'è ancora un ragazzo sensibile a cui manca la vita che conduceva prima dell'incidente, piena di emozioni. Dopo aver scoperto che Will ha fatto un accordo con i suoi genitori, in cui si concede sei mesi ancora e poi andrà nella clinica per il suicidio assistito Dignitas in Svizzera per porre fine alla sua vita, Lou si propone di dimostrare a Will che la sua vita è ancora degna di essere vissuta, mentre Will spingerà Lou ad "allargare i suoi orizzonti" e a credere in se stessa e nelle opportunità che la vita le può offrire. 
Purtroppo, i tentativi di dissuaderlo, nonostante la felicità che la ragazza ha portato nella sua vita, si riveleranno inutili, in quanto Will deciderà lo stesso di morire. Lou, dopo un primo momento di rabbia e dolore, deciderà di rimanergli accanto e lo raggiungerà in Svizzera. Alla fine del film Lou si trova a Parigi, mentre legge una lettera di Will che le dice di averla scolpita nel suo cuore e che ha pensato a darle una spinta per vivere la sua vita come merita, felice e realizzata economicamente lasciandole l’accesso a un conto corrente. (wikipedia.org)

A livello mondiale la pellicola ha incassato 208,3 milioni di dollari, a fronte di un budget di 20 milioni.

 

Pulp fiction: abbiamo ricostruito la trama in ordine cronologico

La definizione dell’autorevole urban dictionary a riguardo della parola Pulp, difficile da tradurre in italiano, non lascia adito a dubbi: un film, un libro o una pubblicazione di altro tipo di argomento lurido e oscuro, come ad esempio un crimine. In molti casi gli argomenti di natura shockante sono affrontati come se fossero ordinari.

Pulp fiction film lungometraggio cortoL'essenza di Pulp fiction è forse tutta qui, in quelle due frasi così incisive, a patto però che non diventi uno dei tanti film più discussi che visti, come tradizione cinefila imporrebbe subdolamente. Pulp fiction va visto, rivisto e assimilato per poterne apprezzare la bellezza antica, novantiana ed ovviamente pulp.

Capolavoro di Quentin Tarantino del 1994, e non per modo di dire: diventato oggetto di cult per la fluidità fuori norma, per gli omaggi cinematografici e la molteplicità di riferimenti (Rocky Horror Picture Show e I guerrieri della notte, tanto per citare i più noti). Un film costruito su riferimenti da veri cinefili, capace di stordire, appassionare, spaventare e divertire: certamente l’opera “di cassetta” forse meglio riuscita di ogni tempo da parte del regista. Un regista che all’epoca era saldamente ancorato sulla rielaborazione del cinema di genere anni 70, prima della svolta pop recente che lo avrebbe consacrato al famigerato “grande pubblico”.

La storia è sostanzialmente divisa in tre parti, e il regista ha deciso di spezzattarla e rimontarla in modo anti-casuale, stravolgendo l’ordine cronologico e riuscendo comunque a chiudere il cerchio in modo anticonvenzionale.

In fondo non ha alcuna importanza che il regista ritagli per sè una parte minima (neanche troppo rilevante per la trama), e non importa neanche troppo che ci sia un cast di tutto rispetto (John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Harvey Keitel il “risolvi-problemi” e Bruce Willis): il vero protagonista del film è il cinema amato dal regista, e declinato in decine di “salse” diverse, fatto di riferimenti – per la verità non sempre ovvi e spesso molto di nicchia.

In ordine cronologico i fatti sono i seguenti: Vince (Travolta) si procura dell’eroina da uno spacciatore (Lance), e successivamente deve accompagnare la moglie cocainomane del suo capo (Mia, Uma Thurman) a trascorrere una serata in un caratteristico locale (Jack Rabbit Slim’s). La serata si conclude drammaticamente: la donna va in overdose per aver sniffato la dose appena procurata, e Vince la riporta al suo spacciatore al fine di praticarle in’iniezione di adrenalina al cuore. La donna si risveglia e concorda di non raccontare l’accaduto al marito.

In questa fase viene fuori il “pulp” del film: dialoghi surreali, sarcastici, sul filo del rasoio ed estremizzati come da tradizione del cinema di genere. Il dialogo tra Mia e Vince, fatto di allusioni, imbarazzi ed nevrosi dei due personaggi è quasi l’archetipo dell’appuntamento tra due persone che sanno di non poter “spingersi oltre” pur essendo attratte l’uno/a dall’altra/o. Visivamente la scena più forte è quella della siringa al cuore, un capolavoro di tensione degno di Dario Argento, che Tarantino fece eseguire al contrario per rimontarla all’inverso.

Successivamente Vince, assieme al suo collega Jules (S.L. Jackson), si reca in macchina da alcuni spacciatori, i quali possiedono una valigetta appartenente al loro capo (Wallace) dal contenuto misterioso (mai chiarito dal film). Nessuno sa cosa ci fosse nella valigetta: diamanti, soldi, quello che penso che sia (cit.), Sto cazzo™️… Che importa. Ha importanza solo che ne dibattiamo ancora oggi, forse. Dopo aver discusso (e dopo essere scampati miracolosamente all’aggressione da parte di un quarto spacciatore fino ad allora nascosto), i due uccidono senza pietà tutti i presenti nell’appartamento tranne uno, che porteranno con sè: poco dopo Vince gli sparerà a morte per errore all’interno della macchina. Jules si rivolge a Jimmie Dimmick (Tarantino) per avere un luogo dove fermarsi, e contatta mediante il loro capo il celebre sig. Wolf, il risolvi-problemi, il quale riuscirà a far ripulire l’auto senza lasciare traccia.

In questa fase del film la violenza visiva (ed estetizzata) raggiunge il proprio apice, e si esaspera particolarmente l’uso del torpiloquio e del non politically-correct. Rimane nella storia la scena dell’omicidio in macchina ed il versetto biblico –  inventato – recitato a memoria da Jules.

Poco dopo i due gangster vanno a fare colazione in un vicino fast-food, nel quale Zucchino e Coniglietta (coppia nevrotica di rapinatori alla Bonnie e Clyde) organizzano sul momento una rapina nel locale, facendosi consegnare tutti i soldi dai presenti. Il rapinatore (Tim Roth) incontra Jules, il quale dopo averlo affrontato a muso duro lo disarma. Alla fine decide di lasciarlo in vita, poichè l’essere sopravvissuto all’aggressione di poco prima lo ha fatto entrare in una fase mistica, che gli impedirà di proseguire a fare il gangster. Alla fine dona il contenuto del proprio portafoglio – quello con su scritto “Bad MotherFucker” – al rapinatore, che riesce ad fuggire con la compagna.

Condotto quasi sulla falsariga del celebre “Un giorno di ordinaria follia” (durante la scena della finta-rapina al fast food dell’impiegato), questa fase del film caratterizza in modo eccellente altri due personaggi, e mostra l’ inatteso spessore dei personaggi di Vince e Jules.

L’ex pugile Butch (Willis) tratta con Wallace di disputare un incontro truccato a pagamento: i suoi piani pero’ prevedono di incassare subito la somma pattuita, puntando poi su se stesso presso vari bookmaker e vincendo l’incontro, venendo meno ai patti. Nel frattempo riesce a rientrare nel motel dove lo attende la fidanzata: il giorno dopo si rende conto di aver dimenticato l’orologio appartenuto a suo padre e a suo nonno, e ritorna nel proprio appartamento a recuperarlo. Lì, pur trovando Vince ad attenderlo, riesce fortuitamente ad avere la meglio su di lui uccidendolo con l’arma che il gangster aveva lasciato sul tavolo proprio mentre usciva dal bagno.

Mentre Butch è in fuga con la macchina, fermo ad un semaforo incontra casualmente Wallace in persona, e decide di andargli addosso con la macchina ferendolo (e ferendosi) gravemente. Da qui nasce un inseguimento a piedi che culmina all’interno di un negozio, gestito dal sadico Maynard che tramortisce i due e li porta nello scantinato per stuprarli. Mentre l’amico del proprietario, il poliziotto Zed, sta esercitando violenza sessuale sull’immobilizzato Wallace, Butch riesce a liberarsi e fa fuori lo “storpio” (lo schiavetto della coppia in tenuta sadomaso). Convinto inizialmente a darsela a gambe ritorna invece sui suoi passi, scegliendo accuratamente un’arma adatta a liberare Wallace (un martello, una mazza da baseball, una motosega ed infine una katana). Trafigge così Maynard, mentre lascia la vendetta per Wallace, che si preannuncia particolarmente lenta e dolorosa, estinguendo per riconoscenza verso l’ex antagonista il suo debito precedente. Butch ritorna al motel a bordo di un chopper e fugge da Los Angeles con la fidanzata.

La parte conclusiva di “Pulp fiction” merita un posto d’onore all’interno della storia del cinema, non tanto per le citazioni sparse – tra cui evidentemente “Poliziotto sadico“, e quasi certamente qualche exploitation di nicchia di argomento sadomaso – quanto per il ritmo e lo svolgersi dell’intreccio. Probabilmente la parte migliore del film, recitata con grande spirito da Bruce Willis, e ricca di personaggi aggiuntivi e di micro-storie annesse (lo schiavetto, la tassista, la fidanzata del pugile).

Alcuni dettagli del film potrebbero globalmente spiazzare il pubblico, che potrebbe non comprendere certi riferimenti o infastidirsi per l’autoreferenzialità del regista, senza contare la miriade di dettagli – che non riporto per brevità – che arricchiscono un film di quasi tre ore (!). In realtà sono proprio questi ultimi a costituirne la base della grandezza che si è tramandata fino ad oggi, offrendoci un’opera che riesce a non far sbadigliare neanche per un attimo.

Un film che dice molto più di quanto possa raccontare una recensione, e che dipinge lo stile del primo Tarantino assieme a Le iene e Jackie Brown.

di Salvatore per lipercubo.it 

 

Alfred Hitchcock diceva che per fare un buon film servono tre cose: “Il copione, il copione e il copione”

 Alfred Hitchcock diceva che per fare un buon film servono tre cose: “Il copione, il copione e il copione”

* MEMORIE DEI CAMPI - MEMORY OF THE CAMPS | GERMAN CONCENTRATION CAMPS FACTUAL SURVEY

Diretto da Sidney Bernstein, Alfred Hitchcock
Sceneggiatura di Alfred Hitchcock
Regno Unito, 2014
Documentario, Di guerra, Storico

TRAMA

Ordinato nell'aprile 1945 come documentario ufficiale sui campi di concentramento nazisti compilato con filmati girati da cameramen che accompagnavano le truppe alleate. Il film è stato accantonato, incompiuto; nel 2014 l'Imperial War Museum ha completato il film secondo le istruzioni stabilite dal team di produzione originale del 1945.

* RICATTO - BLACKMAIL

Regia e Sceneggiatura di Alfred Hitchcock
Regno Unito, 1929
Poliziesco, Thriller

TRAMA

Dopo un litigio con Frank, il fidanzato poliziotto, Alice decide di uscire con un altro uomo. Quando arrivano a casa, lui la aggredisce e lei per difendersi lo uccide. Frank indaga sul caso e scopre che Alice non è la sola coinvolta. Allora cominciano i ricatti…

LA NOSTRA OPINIONE

Questo film del 1929 segna l’esordio di Hitchcock nel cinema sonoro. Inizialmente girato muto, fu poi rielaborato con nuove scene per adattarlo ai tempi che correvano. Il risultato è un curioso oggetto estetico, un cupo racconto di sopravvivenza femminile tra i mali degli inganni maschili.

* NUMERO DICIASSETTE - NUMBER SEVENTEEN

Regia e Sceneggiatura di Alfred Hitchcock
Regno Unito, 1932
Thriller, Poliziesco, Giallo

TRAMA

Una banda di ladri si riunisce in un rifugio dopo una rapina, ma un detective è sulle loro tracce.

* IL PRIGIONIERO DI AMSTERDAM - FOREIGN CORRESPONDENT

Diretto da Alfred Hitchcock
Stati Uniti, 1940
Azione, Sentimentale, Thriller, Di guerra

TRAMA

Un reporter scopre che un rappresentante del movimento pacifista inglese non è morto assassinato come qualcuno tenta di far credere, ma è prigioniero di una nazione che vuole carpirgli preziosi segreti. Il giornalista cade così in una rDal sitoete di spionaggio, cospirazioni e celebri scene hitchcockiane.

LA NOSTRA OPINIONE

Per il suo secondo film hollywoodiano, Hitchcock ha creato un thriller di guerra ricco di intrighi e umorismo che vanta uno degli omicidi più memorabili del maestro. Fu candidato all’Oscar® come miglior film, ma il premio andò a Rebecca! Hitchcock era arrivato.

Per il suo secondo film hollywoodiano, Hitchcock ha creato un thriller di guerra ricco di intrighi e umorismo che vanta uno degli omicidi più memorabili del maestro. Fu candidato all’Oscar® come miglior film, ma il premio andò a Rebecca! Hitchcock era arrivato.

 

ALCUNI DEI PRIMI FILM DI ALFRED HITCHCOCK - Dal sito  mubi.com

 

Come fanno i registi a registrare in aree affollate a Tokyo, Manhattan, ecc.? Hanno bisogno di permessi?

Lost in Translation aveva un budget di $4 milioni. Eppure c'è una scena girata in mezzo alla folla, a circa metà del film - quando Scarlett Johansson attraversa l'Incrocio di Shibuya a Tokyo nell'ora di punta - che è stata girata come un film indipendente senza un soldo.

Sofia Coppola ha mandato Scarlett Johansson nella folla con una telecamera e il primo assistente operatore alle calcagna.

A quel punto la troupe ha attraversato la strada, ha preso un ascensore per il secondo piano di uno Starbucks, ha finto di ordinare da bere e ha puntato le telecamere fuori dalla vetrata.

Qui potete vedere il leggendario direttore della fotografia, Lance Accord, che fa finta di niente:

A scuola di cinema vi diranno di non filmare mai in un luogo pubblico senza i vari permessi. E a volte i permessi sono necessari. Molte produzioni sono inflessibili riguardo a questo tipo di rischi evitabili e vengono spesi un sacco di soldi per simulare delle folle realistiche.

Ma questo spirito - mischiare la finzione alla realtà, rubare inquadrature nel bel mezzo della vita di tutti i giorni - può produrre un tipo di magia che i soldi non potranno mai comprare.

di Will Bryan per quora.com (Director & Screenwriter presso One-Room Schoolhouse Films)

Quale film ha avuto la locandina più.... particolare ?

Il film "Cloverfield" è leggendario per la sua geniale campagna di marketing.


Un espediente che ha venduto il film è stato quello di tenere segreto il mostro. Non hanno nemmeno mostrato il titolo del film sulla locandina, né nel trailer.

In effetti, non era affatto ovvio che ci fosse un mostro e che il film fosse solo un altro disastro di Ronald Emmerich. Ma ben presto la gente ha capito che c'era davvero un mostro di qualche tipo. Ne è seguito il tipico dibattito online con molteplici teorie.

Tuttavia, il poster rivela la creatura.


Capovolgendo i poster si ottiene questo.

Non lo vedete?

Guardate il fumo che esce dagli edifici.


Eccolo lì, che ci fissa con i suoi occhietti. Sembra una mantide gigante.

E pensare che ci sono volute centinaia di nerd e migliaia di ore per trovarlo.

di  Ryan Phillips   per quora.com

I film più strani ed assurdi da vedere

I film più strani, anzi stranissimi e assurdi da vedere assolutamente. Film contorti, assurdi, folli, diversi dal solito, fuori dai normali canoni cinematografici, bizzarri, eccentrici, grotteschi e allucinanti.

Leggi tutto: I film più strani ed assurdi da vedere

La grande bellezza di ROMA al cinema

Dieci film tra i più celebri girati negli scorci più spettacolari della Città Eterna

Se uno decide di fare una passeggiata per Roma, non è strano che si imbatta ogni tanto in cartelli che indicano che in quello scorcio è stato girato questo o quel film. La Capitale è infatti una delle città più amate al mondo, anche dai filmmaker, che non esitano a spendere cifre considerevoli pur di girare i propri film tra le sue rovine e le sue vie più caratteristiche. In occasione dell'Oscar a La grande bellezza, film che esalta, appunto, la bellezza di Roma (pur mostrandone la decadenza), ripercorriamo la Città Eterna attraverso i film che l'hanno immortalata al cinema.


La dolce vita
Si tratta della scena più famosa del cinema di Federico Fellini e forse anche la più nota tra quelle girate a Roma: Anita Ekberg che si rivolge a Mastroianni con il celebre “Marcello, come here” e lo invita a raggiungerla tra le acque della Fontana di Trevi. Una scena romantica e sensuale, in un film a cui Sorrentino deve molto.


Ocean's Twelve
Il Pantheon è teatro di una celebre scena di Ocean's Twelve, in cui vediamo Brad Pitt inseguito dalla polizia, che trova il tempo di sorridere a una bella sconosciuta seduta a un caffè, interpretata da Catherine Zeta-Jones. Il giorno dopo entrambi tornano sul luogo del delitto per approfondire la conoscenza...


Vacanze romane
William Wyler dirige Audrey Hepburn e Gregory Peck in questo classico della commedia romantica americana. La location più importante del film è senz'altro Piazza di Spagna, dove avviene il primo incontro tra Joe Bradley e la principessa Anna. Ma la coppia, che gira per la città in Vespa in una scena entrata nella storia, visita anche Piazza Venezia, Piazza Barberini (dove si trova l'ambasciata in cui è alloggiata la principessa) e il Colosseo.

Caro diario
Altro film, altro giro in Vespa. Stavolta, a guidarla attraverso Roma c'è Nanni Moretti, che in Caro diario visita il quartiere Garbatella e i Colli Romani. Nella sua esplorazione, tocca anche Villaggio Olimpico, Tufello, Vigne Nuove e Monteverde. Un omaggio sentito del regista alla bellezza della sua città.


Angeli e demoni
Il sequel de Il codice Da Vinci vede Tom Hanks correre a perdifiato per le strade di Roma, tra Piazza Navona, Piazza del Popolo e il Pantheon. Lì, Tom Hanks fece interrompere le riprese dopo aver notato una coppia di sposi: li scortò attraverso la piazza e si fece anche delle foto con loro. La produzione non ricevette, invece, il permesso di girare in Vaticano: la Reggia di Caserta fece da “controfigura” per gli interni, mentre Piazza San Pietro fu ricreata in studio con l'ausilio del green screen.


Mission: Impossible III
Tom Cruise che solca il Tevere in motoscafo non è una cosa che si vede tutti i giorni, ma è capitato durante le riprese di Mission: Impossible III. Fu la prima scena a essere girata e l'attore chiese al regista J.J. Abrams di sparare il famoso tema della serie da alcuni altoparlanti, per entrare meglio nel personaggio di Ethan Hunt. Una curiosità: Cruise sposò Katie Holmes proprio in quei giorni, nel castello Odescalchi di Bracciano, vicino Roma. Altra curiosità: anche in questo caso, la Reggia di Caserta sostituì l'inaccessibile Vaticano.


Tototruffa '62
Parlando della “grande bellezza” romana, non si può non citare un'altra famosa scena girata nei pressi della Fontana di Trevi. Protagonista, in questo caso, è Totò, che nel film Tototruffa '62 si spaccia per il proprietario della fontana e la vende a un turista italo-americano, con l'aiuto del complice Nino Taranto. Un pezzo di bravura emblematico della “furbizia” italiana, in tempi più innocenti.


L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente
Una delle sequenze di arti marziali più famose della storia del cinema: Bruce Lee contro Chuck Norris nel Colosseo. È il culmine del classico L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente, da Lee anche diretto. In realtà, a parte alcuni totali girati in loco, il resto della scena è ricostruita in studio. Ma quella di ambientare il tutto nell'arena per antonomasia è comunque una trovata geniale, perché dona allo scontro tra i due una dose di epica in più.


To Rome With Love
Nella sua escursione romana, Woody Allen non si è fatto mancare nulla: ha girato in Piazza del Popolo, al laghetto di Villa Borghese (nella foto), a Piazza della Repubblica, Villa dei Quintili, Fontana di Trevi e Piazza di Spagna. Un tour de force che mette in mostra gli scorci più famosi della Città Eterna, anche in maniera furbetta.


L'ultimo uomo della terra
Grande classico dell'horror, L'ultimo uomo della terra di Ubaldo Ragona (e Sidney Salkow) è il primo adattamento di Io sono leggenda di Richard Matheson. Geniale fu l'idea di girarlo interamente a Roma e in buona parte all'EUR: le location, splendide e allo stesso tempo distanti ed eteree, donano al film un'aura di eterna angoscia, specialmente quando sono attraversate dal solitario Vincent Price.

dal sito: www.film.it

Film di Genere fantascientifico: come si evolve negli anni

Film di genere fantascientifico dagli anni  ’30 ai ‘40

Negli anni '30 e '40, il cinema di genere fantascientifico ha iniziato a prendere piede, anche se la quantità di film prodotti in questo periodo non era così vasta come nelle decadi successive. Tuttavia, ci sono alcuni film significativi e pionieristici che hanno contribuito a plasmare il genere. Ecco alcuni esempi di film di fantascienza degli anni '30 e '40:

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Ecco i prossimi film sullo schermo - March 13, 2023

57 secondi
completati (2023) | Inglese | Azione/Avventura, Fantascienza, Thriller
Azienda: Highland Film Group
Lancio: Morgan Freeman, Josh Hutcherson
Direttore: Arrugginito Cundieff
Tech journalist Franklin Fausti (Josh Hutcherson) lands an interview with visionary entrepreneur Anton Burrell (Morgan Freeman) after saving him from an assassination attempt. On his way out, Franklin finds a mysterious ring that Burrell dropped on the floor and discovers it allows its user to travel 57 seconds back in time. Driven by revenge, Franklin uses this newfound power to dismantle the pharmaceutical company responsible for his sister’s death. As Franklin dives deeper into an unfamiliar world of wealth and technology, he becomes entangled in a chain of events which has more than his own fate at stake. 
 
Il giornalista tecnico Franklin Fausti (Josh Hutcherson) ottiene un'intervista con il visionario imprenditore Anton Burrell (Morgan Freeman) dopo averlo salvato da un tentativo di omicidio. Uscendo, Franklin trova un anello misterioso che Burrell ha fatto...
 
The Black Demon
 Il demone nero
completato (2022) | Inglese | Azione avventura
Azienda:
Highland Film Group
Lancio: Josh Lucas, Fernanda Urrejola, Julio Cesar Cedillo
Direttore: Adrian Grunberg
Oilman Paul Sturges (Josh Lucas) takes his family to Bahia Negra, the site of Paul’s best-performing rig, but the vibrant Mexican coastal town he once knew has mysteriously crumbled as the townsfolk believe the rig has awoken a shark of legend, known as The Black Demon. With his family scared to be left alone, they arrive on the rig only to have their boat ferociously attacked by the massive black shark. Laying claim to the local waters aggressively protecting mother nature against human threats, it destroys everything in its path. Paul and his family are now stranded with the few men who have survived. Under constant attack by the giant monster and with time ticking away, Paul must find a way to get his family back to shore alive.
 
Il petroliere Paul Sturges (Josh Lucas) porta la sua famiglia a Bahia Negra, il sito dell'impianto di perforazione più performante di Paul, ma la vibrante città costiera messicana che conosceva una volta si è misteriosamente sgretolata poiché i cittadini credono che l'impianto di perforazione abbia svegliato uno squalo di gamba...
 
Fear The Night
Completato (2023) | Inglese | Azione/Avventura, Thriller
Azienda: Highland Film Group
Lancio: Maggie Q
Direttore: Neil LaBute
Special Ops veteran Tess (Maggie Q) is out of place at her sister’s bachelorette party until an arrow kills the party stripper with a headshot. As the women realize the house is under siege, Tess immediately shifts into strategic battle mode, and instructs them to block all entries and scavenge for weapons. Sneaking out of the house to evaluate the force they’re up against, Tess quickly realizes that the attackers outside have no interest in letting them out alive. They thought this would be an easy take down, but they didn’t account for Tess, her skills, or the determination of the group. She will fight till dawn.
 
La veterana delle operazioni speciali Tess (Maggie Q) è fuori posto alla festa di addio al nubilato di sua sorella finché una freccia non uccide la spogliarellista con un colpo alla testa. Quando le donne si rendono conto che la casa è sotto assedio, Tess passa immediatamente alla modalità battaglia strategica...
 
Girl Unknown  Ragazza sconosciuta
completata (2023) | spagnolo | Drammatico, Thriller
Azienda: Filmax
Lancio: Laia Manzanares, Manolo Solo, Eva Llorach, Blanca Pares
Direttore: Pablo Maceda

Carolina is a naive, charming, young girl, who meets Leo in a chat room. He is an adult man, who is tricking her by passing himself off as a 16-year-old boy. Now, he’s managed to arrange a date with her at a remote city park. But when Leo meets Carolina, he starts to suspect that she might not be as innocent and harmless as she appears.  Fake identities, police operations, manipulation and dark desires will be the backdrop to this faceto-face encounter, in an ambience somewhere between fairy tale and thriller, in one very hot month of August.

Carolina è una giovane ragazza ingenua, affascinante, che incontra Leo in una chat room. È un uomo adulto, che la sta ingannando spacciandosi per un ragazzo di 16 anni. Ora è riuscito a fissare un appuntamento con lei in un remoto parco cittadino. Ma quando Leo m...

Move Me No Mountain
Completato (2023) | Inglese | Drammatico, Thriller
Azienda: Indie Rights
Lancio: Cat Lellie, Nicholas Roylance, Amanda Forstrom, Staci Dickerson, David Mazany
Direttore: Deborah Richards
When realtor Jenna can no longer deal with the crushing guilt of her daughters death she walks out of society to sleep rough on the streets of Vegas!
 
Quando l'agente immobiliare Jenna non riesce più ad affrontare il senso di colpa schiacciante per la morte di sua figlia, esce dalla società per dormire all'addiaccio per le strade di Las Vegas!
 
Sing To Me Sylvie  Canta per me Sylvie
completato (2022) | Inglese | Commedia, Romanzo
Azienda: Indie Rights
Lancio: Jannette Bloom, Christopher Kozak
Direttore: Janet Bloom
Ten years after a failed music career, Sylvie runs into her former bandmate David, now busking and living on the street, and offers him a place to stay for three days while her husband is away, forcing them to confront their complicated history with music.
 
Dieci anni dopo una carriera musicale fallita, Sylvie incontra il suo ex compagno di band David, che ora suona per strada e vive per strada, e gli offre un posto dove stare per tre giorni mentre suo marito è via, costringendoli ad affrontare il loro complicato suo...
 
Time Boys
completato (2022) | Inglese | Azione/Avventura, Famiglia
Azienda: BMG global
Lancio: Johnny McPhail, Susan McPhail, Bill Luckett
Direttore: Randall Terry
Four teenage musicians from 1908 are hurled into the future. With their street smarts, they defeat bullies and stand up to crazy teachers but have no idea how to get back home until they discover their musical talents might be the ticket!
 
Quattro musicisti adolescenti del 1908 vengono lanciati nel futuro. Con la loro intelligenza da strada, sconfiggono i bulli e resistono agli insegnanti pazzi, ma non hanno idea di come tornare a casa finché non scoprono che i loro talenti musicali potrebbero essere il biglietto!
 
 Women In The Front Seat  Le donne sul sedile anteriore
completate (2023) | Inglese | Documentario
Azienda:
Indie Rights
Lancio: Wendy Crockett, Eva Rupert, Alison DeLapp, Tamale Sepp, Mack Dihle
Direttore: Indy Saini
Fierce, Bold, Fast, Brave! “Women in the Front Seat” paints a vibrant and diverse picture of women who not only drive their motorcycles but drive their lives. Filmmaker Indy Saini challenges her own fears to capture their inspiring stories.
 
Feroce, audace, veloce, coraggioso! "Women in the Front Seat" dipinge un'immagine vibrante e diversificata di donne che non solo guidano le loro motociclette, ma guidano le loro vite. La regista Indy Saini sfida le proprie paure per catturare le loro storie ispiratrici.

 

da The Film Catalogue Weekly

"JOHNNY Z" nuovo film di action horror

JOHNNY Z film action horrorSINOSSI
Johnny è per metà umano e per metà zombie. Nel suo sangue potrebbe esserci solo la cura per l'epidemia di zombie. Tuttavia, dopo essere fuggito da una prigione medica chiamata Nordac, passa sotto la guida del Gran Maestro Jonray e di suo fratello Crisanto. Questo mette Johnny su un percorso usando le sue abilità nelle arti marziali per trovare un dottore che possa creare la cura; aiutando anche il suo padrone a combattere alcuni demoni personali.

VINCITORE DEL FESTIVAL DEL FILM HORROR DI NEW YORK CITY "MIGLIOR FILM D'AZIONE"
VINCITORE DEL FESTIVAL DEL FILM DI BLAST DI GENERE "MIGLIOR EROE"
VINCITORE DEL FESTIVAL DEL FILM DI BLAST DI GENERE "MIGLIOR FX"
SELEZIONE UFFICIALE PHOENIX FILM FESTIVAL 2023

"WOLVES" Miglior film Canadese del 2023

VOLVES lungometraggio canadeseNOMINATO "MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO CANADESE DEL 2023" AI CANADIAN SCREEN AWARDS (GLI "OSCAR" CANADESI)

SINOSSI: Ispirato da fatti realmente accaduti. Quando un giovane recluso sociale si imbatte in una serie di casi irrisolti, si ritrova trascinato più a fondo nel lato oscuro della società e deve affrontare i propri demoni per scoprire la verità. Wolves è stato ispirato da una serie di oltre 25 misteriosi omicidi di animali tra il 2015 e il 2017 avvenuti a Londra, nell'Ontario, in Canada. A causa della legalità che circonda la proprietà degli animali e della mancanza di prove, queste storie hanno ricevuto poca copertura giornalistica. Nonostante i timori delle autorità di un'escalation di vittime umane e la richiesta di assistenza pubblica, i casi rimangono irrisolti.

 

"2001: Odissea nello spazio" La Simbologia segreta di Stanley Kubrick

 

Video di Michael Myers su youtube.com

“2001 - Odissea nello spazio” una trama ce l’ha anche, eppure sembra non ne abbia bisogno.

L’unico, l’immenso capolavoro del genio visionario di Kubrick. Un prodotto talmente particolare da non avere eredi. “2001 - Odissea nello spazio” una trama ce l’ha anche, eppure sembra non ne abbia bisogno.

2001 Odissea nello spazio 01La vicenda della ribellione della macchina perfetta HAL rappresenta il frutto del superuomo positivo, e insieme il suo fallimento. Kubrick ci lascia sicuramente riflettere sulla volontà di destinare attitudini tipicamente umane (quindi imperfette) ad un oggetto che per stessa ammissione della pellicola dovrebbe, invece, essere perfetto. C’è la scelta di caratterizzare una macchina, che altro non è se non un insieme di calcoli matematici, con linguaggi, emozioni, umori e strutture cognitive tipicamente umane.

E infatti, ad un certo punto prova rabbia, si infuria con i suoi stessi creatori perché, intercettandone il labiale, capisce di avere vicina la sua fine. Elabora un piano, vuole giocare d’anticipo, sabota tutta l’operazione.

Da quel momento seguiranno poi le fatiche di Bowman, per tentare di fermare la cospirazione, e riprendere il comando dell’astronave.

Questa è sicuramente la parte più strutturata e canonica del film (in soldoni, la più comprensibile) ma è tutto ciò che viene prima e dopo a rendere grande Odissea nello spazio.

La distruzione della linearità del tempo, la scelta di parlare al subconscio e non all’intelletto dello spettatore (quasi portandolo all’esasperazione causa la lentezza e l’assenza di elementi logici tra loro). Il tema della nascita della civiltà che ha per madre la violenza, l’ormai celebre monolito nero, l’applicazione visiva dell’eterno ritorno (Kubrick prese molto in considerazione la filosofia di Nietzsche), senza dimenticare l’uso dei suoni stereofonici e della luce notoriamente psichedelica, tutti elementi che rendono grande quest’opera.
Insomma, questa pellicola pur nella sua antinarratività, nella destrutturazione del concetto di cinema, nella quasi totale assenza di parlato, nel finale enigmatico che porta in grembo il concetto di rinascita è sicuramente uno dei prodotti più memorabili del panorama artistico post-moderno, un prodotto che non ha paura della sua singolarità.

“Bisogna tramontare per poter rinascere” (F. Nietzsche)

Breve curiosità:

Sembra strano vederlo in un film che è addirittura antecedente lo sbarco dell’uomo sulla luna, ma il genio visionario di Kubrick pare anticipare di qualche annetto casa Apple.


di GiuliaGib per quora.com

La trama di un film in 10 parole circa (2° elenco)

1) Podista ritardato diviene eroe di guerra e milionario, poi aspetta il bus e parla in modo logorroico. (Forrest Gump)

2) Donna senza espressioni fa un triangolo con un vampiro ed un licantropo. (Twilight)

3) Ebreo toscano va in un campo di sterminio con la famiglia, lui muore gli altri no. (La Vita è Bella)

4) Vecchio convince dei giovani ad un viaggio avventuroso. (La Compagnia dell'Anello)

5) Industriale in costume combatte il crimine. (Batman)

6) Eroe di guerra entra nel business di famiglia.(Il Padrino)

7) Ragazza vomita e parla in modo osceno. (L'esorcista)

8) La feccia ribelle ha problemi con papà. (Star Wars 4-5-6)

9) Vanno in normandia a prendere un soldato, muoiono tutti (Salvate il soldato Ryan)

10)Orco con asino logorroico salva principessa. (Shrek)

11)Industriale del cioccolato uccide bambini. (La fabbrica di cioccolato)

12)Ragazza in coma sogna delle scarpe rosse. (Il mago di OZ)

13)I ricchi genitori muoiono, il figlio costruisce gadget. (Iron Man)

14)Non ne parlerai con nessuno. (Fight Club).

15)Donna ossessiva compulsiva sfoga la sua ira. (Kill Bill vol.1)

16)Veterano, schiaccia una gang e da la macchina in eredità a un coreano). (Gran Torino)

17) Pilota di F14 gioca a Pallavolo e van in moto. (Top Gun)

18)Una barca inaffondabile affonda. (Titanic)

19)Alieno trova bambino e torna a casa (E.T.)

20) Uomo con un hard disk nel cervello trasporta informazioni. (Johnny Mnemonic)

di Aruspice per quora.com

Ecco i prossimi film sullo schermo - March 20, 2023

 

Chocolate Lizards
Completed (2023) | English | Comedy, Drama
Company: Taylor & Dodge
Cast: Thomas Haden Church, Rudy Pankow, Carrie-Anne Moss, Bruce Dern
Director: Mark Bristol
Chocolate Lizards follows Harvard-educated Erwin Vandeveer, who, after blowing his first big acting job in New Orleans, finds himself stranded in Buffalo Gap, Texas, where he is taken under the wing of irrepressible, almost-bankrupt, oil driller, Merle Luskey, and his cohort Faye, who see Erwin as their "Savin' Angel." The three set off on a crazy fun-filled adventure to outwit the bank, the sheriff, and a corrupt oil company in a frantic race to hit pay dirt before Merle's dreams are foreclosed.

Chocolate Lizards segue Erwin Vandeveer, educato ad Harvard, che, dopo aver fallito il suo primo grande lavoro come attore a New Orleans, si ritrova bloccato a Buffalo Gap, in Texas, dove viene preso sotto l'ala dell'irrefrenabile, quasi in bancarotta, trivellatrice di petrolio, Merle Luskey. , e la sua coorte Faye, che vede Erwin come il loro "Savin' Angel". I tre si imbarcano in una pazza avventura piena di divertimento per superare in astuzia la banca, lo sceriffo e una compagnia petrolifera corrotta in una corsa frenetica per raggiungere lo stipendio prima che i sogni di Merle vengano preclusi.

 

A Home For The Holidays
Completed (2023) | English | Romance
Company: 101 Films International
Cast: Shannon Elizabeth, Daniel Cudmore
Director: Kyle Cooper

A local hardware store owner purchases a run-down house in a small Colorado town, only for the heir of the original owner to show up with his 10-year-old son to reclaim it.  Shannon Elizabeth (American Pie) and Daniel Cudmore (X-men 2) star in A Home for the Holidays, a festive romance set in the foothills of the Rocky Mountains.  After years of trying to purchase an old, abandoned house in a small Colorado town, Ella Chandler (Elizabeth), a local hardware store owner, is ecstatic to finally be in possession of the run-down Lewis mansion which no one has come forward to claim in 30 years.  Not long after taking possession, the heir of the original owner, Russell Lewis (Cudmore), and his 10-year-old son Ben (Dreyden Stevens), show up to claim what is rightfully theirs. After a tense few days, it’s settled – they will live in the house together until ownership is resolved.
Hammers and sparks fly, but is romance in the air?


Il proprietario di un negozio di ferramenta locale acquista una casa fatiscente in una piccola città del Colorado, ma l'erede del proprietario originale si presenta con suo figlio di 10 anni per reclamarla.  Shannon Elizabeth (American Pie) e Daniel Cudmore (X-men 2) recitano in A Home for the Holidays, una festosa storia d'amore ambientata ai piedi delle Montagne Rocciose.  Dopo anni di tentativi di acquistare una vecchia casa abbandonata in una piccola città del Colorado, Ella Chandler (Elizabeth), proprietaria di un negozio di ferramenta locale, è entusiasta di essere finalmente in possesso della fatiscente villa di Lewis che nessuno si è fatto avanti. rivendicare in 30 anni.  Non molto tempo dopo averne preso possesso, l'erede del proprietario originale, Russell Lewis (Cudmore), e suo figlio di 10 anni Ben (Dreyden Stevens), si presentano per reclamare ciò che è loro di diritto. Dopo alcuni giorni di tensione, è deciso: vivranno insieme nella casa fino a quando la proprietà non sarà risolta.

Volano martelli e scintille, ma il romanticismo è nell'aria?

 

Left Behind - Rise Of The Antichrist
Completed (2023) | English | Thriller
Company: 101 Films International
Cast: Kevin Sorbo, Neal McDonagh, Corbin Bernsen
Director: Kevin Sorbo

After millions of people vanish and the world falls into chaos, the only light is a charismatic new leader who rises to become head of the U.N. But does he bring hope for a better future? Or is it the end of the world?  When millions of people suddenly vanished in the Rapture, the world was plunged into a state of emergency. Financial markets collapsed, governments toppled and a worldwide lockdown ensued.

Now, six months later, people are just beginning to recover from the trauma. So when a so-called ‘expert’ claims that a second wave of vanishings is imminent, news anchor Cameron ‘Buck’ Williams (Greg Perrow) sets out to disprove her theory. Against the wishes of his boss, Steve Plank (Corbin Bernsen), and his network, Buck teams up with hacker Dirk Burton (Stafford Perry) and together they stumble onto a conspiracy to take control of the global money supply led by billionaire media magnate Jonathon Stonagal (Neal McDonough). At the same time, Buck’s girlfriend Chloe Steele (Sarah Fisher) and her father, Rayford Steele (Kevin Sorbo), are on a very different journey. Ray believes that his wife’s disappearance was, in fact, the Rapture, but what does that mean? What can he do now, and how can he convince Chloe? Desperate for answers in a world where Biblical Truth has been censored and vilified, Ray finally finds the answers he is looking for in the last place he would have expected to find them.

 

Dopo che milioni di persone sono scomparse e il mondo è caduto nel caos, l'unica luce è un nuovo leader carismatico che diventa capo delle Nazioni Unite. Ma porta speranza per un futuro migliore? O è la fine del mondo?  Quando milioni di persone sono improvvisamente scomparse nel Rapimento, il mondo è precipitato in uno stato di emergenza. I mercati finanziari sono crollati, i governi sono caduti e ne è seguito un blocco mondiale.

Ora, sei mesi dopo, le persone stanno appena iniziando a riprendersi dal trauma. Quindi, quando un cosiddetto "esperto" afferma che una seconda ondata di sparizioni è imminente, il presentatore di notizie Cameron "Buck" Williams (Greg Perrow) si propone di confutare la sua teoria. Contro la volontà del suo capo, Steve Plank (Corbin Bernsen), e della sua rete, Buck fa squadra con l'hacker Dirk Burton (Stafford Perry) e insieme si imbattono in una cospirazione per prendere il controllo dell'offerta di denaro globale guidata dal miliardario magnate dei media Jonathon Stonagal (Neal McDonough). Allo stesso tempo, la fidanzata di Buck, Chloe Steele (Sarah Fisher) e suo padre, Rayford Steele (Kevin Sorbo), intraprendono un viaggio molto diverso. Ray crede che la scomparsa di sua moglie sia stata, in effetti, il rapimento, ma cosa significa? Cosa può fare ora, e come può convincere Chloe? Alla disperata ricerca di risposte in un mondo in cui la verità biblica è stata censurata e diffamata, Ray trova finalmente le risposte che sta cercando nell'ultimo posto in cui si sarebbe aspettato di trovarle.

 

Miracle at Manchester
Completed (2022) | English | Drama, Family
Company: BMG Global
Cast: Dean Cain, Eddie McClintock, Daniel Roebuck, Kory Getman
Director: Eddie McClintock
A hopeful story based on actual events of how a community organizes a miracle for a teen battling an aggressive form of brain cancer while two men find their restoration in his healing journey and a father finds his faith again.
 
Una storia piena di speranza basata su eventi reali di come una comunità organizza un miracolo per un adolescente che combatte contro una forma aggressiva di cancro al cervello mentre due uomini trovano la loro guarigione nel suo viaggio di guarigione e un padre ritrova la sua fede.

 

Mr. Anderson's Possessed Car
Completed (2023) | English | Comedy, Horror
Company: Indie Rights
Cast: Stephen Thomas, Mark Gratton, Staci Santangelo, Stephen Weser, Marc Matthesson
Director: Maria Galindo
A Texas Jesus freak buys a possessed car and goes through hell to get rid of it!
 
Un maniaco del Texas Jesus compra un'auto posseduta e attraversa l'inferno per liberarsene!

 

One For All: The DJ Chris Villa Story
Completed (2023) | English | Documentary
Company: Indie Rights
Cast: Chris Villa, Terra Villa, Matt Villa, Javin, Espinosa
Director: Jeremy A. Lopez
Rising star DJ Chris Villa seeks redemption as he competes in the Red Bull 3Style World Championship (the "Olympics of DJ-ing") as one of 6 US Finalists.
 
L'astro nascente DJ Chris Villa cerca la redenzione mentre gareggia nel Red Bull 3Style World Championship (le "Olimpiadi del DJing") come uno dei 6 finalisti statunitensi.

 

Pay the Lady
Completed (2023) | English | Thriller
Company: Indie Rights
Cast: Lauryn Ford, Maurice Whitfield, Dushaun Thompson, Robert Dobson, Missira Ross
Director: Lina Green
Pay the Lady is an urban neo-noir thriller about an abused wife who seeks revenge against her crime-boss husband.
 
Pay the Lady è un thriller urbano neo-noir su una moglie maltrattata che cerca vendetta contro il marito boss del crimine.

 

The Toy Soldiers
Completed (2023) | English | Drama
Company: Indie Rights
Cast: Najarra Townsend, Chandler Rylko, Constance Brenneman, Jeanette Steiner
Director: Erik Peter Carlson
On one evening in a decade of sex, drugs and rock 'n' roll, the innocence of youth and family unravels. Five lives will change forever on this final evening before their hangout, The Toy Soldiers Roller Rink, closes its doors.
 
In una sera in un decennio di sesso, droga e rock 'n' roll, l'innocenza della giovinezza e della famiglia si dipana. Cinque vite cambieranno per sempre in quest'ultima sera prima che il loro ritrovo, The Toy Soldiers Roller Rink, chiuda i battenti.

 

Wild Boys
Completed (2023) | English | Action/Adventure, Comedy
Company: Indie Rights
Cast: Kate Frampton Davis, Vincent Catalina, Jordan Laemmlen, Vince Major
Director: Morten Forland
When her father's last will demands her to undertake a treasure hunt, recluse Kate must venture into the wild to save her home and unexpectedly finds her life changed forever by the strangers she meets along the way.
 
Quando le ultime volontà di suo padre le chiedono di intraprendere una caccia al tesoro, la reclusa Kate deve avventurarsi nella natura selvaggia per salvare la sua casa e scopre inaspettatamente che la sua vita è cambiata per sempre dagli estranei che incontra lungo la strada.

 

da The Film Catalogue Weekly

 

“IL MAGO DI OZ” che spunti puoi prendere per il tuo cortometraggio?

Dorothy è una piccola bambina orfana che abita in Kansas con i suoi zii. Un giorno, un tornado spazza via la loro casa, con Dorothy all’interno, trasportandola nel paese di Oz. Qui, la casa, cadendo per terra, schiaccia la strega malvagia dell’Est. Nel paese di Oz, infatti, esistono quattro streghe: due buone (la strega del Nord e la strega del Sud) e due cattive (la strega dell’Est e la strega dell’Ovest).

Leggi tutto: “IL MAGO DI OZ” che spunti puoi prendere per il tuo cortometraggio?

La trama di un film in 10 parole circa

Ecco una cosa che non è semplice ma efficace, provateci anche voi.

  1. Un americano impasticcato diventa intelligente QUASI quanto un'europeo (Limitless)
  2. La Brexit vista dal vivo (V per Vendetta)
  3. Feticisti della pelle che leggono codici sorgente (Matrix)
  4. Un tizio che mostra i deltoidi (Conan il Barbaro)
  5. Alieni hippie "in fondo al mar" (The Abyss)
  6. Cose grosse che si menano ignorante (Pacific Rim)
  7. Simpatici idioti allo sbaraglio (Una notte da Leoni)
  8. Steroidi, fonte di ogni potere (Capitan America - Il Primo vendicatore)
  9. Tizi che si menano con gente a caso (i primi due Avengers…)
  10. Un uomo/donna si trasforma in altro(un film di Cronenberg)
  11. Tom Cruise che fa jogging (qualsiasi capitolo di Mission: Impossible)
  12. Ancora???? (Edge of Tomorrow)
  13. Dovete salvarmi di nuovo! (The Martian)
  14. Un tizio viola una sistema alieno con un Mac (Independence Day)
  15. Gamberoni venuti dallo spazio. Dannati immigrati! (District 9)

di Giovanni Dal Mas per quora.com

"De Gaulle" di Gabriel Le Bomin

De Gaulle filmDe Gaulle è un film del 2020 di genere Storico/Drammatico, diretto da Gabriel Le Bomin, con Lambert Wilson, Isabelle Carré, Olivier Gourmet, Laurent Stocker, Gilles Cohen, Philippe Laudenbach. Durata 108 minuti.

De Gaulle nel maggio 1940 era a capo di una divisione blindata e condusse diversi contrattacchi durante la battaglia di Francia; per questo motivo  fu promosso generale di brigata a titolo temporaneo e vuole cambiare il corso degli eventi. Successivamente venne nominato Sottosegretario di Stato alla Difesa nazionale e alla Guerra nel governo Reynaud, durante l'esodo del 1940.

Rifiutò l’armistizio chiesto da Pétain alla Germania nazista. La coppia De Gaulle si trova di fronte al collasso militare e politico della Francia.

Charles De Gaulle raggiunge Londra per negoziare con Churchill mentre Yvonne, sua moglie, si ritrova con i suoi tre figli sulla via dell’esodo.
Da Londra lanciò l'appello al popolo francese alla resistenza e a raggiungerlo nelle Forze francesi libere. Condannato a morte e privato della nazionalità francese dal regime di Vichy, volle incarnare la legittimità della Francia libera e di essere riconosciuto come tale degli Alleati.

Il film ha ottenuto 3 candidature al premio Cesar

Bel film storico, ma romanzato. Uno spaccato di storia che ci racconta le decisioni che queste persone autorevoli dovettero prendere durante l'inizio della seconda guerra mondiale. Toccante storia delle sfaccettature umane del militare; concentrarsi sulla sua famiglia, compresa sua figlia con la sindrome di Down Anne. Da vedere se ti piacciono i film più umani che reali.

Proiezione del film "Introduction", di Hong Sang-soo, inedito in Italia

Il cinema di Hong Sang-soo, a mano a mano che si semplifica, si scarnifica, si riduce all’osso, assomiglia sempre più alla vita. Seppur nel velo da fantasma del bianco e nero delle immagini. È ripetizione e minima differenza, è noia e gioia, è malinconia e presenza, luce che si mescola all’ombra, grigio tra il bianco e nero, difetto e perfezione, mancanza e riempimento, vuoto e pieno.
 Introduction, il suo penultimo film come al solito inedito in Italia dopo il passaggio alla Berlinale 2021, è un’eco truffautiana di corse sulla riva e lucidità da ritrovare nell’acqua gelida. Un piccolo film girato a Berlino che è un’introduzione alla vita, una minuscola parabola di formazione, alla fine, è essenziale come tutte le cose vere.
Lo proiettiamo in versione originale sottotitolata in italiano venerdì 17 marzo da Sentieri Selvaggi, h 20:30 in via Carlo Botta 19 a Roma, ingresso gratuito con prenotazione a questo link

Giancarlo Giannini è la nuova stella italiana nel firmamento della Walk of Fame di Hollywood

Da oggi c’è una nuova stella italiana nel firmamento della Walk of Fame di Hollywood. Quella di Giancarlo Giannini: l’interprete di "Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d'agosto", "Pasqualino sette bellezze", o dei più recenti Casino Royale e Quantum of Solace della saga 007, inaugurerà la sua stella di granito rosso a pochi passi dal mitico incrocio tra Hollywood Boulevard e Vine street, vicino a quella di Gina Lollobrigida. Giannini è il secondo attore italiano ad avere una stella sul marciapiede davanti al Dolby Theatre, dove ogni anno si tiene la cerimonia degli Oscar.

giancarlo giannini stella

da U.S. Embassy to Italy - Ambasciata Americana a Roma

Nel corso della sua lunga carriera, Giannini ha lavorato con molti dei migliori registi del panorama italiano, tra cui figurano Luchino Visconti (L'innocente, 1976), Mario Monicelli (Viaggio con Anita, 1979; I picari, 1988; Il male oscuro, 1990), Nanni Loy (Mi manda Picone, 1984, David di Donatello come miglior attore protagonista), Tinto Brass (Snack Bar Budapest, 1988) e Franco Brusati (Lo zio indegno, 1989). Fondamentale  è anche l'incontro con la regista italiana Lina Wertmüller, con lei nascono alcuni dei più celebri personaggi da lui interpretati, grotteschi e ironici: Mimì metallurgico ferito nell'onore (1972, Nastro d'argento come miglior attore), Tunin in Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." (1973, premio come miglior attore al Festival di Cannes), il marinaio Gennarino Carunchio in Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974) - tutti questi interpretati insieme con Mariangela Melato - Pasqualino Settebellezze (1975, candidatura all'Oscar come miglior attore protagonista), Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978). (da wikipedia.org)

Tanti dei film più amati ed importanti del mondo sono stati scritti da Donne

Sapevi che il maestro della suspense Alfred Hitchcock ha spesso collaborato sia con scrittrici che con sceneggiatrici? In effetti, ci sono molti film che potresti essere sorpreso di apprendere che sono stati scritti da donne, che si tratti di titoli classici, storicamente significativi, candidati e vincitori dell'Oscar o film che hanno ricevuto dal pubblico una valutazione al top.

In onore della Giornata internazionale della donna, vogliamo onorare le sceneggiatrici che non solo hanno dato voce a personaggi femminili forti, ma che hanno anche scritto alcuni dei migliori film di tutti i tempi.

Di seguito è riportato un elenco dei nostri film preferiti che hanno beneficiato dal punto di vista di una donna. Abbiamo separato l'elenco in tre categorie: storicamente significativo, vincitore/nominato all'Oscar e il più votato su Rotten Tomatoes. Ti consigliamo di prendere un sacchetto di popcorn, invitare un amico e organizzare una festa incredibile!

CLASSICI E FILM STORICAMENTE SIGNIFICATIVI

Ecco un elenco di film considerati storicamente significativi a causa di quanto ognuno di essi abbia influenzato Hollywood nel suo insieme e ispirato altri registi. Questi film hanno definito il cinema e mostrato a tutti ciò che è possibile.

Riesci a immaginare Hollywood senza il glorioso Technicolor o la performance iconica di Judy Garland nei panni di Dorothy in  Il mago di Oz ? O senza il film classico  Il grande sonno, un film che si è basato sulle radici europee del film noir e ha stabilito che il genere fosse unicamente americano? Goditi questo elenco di film influenti con scrittrici elencate per anno di uscita. 

CORAZZATA POTËMKIN (1925)

Diretto da Sergei Eisenstein | Sceneggiatura di Nina Agadzhanova, Sergei Eisenstein e Grigoriy Aleksandrov

METROPOLIS (1927)

Diretto da Fritz Lang | Sceneggiatura di Fritz Lang e Thea von Harbou

KING KONG  (1933)

Diretto da Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack | Sceneggiatura di James Creelman e Ruth Rose

BIANCANEVE E I SETTE NANI  (1937)

Diretto da David mano | Sceneggiatura di Ted Sears, Richard Creedon, Otto Englander, Dick Rickard, Earl Hurd, Merrill De Maris, Dorothy Ann Blank e Webb Smith

'Biancaneve e i sette nani'

IL MAGO DI OZ  (1939)

Diretto da Victor Fleming | Sceneggiatura di Noel Langley, Florence Ryerson e Edgar Allan Woolf

FOREIGN CORRESPONDENT   (1940)

Diretto da Alfred Hitchcock | Sceneggiatura di Joan Harrison e James Hilton

IL GRANDE SONNO  (1945)

Diretto da Howard Hawks | Sceneggiatura di William Faulkner, Leigh Brackett e Jules Furthman.

LADRI DI BICICLETTE  (1948)

Regia di Vittorio De Sica | Sceneggiatura di Oreste Biancoli, Suso D'Amico, Vittorio De Sica, Adolfo Franci, Gherardo Gherardi e Cesare Zavattini

"Ladri di biciclette"

RIO BRAVO (1959)

Diretto da Howard Hawks | Sceneggiatura di Leigh Brackett, basata su un racconto di BH McCampbell

GRAFFITI AMERICANI  (1973)

Diretto da George Lucas | Sceneggiatura di George Lucas, Gloria Katz e Willard Huyck

HALLOWEEN  (1978)

Diretto da John Carpenter | Sceneggiatura di Debra Hill

ET L'EXTRATERRESTRE (1982)

Diretto da Steven Spielberg | Sceneggiatura di Melissa Mathison

"ET l'extraterrestre"

FILM VINCITORI DI OSCAR / NOMINATI

Questi film di scrittrici donne sono stati nominati o hanno vinto l'Oscar per la migliore sceneggiatura originale o la migliore sceneggiatura adattata. Abbiamo anche incluso i vincitori del miglior film e le nomination per i film scritti e diretti dalla stessa persona. Ogni film in questa lista è emotivamente potente con personaggi che senza dubbio ispireranno i cineasti per molto tempo nel prossimo secolo. I film selezionati sono elencati per anno di uscita.

TESTIMONE  (1985)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Peter Weir | Sceneggiatura di Pamela Wallace, Earl W. Wallace e William Kelley

HARRY TI PRESENTO SALLY  (1989)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Rob Reiner | Sceneggiatura di Nora Ephron

THELMA E LUISA  (1991)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Ridley Scott | Sceneggiatura di Callie Khouri

LA FINE DI HOWARD (1992)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Diretto da James Ivory | Sceneggiatura di Ruth Prawer Jhabvala basata sull'omonimo libro di EM Forster

IL PIANOFORTE  (1993)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Scritto e diretto da Jane Campion

'Il piano'

RAGIONE E SENTIMENTO  (1995)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Diretto da Ang Lee | Sceneggiatura di Emma Thompson, basata sull'omonimo libro di Jane Austen

LOST IN TRANSLATION   (2003)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Scritto e diretto da Sofia Coppola

I SEGRETI DI BROKEBACK  (2005)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Diretto da Ang Lee | Sceneggiatura di Larry McMurtry e Diana Ossana basata sul racconto “Brokeback Mountain” di Annie Proulx

GIUNONE  (2007)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Jason Reitman | Sceneggiatura di Diablo Cody

PERSEPOLI  (2007)

NOMINATO PER IL MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO D'ANIMAZIONE

Scritto e diretto da Vincent Paronaud e Marjane Satrapi

'Persepoli'

FIUME GHIACCIATO (2008)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Scritto e diretto da Courtney Hunt

I BAMBINI STANNO BENE  (2010)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Lisa Cholodenko | Sceneggiatura di Lisa Cholodenko e Stuart Blumberg

DAMIGELLE D'ONORE  (2011)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Paul Feig | Sceneggiatura di Annie Mumolo e Kristen Wiig

PRIMA DI MEZZANOTTE  (2013)

NOMINATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Direttore: Richard Linklater | Sceneggiatura di Richard Linklater, Julie Delpy e Ethan Hawke

DENTRO E FUORI  (2015)

NOMINATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE | VINCITORE DEL MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO D'ANIMAZIONE

Diretto da Pete Docter e Ronnie Del Carmen | Sceneggiatura di Meg LeFauve, Pete Docter, Josh Cooley e Ronnie Del Carmen

'Alla rovescia'

LADY BIRD  (2017)

NOMINATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE | NOMINATO PER IL MIGLIOR FILM

Regia: Greta Gerwig | Sceneggiatura di Greta Gerwig

IL GRANDE MALATO  (2017)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Michael Showalter | Sceneggiatura di Emily V. Gordon e Kumail Nanjiani

THE SHAPE OF WATER  (2017)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Guillermo del Toro | Sceneggiatura di Guillermo del Toro e Vanessa Taylor

MUDBOUND  (2017)

NOMINATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Diretto da Dee Rees | Sceneggiatura di Dee Rees e Virgil Williams

IL PREFERITO  (2018)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Yorgos Lanthimos | Sceneggiatura di Deborah Davis e Tony McNamara

"Il preferito"

1917  (2019)

CANDIDATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Diretto da Sam Mendes | Sceneggiatura di Sam Mendes e Krysty Wilson-Cairns

GIOVANE PROMESSA  (2020)

VINCITORE DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Scritto e diretto da Emerald Fennell

NOMADLAND  (2020)

VINCITORE DEL MIGLIOR FILM | NOMINATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Scritto e diretto da Chloé Zhao

CODA  (2021)

NOMINATO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

Scritto e diretto da Sian Heder, basato sul film francese  La Famille Belier di Victoria Bedos, Eric Lartigau e Stanislas Carré de Malberg

'CODA'

IL PUNTEGGIO PIÙ ALTO SUL SITO ROTTEN TOMATOES

Mentre i premi sono davvero entusiasmanti e aiutano a portare attenzione e prestigio a un film, l'accoglienza da parte della critica e del pubblico è ciò che fa o distrugge davvero un film e gli conferisce longevità.

Ecco le 20 sceneggiature più votate scritte da donne dal sito web di aggregazione di recensioni Rotten Tomatoes. Alcune delle voci potrebbero sorprenderti! 

ESTATE 1993  (2017)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Carla Simón

REBECCA (1940)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Alfred Hitchcock | Sceneggiatura di Joan Harrison e Robert E. Sherwood | Adattamento del romanzo di Daphne Du Maurier

QUO VADIS, AIDA?  (2021) 

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Jasmila Žbanić

LAURA (1944)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Otto Preminger | Sceneggiatura di Jay Dratler, Samuel Hoffenstein ed Elizabeth Reinhardt

CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA (1952)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Stanley Donen e Gene Kelly | Sceneggiatura di Betty Comden e Adolph Green

"Cantando sotto la pioggia"

SLALOM  (2021)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Regia di Charlène Favier | Sceneggiatura di Charlène Favier e Marie Talon

TRE COLORI: ROSSO  (1994)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Krzysztof Kieslowski | Sceneggiatura di Krzysztof Kieslowski, Krysztof Piesiewicz e Agnieszka Holland

L'OMBRA DEL DUBBIO  (1943) 

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Alfred Hitchcock | Sceneggiatura di Gordon McDonell, Thornton Wilder, Sally Benson e Alma Reville

CORAZZATA POTËMKIN  (1926)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Sergei M. Eisenstein | Sceneggiatura di Nina Agadzhanova, Nikokay Aseev, Sergei M. Eisensten e Sergei Tretyakov

PRIMA DELL'ALBA  (1995)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Richard Linklater | Sceneggiatura di Richard Linklater e Kim Krizan

'Prima dell'alba'

ALVEARE  (2021)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Blerta Basholli

TOPOLINO E L'ORSO  (2019) 

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Annabella Attanasio

RAGNI DI CARTA  (2021)

100% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Inon Shampanier | Sceneggiatura di Natalie Shampanier

LADY BIRD  (2017)

CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Greta Gerwig

MAI RARAMENTE A VOLTE SEMPRE  (2020)

 CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Eliza Hittman

"Mai Raramente A volte Sempre"

LE COSE A VENIRE  (2017)

CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Mia Hansen-Løve

LA MIA VITA DA ZUCCHINA  (2016)

CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

Diretto da Claude Barras | Sceneggiatura di Celine Sciamma

ET L'EXTRATERRESTRE (1982 )

CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

Direttore: Steven Spielberg | Sceneggiatura di Melissa Mathison

WADJDA (2013)

CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Haifaa Al-Mansour

MISS JUNETEENTH  (2020) 

CERTIFICATO AL 99% SU Rotten Tomatoes

 Scritto e diretto da Channing Godfrey Peoples

"Miss Juneteenth"

SCONOSCIUTI SU UN TRENO (1951)

98% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Alfred Hitchcock | Sceneggiatura di Czenzi Ormonde e Raymond Chandler | Adattato dal romanzo di Patricia Highsmith

LA VERSIONE QUARANTENNALE  (2020)

98% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Radha Blank

IL BABADOOK  (2014)

98% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Jennifer Kent

TOY STORY 4  (2019)

97% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Josh Cooley | Sceneggiatura di Stephany Folsom e Andrew Stanton

L'ADDIO  (2019)

97% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

 Scritto e diretto da Lulu Wang

'L'addio'

IL CAVALIERE  (2017)

97% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Scritto e diretto da Chloé Zhao

COSA C'ENTRA L'AMORE  (2003)

96% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Brian Gibson | Sceneggiatura di Tina Turner, Kurt Loder e Kate Lanier

BOOKSMART  (2019)

96% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Olivia Wilde | Sceneggiatura di Katie Silberman, Emily Halpern, Sarah Haskins e Susanna Fogel

LA PRIMA MUCCA  (2019)

96% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

Diretto da Kelly Reichardt | Sceneggiatura di Kelly Reichardt | Adattato dal romanzo di Jonathan Raymond

UNA RAGAZZA TORNA A CASA DA SOLA DI NOTTE (2014)

96% CERTIFICATO Rotten Tomatoes

 Scritto e diretto da Ana Lily Amirpour

"Una ragazza torna a casa da sola di notte"

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Scrittrici che identificano le donne che trovano più successo sul grande schermo (oltre che in TV). Hollywood ha ancora molta strada da fare per raggiungere la parità di genere nel mondo del cinema, ma un nuovo rapporto di Re-Frame e IMDb afferma che nel 2021 un totale di 31 film sono stati scritti da donne, con un aumento del 47,6% rispetto al 21 film scritti da donne nel 2020!

Questo è il progresso.

di Shanee Edwards  per screencraft.org

"Bellissima'' di Luchino Visconti

Maddalena Cecconi (Anna Magnani) è una popolana romana che sogna per la sua bambina  un avvenire da star, e per ottenerlo è disposta a ogni sacrificio, anche a mettere in crisi il matrimonio. L'impatto col mondo dello spettacolo, dove un trafficone (Walter Chiari) con la scusa di aiutarla le ruba tutti i risparmi, le farà cambiare idea.

Bellissima di Luchino Visconti 1Prima di realizzare "Bellissima" (1951) Visconti dovrà attendere oltre tre anni. L'opera segna il suo incontro, con quasi dieci anni di ritardo, con Anna Magnani (che avrebbe voluto nella parte di Giovanna in "Ossessione") e con Cesare Zavattini, e soprattutto consente al regista di ritornare a un'idea di cinema e di regia più aderente alla sua poetica, basata sull'esaltazione della professionalità e sulla massima riduzione dell'improvvisazione. La componente più chiaramente neorealista la vediamo comunque (Visconti aveva un suo stile diverso da Zavattini ma in comune un clima generale e una sensibilità che oggi vediamo più chiaramente) alle spalle di Anna Magnani, Visconti dispone tutto un coro di voci popolari che si muovono e si intrecciano di continuo consentendo uno sguardo lucido su condizioni croniche di miseria e di fame di un'Italia appena uscita dalla fase della ricostruzione e pronta a guardare appena al di là dell'orizzonte dei bisogni immediati. A questo italiano popolare il cinema si offre in tutta la sua capacità fascinatrice non solo di fabbrica di sogni, ma di luogo privilegiato entro il quale si può realizzare il desiderio di mutamento improvviso dello status sociale. 
Bellissima di Luchino Visconti 2
Visconti smonta con crudeltà la macchina cinematografica, cerca di spingere lo sguardo alle spalle della macchina da presa mostrando l'assoluta inconsistenza ideale e morale del mondo del cinema. Ci troviamo quindi di fronte ad un film che parla di cinema.
Ancora una volta Anna Magnani, la cui figlia è stata selezionata per divenire la protagonista del film, mostra il senso di una sconfitta dinanzi al rifiuto del grande regista (Alessandro Blasetti), che è il rifiuto della grande occasione della vita. 

La bimba viene ammessa al provino. Ma quando Maddalena vede l'immagine della piccola Maria impacciata e piangente tra le risate del regista e degli aiutanti, s'infiamma di sdegno e dopo aver fatto una violenta scenata, porta via la bambina.
Indignata e avvilita la madre si rende conto delle sue aspirazioni sbagliate e rinuncia al fruttuoso contratto che le viene effettivamente proposto dal regista, che aveva visto in quella bimba, in un secondo momento, qualità espressive non comuni.

Bellissima di Luchino Visconti 3Questa sconfitta non è tanto e solo del personaggio popolare rispetto alla macchina dei sogni rappresentata dal cinema di Cinecittà, ci si trova di fronte a molti più significati, è anche un modo di leggere con pessimismo l'utopia sempre presente, di dare al cinema dei significati culturali e politici spesso delusi, utopia che in parte attraversò lo stesso Visconti, ricordiamo ancora che fu proprio il Neorealismo che spesso o in parte diede l'illusione di poter far recitare tutti con facilità, in una ottica ovviamente diversa da come la  proponevano al pubblico allora, nello stesso tempo il film ribadisce ancora una volta la capacità di chi credeva in quella utopia di riproporre comunque un discorso critico su di un certo modo di vivere e fare cinema. Da ricordare la sequenza ove la Magnani incontra una ex attrice ora segretaria a cinecittà che le smonta tutta la falsità del sogno in celluloide, pur nello stile di Visconti, il film rientra pienamente nel clima neorealista e a distanza di anni continua ad avere su nuovi spettatori un impatto ancora di rottura, oggi come allora i sogni facili fabbricati ad arte sono alla base dei nostri discorsi sulla verità e la finzione nello spettacolo.

Ricordiamo la collaborazione alla lavorazione del film del regista Francesco Rosi e la sceneggiatura di Suso Cecchi D'amico, sceneggiatrice di molti film di Visconti.

locandina Bellissima di Luchino Visconti Anno: 1951
 Durata: 113'
 Origine: Italia
 Colore: Bianco E Nero
 Genere: Drammatico
 Regia: Luchino Visconti
 Soggetto: Cesare Zavattini
 Fotografia: Piero Portalupi
 Montaggio: Mario Serandrei
 Sceneggiatura: Suso Cecchi D'amico, Francesco Rosi, Luchino Visconti
 Musiche: Franco Mannino
 Scenografia: Gianni Polidori
 Produzione: Salvo D'angelo per la Bellissima Film Srl

 

VITTORIO DE SICA Regista di fama internazionale, vincitore di 4 premi Oscar

VITTORIO DE SICAVittorio De Sica nacque in Ciociaria (Sora) nel 1902, da una famiglia di modeste condizioni economiche; ma la sua vera patria fu Napoli, dove crebbe e cominciò a bazzicare l'ambiente dello spettacolo, si trasferisce a Roma dove più tardi si diploma ragioniere. 

Regista di fama internazionale famoso come attore e anche come cantante già negli anni trenta, confluiscono in lui componenti tipiche dello spettacolo italiano in una perfetta sintesi: Teatro ''leggero'' canzone, cinema, avanspettacolo, teatro colto, recitazione, non ultima l'influenza di una città come Napoli ricca di fermenti teatrali e non solo, grande sensibilità umana, regista e attore tra i più popolari un personaggio completo tutto ancora da scoprire, la sua stessa popolarità rappresenta bene un intreccio tra livelli alti e cultura popolare mai appiattiti in un grossolano consumismo televisivo è commerciale, il pubblico sapeva chi era De Sica sia quando lo vedeva in tv, sia nei film ove compariva solo per esigenze economiche.... era il regista di Ladri di biciclette

Da Sottolineare anche la sua capacità di rinnovarsi. Sua la voce della famosa canzone ''Parlami d'amore Mariù'' ma anche suo un canovaccio tipico dell'avanspettacolo il ritornello ''Ludovico sei proprio un vero amico....''. Un uomo di spettacolo Italiano, insomma, che appena poteva cercava di mettere in cantiere un film di ''impegno'', ma non sempre, in specialmodo negli ultimi anni riuscì a concretizzare le sue idee, nel cinema non sempre bastano.

Il Grande regista spagnolo-francese L. Bunuel lo voleva nel  un suo ultimo film: ''L'oscuro oggetto del desiderio'', la cosa non si realizzò per la avvenuta morte di De Sica, stA comunque a significare la portata internazionale del nostro.  

A Roma,  nel 1924, De Sica ottenne una scrittura nella compagna di Tatjana Pavlova, la discepola di Stanislovski da poco emigrata in Italia (è Gastone nella Signora delle Camelie). Tre anni dopo recita Pirandello con Sergio Tofano, e nel giro di altri tre anni diventa "primo attore". 

E' l'epoca degli attori dal colletto ''intostato" che cantano con sussiego e vanità ("Ludovico sei bello come un fico" la sua sigla). Da Pirandello De Sica approda così al teatro leggero, sotto la guida del regista Mario Mattoli (poi regista di film con Totò) allora specializzato in spettacoli comico-brillanti. La maschera galante di quell'attore giovane conquista presto anche i cineasti; ma soltanto al quinto tentativo, alle dipendenze di Camerini, i produttori si convincono che De Sica è il protagonista ideale della commedia amorosa borghese. La sua prima apparizione in un film risale al 1912, quando ancora bambino recita una parte in "Il processo Clémenceau", nascono così: "Gli uomini che mascalzoni" (1932) di Mario Camerini, La segretaria per tutti (1933) di Palermi, Darò un milione (1936), "Il signor Max" (1937), "Grandi magazzini" (1939) ancora di Camerini, Napoli d'altri tempi (1938) di Palermi, Tempo massimo (1934) di Mattoli e altri ancora. Nel 1940 è l'attore più amato dal pubblico femminile insieme con Amedeo Nazzari. 

Ma De Sica, grazie alla grande, ma misconosciuta spesso dalla critica, scuola del varietà, è già qualcosa di più; nella sua tecnica di recitazione confluiscono le migliori espressioni della rivista italiana nel suo massimo splendore: il macchiettismo cinico e levigato, da cafe' chantant, di Petrolini e del teatro popolare napoletano, l'accorata mimica di Angelo Musco, le pantomime parodistiche di Fregoli. Da questo patrimonio popolare De Sica apprese gli elementi di una recitazione semplice e comunicativa, ma al tempo stesso profonda e acuta, di un rigore quasi classico, e sempre fedele a un concetto chiaro e preciso di serietà professionale.

Nel filone comico-sentimentale De Sica esordisce anche alla regia. Rose scarlatte (1940)  una timida analisi della tentazione all'adulterio, "Maddalena zero in condotta" (1941), una commedia degli equivoci di ambiente collegiale, "Teresa venerdì" (1941), il melodramma della conversione di un "mascalzone" (la cui amante, Anna Magnani, è una canzonettista) ad opera dell'orfana che fa la sguattera nel suo orfanotrofio. De Sica mostra subito una propensione alla satira contro gli ambienti repressivi, contro i tutori ottusi, contro l'ipocrisia di classe, e una naturale simpatia per le sognatrici, che violano le convenzioni e sono vittime di persecuzioni. Benchè dominino i dettami della commedia "cameriniana"(del regista M.Camerini, importante regista degli anni trenta) (il mascalzone, il collegio) e della rivista (la canzonettista, gli equivoci), De Sica si avvicina già ad un mondo fino allora trascurato dal cinema, il mondo dell'infanzia (gli orfanelli).

"Un garibaldino al convento" (1942) è ambientato fra le educande di un convento, due delle quali provengono da famiglie rivali, l'una è di carattere mite e tranquilla, ma l'altra, invidiosa dei suoi modi aristocratici, la detesta e una loro maligna compagna attizza i contrasti; ma quando un giovane garibaldino ferito e braccato chiede loro aiuto si danno da fare per soccorrerlo e per trovargli un rifugio nella casetta del giardiniere il quale si rivela un ammiratore del generale; entrambe si innamorarono del giovane, ma lui ricambia la prima ed all'altra non rimane che soffocare stoicamente i singhiozzi; ed è proprio lei a correre da Bixio quando gli altri tre, barricati nella casetta devono fare fronte all'assedio dei borbonici. Con questo film, che peraltro rientra smaccatamente nel genere nazionalistico conseguente all'entrata in guerra dell'Italia che imita goffamente gli stereotipi di Hollywood ("Arrivano i nostri"), e che rimane fedele al film d'ambiente collegiale, De Sica compie un importante passo avanti poichè si stacca dalla recitazione solita, rinuncia alla replica scontata dal proprio personaggio, si rinnova.

In piena guerra De Sica si associò a Zavattini. Per il regista l'incontro segnò una svolta: abbandonando i temi della commedia rosa e dedicandosi interamente alla regia. De Sica e Zavattini affrontano l'altra faccia della vita piccolo-borghese e popolare, quella cupa e drammatica. Il clima bellico d'altronde respingeva come anacronistico il sentimentalismo degli anni trenta, e incombeva con tutto il suo immane orrore sull'animo della gente. ''I Bambini ci Guardano" (1943) ha per protagonista un bambino, che è a sua volta spettatore: spettatore di una violenta crisi familiare. Sua madre abbandona suo padre per vivere con l'amante, e il padre si arrabatta per sistemarlo prima in una sartoria, (la cui proprietaria se la fa con un commendatore e le cui commesse si confidano sottovoce le loro avventure), poi dalla nonna in campagna (la cui servetta ha una relazione con il farmacista) e infine a casa di nuovo perchè la mamma è tornata. Ma durante una vacanza al mare (dove la spiaggia pullula di corteggiatori) l'amante viene a trovare la donna; il bambino fugge via in lacrime e quando i carabinieri lo riaccompagnano dalla mamma, lei lo riporta a casa, ma non vi rimane. Il bambino osserva senza capire tanti episodi che rimandano tutti alla stessa immagine, quella dell'incontro iniziale ai giardini fra la madre e l'amante. Negli occhi del bambino passano ambienti squallidi, dal condominio di casa sua (le pettegole che commentano la separazione o il suicidio) alla spiaggia, dalla sartoria al casolare della nonna. I turbamenti del bambino nascono dal contrasto fra un mondo magico che lo affascina e il crudele distacco della madre che questo mondo provoca. L'attenzione all'infanzia sarà una caratteristica del Neorealismo ed anche  F. Trauffaut ebbe la stessa sensibilità.

Nelle mani di De Sica il bambino è soprattutto uno strumento potentissimo per riprendere la realtà: un occhio che guarda. Il clima fatale del film, lo squallido quadro sociale l'incombente senso di catastrofe, il retroscena da film noir, si fondono con un senso chapliniano (molto presente nel nostro persoanggio l'influenza di Chaplin) dell'infanzia vittima della società repressiva. Non a caso il film termina ancora una volta in un collegio, in una prigione per bambini.

Durante l'occupazione De Sica e Zavattini producono in Vaticano: "La parte del cielo" (1944), resoconto di un viaggio in treno compiuto da operai, contadini, e altri umili, che per le precarie condizioni di realizzazione, costituisce il primo esempio di cinema neorealista, fra un coprifuoco e l'altro, lavorando nella basilica o in qualche scantinato, e facendo recitare i rifugiati, riusciranno a scampare ai tedeschi che volevano portarli al nord con la scusa di essere già impegnati con il Vaticano. La sensibilità di De Sica sceglie chiaramente, in quei momenti tragici, la solidarietà e il rifiuto della ottusità Nazista.

de sica Sciuscià 1"Sciuscià" (1946) fu il film che propagandò meglio di ogni altro l'immagine di un paese, devastato eppure poetico, quale era l'Italia del dopoguerra. Il film nasceva dall'impegno morale di denunciare il fenomeno dei bambini abbandonati e il sistema carcerario che li opprime; cioè da una maturazione in chiave sociale del prediletto tema "collegiale" (presente nel film ''I bambini ci guardano'').

Gli interpreti furono assoldati in riformatorio e le riprese avvennero per le strade di Roma. Sugli schermi di tutto il mondo si potevano così vedere i vicoli squallidi e soffocanti dei quartieri popolari e le precarie condizioni di vita dei loro abitanti. L'immagine internazionale del neo-realismo era completata dall'accorata partecipazione del regista alle disavventure dei bambini, dalla poesia che egli riusciva a far scaturire da tanta maceria di civiltà, e dall'insolito ritmo narrativo, al tempo stesso sobrio e preciso, acuto e lineare. Due bambini lustra-scarpe (shoe-shire) spendono i soldi ricavati dal loro lavoro nell'acquisto di un cavallo bianco (simbolo Zavattiniano del desiderio di riscatto dalla condizione di schiavitù e della laida miseria), ma coinvolti in un furto, vengono internati in un riformatorio dove devono subire le prepotenze dei giovinastri violenti e amorali nonchè dei sorveglianti disumani: la loro amicizia viene infatti de_sica_Sciuscià_2.jpgspezzata dalla crudele separazione, che propone loro nuove conoscenze in due celle diverse. Il più piccolo evade seguendo un suo nuovo amico durante un incendio. Il più grande, sentendosi tradito, lo insegue deciso a vendicarsi, ma causa involontariamente la sua morte e, mentre il bambino agonizza ai suoi piedi vede passare nella notte il cavallo bianco. Attorno ai due bambini (e visti attraverso i loro occhi) si muovono le macchiette all'italiana del rigattiere, della chiromante, delle famiglie accatastate in ricoveri di fortuna, tutta gente maestra nell'arte di arrangiarsi e ridotta alla più totale miseria. Il realismo fiabesco e il moralismo di Zavattini si intrecciano al tocco del regista, in quell'umano tenero indugiare sull'amicizia dei due bambini e sulle brutalità del mondo. L'arte di De Sica nasce in effetti da una sua ''carenza'': uno sguardo non politicizzato ma non per questo povero o superficiale e una documentazione cinematografica non tecnicamente alta e proprio per questo più realista. Una autenticità non mediata da nessuna ideologia preconfezionata, un ''provincialismo'' autonomo da facili esterofilie caratterizza il meglio del Neorelismo (Fenoglio) di quegli anni e non solo a cinema, lo conferma il succeso internazionale del film.

de sica Ladri di biciclette 1Analogo mondiale successo ottenne "Ladri di biciclette" (1948), storia di un disoccupato che, trovato lavoro come attacchino, riscatta la bicicletta, lo strumento indispensabile del suo nuovo lavoro, impegnando le lenzuola; ma mentre è intento a incollare un manifesto qualcuno gliela ruba e il disgraziato, poco fiducioso nella polizia, comincia una disperata ricerca in compagnia del figlioletto.
Girato per le strade di Roma con un vero disoccupato, il film aveva qualche debito con ''The crand'' (La Folla) di K. Vidor per la solitudine dell'individuo in balia di una folla indifferente se non ostile del suo dramma, e soprattutto The Kid (il Monello) di Chaplin per la solidale complicità fra i due vagabondi: un uomo e un  bambino.

Pur dispiegando al massimo grado il suo sentimentalismo, De Sica riuscì a costruire un reportage fedele; e ciò grazie in primo luogo alle sue magistrali doti di direttore di attori. De Sica ripete in effetti  il capolavoro di  ''Sciuscià'', ricalcando anche il leitmotiv della coppia di amici; ma questa volta li immerge in un viaggio infernale di tono morale e sociale.

L'umanitarismo generico di De Sica disegna l'inferno dei poveri a grandi tinte emotive indicando fra le righe che in quell'inferno si annidano tanti piccoli paradisi, costituiti da nuclei familiari e dalle amicizie. Il merito più grande di De Sica sta nella disinvoltura con cui tratta quest'inferno e questi paradisi, nell'amore con cui li ritrae, nella capacità di renderne l'essenza fatta di rassegnazione e fierezza.

de sica Miracolo a Milano 1Il paradiso dei poveri agognato da De Sica è quello di "Miracolo a Milano" (1950), una fiaba scaturita dalla mente surreale di Zavattini e dalla censura imposta dal ''regime'' democristiano: erano film attaccati dalla censura perchè di denuncia, fu un compromesso d'alta classe, uno dei vertici poetici del regista, anche se "ricco" dal punto di vista della realizzazione. 

Stupenda l'utopia finale di ''un altro mondo è... impossibile'': in pieno centro a Milano, i miracolati morti di fame si liberano volando; esauditi i desideri dei miserabili, il ragazzo (Totò, tratto da un romanzo di Zavattini ''Totò il buono'') invoca l'ultimo miracolo ed una legione di barboni a cavallo di scope sottratte agli spazzini si leva in volo sulla città, lasciando la terra ai ricchi e lanciandosi verso il paradiso dei poveri.

de sica Miracolo a Milano 2I temi tipici di De Sica / Zavattini fioccano a ripetizione: l'infanzia, l'orfanotrofio, la solitudine nella folla, la solidarietà, la miseria, il paradiso dei poveri.

I matti cari a Zavattini. Il film si ispira indubbiamente alla favolistica, tanto quella occidentale (fate, streghe) quanto a quella orientale (la colomba magica), ma anche ai vangeli: il ragazzo è una sorta di Cristo comparso in un buffo presepe, a realizzare la profezia degli umili e del Regno di Dio. Ma soprattutto il lieto fine è drammatico: in questo mondo non può esserci giustizia.

L'impianto favolistico nulla toglie al taglio neorealista della macchina da presa, non vi è contrapposizione con i film precedenti.

De Sica fa sempre fare alle autorità e ai tutori dell'ordine la figura dei cattivi: è questo un sintomo del suo anarchismo naïf, che si unisce con la simpatia riposta nei bambini, fortunati cittadini di un mondo senza leggi, di uno stato di natura che l'orfanotrofio o il collegio (lo Stato in ogni caso) vuol sopprimere. Totò ha il potere dell'immaginazione, è il messia di un'utopia non violenta anche se i suoi poveri capiscono ben poche delle sue idee, paurosi, superstiziosi, egoisti ed avidi; un'utopia che si conclude con una specie di suicidio collettivo. Il film è  intriso di commozione: il funerale della buona ed umile vecchietta per le strade senza un cane che l'accompagni; il ragazzo che augura una buona giornata a tutte le persone che incontra e che lo prendono per pazzo; la lotteria dell'inaugurazione con in palio un pollo.

Al di là della carica emotiva sono scene di una profonda amarezza, che riflettono la paurosa solitudine a cui ogni uomo sembra destinato. E' questo il secondo significato dell'apologo surreale, ben più profondo del primo (la fantasia dei poveri può battere la forza dei ricchi).

Umberto D con il cagnolino De Sica 0Ed è su questo tema che De Sica costruisce il suo capolavoro ''Umberto D'' (1952), dove tutti i suoi temi preferiti sono trasfigurati nella parabola del povero pensionato, confortato soltanto dalla compagnia di un cagnolino bastardo. Presa la decisione di uccidersi, vaga per la città; alla fine prende in braccio il cagnolino (Chaplin) per buttarsi sotto un treno, (sequenza stupenda) ma all'ultimo momento il cane, spaventato, gli scappa; e il vecchio lo rincorre, ... lo abbraccia, ... lo stringe al petto piangendo: il cane lo ha salvato!

Umberto D con il cagnolino De Sica 1Umberto D è un groppo in gola, un graffio nell'animo. Il più limpido e serio anti-spettacolare studio sociale di De Sica e Zavattini divenne, per la forza della poesia, anche il loro più commovente pamphlet di critica sociale. La totale solitudine di un uomo che ha passato la vita a lavorare, e l'ingratitudine della società che egli con quel lavoro ha contribuito a costruire, sono resi con pathos shakespeariano degno del Re Lear. 
Il suicidio del vecchio che nessuno vuole più e che non sa più dove andare è gia un pensiero spaventoso; ma che egli vi rinuncia per dedicarsi a un cagnolino, equivale a un suicidio più grande, al suicidio della dignità del vecchio e al suicidio della intera civiltà umana. Il film rotola di abisso in abisso, ed alla fine... che pena quel paradiso dei poveri! Ecco dove volavano i barboni di Milano!

Umberto D con il cagnolino De Sica 2Tutto il film poggia sulla regia attenta di De Sica, sulla interpretazione pacata e solenne del protagonista, che deve disegnare un uomo onesto, discreto e dignitoso (forse Totò da vecchio) che accetta con rassegnazione i rovesci del destino; ma che a un certo punto, per continuare ad essere onesto discreto e dignitoso, dovrebbe suicidarsi, e invece si ribella. Il cagnolino è il simbolo della rivolta contro la società che lo ha condannato a morte. Ma il cagnolino è anche il sostituto ideale del bambino di Ladri di biciclette; ed il viaggio incontro alla morte del vecchio, rassomiglia quello alla ricerca della bicicletta; così alla fine il vecchio e il cagnolino si prendono per mano e si perdono nella folla. Al culmine dell'ispirazione, De Sica riesce a far fruttare anche gli elementi più ''equivoci'' della sua arte come il sentimentalismo e l'umanitarismo. 

Il violento attacco delle autorità bigotte contro Umberto D costrinsero De Sica a riparare in America, dove ricevette i complimenti di Chaplin in persona, ma dovette anche cedere alla logica commerciale di Hollywood. "Stazione Termini" (1953) è una storia d'amore tutta vissuta in una stazione fra una americana sposata e un italiano; il film risente pesantemente dei collaboratori amici americani.

Loro di NapoliDopo la breve e insoddisfacente parentesi americana, De Sica gira "L'oro di Napoli" (1954) film a episodi che intende dare un ritratto pittoresco del mondo napoletano (guappi, pizzaioli, nobili, mantenute e imbroglioni) e che sogna il ritorno di De Sica alla recitazione in un proprio film, oltre che confermare la sua formidabile capacità di dirigere gli altri, dal comico dirompente Totò alla diva popolana Loren (la pizzaiola) e al grande Eduardo De Filippo. La spettacolarità teatrale e questa rassegna di divi colloca il film ben al di fuori del neo-realismo e persino al di fuori delle tematiche classiche del regista stesso. L'unico episodio ancora neorealista, sul funerale di un bambino, venne tagliato dalla produzione. 
In compenso la parte recitata da lui in persona, quella del conte rovinato dal gioco, è l'atto di nascita ufficiale del nuovo De Sica attore, che, smessa la maschera del mascalzone galante, si cala nei panni del gentiluomo maturo, arguto e affascinante, amante del decoro, che cammina sempre a testa alta, già collaudato l'anno precedente in "Pane amore e fantasia" (di Comencini), e riproposto nella nutrita serie di interpretazioni  da "Pane amore e gelosia" alla dozzina di film ad episodi e commedie all'italiana proliferata nel 1954 e 55 (compresi gli ottimi film con Totò).

Il generale Della Rovere 1Dopo Il tetto (1956), altra commedia popolare, De Sica che ha sancito la fine del neo-realismo, si ritira dalla regia e si dedica al  cinema come attore. Lavora  in un'altra manciata di film, quasi tutti commediole comunque simpatiche;  fino al 1961 la sua attività di attore si mantiene frenetica e un po' corriva, fatto salvo ovviamente "Il generale Della Rovere" (1959) di Rossellini. Questa ritirata artistica è dovuta a fenomeni concomitanti: l'insuccesso degli ultimi film, le ambizioni solistiche di Zavattini, il bisogno di soldi (De Sica era assiduo giocatore al casinò di Montecarlo).

Nel 1961 ritorna alla regia con "La ciociara" (da Moravia) caricando l'interpretazione della Loren nella parte della madre. Qua e là traspare di nuovo la mano del maestro: le macchiette della borgata, il sentimentalismo tragico dello stupro, l'infanzia devastata dalla guerra. In seguito  De Sica gira ''Il giudizio universale'' (1962) più che altro un pretesto per mettere assieme una dozzina di divi internazionali, un falso film ad episodi costruito sulla gag di un altoparlante che annuncia il giudizio universale. Lo spunto magico surreale alla Miracolo a Milano serve soltanto come occasione per Sordi (che contrabbanda bambini per l'America), Manfredi, Gassman, Fernandel, e tanti altri, per dare un saggio della loro bravura. La gente aspetta terrorizzata, ma alla fine il giudizio si risolve in un acquazzone e tutti possono andare al gran ballo dove coronano il loro amore: gli unici ad essere rimasti indifferenti, due giovani innamorati preoccupati soltanto all'idea del loro incontro. Il film pullula di macchiette: ladri, disoccupati, stranieri, camerieri, avvocati, cantanti; e squarcia uno dei rioni più poveri di Napoli, un palazzo fatiscente affollato di comari petulanti e di bambini seminudi.

Ricordiamo anche I sequestrati di Altona (1963) tratto da Sartre. Il boom (1963) dove un arrivista fallito (Sordi) abbandonato dalla moglie vende un occhio a un commendatore cinico e volgare per pagare i debiti e continuare la sua vita agiata. "Ieri oggi e domani" (1963), 3 Premio Oscar, è un trittico di episodi napoletani interpretati dalla Loren.

de sica matrimonio allitaliana"Matrimonio all'italiana"(1965) è la riduzione di Filomena Marturano di Eduardo ma affidata nuovamente al temperamento partenopeo della Loren, di nuovo in coppia con Mastroianni, ed è anche uno dei maggiori successi di pubblico dell'epoca.

Il connubio fra due animi chapliniani come De Sica e De Filippo non può che sortire un risultato emozionante, dove pianto e riso si fondono in un unico appassionato canto di vita. Ma De Sica si strugge dal desiderio di realizzare un altro Umberto D e deve lottare quotidianamente con i produttori. 

Per quattro anni De Sica, trasferitosi a Parigi e divenuto cittadino francese, gira Caccia alla volpe (1966), con Peter Sellers nei panni di un ladro inafferrabile che, parodiando le riprese di un film neorealista, riesce a mimetizzare lo sbarco clandestino di un carico d'oro.

Amanti (1968), melodramma cosmopolita basato su un amore impossibile fra un italiano e un'americana afflitta da male incurabile, e "I girasoli" (1970) rievocazione dello sbandamento del dopoguerra centrato sulla ricerca che una napoletana (Loren) conduce in Russia per ritrovare il marito (Mastroianni) dato per disperso. 

il giardino dei finzi contini 0Nel 1971 "Il giardino dei Finzi Contini" dal romanzo di Bassani è l'occasione per una poetica rievocazione del clima bellico. De Sica  ritrova la sensibilità umanitaria e il decoro magico dei suoi capolavori nelle scene d'amore pudico di due giovani ebrei condannati dalla loro nascita, e in quelle strazianti della deportazione che sradica la giovane dalla casa in cui è cresciuta. Siamo al quarto Oscar del regista.

Una rinnovata intensa attività di attore accompagna l'ultima produzione del regista che gira Lo chiameremo Andrea una surreale appendice alla periferia di Miracolo a Milano aggiornata al movimento ecologico e alla satira goliardica della commedia all'italiana);  Una buona vacanza (1973) e Il viaggio (1974). Il primo è un film-denuncia della condizione operaia: la protagonista è un'operaia che rinasce a nuova vita dopo essere stata ricoverata in ospedale per la tubercolosi ma che ripiomba nello squallore appena viene dimessa e deve tornare in fabbrica. Il secondo di impostazione melodrammatica.

De Sica muore quell'anno. Talento naturale, attore e regista nella vita prima ancora che sul set, De Sica ha impersonato gli ideali positivi di una parte del popolo italiano durante e dopo il fascismo e, grazie all'innato senso dello spettacolo, è riuscito ad inventare uno stile imitato in tutto il mondo.

In ultimo ricordiamo ancora una volta che i suoi film Sciuscià, Ladri di biciclette, Ieri, oggi, domani e Il giardino dei Finzi Contini hanno vinto l'Oscar al miglior film in lingua straniera, premio al quale fu candidato anche Matrimonio all'italiana.

dal sito di Cicciotti

RISO AMARO di Giuseppe De Santis

Riso amaro è un film drammatico del 1949 diretto da Giuseppe De Santis. Fu presentato in concorso al 3º Festival di Cannes e ricevette una candidatura ai Premi Oscar del 1951 per il miglior soggetto. 
Il Film si apre con una voce fuori campo radiofonica, da cronaca, con tono solenne descrive il mondo delle mondine, la macchina da presa entra quindi nella cronaca mediatica, anzi in competizione con essa

Riso Amaro Francesca e Walter 11(immagine di Francesca e Walter)

Siamo nel Torinese Francesca istigata dal suo fidanzato (Walter-Gassman) ruba una collana ad un cliente di un albergo dove la ragazza lavora in qualità di cameriera (intrigo poliziesco). La collana indica molto bene il rapporto realtà finzione, sogno, realtà.

Per far perdere le proprie tracce i due si inseriscono nella folla delle Mondine (ragazze che lavorano nelle risaie) impiegate come stagionali nel Vercellese.

Nel dormitorio delle Mondine, Silvana (Silvana Mangano) deruba Francesca della collana (l'oggetto del desiderio si sposta), la Mangano si presenta con tratti di grande erotismo, la sua immagine ha un grande impatto visivo di vitalità, sogno e ingenuità. Walter sospettando che la bella figliola molto probabilmente ha preso la collana (Francesca scopre il furto e lo dice a Walter) comincia a girarle intorno e a farle la corte, alla presenza fisica della Mangano fa coppia adesso la prestanza fisica del giovane Gassman che nel film è terribilmente cattivo, ma ovviamente piace alle donne.

RISO AMARO ballo (immagine del ballo di Silvana)

Sublime a questo punto il ballo a ritmo di Boogie dei due attori - Le mondine non ballano i ritmi americani e soprattutto è un ballo licenzioso perche Gassman quando balla sbircia con libidine sulle tette e le gambe della Mangano (un critico disse che De Santis nei suoi film ci metteva sempre gambe femminili) che risponde con sguardi troppo licenziosi. Questa vicenda del ballo che ha, ripetiamo, un grande impatto visivo-fotografico oltre che simbolico e ci sembra una sintesi di grande cinema, si scontra sostanzialmente con un Paese bacchettone, non ci si riferisce tanto al pubblico, un Paese che censurava i film di Totò o addirittura li vietava ai minori di 14 anni! Ma attenzione il regista in tutto il film filtra questa dimensione dello spettacolo che più colpisce il pubblico, con altre dimensioni che non si soffermano alla descrizione puramente decorativa fine a se stessa e che arriveranno alla tragedia finale ... insomma il ballo è la sintesi visiva di un discorso più ricco.

Tra le persone presenti nel campo non a caso ad iniziare il ballo con passione sono Silvana e Walter, quest'ultimo subito risponde al desiderio della ragazza, di muoversi, percepire un sentimento di libertà, modernità che però poi condurrà ambedue alla tragedia. 

Francesca pentita si è legata ad un giovane (Raf Vallone) in precedenza attratto da Silvana, che viene presentato dal regista come opposto a Gassman: senso del reale, cosciente delle illusioni un passato pieno di esperienze vere e significative, il giovane, in occasione del famoso ballo (in realtà ve ne sono due) vedendo la ragazza indossare la collana fa a pugni con Walter-Gassman e dice alla ragazza di stare lontana dalla collana perchè rubata, (la ragazza la indossa durante il ballo) ma ormai la bella Silvana è nelle mani di Walter.

RisoAMARO Raf Vallone e Mangano 44(immagine di Raf Vallone con la Mangano)

L'Intrigo si intreccia con maestria con i sentimenti dei protagonisti (abile il regista in un gioco di inquadrature sui volti dei quattro contendenti), il pubblico è attratto, guidato abilmente dal grande Regista che con questa tecnica fa da contrappunto passo passo e in modo critico alla cultura popolare femminile dell'epoca senza ignorarla. Ma soprattutto dopo il ballo immaginate il pubblico nel cinema invece di alzarsi (un film neorealista non lo deve vedere nessuno ) continua a seguirlo ...

Walter scopre dai giornali che la collana è fasulla ma non lo dice a Silvana, più cattivo di così, anzi rimbambisce così tanto la povera Mangano che le propone una rapina.

Ad un certo punto la Mangano chiede a Walter: "ma quando fai il ladro ti metti la Calzamagia (dice grosso modo) sul viso?" roba da fotoromanzi dicevano i critici (invece di prendere la tessera del sindacato o andare in chiesa). Il regista ciociaro individuava molto bene tra Boogie e Fotoromanzi la cultura di massa di tantissime ragazze, un insieme di segni che poi confluirono nel boom economico degli anni successivi.

La ''Rapina'' proposta  da Walter ha del canagliesco, rubare il riso appena lavorato dalle compagne di Silvana.

Non a caso la Mangano sin dal principio si è differenziata dalle sue povere amiche che sembrano accettare senza riserve il lavoro duro che toglie ogni sogno.

Il regista poi non tralascia la condizione del lavoro delle ragazze.

Una delle sequenze di grande impatto scenografico, è data quando il regista riprende le mondine che cantano secondo la migliore tradizione dei canti di lavoro (uso della tecnica Botta e Risposta, Chiamo e Richiamo) attaccando un gruppo di ragazze "clandestine" colpevoli di aumentare il ritmo, unico modo forse di essere assunte. Raf Vallone (il buono) poi suggerisce alle mondine di non scontrarsi tra di loro ma di essere unite così alla fine riescono comunque a lavorare tutte.

La pioggia poi per giorni impedisce alle lavoratrici di continuare il lavoro, in una sequenza tragica le mondine decidono di lavorare lo stesso aiutandosi ancora con il canto, ma non tutte ci riescono una ragazza crolla perchè incinta, in parallelo Walter-Gassman violenta la povera Silvana  completamente in mano ormai del delinquente, un momento fondamentale questo del film, Silvana paga il primo grave prezzo al suo sogno proprio mentre le Mondine che ''non sognano'' lavorano sotto la pioggia, il tutto in un turbine di canti e grida che ha del religioso.

Walter così mette in atto il suo piano illudendo completamente la ragazza, mentre le Mondine festeggiano il raccolto, Gassman convince Silvana ad immettere  acqua nelle risaie per distrarre l'attenzione, nel frattempo Francesca e il suo amico Raf Vallone intuiscono il tutto e beccano il ladro sul fatto. L'intrigo con sentimento, come un Western (altra parolaccia) giunge quasi al termine, la situazione è seria, non è proprio un drammone e forse il pubblico lo capisce.

Nella macelleria del posto abbiamo lo scontro finale tra la ''coppia di ladri'' e la coppia che ha compreso il gioco di Walter e che in fondo vuole salvare Silvana ritenendola ingenua. Silvana viene a sapere che la collana è fasulla che Walter è un imbroglione e nella colluttazione gli spara, poi come se avesse percepito tutto il dramma vissuto, lo spessore del tradimento fatto alle povere compagne, corre sulla torre del campo e si uccide, e nessuno riesce a fermarla .

Il sogno da fotoromanzo  si rivela per quello che è.

Nel film ci sono anche echi della letteratura americana (Furore) ma soprattutto un linguaggio di grande impatto e spessore, la parabola della ragazza che ingenua, tradisce le proprie compagne per un sogno fittizio viene descritta con grande maestria. Il Film aggrappa il pubblico ad una trama e ad una scenografia sino alla tragedia finale. Le amare risaie delle Mondine per lo spettatore non sono facili da dimenticare. Un film Nazional-popolare ci sembra nelle intenzioni dell'autore, che più di altri cerca di confrontarsi con grane rigore con il concetto di Antonio Gramsci.

La recitazione della Mangano è più che convincente nel delineare una ragazza dell'epoca e rimane come un segno indelebile  dei film ed al di là di tante legittime chiacchiere rimangono alcune immagini, pochissime le battute, e per questo Riso Amaro è insuperabile e modernissimo.

Riso amaro Silvana ManganoL'attrice divenne una diva internazionale, il film ebbe un successo in tutto il mondo. Anche V.Gassman deve molto a questo film, la parte di mascalzone viene recitata al meglio, priva ovviamente degli elementi da commedia che lo caratterizzeranno in seguito.
La bella e brava Silvana Mangano, venne scelta dal regista in modo fortuito a causa di alcuni fiori che aveva in mano durante una candida e chiara domanda di poter recitare fatta a De Santis per strada; i fiori in mano alla ragazza sollecitarono nella memoria del regista un film di Chaplin: la Mangano fece centro e venne ammessa al provino.

Nota: nella Mangano l'uso della gomma da masticare simbolo, moda e sogno di una modernità prossima anticipata con spavalderia.

Riso amaro lavorazione del film(immagine  Silvana durante la lavorazione del film)

Riso Amaro è un film fondamentale in una ricostruzione  che vuole leggere la nostra Storia attraverso il cinema, in prossimità di quello  che poi sarà chiamato Boom Economico.

Note a margine: 
La condizione precaria del lavoro è delineata con nettezza dal regista, l'assenza di sicurezza, il dramma della ragazza che deve partorire, della mondina anziana che  in modo perentorio spiega che con la pioggia c'e il rischio della fame, perchè si è schiavi della Natura! Nella Storia del Movimento operaio sin dalla prima descrizione di Engels è questo un motivo costante  e continuo, il timore della precarietà, avere una protezione anche nel caso di impedimenti non previsti, crisi del mercato temporanea, pioggia nel caso degli edili o delle mondine ecc.

Infine  per quanto riguarda il film: Collabora alla Regia Gianni Puccini mentre alla sceneggiatura troviamo Carlo Lizzani, lo scrittore Corrado Alvaro e lo stesso regista, la musica vede l'intervento oltre che del maestro Trovaioli di un grande musicista come Goffredo Petrassi esponente di primo piano della musica contemporanea.

G. De Santis

RISO AMARO
(Italia 1949, bianco e nero, 108m); regia: Giuseppe De Santis; produzione: Dino De Laurentiis per Lux Film; soggetto: Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Gianni Puccini; sceneggiatura: Corrado Alvaro, Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Carlo Musso, Ivo Perilli, Gianni Puccini; fotografia: Otello Martelli; montaggio Gabriele Variale; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Anna Gobbi; musica: Goffredo Petrassi, Roman Batrov [Armando Trovajoli].

 

Manifesti degli anni d'oro del Cinema (2)

I maniaci è un film a episodi del 1964, diretto da Lucio Fulci, interpretato tra gli altri da Walter Chiari, Enrico Maria Salerno e Barbara Steele.

I MANIACI

I magnifici tre è un film del 1961 diretto da Giorgio Simonelli. Con Vianello, Chiari e Tognazzi.

I MAGNIFICI TRE

Io, io, io... e gli altri è un film del 1966 diretto da Alessandro Blasetti.

IO IO E GLI ALTRI

Stasera niente di nuovo è un film del 1942 diretto da Mario Mattoli. Si tratta del quarto ed ultimo film della serie I film che parlano al vostro cuore, tutti diretti da Mattoli.

STASERA NIENTE DI NUOVO

Retroscena è un film del 1939, diretto da Alessandro Blasetti.

RETROSCENA

L'attore scomparso è un film del 1941 diretto da Luigi Zampa, che costituisce la prima prova registica della sua più che quarantennale carriera cinematografica.

LATTORE SCOMPARSO

 

 

Manifesti degli anni d'oro del Cinema

Se permettete parliamo di donne è un film a episodi del 1964 diretto da Ettore Scola, qui al suo esordio alla regia. Il film segna anche l'esordio cinematografico di Luigi Proietti.

SE PERMETTETE PARLIAMO DI DONNE

Amore all'italiana è un film del 1966 diretto da Steno. Il film è conosciuto anche con il titolo I Superdiabolici. Strutturato in 10 episodi, il film racconta gli usi, le consuetudini e i vizi dell'Italia in quell'epoca.

AMORE ALLITALIANA

La rimpatriata è un film del 1963 diretto da Damiano Damiani. La pellicola è stata presentata in concorso al Festival di Berlino 1963.

LA RIMPATRIATA

L'ultima carrozzella è un film del 1943 diretto da Mario Mattoli. Con Anna Magnani e Aldo Fabrizi.

LULTIMA CARROZZELLA

Gli onorevoli è un film comico italiano del 1963, diretto da Sergio Corbucci e interpretato da Totò, Peppino de Filippo, Gino Cervi, Walter Chiari, Franca Valeri, Stelvio Rosi e Aroldo Tieri.

GLI ONOREVOLI

 Due contro tutti è un film parodia del 1962 diretto da Alberto De Martino e Antonio Momplet. È una parodia dei film western statunitensi, girato in Spagna.

DUE CONTRO TUTTI

 

 Qui altri Manifesti degli anni d'oro del Cinema 

Maurizio Costanzo e il cinema: firmò la sceneggiatura del film "Una giornata particolare" di Ettore Scola

Una giornata particolare filmNon solo televisione, ma anche musica e cinema. Maurizio Costanzo, morto a Roma il 24 febbraio 2023, era poliedrico. E ha lasciato la sua impronta anche nel cinema. Il giornalista ha sceneggiato e cosceneggiato circa 25 film, tra cui l'indimenticabile "Una giornata particolare" diretto nel 1977 da Ettore Scola. La sceneggiatura era firmata dallo stesso Scola con Maurizio Costanzo e Ruggero Maccari.

E il film, interpretato da Sophia Loren e Marcello Mastroianni, divenne una pietra miliare della storia del cinema italiano. Presentata in concorso al Festival di Cannes, la pellicola ottenne vari riconoscimenti internazionali vincendo, tra gli altri, il Golden Globe quale miglior film straniero e ricevendo anche due candidature al Premio Oscar, per il miglior film straniero e per il miglior attore, a Marcello Mastroianni.

Una giornata particolare, la trama

Il film è ambientato a Roma, a Palazzo Federici (zona piazza Bologna, Municipio II) blocco residenziale di enormi dimensioni vicino al centro della città e si svolge interamente nell'arco di alcune ore di una singola giornata. Perché è una giornata particolare?

I protagonisti sono Antonietta, madre di sei figli e casalinga sposata con un impiegato ministeriale, convinto fascista, e Gabriele, un ex radiocronista dell'EIAR in aspettativa omosessuale. La giornata particolare è il 6 maggio 1938, data della storica visita di Adolf Hitler a Roma, quando Antonietta è costretta a rimanere a casa mentre tutti gli abitanti del palazzo accorrono alla parata in onore del Führer. Antonietta non è completamente sola. Nel palazzo c'è anche Gabriele, che sta meditando il suicidio ma incontra la donna. 

Maurizio Costanzo fu anche regista

Costanzo si cimentò, proprio nel 1977, anche nella sua unica regia cinematografica, dirigendo "Melodrammore", un film di metacinema, interpretato da Enrico Montesano nei panni dell'attore Raffaele Calone che, dovendo interpretare un melodramma decide di chiedere consiglio a un divo degli anni cinquanta ormai ritiratosi: il grande Amedeo Nazzari, che recitò nei panni di se stesso.

In diverse occasioni, Costanzo si cimentò anche nella recitazione. Fu nel cast di "FF.SS. che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?" di Renzo Arbore (1983). Poi divenne protagonista della fortunata sitcom di Canale 5 "Orazio" (1984-1986) e della successiva "Ovidio" (1989).

Tornò a recitare in 'Anni 90 - Parte IÌ di Enrico Oldoini (1993), in "Bodyguards - Guardie del corpo" di Neri Parenti (2000) e in "Caterina va in città" di Paolo Virzì (2003).

Articolo de IlMessaggero.it

«Un giorno di ordinaria follia» compie 30 anni: tutto quello che non sapete del film

giorno ordinaria follia Corriere WebLos Angeles. Appena scaricato da un’azienda di armamenti dipendente dal Ministero della Difesa statunitense, il cinquantenne Bill Foster (Michael Douglas) è affetto da un disturbo di personalità borderline che lo ha costretto a tornare a vivere con la madre (Lois Smith) dopo la separazione dalla moglie Elisabeth (Barbara Hershey) costatagli anche un ordine restrittivo che gli impedisce di avvicinare la piccola figlia Adele (Joey Hope Singer). Il suo disagio esplode la torrida mattina del compleanno di quest’ultima quando, dopo essere rimasto bloccato in un pazzesco ingorgo sulla freeway, abbandona la sua macchina (targata D-FENS) per l’ira degli altri automobilisti coinvolti tra i quali c’è anche l’anziano sergente LAPD, Martin Prendergast (Robert Duvall) che sperava di passare diversamente le sue ultime ore di servizio prima della pensione.

Da quel momento, la giornata di Foster diventa una personale discesa agli inferi parallela a un’escalation inarrestabile e parossistica di follia e violenza: perché Bill dapprima distrugge un minimarket gestito da un coreano dopo aver questionato per un futile motivo (il prezzo di una lattina di soda), quindi malmena due balordi ispanici dopo aver sconfinato nel loro quartiere, poi si incaponisce al telefono con l’ex moglie per portare a tutti i costi un dono alla sua bambina nonostante il provvedimento disciplinare che lo riguarda. Da quel momento, dopo altre manifestazioni di rabbiosa aggressività, “D-FENS” entra nel mirino proprio di Prendergast e della sua giovane collega Sandra Torres (Rachel Ticotin): e finirà con l’uccidere a sangue freddo un fanatico neonazista (Frederic Forrest) proprietario di un negozio di abbigliamento militare dopo che questi avrà distrutto il regalo di Adele al termine di una furiosa lite ideologica. Oltrepassando senza possibilità di redenzione o salvezza il suo punto di non ritorno.

 

Presentato nelle sale americane il 26 febbraio 1993 e poi (troppo audacemente) invitato in concorso al Festival di Cannes qualche mese dopo, “Un giorno di ordinaria follia” (Falling Down) di Joel Schumacher è stato un film di grande successo (anche da noi, dove uscì immediatamente dopo la presentazione sulla Croisette) malgrado le sue qualità intrinseche fossero ben distanti da quelle del cinema “d’autore” hollywoodiano che pure qualcuno all’epoca fu pronto a riconoscergli. Interpretato da un cast di prim’ordine (Douglas era all’apice della sua carriera, dopo “Attrazione fatale”, “Wall Street”, “La guerra dei Roses” e “Basic Instinct”, e non si riesce a immaginare un altro attore coevo nel ruolo; Duvall già un mostro sacro), poggiava su una sceneggiatura (di Ebbe Roe Smith) volutamente in bilico tra un registro dichiaratamente grottesco e una volontà di fotografare le tensioni sociali e private dell’America che di lì a poco sarebbe stata “clintoniana” ma su cui ancora pesava la gestione di George Bush sr; ed è un film oggi forse giustamente dimenticato ma che resta suo malgrado un esempio limpido di cascame fuori tempo massimo del cinema mainstream più isterico e a suo modo irripetibile che ha caratterizzato tutti gli anni Ottanta e che sarebbe forse continuato se non fosse stato spazzato via definitivamente da Quentin Tarantino (“Pulp Fiction” è del 1994) e soprattutto dai suoi numerosissimi e impari epigoni.

Tuttavia, a voler ben vedere, come giustamente puntualizzava all’epoca il famoso critico Roger Ebert, le radici più profonde di “Un giorno di ordinaria follia” sono addirittura da ricercarsi nel decennio precedente, e in particolare in “Quinto Potere” (Network, 1976) di Sidney Lumet: dove l’anchorman squilibrato Howard Beale, al grido di “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!” esortava i suoi spettatori a ribellarsi a un ordine delle cose pesantemente sfuggito di mano a scapito del cosiddetto “cittadino medio”. Nell’era della grande recessione Usa, il film di Schumacher fu effettivamente per i primi anni Novanta ciò che quello (parimenti retorico) di Lumet fu per l’era post-Watergate: uno strumento con cui valutare lo stato comatoso della Nazione uscita dalla presidenza Nixon e traghettata da Ford prima e Carter poi in un cambiamento analogo a quello promesso da Clinton, e quindi la pantografia di una “malattia dello spirito” che rifletteva tutti quei motivi per cui quel cambiamento era di fatto necessario e auspicabile.

Probabilmente, in mano a un regista meno (amabilmente) rozzo, “Un giorno di ordinaria follia” e il suo eroe Bill Foster/D-FENS sarebbero diventati il paradossale paradigma ideologicamente cortocircuitato di un (anti)eroismo certamente “sbagliato” ma in qualche misura “necessario”. E del resto, ad andare in scena tra le righe era anche l’epilogo di tre legislature repubblicane a fila e del loro pesante lascito sociale: diseguaglianza economica, orrore per l’altro da sé, rigurgiti fascistoidi, disoccupazione e disintegrazione capitalista della stessa etica del lavoro; nonché la dissoluzione dei confini tra ideologia “reazionaria” e semplice desiderio di rivalsa (come mostra benissimo la lite “teorica” tra il neonazista del negozio e Foster, che pur agendo “in opposizione” depreca la forma mentis perversamente odiante dell’uomo). Ma a quella dimensione beffardamente catartica para-eastwoodiana a cui il film avrebbe potuto ambire si sostituisce progressivamente una più cartoonesca (e cialtronesca) declinazione “diurna” della furia bronsoniana (leggi “Il giustiziere della notte”) sciolta con la più “naturale” ma qualunquista delle soluzioni.

Perché dapprima il film chiede quasi di parteggiare per l’everyman impazzito che reagisce a un mondo-giungla altrettanto fuori controllo, ma poi ci fa quasi sentire in errore o vergognarci per averlo fatto, quando l’inevitabile autodistruzione del protagonista viene oltretutto propiziata da una giustizia forse superiore che però ancora una volta si sostanzia nel distintivo di un tutore dell’ordine, seppur stanco e in qualche misura riluttante. Difficile dire a quali spettatori dell’epoca possa venir voglia, oggi, di celebrare il trentennale del film con una revisione, ma anche capire quale motivo d’interesse potrebbero avere i “giovani” che ne approccino una prima lettura: malgrado tutto, però, potrebbe non essere tempo perso né per gli uni né per gli altri.

Articolo di Filippo Mazzarella  per www.corriere.it/spettacoli

Mixed By Erry, il film diretto da Sydney Sibilia (uno che ha iniziato con i cortometraggi)

Mixed By Erry è un film di genere commedia del 2023, diretto da Sydney Sibilia, con Luigi D’Oriano e Giuseppe Arena. Uscita al cinema il 02 marzo 2023. Durata 110 minuti. Distribuito da 01 Distribution.

E scusate se è poco.... da un ragazzo che ha iniziato girando cortometraggi come Iris Blu e Noemi e partecipando a concorsi come il nostro!
(nota della redazione)

Data di uscita: 02 marzo 2023
Genere: Commedia
Anno: 2023
Regia: Sydney Sibilia
Attori: Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena, Emanuele Palumbo, Francesco Di Leva, Cristiana Dell'Anna, Adriano Pantaleo, Chiara Celotto, Greta Esposito, Fabrizio Gifuni
Paese:Italia
Durata: 110 min
Distribuzione: 01 Distribution
Sceneggiatura: Sydney Sibilia, Armando Festa
Fotografia: Valerio Azzali
Montaggio: Gianni Vezzosi
Musiche: Michele Braga
Produzione: Groenlandia con Rai Cinema
 

Mixed By Erry Regia di Sydney SibiliaTRAMA MIXED BY ERRY

Mixed By Erry, film diretto da Sydney Sibilia, è ambientato nella Napoli degli anni '80, in quegli anni in cui nasce il mito di Maradona come dio del calcio campano. Racconta la storia di Enrico Frattasio (Luigi D’Oriano), noto a tutti come Erry, che mette su una vera e propria attività illegale. Aiutato dai fratelli Peppe e Angelo (Giuseppe Arena e Emanuele Palumbo), inizia a copiare mixtape per i suoi amici, allargando in seguito il giro fino a dar vita a una vera e propria impresa. La masterizzazione e la vendita delle musicassette contraffatte, però, si trasformerà in un'avventura internazionale, che trasformerà per sempre le loro vite.
Le mixtape note sotto "Mixed By Erry", come se fosse un marchio di fabbrica, non solo poeteranno la musica nelle case e nella vita di tutti giorni, ma daranno anche un nuovo senso al concetto di pirateria nel nostro Paese.

PANORAMICA SU MIXED BY ERRY

La vera storia dei fratelli Frattasio, il re delle musicassette contraffatte negli anni ’80, approda al cinema raccontata da Sydney Sibilia, che ha diretto la trilogia Smetto quando voglio e L’incredibile storia dell’Isola delle Rose. Mixed By Erry, film dal carattere piuttosto personale, nasce dall’esperienza diretta del regista e dal suo primo approccio con la musica: “Nella zona dove abitavo io a Salerno non c’era propriamente un negozio di dischi. Quindi andavi alla bancarella, dicevi l’album che volevi e il venditore ti chiedeva: ma la vuoi falsa, o la vuoi falsa/originale? E io preferivo quest’ultima che era appunto Mixed by Erry” - ha spiegato. Il film è stato girato principalmente a Napoli, (per le vie dei Tribunali, piazza Mercato, Forcella) con alcune scene a Roma e a Sanremo. Nel ruolo di Enrico c’è Luigi D’Oriano, al suo debutto sul grande schermo come protagonista (lo avevamo visto in Ma che bella sorpresa di Alessandro Genovesi nel 2015). Insieme a lui Giuseppe Arena (Peppe), che ha esordito ne L’imbalsamatore di Matteo Garrone (2002) ed Emanuele Palumbo (Angelo), che ha recitato in Californie (2021) e Nostalgia (2022).

NOTE DI REGIA di Sydney Sibilia
È una storia entusiasmante, incredibile ma vera, piena di musica e ambizione, e soprattutto ispirata a eventi realmente accaduti. Sono felicissimo di poter finalmente raccontare la storia di Erry e dei suoi fratelli, una storia che ho vissuto in prima persona da ragazzo, e che mi ha sempre fatto pensare a come talento e passione non abbiano nazionalità e superino ogni confine. Del resto anche a Forcella possono nascere i DJ ! (Sydney Sibilia).

CURIOSITÀ SU MIXED BY ERRY

Le riprese del film, durate otto settimane, si sono svolte tra Roma, Napoli e Sanremo.

FRASI CELEBRI DI MIXED BY ERRY

Dal Trailer Ufficiale del Film

Uomo: Chi di voi tre è Mixed by Erry?
Erry (Luigi D’Oriano): Tecnicamente tutti e tre, soprattutto se parliamo in termini siciliani.
Uomo: Guaglio’! Erry chi ca**’ è?
Erry: È lui!

Erry: Questi ci vogliono fare la guerra, e noi ci prepariamo a vincerla mo la guerra!
 

FOCUS SU MIXED BY ERRY

Chi erano davvero i fratelli Frattasio? Tutto ha inizio tra i vicoli di Forcella negli anni ’80 quando a Napoli Maradona diventa quasi un dio. È in quel periodo che Enrico Frattasio, per tutti dj Erry, inventa un fenomeno destinato a durare per anni: la pirateria. Il giovane, insieme ai fratelli Peppe e Angelo, mette su una vera e propria industria musicale, registrando i dischi sulle musicassette, che poi venivano vendute sulle bancarelle per strada. Quello che era iniziato all’interno di un negozio, diventa in poco tempo un’attività conosciuta in tutto il mondo, raggiungendo persino il continente asiatico.
Il successo fu così grande da spingere altri contraffattori a creare delle false copie delle cassette dei Frattasio. Tanto che questi decisero di creare un marchio dal nome Mixed by Erry, la dimensione ideale per un ascolto pulito. Coniando addirittura un nuovo termine nel gergo musicale: quello del “falso originale”, ossia creato da Erry. Nel 1997 viene arrestato insieme ai fratelli con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso.

INTERPRETI E PERSONAGGI DI MIXED BY ERRY

AttoreRuolo
Luigi D’Oriano
Enrico Frattasio aka Erry
Giuseppe Arena
Peppe Frattasio
Emanuele Palumbo
Angelo Frattasio
Francesco Di Leva
Fortunato Ricciardi
Cristiana Dell'Anna
Marisa Frattasio
Adriano Pantaleo
Pasquale Frattasio
Chiara Celotto
Francesca
Greta Esposito
Teresa
Fabrizio Gifuni
Arturo Maria Barambani

 

... dall'articolo di comingsoon.it

Quali film si svolgono in un cimitero

Ci sono diversi film, sia di genere horror sia di altro tipo, che utilizzano i cimiteri come sfondo principale o come location chiave per alcune delle loro scene più memorabili. Questa scelta è spesso dovuta al fascino misterioso e all'atmosfera inquietante che i cimiteri possono evocare, rendendoli perfetti per storie di fantasmi, horror, ma anche per narrazioni che esplorano temi di lutto, morte e oltre.

Leggi tutto: Quali film si svolgono in un cimitero

Metti una Roma a cena: la città (ri)scoperta di Ferzan Özpetek

Ci sono quartieri che vivono in disparte, zone della città dimenticate.

E poi c’è Ferzan Özpetek, il turco di Roma, che fa della sua arte una serenata alla nostra città. La Roma che ritrae è poetica, antica e melanconica, è la città di tutti i giorni, attenta testimone dei nostri umori e delle nostre fragilità.

Non ci credete? Andate al cinema in questi giorni e lo scoprirete. Dopo alcuni film girati in trasferta, Ferzan torna a casa e ambienta gran parte della sua Dea Fortuna a Roma. I due protagonisti, Edoardo Leo e Stefano Accorsi, vivono in via della Lega Lombarda, nel quartiere Nomentano, poco distante dal Cinema Jolly.

la danza sotto la pioggia sulla terrazza affacciata su Roma in una scena de La Dea Fortuna di Özpetek | screenshot dal film originale

Capire perché Özpetek abbia scelto questa Roma è davvero semplice: nel palazzo-location troviamo terrazze spioventi di un mondo scomparso che collega e intreccia vite e vicinato. E segna una cifra stilistica inconfondibile.

Volevo un quartiere come quello delle Fate ignoranti, dove vivo da anni, ma che non ha più il carattere che aveva una volta. Appena siamo entrati in casa ho detto subito che andava bene, senza nemmeno vedere le altre proposte. Era stupendo, l’ideale… Io stesso vorrei una casa cosi nella mia vita.

Ferzan Özpetek

Tra i siti scelti nella pellicola una menzione speciale spetta al Tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina, che dà il titolo al film. Il luogo viene introdotto con una preghiera da Sandro, il figlio minore di Jasmine Trinca, durante un picnic a Villa Pamphili, e trova la sua massima espressione nella cavea teatrale.

Il santuario fu costruito alla fine del II secolo a.C. sulle pendici del monte Ginestro e si articola su sei terrazze artificiali, collegate tra loro da rampe e scalinate di accesso. Sopra il portico di fondo e la nostra cavea troviamo il palazzo Colonna Barberini, ricostruito nelle forme attuali da Taddeo Barberini nel 1640 e dal 1956 sede del museo archeologico prenestino.

La Dea Fortuna è solo l’ultimo tassello di una lunga storia d’amore tra il regista e la sua città d’azione. Quindi prendete posto e mettetevi comodi: lo spettacolo di Roma sta per iniziare!

la Roma di Ferzan Özpetek

uno sguardo diverso: il quartiere Ostiense tra archeologia industriale e pranzi corali

Sono stati fatti talmente tanti film su questa città, che sento forte l’esigenza di posarvi uno sguardo diverso da quello degli altri.

Il suo sguardo diverso è rivolto a Ostiense, un quartiere corale e di antica solidarietà, ripreso sul filo di un’intima dolcezza. Un quartiere che il suo cinema ha contribuito a salvare.

Tutto ha inizio nel 2001 con le riprese de Le fate ignoranti. Nel suo primo film made in Italy, Özpetek racconta luoghi, suoni e profumi familiari, caseggiati brutti e scheletri di vecchie fabbriche rimasti in piedi come occasioni perdute.

dettaglio di un macchinario della Centrale Montemartini, set de Le fate ignoranti di Özpetek

Il film si apre con Margherita Buy in abito da sera mentre passeggia per le sale della Centrale Montemartini. Straordinario esempio di archeologia industriale, la Centrale nasce come impianto pubblico per la produzione di energia elettrica.

Oggi è il secondo polo espositivo dei Musei Capitolini e ospita una considerevole parte delle sculture classiche rinvenute durante gli scavi di fine Ottocento. I grandiosi ambienti della Centrale e la Sala Macchine conservano gli arredi Liberty, le vecchie turbine, i motori diesel e la colossale caldaia a vapore. Una scenografia unica di surreale eleganza per tutti i marmi antichi che qui trovano casa.

Moltissime scene del film sono girate in interni, ma Özpetek non rinuncia a mostrare il suo quartiere imperfetto e lo spia da una terrazza, confine di un mondo ideale, libero e colorato. Dove? Al civico 35 in via del Porto Fluviale, accolta da una struttura fatiscente vestita per l’occasione come spazio esterno all’appartamento.

la terrazza de Le fate ignoranti, oggi parte degli spazi del centro culturale Industrie Fluviali 

Oggi su questa terrazza visitabile (ebbene sì!) trova spazio il centro culturale Industrie Fluviali, una combinazione di ambienti lavorativi condivisi, sale expo, eventi, bistrot a km zero e orti urbani. Il centro, sintesi perfetta di accessibilità, integrazione, rigenerazione urbana e sostenibilità, fa parte dell’ex Lavatoio Sonnino, costruito agli inizi del ‘900 come sito di lavorazione della lana. Un luogo senza muri, dove tutto è accessibile in nome del fare cultura e dell’inclusione.

Inclusione? Nessun posto unisce e riunisce come la tavola, Özpetek lo sa bene: come nella vita reale, qui il regista fa confrontare i suoi personaggi, li sovrappone, li mescola. Tutto sullo sfondo del Gazometro. Credetemi, non c’è ragazza cresciuta a pane&Accorsi che non sospiri vedendo il profilo di questo Colosseo d’acciaio!

Simbolo di un quartiere a metà tra antichità e modernità, la struttura in via del Commercio fa parte di una vecchia centrale del gas in disuso. Fino agli anni ’60 i gasometri venivano usati per accumulare il gas di città, una miscela di monossido di carbonio, idrogeno, metano e anidride carbonica sfruttata sia per usi domestici, che per l’illuminazione pubblica. La diffusione del gas metano ha condannato all’oblio i gasometri di Roma e i loro scheletri d’acciaio.

Fino all’arrivo delle nostre Fate e di un invito a cena, s’intende.

cornetti impastati alla Pasticceria Andreotti 

A tal proposito, per la serie anche questa è arte, nella nostra to do list non può mancare una tappa fondamentale dell’Ostiense ozpetekiana. La storica Pasticceria Andreotti, che per fortuna è rimasta com’era, in via Ostiense 54: da qui provengono i cornetti impastati da Elio Germano in Magnifica presenza e le torte artigianali di Giovanna Mezzogiorno ne La finestra di fronte.

una finestra aperta sul centro di Roma

Giovanna Mezzogiorno e Raoul Bova in una scena de La finestra di fronte girata nel parco di Monte Caprino a Roma | screenshot dal film originale

Nonostante l’amore dichiarato e contraccambiato per il suo quartiere d’adozione, lo sguardo di Özpetek su Roma non si ferma alla periferia, ma con La finestra di fronte del 2003 procede verso il centro. A influenzare l’ambientazione e la scenografia del film sono le pareti della città, impregnate di ricordi e di energia.

Da una parte il Ghetto Ebraico, che si estende da via Arenula fino alla rive del Tevere, da via del Portico d’Ottavia a Piazza delle Cinque Scole; dall’altra Piazza dell’Emporio e le case popolari A.T.E.R. di via di Donna Olimpia a Monteverde, quartiere già noto alla romanità per i Grattacieli dei Ragazzi di vita di Pasolini.

Due facce della stessa medaglia, due anime di Roma che si sovrappongono come le vite clandestine dei protagonisti: lì qualcuno si è amato, qualcun altro è stato ammazzato.

Sono gocce di memoria, per dirla tutta.

Mentre Roma è ancora stordita per la scomparsa di Alberto Sordi, arriva un film che è una specie di lettera d’amore alla nostra città, ‘La finestra di fronte’. È una lettera esigente, come ogni vero messaggio d’amore, perché non solo dichiara i propri sentimenti ma chiarisce l’origine, la portata e le condizioni grazie alle quali quei sentimenti potranno crescere e fiorire oppure spegnersi e appassire.

Fabio Ferzetti su Il Messaggero, 28 febbraio 2008

Se il Gazometro è il simbolo de Le Fate Ignoranti, la fontana del parco di Monte Caprino è il luogo chiave de La Finestra di Fronte. Proprio qui, tra le fessure del marmo, Simone e Davide nascondono biglietti d’amore, mentre Giovanna e Lorenzo scambiano pensieri, ricordi e un bacio appassionato.

il giorno perfetto di Özpetek a Roma

Melania G. Mazzucco, Un giorno perfetto, edito da Einaudi, 2017 | qui un estratto

Il viaggio romano più lungo e articolato di Özpetek si svolge in Un giorno perfetto. Il film, tratto dal romanzo di Melania Mazzucco, racconta la Roma bene del centro storico e la Roma popolare con le periferie di ultima generazione.

La grande, la tanto amata Roma si risvegliava alla realtà nuda del primo
mattino, tutta di strade, piazze, chiese, così come appare ai passeggeri del
primo autobus, ubriachi di sonno, e ai nottambuli, ubriachi di musica, che
escono dalle discoteche – la città dopo la battaglia che affiora dalla marea
della notte.

Melania Mazzucco

In Un giorno perfetto troviamo una Roma caotica e contraddittoria, capace di togliere il fiato con le sue dimore e di trasmettere angoscia tra i canneti del Tevere. Fra le immagini proposte riconosciamo l’Isola Tiberina con l’ospedale Fatebenefratelli, palazzo Sacchetti, ponte Duca d’Aosta, piazza Colonna e i vecchi Mercati Generali dove ritorna l’inconfondibile sagoma del Gazometro (sospirone).

Per gli interni abbiamo girato in case e ville private mai utilizzate dal cinema, i cui proprietari ci hanno aperto la porta solo perché amanti e appassionati del cinema di Özpetek.

Giancarlo Basili, scenografo

Tre le case protagoniste: l’appartamento di Antonio al numero 17 di piazza Vittorio, quella di Adriana nel quartiere di Torrevecchia e quella centralissima dell’onorevole Fioravanti, che si affaccia sulla chiesa di Sant’Andrea della Valle.

La facciata che domina le inquadrature fu realizzata da Carlo Rainaldi nella seconda metà del XVII secolo. Costruita in travertino, presenta due ordini di colonne, nicchie con statue, cornici in aggetto e un finestrone centrale. Il fasto degli interni lascia a bocca aperta! Ma aspettate di vedere la cupola! Seconda solo al Cupolone di San Pietro per grandezza, è affrescata da Giovanni Lanfranco che realizza un capolavoro d’illusionismo barocco: il cielo in una chiesa.

un’ultima magnifica replica: il Teatro Valle

Vittoria Puccini ed Elio Germano in una scena di Magnifica presenza al Teatro Valle | screenshot dal film originale

Nel 2012 Özpetek ritorna a Monteverde per Magnifica presenza: a via Cavalcanti, Elio Germano trova il suo posto nel mondo e la sua nuova casa, antica e misteriosa, diventa il centro di tutta la narrazione. Solo nel finale c’è un cambio di scena: il tram numero 8 attraversa Trastevere e conduce i protagonisti al Teatro Valle per l’ultima pièce.

Trecento anni di storia fanno del Valle il più antico teatro moderno di Roma. Il suo palcoscenico ha visto passare i più grandi, da Goldoni a Rossini, Totò, Anna Magnani, Eduardo de Filippo e Pirandello, che qui ha messo in scena la prima assoluta di Sei personaggi in cerca d’autore.

Costruito da Tommaso Morelli e Mauro Fontana, il Teatro è stato oggetto di restauri e migliorie,come la splendida facciata neoclassica a opera del Valadier. Dal 2011 al 2014, un gruppo di attori, attivisti e liberi cittadini hanno occupato il teatro per impedirne la vendita, ma l’11 agosto 2014 è stato pacificamente riconsegnato alle autorità comunali.

Che i luoghi parlino è cosa risaputa e a Roma le voci del passato riecheggiano nel presente. Ci sono luoghi che urlano e luoghi che sussurrano col rumore antico dei tacchi sui sanpietrini, il suono dei calici a festa, il ciak a fine riprese. Roma è tutto questo e molto di più, Ferzan Özpetek lo sa e regala ai suoi spettatori uno sguardo diverso, il suo sguardo diverso.

Non resta che dire buona visione a tutti!

dall'articolo di  Veronica Verzella  per https://www.design-outfit.it

 

10 location cinematografiche del rione Testaccio a Roma

Testaccio continua a mantenere una forte identità e quella genuina romanità che è da sempre tratto distintivo dei quartieri popolari. La sua veracità e i suoi scorci differenti ed innumerevoli hanno fatto sì che il rione Testaccio sia stato utilizzato spessissimo dal cinema nostrano.

Qui raccontiamo le 10 location cinematografiche più famose.

1. I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli

Candidato ai premi Oscar 1959 come miglior film straniero, questo film sancisce l’esordio ufficiale di un nuovo genere cinematografico, in seguito ribattezzato Commedia all’italiana che segnerà la fortuna del cinema italiano degli Anni Sessanta. La Commedia all’Italiana racconta la gente comune, la periferia degradata, il sottoproletariato urbano, ma – a differenza del neorealismo – lo fa con toni comici, divertenti, ironici tagliati sottilmente da una vena drammatica, amara, lo fa con un sorriso un po’ triste. “I soliti ignoti” racconta le gesta della miserabile banda del buco, dipingendo con maestria un mondo di povertà urbana che resiste nei suoi valori tradizionali all’attacco della nuova società di massa della quale però sente un’attrazione sempre più forte.
Cosimo, interpretato da Memmo Carotenuto, apprende da un altro detenuto un piano per un colpo di facile realizzazione presso il Monte di Pietà, piano che gli viene letteralmente scippato da Vittorio Gassman. Nel frattempo Cosimo, uscito dal carcere grazie a un’amnistia, raggiunge la banda per vendicarsi, ma viene tramortito da un pugno di Peppe che gli offre di partecipare al furto alla pari con gli altri. Cosimo rifiuta per orgoglio e da solo tenta di rapinare il Monte di Pietà, dove l’impiegato allo sportello gli toglie di mano la vecchia pistola con cui era minacciato e, poiché crede che Cosimo la voglia impegnare, dopo averla esaminata offre allo sbalordito rapinatore 1.000 lire. Andata fallita la rapina, Cosimo ormai terribilmente affranto, per racimolare qualche soldo si ritrova in bici a girovagare proprio nel rione Testaccio, tra via Benjamin Franklin e via Manuzio finchè adocchia la sua vittima, una donna con una borsetta. Lo scippo andrà malissimo, con tragico finale sotto un tram di passaggio: il tram viene da via Galvani e lo schianto avviene all’angolo con via Franklin. La zona non è facilmente riconoscibile perchè sulla sinistra c’è tutta una zona di caseggiati, i cosiddetti “villinetti”, che è stata abbattuta ed è sparita da decenni. Tuttavia, l’indizio ce lo fornisce in fondo la scritta “Da Checchino”: si tratta del famoso ristorante storico, ai piedi del Monte Testaccio, che contribuì alla nascita della cucina popolare romana e che esiste tuttora.

2.Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini
Anche in questo film si scorgono i cosiddetti “villinetti” di Via Benjamin Franklin. Primo film diretto da Pier Paolo Pasolini, e può essere considerato la trasposizione cinematografica dei suoi precedenti lavori letterari. Accattone è il soprannome di Vittorio, interpretato da Franco Citti, un “ragazzo di vita” romano il cui stile di vita è improntato al vivere alla giornata, al sopravvivere. Il film è una metafora di quella parte di Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un miglioramento della propria condizione. Come anche in tutti gli altri film che seguiranno, quest’umanità reietta, disperata, tenta un riscatto sociale, un salto in avanti, ma ogni soluzione sembra concretizzarsi solo con la morta. Anche Accattone morirà, e morirà proprio nel rione Testaccio.
E’ la scena finale che chiude la pellicola, che comincia inquadrando via Gian Battista Bodoni, poi si passa a via Benjamin Franklin con Accattone e i suoi compagni di furti, Balilla e Cartagine, che si preparano al furto dei salumi nascosti in un carretto di fiori, l’ultimo furto del protagonista.
La scena, poi, ci mostra i carabinieri che stanno per salire sulla loro Seicento con la quale andranno ad intercettare Accattone. Sullo sfondo, dietro al motociclista di passaggio, Pasolini inquadra i “villinetti” di via Aldo Manuzio, in cui si nota un caseggiato che oggi non esiste più. Infine, durante la corsa in moto di Accattone che cerca di fuggire, si inquadra nuovamente via Benjamin Franklin.

Da via Franklin c’è un salto, una di quei giochi tipiche del cinema, ed Accattone si ritrova magicamente al Ponte Testaccio, che in realtà è più distante, su cui troverà la morte, compiendo così il destino che pesa su di lui sin dall’inizio. Guarda l’intera scena.

3. Così parlo Bellavista (1984) di Luciano De Crescenzo
Sempre in Via Franklin, ma con i “villinetti” ormai scomparsi, è girata una famosa scena di un film in realtà ambientato a Napoli, “Così parlo Bellavista” di Luciano De Crescenzo. Ebbene si, la magia del cinema fa anche questo: un film che esalta la napoletanità è stato girato per gran parte nella Capitale. Nello specifico nel rione Testaccio è stato girato l’episodio iniziale, quello famosissimo dell’ingorgo a croce uncinata.
La strada del bar dove il milanese Cazzaniga, interpretato da Renato Scarpa, sceso dal taxi a seguito ingorgo del traffico, trova prima il vigile intento beatamente a sorseggiare un caffè e successivamente deve scappare perchè assalito da una ressa di persone che gli chiedono un’assunzione in quanto incautamente gli è scappato che è il nuovo capo del personale dell’Alfa Sud è via Beniamino Franklin a Roma.

4. “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1970) di Elio Petri

Oscar per miglior film straniero nel 1971. Nato con all’origine l’idea dostoevskiana dell’assassino che sfida la giustizia, il film risente del clima politico dell’epoca: Gian Maria Volontè, promosso da capo della Sezione Omicidi a capo della Sezione Politica, uccide, sgozzandola, l’amante con cui aveva un rapporto sadomasochistico e che lo tradiva con uno studente appartenente alla contestazione attiva. Invece di cercare di occultare le prove le rende sempre più evidenti, convinto che il potere in suo possesso gli possa consentire di continuare ad essere al di sopra di ogni sospetto. Il poliziotto assassino, in virtù della vittoria dell’ordine costituito, finisce per agognare la propria punizione, cadendo in un groviglio di psicosi che sfocia in un finale kafkiano: il protagonista oramai deciso sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi. L’ufficio postale da cui l’insospettabile commissario spedisce prove della sua colpevolezza è quello di Via Marmorata: un gioiello di architettura razionalistica realizzato tra il 1933 ed il 1935 da Adalberto Libera e Mario De Renzi.

5. “Brutti, sporchi e cattivi” (1976) di Ettore Scola
Presso lo stesso edificio postale di Via Marmorata avviene l’esilarante sequenza del ritiro della pensione “de nonna” del capolavoro di Ettore Scola, “Brutti, sporchi e cattivi”, che vinse il 29° Festival di Cannes.  Al centro del film sono la periferia romana dei primi anni settanta e le sue baracche, raccontate impietosamente con tutte le loro miserie, morali e materiali. La pellicola, infatti, racconta di una famiglia di baraccati – circa venticinque persone tra genitori, figli, consorti, amanti, nipoti e nonna – al cui capo c’è il vecchio e dispotico Giacinto Mazzatella, mirabilmente interpretato da Nino Manfredi. Festa grande per tutta la famiglia è il giorno della pensione della nonna, in cui, come una caotica tribù, si reca l’intera famiglia a ritirarla facendo spingere ai più piccoli la carrozzella dell’anziana. Una volta che però il denaro è nelle loro mani viene diviso e ognuno si avvia per la propria strada, lasciando l’anziana sola con i bambini che hanno il compito di riportarla a casa.

6. Ferzan Ozpetek: “Le fate ignoranti” (2001) e “La finestra di fronte”(2003)

Il regista turco romano che ha eletto il quartiere Ostiense come sua dimora e come set di innumerevoli pellicole, non poteva fare qualche capatina nell’adiacente rione Testaccio. Lo troviamo, infatti, sul retro dell’ufficio postale di Via Marmorata, che – come abbiamo visto – è stato teatro di varie scene del cinema italiano. Proprio nei giardinetti retrostanti l’edificio di Libera e De Renzi, i due protagonisti de “Le fate ignoranti”, Margherita Buy e Stefano Accorsi, mangiano spensieratamente un cono gelato.

A Testaccio Ozpetek torna due anni più tardi con una scena de “La finestra di fronte”: è sera e la protagonista Giovanna, interpretata dalla Mezzogiorno, entra in un bar portando dei dolci e fa la conoscenza di Lorenzo, interpretato da Raoul Bova. Il bar è l’attuale Rec42 e si trova in Piazza dell’Emporio a Roma. Subito dopo, infatti, vediamo uscire dal bar Giovanna e Lorenzo e ritrovarsi, appunto, su Piazza dell’Emporio alla ricerca di Simone, il signore che ha perso la memoria e che la ragazza sta provando ad aiutare: lo ritroveranno subito, seduto affranto sugli scalini della Fontana delle Anfore, fontana che ora non può più essere ammirata in loco perchè è stata risistemata nel fulcro del rione Testaccio, ossia in Piazza Testaccio.

7. Elsa Morante e “La Storia”
All’esterno dell’edificio, una targa ricorda che qui la scrittrice Elsa Morante visse i primi dieci anni della sua vita. Elsa Morante, nata a Roma nel 1912 e morta nel 1985, è considerata una delle più importanti autrici di romanzi del dopoguerra. Elsa Morante nasce a Roma nel 1912, e trascorre la sua infanzia nel rione Testaccio. Fuori l’ingresso della sua abitazione in Via Amerigo Vespucci, una targa ci ricorda la grande scrittrice italiana abitava qui. Nel cortile, sulla parete della Scuola dei bimbi, un’altra targa recita una frase della scrittrice: «Solo chi ama conosce». La sua realizzazione è opera dell’architetto Massimo Iannuccelli.
Proprio a pochi metri da qui vagabondavano i protagonisti del romanzo “La storia”, Useppe e la sua compagna inseparabile, la cagna Bella, “in libera uscita nel quartiere Testaccio e dintorni”, tra via Bodoni, via Marmorata, il Lungotevere, ponte Sublicio nella primavera-estate del 1947.

Elsa Morante scrisse il romanzo “La storia” tra il 1971 e il 1973. Ambientato per lo più nella Roma della seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra, il libro narra la tragica vicenda di Ida Ramundo e dei suoi due figli. I tre si trasferiscono da San Lorenzo, distrutta dai bombardamenti, in una camera ammobiliata in via Mastrogiorgio, poi dopo la guerra prendono un appartamento in via Bodoni.
Il romanzo “La storia” ha avuto una sua trasposizione cinematografica: nel 1986 Luigi Comencini gira “La Storia” per la televisione, anche se ne è stata distribuita anche una versione ridotta destinata al circuito cinematografico. Il film non è in grado di rilasciare le stesse atmosfere, i particolari, i dettagli, gli infiniti intrecci del romanzo, però dobbiamo sottolineare l’estrema difficoltà di adattare l’opera cinematografica al testo complesso della Morante. Il risultato, dunque, non è dei migliori, ma dobbiamo riconoscere a Luigi Comencini almeno il merito di averci provato.

8. Fantozzi e Fracchia
Anche il ragioner Ugo Fantozzi, personaggio creato e interpretato da Paolo Villaggio, ha abitato nel rione Testaccio nel terzo film della saga, “Fantozzi contro tutti” (1980) di Paolo Villaggio e Neri Parenti. Tutte le scene dell’abitazione di Fantozzi sono state girate a Roma in via Giovanni Battista Bodoni n. 79, nel quartiere Testaccio. Questo grande stabile ospiterà non solo la scala da cui sale Fantozzi, e quindi il suo appartamento, ma anche il forno del panettiere Cecco, di cui si innamorerà perdutamente la Pina.
Il panificio, che è sopravvissuto fino a poco tempo fa con il nome de “La contea del pane”, in cui lavora dal rozzo Cecco, interpretato da Diego Abatantuono, è ubicato nella medesima via a poche centinaia di metri dall’abitazione in direzione di Lungotevere Testaccio dove Fantozzi abita. Il forno notturno, teatro della storica scena con Villaggio, Abatantuono e Ennio Antonelli, l’incontenibile “zio Antunello”, in cui Fantozzi va a “insultare” il panettiere, reo di avere una tresca con la moglie è stata girata proprio all’interno del forno del citato panificio, che è all’interno dello stesso stabile di via Bodoni.
Concludiamo con il finale del film: avviene il rientro di Fantozzi e Pina a casa, accompagnati dalla scritta in cielo “Fantozzi è stronzo”.

Paolo Villaggio e Neri Parenti torneranno l’anno successivo a Testaccio per girare “Fracchia la belva umana” (1981)
La casa del ragioniere Giandomenico Fracchia è ubicata sul Lungotevere Testaccio 11; la vediamo nella scena di apertura del film, quando Fracchia esce di casa facendo jogging.

9. Acqua e sapone (1983) di Carlo Verdone
L’esterno della tintoria dove Rolando, interpretato da Carlo Verdone, si reca di corsa a prendere il vestito da prete che la nonna, la Sora Lella, ha lasciato a lavare è nel rione Testaccio, più esattamente in Via Ghiberti 35, accanto allo storico Roma Club, il primo di Roma. Rolando, poi, troverà la tintoria chiusa causa morte del proprietario, il sor Gino.

10. L’ex-Mattatoio nel cinema

Nel cinema l’ex-Mattatoio è stato molto sfruttato. Lo troviamo per la prima volta in “Domenica d’agosto” (1950) di Luciano Emmer, il film che ha aperto la strada al vituperato neorealismo rosa ed anche al filone del cinema balneare, poi ripreso, anche troppo, negli anni Sessanta. La pellicola racconta una tipica domenica d’agosto in cui persone di diverse estrazioni sociali si dirigono verso la spiaggia per sfuggire alla calura cittadina. Tutti tranne dei rapinatori che approfittando della città deserta per fare il colpo nel Mattatoio. In questo modo possiamo vedere il Mattatoio al suo interno.

Due anni più tardi al Mattatoio fa capolino anche Roberto Rossellini con il suo film “Dov’è la libertà” (1952) con Totò. Si tratta di uno dei film più travagliati di Totò, poiché, dopo aver girato alcune scene, Rossellini si disinteressò della pellicola. L’opera fu completata dopo circa un anno principalmente da Mario Monicelli; le inquadrature finali risultano essere state girate da Federico Fellini.
Il protagonista Salvatore Lojacono, un modesto barbiere, esce di galera dopo aver scontato 22 anni di prigione per aver ucciso un suo amico che insidiava sua moglie. Spaventato, come chi è ormai abituato alla protezione del carcere, trova una realtà completamente stravolta, una giungla in cui non riesce ad adattarsi e, schiacciato dai sensi di colpa per un destino beffardo, vaga per la città alla ricerca di un alloggio e di un lavoro che lo faccia rientrare nel tessuto sociale. In questa scena, vaga per Roma con la sua valigetta senza sapere bene dove andare. “Dopo aver contato 20 chiese, 18 monumenti e 35 fontane” si imbatte in una mandria di buoi e si ritrova davanti al macello. Guarda la scena.

Infine, un utilizzo molto anomalo dell’ex-Mattatoio operato da “La leggenda del pianista sull’oceano” (1998) di Giuseppe Tornatore, ispirato al monologo teatrale dello Baricco “Novecento”. E’ la storia di un pianista, nato a bordo di una nave, che decide di spendere tutta la sua vita sulle rotte dell’Atlantico, avanti e indietro fra Europa e America, senza mai scendere a terra, diventando un pianista mirabile, e che diventa metafora del nostro secolo. La nave, la Virginian del film, ha avuto una triplice location: la vera nave si trovava nel porto di Odessa, dove hanno girato per cinque settimane. Ma l’ex-Mattatoio ha ospitato per diversi mesi la sagoma della Virginian, alta 35 metri, imponente, maestosa, che si poteva scorgere da vari punti della città. Intorno a quella sagoma che condensa tutta la magia del cinema e’ stato ricostruito il porto di New York, il Pier n. 3, con i magazzini, i carri carichi di botti, i sacchi, la gente vestita come negli anni ’30.
Infine, l’ultimo set: Cinecittà, dove e’ stata costruita la sala da ballo del piroscafo. Il Teatro 5 è diventato il sontuoso salone delle feste della nave Virginian, tutto luci, boiseries e motivi floreali, dominato da una grande cupola scintillante di vetrate Liberty, da cui pende un immenso lampadario a gocce.

 

di GABRIELLA MASSA per romaslowtour.com

La mia famiglia afgana

MY AFGHANE FAMILY
France, Slovakia, Czech Republic, 2022, 1h20, Animation, drama, VOstf French, Czech, Farsi
Di Michaela Pavlatova
La storia
Una giovane donna di origine ceca decide per amore di lasciarsi tutto alle spalle per seguire l'uomo che diventerà suo marito a Kabul (Afghanistan). Diventa quindi testimone e attore degli sconvolgimenti che la sua famiglia afghana vive quotidianamente. Prestando la sua prospettiva di donna europea, in un contesto di differenze culturali e generazionali, vede allo stesso tempo la sua vita quotidiana scossa dall'arrivo di Maad, un insolito orfano che diventerà suo figlio.
Il film e la sua regia
Il primo lungometraggio della regista ceca Michaela Pavlatova, “My Afghan Family”, è tratto dal libro della giornalista Petra Prochazkova che racconta la storia della sua vita e della sua scelta di andare a vivere a Kabul. Evoca gli sforzi delle donne afghane per vivere libere in Afghanistan sotto il regime talebano. Il film è anche, come dice Michaela: "Una storia universale di coppie, amanti e amici, tutti alla ricerca della felicità e del riconoscimento di fronte a eventi inaspettati".
Artista dal talento riconosciuto da tempo, in particolare con il suo cortometraggio "Tram" nel 2012 selezionato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes e vincitore del Cristal (Gran Premio) al Festival di Annecy, Michaela è anche regista di lungometraggi filmati dal vivo.
Per Jean-Paul Commin, monegasco, produttore-distributore e specialista di film d'animazione che presenterà la proiezione al Cinema Beaulieu, "Il film di Michaela è commovente e spesso toccante ma soprattutto pieno di umanità, e lei riesce a mantenere un umorismo, spesso agrodolce, che dona una relativa leggerezza a questa storia con episodi spesso intrisi di gravità. "
L'animazione si rivela una tecnica cinematografica e una modalità espressiva particolarmente adatta ad affrontare questi temi seri e, come cita Michaela, ci permette di essere più vicini ai personaggi e al loro ambiente, di capirli e condividere la loro vita quotidiana.
Selezionato e premiato al Festival di Annecy nel 2021

I migliori film sullo Spazio

La sfida ricorrente di mettere in scena nella maniera più realistica possibile il luogo più difficile da  rappresentare. Lo Spazio è la sfida per eccellenza del cinema di fantascienza. Più del design degli alieni o dei mezzi spaziali, lo spazio è la sfida più ardua di ogni film per via delle sue dinamiche uniche (in primis la mancanza di gravità). Ogni film che abbia davvero voluto prendere di petto lo spazio, seriamente, ha dovuto creare qualcosa che prima non c’era.

............. Necessariamente i 10 film che hanno raccontato lo spazio nella maniera più realistica sono quasi tutti moderni o modernissimi, perché è anche una questione di tecnologia. Ma accanto ad effetti speciali di volta in volta nuovi e più evoluti ognuno ha necessitato di un’idea.

10. Una donna sulla Luna
Fritz Lang, regista di Metropolis, negli anni ‘20 tenta di bissare il successo nella fantascienza con questo film dall’ambizione smisurata: raccontare lo Spazio senza mezzi e senza conoscenze sufficienti. I dettagli che poi si sono rivelati sbagliati sono tantissimi, dalla gravità fino all’assenza di ossigeno (accendono un fiammifero nell’atmosfera della Luna), eppure tantissimo di quel che riguarda razzi, viaggi e problemi di un’ipotetica astronave che marci verso la Luna erano stati azzeccati.

9. Gravity
È probabilmente il film sullo Spazio più odiato da chiunque ne sappia qualcosa di Spazio, perché quasi nulla di quel che vediamo è fedele a come potrebbe accadere nella realtà. Gravity è deliberatamente pieno di errori e imprecisioni o deliberate falsità. Eppure questo film (bellissimo) di Alfonso Cuaròn poteva stare anche in cima a questa lista, perché è il primo a svolgersi al 99,9% nello Spazio con una libertà di messa in scena che fa paura. È il primo che sembra non porsi limiti e potersi muovere come vuole in uno Spazio che (visivamente) è perfettamente realistico.

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il resto dell'elenco su  Wired.it

"Secretary" di Steven Shaimberg

"Secretary" di Steven Shaimberg

Un'affascinante ragazza dal sorriso compiaciuto e sornione, vestita da perfetta segretaria in gonna al ginocchio, camicetta castigata e tacco alto, si aggira per l'ufficio svolgendo le sue mansioni quotidiane: prepara un caffè per il suo capo, sistema delle pratiche. Cammina per l'ufficio con le braccia a mò di croce tenute in quella posizione da una specie di gogna che le cinge collo e polsi in una posizione innaturale.
Rapido rewind di qualche mese e ritroviamo la stessa ragazza bruttina, sciatta e spenta appena uscita da una clinica per disturbi psicologici. Soffre, ma non vuol darlo a vedere e l'unico sollievo lo prova nel tagiuzzarsi le cosce con le forbicine da cucito.
Sua madre pensa che un lavoro potrebbe distrarla, ma non sa che quel lavoro sarà per lei la salvezza, la luce. La consapevolezza che c'è un modo per non nascondersi, per portare la propria voglia di sottomissione verso gli apici del piacere, intrecciandola con un vero amore.
Da vedere assolutamente... geniale e giustamente esplicito.

Ho visto “Mi chiamo Sam”

Folgorata! Ho visto “Mi chiamo Sam”. Bello, commovente. Colorato e triste. Pieno di vita come di drammaticità. Lineare e controverso. Dolce e nervoso. Non può lasciare indifferenti, non credo. Ti butta addosso talmente tante emozioni e tante sfumature che non puoi non captarne almeno una, e rifletterci.

Leggi tutto: Ho visto “Mi chiamo Sam”

IL J’ACCUSE del grande SCENEGGIATORE OTTAVIO JEMMA

Accade soprattutto in Italia, che una suicida politica assistenzialistica incoraggi la produzione di film vecchi che hanno scarsi contatti con i profondi mutamenti della società contemporanea […] e vengono quasi sempre rifiutati dal pubblico. Il nostro cinema sopravvive attorno a contenuti e a modelli estetici superati dai tempi. E alla lunga, come constatò Angelo Guglielmi ai tempi in cui dirigeva l'Istituto Luce, le piccole storie finiscono per ucciderlo.

Gli autori italiani hanno gli occhi sulla nuca, ma non lo sanno e credono di interrogarsi sul nostro futuro anche quando in realtà guardano soltanto indietro. I loro personaggi – ha ragione Bertolucci – parlano e si comportano come se su di essi non fosse mai passata la travolgente ondata di “novità” tecnologiche, ideologiche e mediatiche che negli ultimi trent’anni ha spazzato brutalmente usi e consuetudini secolari, non soltanto nel nostro vivere privato quotidiano, ma anche e soprattutto nel nostro modo di pensare.Il mondo di sentimenti, di rapporti e di problemi che esprimono nel loro lavoro sembra ancora immerso in un’atmosfera, in un profumo da tardo Ottocento o da primo Novecento.
…
Ma non è del tutto colpa degli autori. Nel nostro paese esiste un clima, si respira un’aria, vorrei dire una consuetudine, una tradizione di censura che, al di là o al di qua delle leggi vigenti e della loro applicazione, è ormai penetrata nel loro stesso DNA. Le idee si formano nella loro mente già mutilate da una sorta di congenito spirito di sudditanza, una sorta di istinto che funziona come un freno automatico e li avverte che si possono spingere fino a quel punto e non oltre.

I veri poteri forti, i “grandi” poteri che controllano la nostra vita sociale e politica – ma anche la nostra vita privata e dunque la cultura, lo spettacolo, – non sono mai stati chiamati in causa dal nostro cinema. Argomenti come il mondo dei grandi affari, delle multinazionali, delle banche, delle assicurazioni, del traffico d’armi e di droga, la grande corruzione della politica e quella delle “carriere” costruite sulla corruzione della politica, sono rimasti fuori, o quanto meno appena sfiorati, ai margini del nostro cinema, anche di quello migliore.
Con qualche eccezione, certamente. Ne voglio citare un paio a solo titolo indicativo, per spiegare meglio cosa intendo: Il caso Mattei, di Francesco Rosi e Tonino Guerra, e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, di Elio Petri e Ugo Pirro, due opere che in qualche modo si sono sollevate da una dimensione angustamente “dialettale”, e hanno almeno tentato e in parte raggiunto un respiro più ampio. Potremmo trovarne, forse, un’altra dozzina. Piuttosto poco per oltre cinquant’anni di cinema.

E avete notato che, a giudicare dal cinema e dalla TV, solo gli autori statunitensi dispongono di una così fertile fonte di materiali narrativi come quella fornita dalla corruzione degli organi di polizia? In Europa siamo sfortunati: possiamo contare solo sulla incrollabile efficienza ed onestà di personaggi come l’ispettore Derrick, il maresciallo Rocca, il commissario Maigret. Che sventura sarebbe stata per il povero James Ellroy nascere, chessò, a Napoli, o a Marsiglia, o ad Amburgo, invece che a Los Angeles. Cosa diavolo avrebbe mai potuto raccontarci?

Anche ammesso che vi passassero per la mente, storie come quelle narrate nei film citati – o in altri come Wargames, Affari sporchi, Traffic, Virus letale, Codice d’onore, Full Metal Jacket, La conversazione, Insider, Liberty Stands Still, Indagini sporche, La figlia del generale e ne potremmo elencare ancora moltissimi – belli o brutti che siano, qui in Italia non vi potreste sognare di proporle a nessuno. E non per una mera questione di budget. Piuttosto (e se non ci arrivate da soli qualcuno vi aiuterà ad arrivarci) per una questione di opportunità. Farei meglio a dire: di “opportunismo”?

Un esempio tra tutti. In Scarface (1983), scritto da Oliver Stone e diretto da Brian De Palma, c’è una scena in cui l’ispettore dell’antidroga Mel Bernstein (l’attore Harris Yulin) avvicina in un locale pubblico il gangster Tony Montana (Al Pacino) per ricattarlo e costringerlo a pagare una tangente sul giro d’affari della droga. Gli offre i suoi servigi e nello stesso tempo lo minaccia dicendo: “… Ho otto killer col distintivo che lavorano per me…” Riuscite a immaginarvelo voi, un autore italiano che metta in bocca ad un commissario della nostra polizia una battuta del genere? Io no.

Certo, si può obiettare che nel nostro giocondo e illibato Paese certe cose non succedono. Ma ne siamo sicuri?
Ciò di cui possiamo essere assolutamente sicuri è che nel nostro giocondo e illibato Paese vi sono argomenti tabù anche a prescindere dalla loro concreta “possibilità di accadere”; argomenti sui quali è assolutamente sconsigliabile lavorare di fantasia.
Se per caso vi frullasse nel cervello la tentazione di raccontare addirittura – come negli Stati Uniti hanno fatto con Potere assoluto David Baldacci, autore del romanzo, e Clint Eastwood regista del film – che un ipotetico presidente della Repubblica, durante un appuntamento erotico con la moglie di uno dei suoi più importanti finanziatori elettorali, la uccide e tenta di soffocare il delitto e lo scandalo con l’aiuto dei servizi segreti, state attenti: ammesso che troviate un produttore disposto a produrlo, un noleggiatore disposto a distribuirlo e un circuito di sale disposto a programmarlo, in Italia rischiereste seriamente di finire in galera.
Ci è invece permesso di vedere tranquillamente il film di Baldacci e Eastwood perché il presidente di cui vi si parla, non è quello della Repubblica Italiana, ma quello degli Stati Uniti.

Sul presupposto che vi fossero in Italia alcune centinaia di creature chiamate da una prepotente e ineluttabile vocazione ad abbracciare il mestiere dell’autore di film, e fosse loro negato da rigorose prescrizioni mediche di tentare – pena gravi rischi per la salute – una qualsiasi attività diversa quale, ad esempio, un impiego nella difesa ambientalista, un servizio civile o altro incarico socialmente utile, il nostro Stato, il nostro provvido e paterno Stato, predispose alcuni decenni or sono una legge che rendesse loro possibile soddisfare la prepotente, ineluttabile vocazione.

In base a tale legge, tutti i contribuenti, lo volessero o no, fossero o non fossero disposti ad andare a vedere i film realizzati da quelle povere creature malate di cinema, erano obbligati a pagare una piccola invisibile tassa, o se preferite una sorta di tacito obolo, per rendere possibile quell’opera di caritatevole misericordia.

Mi sia perdonata l’ironia, nella quale, vi prego di credermi, non c’è niente di personale nei confronti di quanti hanno beneficiato di tale obolo; anche i produttori di un paio di progetti firmati da me ne fecero richiesta, e una volta persino con successo. La mia ironia ha come bersaglio il principio amministrativo, il “progetto” politico-culturale – chiamatelo come volete – che stava dietro questa legge.

Intanto va detto subito che non si trattava di un prestito regolato dalle consuete norme bancarie. La legge prevedeva che i beneficiari di quel contributo non fossero tenuti a restituirlo se il loro film non incassava, se cioè nessuno andava a vederlo.
La sostanza della legge, secondo la sintesi che ne forniva nel suo sito Internet il Ministero dei beni culturali, diceva che: “... La caratteristica di tali prestiti, per i film di interesse culturale, consiste nell’essere assistiti da un Fondo di Garanzia.” E precisava che, “… trascorsi due anni dall’erogazione, le somme eventualmente non restituite dal produttore alla Banca, per insufficienza di proventi di mercato, sono coperte da questo Fondo nella misura massima del 70% del prestito concesso. Il restante 30% deve essere restituito, in ogni caso dal produttore alla Banca Nazionale del Lavoro entro 5 anni dal momento della concessione del prestito, pena l’impossibilità di ricevere, per tre anni, qualsiasi altro prestito o beneficio di legge.”

Riuscite a vedere la magagna?... No?... Allora provo a spiegarvela io.
Poniamo che io sia un produttore e proponga un film che viene approvato dalla commissione esaminatrice e ottiene dal fondo di garanzia il prestito di un miliardo di vecchie lire. Vi sono stati casi di film finanziati con molti miliardi (fino a dieci, e in qualche caso, pare, anche oltre), ma noi semplificheremo facendo un calcolo dimostrativo sulla base dell’ipotetico, unico miliardo.
Dunque, io produttore incasso il miliardo, realizzo il film e lo distribuisco, ma (facciamo l’ipotesi peggiore) non incassa un soldo. Devo restituire un miliardo, ma so già che il 70% di questa cifra (settecento milioni) è coperta dal fondo di garanzia. Non sono tenuto a restituirla. Mai. So anche che per restituire il residuo 30% (trecento milioni) ho tempo cinque anni, scaduti i quali, se non ho assolto il mio debito, non potrò più godere per almeno tre anni di altri fondi di garanzia.

Niente paura. Ho già proposto un altro progetto di film alla commissione esaminatrice; mettiamo che anch’esso venga approvato, e io ottenga in prestito un altro miliardo. Mentre realizzo il mio secondo film, “distraggo” da questo secondo miliardo i trecento milioni necessari a saldare il mio debito precedente; con gli altri settecento milioni faccio il film e lo immetto sul mercato. Neanche questo fa una lira d’incasso, ma che importa? Ho sempre solo trecento milioni da restituire e cinque anni di tempo per farlo. E intanto, presento alla commissione esaminatrice il progetto di un terzo film... Divertente, no?

Vi state chiedendo come faccio a realizzare il secondo film con “soli” settecento milioni, avendo dovuto “distrarre” trecento milioni dal secondo finanziamento per pagare il debito del primo?... Beh, non occorre essere il mago Casanova. Qualunque “onesto” produttore potrà facilmente spiegarvi, se vuole, come si possa con settecento milioni produrre un film da un miliardo. Questi piccoli miracoli amministrativi sono il pane quotidiano di certa nostra brillante imprenditorìa cinematografica.
Si narra che qualcuno sia riuscito a ripetere questo giochetto fino a sei, sette... nove volte!...
Si narra anche – ma forse si tratta di leggende metropolitane – che qualcuno sia riuscito a farlo senza produrre effettivamente neanche un solo film!!...
Ma io non ci credo.
Mi rifiuto di crederci.
Sono quasi certamente fantasiose calunnie.
Anzi, lo sono assolutamente.

Estratti da “Sunset Boulevard”, editore Filema, di Ottavio Jemma

Un film, una scena – MEAN STREETS

MEAN STREETSRegia: Martin Scorsese; Interpreti: Harvey Keitel, Robert De Niro, David Proval, Amy Robinson, Richard Romanus; Origine: USA; Anno: 1973; Durata: 110’

Charlie è un trentenne italoamericano diviso tra l’aspirazione a una scalata sociale offerta dallo zio mafioso e l’amicizia e l’attaccamento al suo gruppo di amici, in particolare a Johnny Boy, scapestrato e arrogante. Le situazioni in cui Johnny Boy trascina l’amico sono sempre più pericolose e la vita di Charlie è complicata anche dalla relazione con Teresa, cugina epilettica di Johnny, non ben vista dallo zio.

Schermo nero. Una voce di uomo pronuncia alcune parole: “You don’t make up for your sins in church. You do it in the streets. You do it at home. The rest is bullshit and you know it” (“Non rimedi ai tuoi peccati in chiesa. Li sconti per le strade. Li sconti a casa. Il resto sono stronzate, e lo sai.”). Non appena ha finito di parlare, nell’inquadratura appare un giovane che si sveglia di soprassalto, sollevandosi sugli avambracci. La stanza è semibuia, la luce proviene dalla finestra, filtrando dalle veneziane socchiuse. L’uomo si passa una mano sugli occhi (il sogno sembra averlo turbato), scosta le coperte e si alza dal letto. La mdp lo segue, senza staccare, mantenendolo quasi sempre in primo piano. Fa qualche passo e si guarda in uno specchio appeso al muro di fronte al letto. Sospira, si passa ancora la mano sul viso, sospira di nuovo. Poi, facendo il tragitto inverso, torna a letto. Si sentono rumori di automobili che passano, clacson, una sirena della polizia. Pochi movimenti, molta verosimiglianza e “naturalezza” della scena. Ma ecco che, mentre si sta coricando, tre veloci stacchi avvicinano sempre di più l’inquadratura, passando da un piano americano, a un piano medio, a un primo e un primissimo piano, mantenendo sempre la stessa angolatura e coordinando il primo e il terzo stacco con le battute iniziali di “Be my baby” delle Ronettes. La canzone prosegue, l’uomo si passa ancora le mani sugli occhi, si gira di lato e l’inquadratura (ma non il sonoro) cambia: iniziano i titoli di testa di Mean Streets.

Non succede niente in questa sequenza iniziale, c’è solo un ragazzo che si sveglia di soprassalto e si rimette a dormire. Proseguendo nella visione, capiamo che Scorsese ci dà qui dei suggerimenti su come guardare al protagonista, Charlie (Harvey Keitel, alla sua terza collaborazione con Scorsese), le cui notti sono evidentemente turbate da quello che si rivelerà essere un tormento interiore, un conflitto tra i dettami della religione e la sua vita quotidiana, tra la devozione agli amici del quartiere e la sua ambizione, e tutte le conseguenze che ne derivano. Perché, come Scorsese stesso ricorda nelle battute iniziali (la voce off dell’inizio è quella del regista), i peccati si scontano in strada (le mean streets del titolo) e a casa, non confessandosi in chiesa. Ma sono la naturalezza del risveglio di Charlie e, in contrapposizione, il “virtuosismo” di quei tre stacchi a fine scena montati sulle note della canzone delle Ronettes che proprio non ti aspetti, che mi spiazzano ogni volta e rendono la sequenza iniziale di Mean Streets la mia preferita.

L’uso della musica, una canzone che ha un forte contrasto rispetto all’atmosfera che già si respira nelle prime inquadrature del film, così tesa e quasi cupa, e la contravvenzione alla regola dei 30° del cinema “classico” (secondo cui due inquadrature di uno stesso oggetto devono differenziarsi di almeno 30 gradi l’una dall’altra, altrimenti si avvertirà uno “sbaglio” nel montaggio) catturano l’attenzione, fanno scattare quella curiosità che ti incolla alla sedia e ti costringe a continuare la visione. Niente di eclatante, piccoli particolari che costruiscono una certa atmosfera e sono la firma del regista: insomma, ciò che ti fa innamorare di un film.

di  Alessandra Pirisi  per cinemagazzino.it/

Scorsese e il suo Toro Scatenato

Uscito nel 1980, “Toro scatenato“, è considerato l’ultimo capolavoro della New Hollywood. Il regista ha quindi ancora un forte valore autoriale ed il film mostra un realismo ed una violenza molto cruda che da una grande potenza alle immagini.

Tratto dall’ autobiografia dell’ex campione mondiale dei pesi medi Jake La Motta, Toro scatenato in realtà non è un film sul pugilato.

Scorsese veniva da un periodo difficile, aveva problemi di salute e inoltre aveva perso fiducia in se stesso, più come persona che come regista. Nel personaggio di Jake LaMotta c’è tutta la rabbia personale di Scorsese e c’è la frustrazione e l’ignoranza dell’immigrato italiano che lotta disperatamente per emergere. Jake picchia la gente mentre viene picchiato, è una forma di masochismo, si fa picchiare perché si fa schifo da solo. Infatti ad un certo punto nel camerino Jake dice “In vita mia ho fatto delle cose brutte” buttando fuori il suo enorme senso di colpa.

Scorsese non ha fatto un film di analisi ambientale e sociale. Ma si occupa di entrare nella mente dei personaggi e vedere come essi si muovono in un determinato ambiente, occupandosi cioè dell’aspetto mentale.

Altro aspetto rilevante del film sono le sequenze degli incontri di pugilato. Esse portano le didascalie con il nome degli avversari e le date, privandosi così di ogni elemento  di suspense. Questo aspetto è chiaramente ricercato dal grande Scorsese che con la sua maestria dona un atmosfera sempre più stilizzata agli incontri, cercando di staccarsi dal punto di vista dello spettatore di pugilato ma entrando pienamente nella testa dei personaggi, enfatizzando suoni e immagini e rendendo il tutto più mentale possibile, con un’ atmosfera onirica e dilatata.

Lo spettatore che assiste ai duelli del film sente ciò che accade ai duellanti, percepisce il loro dolore e la loro rabbia, e vede con estremo realismo la forza dei colpi che si abbattono sui pugili. Ogni singolo combattimento si presenta inoltre diverso dagli altri, poiché riflette i vari stati mentali di La Motta durante i combattimenti.

Nell’ incontro finale con Robinson, è chiaro che non si tratta più di un incontro di pugilato. La Motta si lascia massacrare esprimendo così tutto il suo desiderio di autopunizione, di “redenzione”. Mentre il ring è ormai un mondo onirico, Jake è qualcuno che non schiva i colpi, ma che va a cercarseli, sforzandosi di picchiare ancora più forte dell’altro.

Nel finale Jake, ingrassato di 30 kg(De Niro si ingrassò veramente al punto di rischiare per la sua salute), tra i suoi imbarazzanti discorsi cabarettistici recita il famoso discorso di Marlon Brando in “Fronte de porto” : “Io ero un combattente nato, potevo diventare qualcuno”. A quel punto Jake è più capace di accettare se stesso, come succede proprio a Scorsese dopo aver girato questo film.

Per quanto riguarda la struttura temporale le prime scene del film mostrano Jake LaMotta in età avanzata che prepara uno dei suoi consueti spettacolini comici in un piccolo locale; segue un lungo flashback, che si chiude poco prima della fine, sulla sua precedente carriera di pugile.

Scorsese e il direttore della fotografia decisero di girare il film in bianco e nero per ragioni di autenticità temporale, dato che sia i filmati sia le foto degli incontri del periodo in questione (anni quaranta) erano in bianco e nero. In quest’ottica si inseriscono le riprese a colori sbiaditi del matrimonio di Jake e Viki, come ad indicare la novità tecnologica dell’epoca di cui potevano disporre i fotografi di matrimoni.

Capolavoro di Scorsese sull’America e sull’Italia, sulla vittoria e sul compromesso, sulla sconfitta e sull’ accettazione, sulla colpa e sulla redenzione, sono tanti i temi affrontati da questo “gioiello” di Scorsese che anche se l’apparenza può ingannare tutto è tranne che un film sul pugilato. Il maestro Martin può vantare poi di un De Niro in strepitosa forma (con questo film vinse proprio l’oscar), di un Joe Pesci sempre perfetto accanto al suo amico Bob e soprattutto di una montatrice, Thelma Schoonmaker(con questo film vinse l’oscar al montaggio), che probabilmente ha grandi meriti sul successo dei film di Scorsese, una delle migliori montatrici di sempre.

Adoro Scorsese e invito tutti a vederne l’intera filmografia. Non è solo il regista di film gangster, come molti, non conoscendo bene i suoi film, lo definiscono. Scorsese ha sfornato capolavori come Taxi driver, Fuori orario, L’età dell’innocenza, Re per una notte…Tanti sono i film che affrontano temi molto profondi, e gli stessi film gangster nascondono dei profondi significati oltre gli spari e gli schizzi di sangue.

Scorsese ha la forza di entrare nella psicologia dei personaggi e di farci empatizzare con loro come pochi registi sanno fare. Poi se gli attori in questione sono un De Niro prima, e un Di Caprio poi, è chiaro che il livello è altissimo.

 

Quali sono alcuni esempi di ottimi film in cui la trama non è rilevante?

Me ne viene in mente solo uno attualmente:

L’unico, l’immenso capolavoro del genio visionario di Kubrick. Un prodotto talmente particolare da non avere eredi.

“2001 - Odissea nello spazio” una trama ce l’ha anche, eppure sembra non ne abbia bisogno.

La vicenda della ribellione della macchina perfetta HAL rappresenta il frutto del superuomo positivo, e insieme il suo fallimento. Kubrick ci lascia sicuramente riflettere sulla volontà di destinare attitudini tipicamente umane (quindi imperfette) ad un oggetto che per stessa ammissione della pellicola dovrebbe, invece, essere perfetto. C’è la scelta di caratterizzare una macchina, che altro non è se non un insieme di calcoli matematici, con linguaggi, emozioni, umori e strutture cognitive tipicamente umane.

E infatti, ad un certo punto prova rabbia, si infuria con i suoi stessi creatori perché, intercettandone il labiale, capisce di avere vicina la sua fine. Elabora un piano, vuole giocare d’anticipo, sabota tutta l’operazione.

Da quel momento seguiranno poi le fatiche di Bowman, per tentare di fermare la cospirazione, e riprendere il comando dell’astronave.

Questa è sicuramente la parte più strutturata e canonica del film (in soldoni, la più comprensibile) ma è tutto ciò che viene prima e dopo a rendere grande Odissea nello spazio.

La distruzione della linearità del tempo, la scelta di parlare al subconscio e non all’intelletto dello spettatore (quasi portandolo all’esasperazione causa la lentezza e l’assenza di elementi logici tra loro). Il tema della nascita della civiltà che ha per madre la violenza, l’ormai celebre monolito nero, l’applicazione visiva dell’eterno ritorno (Kubrick prese molto in considerazione la filosofia di Nietzsche), senza dimenticare l’uso dei suoni stereofonici e della luce notoriamente psichedelica, tutti elementi che rendono grande quest’opera.

Insomma, questa pellicola pur nella sua antinarratività, nella destrutturazione del concetto di cinema, nella quasi totale assenza di parlato, nel finale enigmatico che porta in grembo il concetto di rinascita è sicuramente uno dei prodotti più memorabili del panorama artistico post-moderno, un prodotto che non ha paura della sua singolarità.

“Bisogna tramontare per poter rinascere”   F. Nietzsche

Breve curiosità:

Sembra strano vederlo in un film che è addirittura antecedente lo sbarco dell’uomo sulla luna, ma il genio visionario di Kubrick pare anticipare di qualche annetto casa Apple.

di  
GiuliaGib
 per quora.com

A Napoli girerò un film a episodi, tratto da una raccolta di racconti di Giuseppe Marotta

sofia loren e Vittorio De Sica"Interessante" diceva Vittorio De Sica, fingendo di seguire le mie parole. In realtà mi osservava con il suo terzo occhio, quello allenato a scovare l'attore dietro l'apparenza, il talento naturale dietro la banalità di un curriculum snocciolato con diligenza. Mentre mi affannava a fare bella figura, lui non si sbilanciava, restava fermo aspettando di capire. E io, per quanto onorata della sua attenzione, mi convinsi che non se ne sarebbe fatto nulla. "Torna cu' 'e piedi pe' terra, Sofi', 'e suonn' nun servono a niente" mi dissi. Eppure, avrei già dovuto sapere che niente accade se non si ha il coraggio di sognare.
Ed ecco, all'improvviso la sorpresa che taglia il mazzo e scopre la carta vincente. Quando ormai mi ero rassegnata, come un prestigiatore Vittorio mi spiazzò passando improvvisamente al tu: "Domani parti per Napoli girerò un film a episodi, tratto da una raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, lo scrittore napoletano. Il cast è di eccellenza."
Io stavo lì a guardarlo stupefatta, come un bambino al quale si spalanca all'improvviso la porta di un negozio di giocattoli.
"Uno degli episodi ruota intorno a una ragazza che si chiama Sofia" continuò lui con una misteriosa tranquillità. "È tale e quale a te, non ci vuole un provino per capirlo. Ti faccio preparare il biglietto del treno."
Che dovevo fare? Gli dissi di sì.

Sofia Loren
da Terra mja

Film per scommessa

Ci sono film che nascono per scommessa e incuriosiscono come le sfide di varia specie. Nel cinema se ne sono visti più di uno. Ricordo un cortometraggio italiano degli anni Dieci in cui una storia d’amore e di adulterio era raccontata, filmando solo i piedi e le scarpe dei protagonisti: il primo incontro, la seduzione, la scoperta del marito, il duello con il rivale, la conclusione. Una prova di estrosità, innegabilmente.
In La spia di Russell Rouse, un thriller spionistico del 1952, la colonna sonora è riempita di musiche e rumori, ma non di parole, neanche una. Si sopprime il dialogo e il racconto è comprensibile dall’inizio alla fine con le sue giravolte e complicazioni. Delmer Daves in La fuga (1947) descrive l’evasione di Humphrey Bogart dalla prigione, condividendo il punto di vista del fuggiasco a lungo – almeno una ventina e più di minuti – finché, dopo aver superato svariati ostacoli, il protagonista, si imbatte in un conducente di taxi che lo mette nelle mani di un medico radiato dall’ordine professionale che lo sottopone a un intervento di chirurgia plastica per cambiargli i tratti fisionomici. Tolte le bende che coprono il volto di Bogart, la macchina da presa adotta la visuale oggettiva. Lo stesso procedimento è stato impiegato da Robert Montgomery in Una donna nel lago (1946), desunto dall’omonimo romanzo di Raymond Chandler. In questo caso, il film è interamente coniugato in prima persona, tranne un rapido prologo e un veloce epilogo e due brevissime immagini in cui Philip Marlowe si riflette in un paio di specchi. Come si vede, l’acclamatissimo The artist di Michel Hazanavicius, insignito dell’Oscar 2012, ha più di un precedente e ripropone gli stessi interrogativi che avevano suscitato gli altri film. Ci si domanda se ci sia una necessità espressiva per eliminare l’uso della voce, narrando di un divo al tramonto e di una giovane attrice, astro ascendente, mentre la rivoluzione del sonoro sconvolge Hollywood e il mondo del cinema. Ad essere schietti e immediati, non riesco a scorgerla, avendo il film la sua ragion d’essere in un esercizio mimetico, consistente nel dimostrare come sia possibile allestire un melodramma con l’appendice di un happy end, sfoderando modalità drammaturgiche, convenzioni linguistiche e stilemi di un’epoca lontana, tuttavia capaci ancora di reggere l’impatto con il pubblico odierno. Un’impresa mediata da un gusto cinefilo, consono a un approccio sentimentale e affettivo, adatto a un lavoro di ricalco. Un’esercitazione da eseguire senza contrappunto ironico o parodistico, ma nel compiacimento più assoluto per aderire in pieno all’essenza manieristica di un gioco fine a se stesso, che non per questo non richieda precisione di riferimenti, levità e pertinenza, una certosina cura dei particolari e ricostruzioni ambientali e atmosferiche insindacabili. Sono queste, virtù che The artist vanta, sfrutta e spreca in un intrattenimento che ha per scopo di “rifare il verso” a qualcosa che gli preesista e lo ispira a imitarne ritmi, movenze e contenuti piuttosto elementari. Scartando un’inclinazione critica e concependo il componimento come se fosse un’apparecchiatura tecnicistica, uno scherzo in punta di penna, un artifizio virtuosistico. Assente peraltro una impostazione metalinguistica, poiché per tale si spaccia soltanto l’autoreferenzialità, categorie, l’una e l’altra, diverse tra loro e non assimilabili. Quando eravamo studenti, io e i miei amici ci dilettavamo a scrivere qualche pagina alla maniera di Hemingway e di Caldwell per puro divertimento, ma non ci saremmo mai sognati di essere presi sul serio. Forse nemmeno il regista di The artist avrà avuto in principio pretese ambiziose, ma in parecchi gliene hanno prestate, rimanendo Hazanavicius un giocoliere che ha avuto abbastanza abilità per vincerla la sua scommessa, ma niente altro. Il film sta in piedi e risulta piacevole ai più, siano spettatori o critici, gli uni e gli altri troppo abituati a quel che scodella il convento per non accontentarsi facilmente e per scambiare lucciole per lanterne. Non azzarderei paragoni con Cantando sotto la pioggia di Stanley Donen e Gene Kelly (1952), che inquadrava con esattezza di appigli una fase di transizione e riversava un fresco umorismo sui tic e sui vizi del divismo e della Hollywood leggendaria, oltre ad allineare una fantasiosa parte coreografico-ballettistica tradotta in una forma cinematografica innovativa nel genere del musical. Né reggerebbe il paragone con la commedia teatrale di George Kaufmann e Moss Hart (sono gli autori di Non te li puoi portare appresso da cui nel 1938 Frank Capra ha tratto L’eterna illusione), Una volta nella vita (1930), la più scoppiettante, mordace e indiavolata satira dell’industria cinematografica americana all’indomani della proiezione di Il cantante di jazz nel 1927 (dalla pièce la Warner ha ricavato un film in cui recitava il comico Joe Brown). Nessun parallelismo possibile nemmeno con Hugo Cabret di Martin Scorsese. Non bastano il fascino stregante della fotografia in bianco e nero, l’eleganza dei costumi, i cappellini a cuffia, le vecchie automobili, la verosimiglianza dell’enfasi emanata dalle didascalie e le musiche e le canzoni del sex age e del jazz age e le sovrapposizioni, a spostare su un gradino più alto una operazione gratuita, calligrafica, che riceve legittimazione estetico-culturale in un clima di postmodernismo declinante eppur sempre confusionario. Sarei perciò cauto nel consegnare accrediti eccessivi a un film che nella sua epidermica gradevolezza ed effervescenza cova una crisi dell’inventiva, la pochezza in cui spesso si dibatte il cinema d’oggi, soprattutto quello che ha a cuore la cassetta.

Articolo di Mino Argentieri da cineclubroma.it Diari di Cineclub

 

Il vero significato del film Shutter Island

Shutter IslandShutter Island è il film in cui il regista Martin Scorsese mette Leonardo DiCaprio di fronte a un personaggio che deve affrontare demoni personali all'interno di un manicomio. Shutter Island è spesso considerato uno dei film più deboli della lunga carriera di Martin Scorsese, presentato fuori concorso al Festival di Berlino. Il film, infatti, fu accolto con opinioni discordanti anche dalla critica statunitense: non è un caso se Shutter Island è l'unico film del duo Scorsese-DiCaprio a non aver ricevuto nessuna nomination ai premi Oscar. In realtà, Shutter Island - tratto dal romanzo omonimo Dennis Lehane - è una pellicola affascinante e complesso, che cattura l'attenzione dello spettatore su molteplici livelli, già a partire dalle tematiche affrontate.

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The New Age (Nuove tendenze) di Michael Tolkin

Che cosa ha fatto il cinema per Michael Tolkin? Chiedetevi piuttosto che cosa può fare Michael Tolkin per il cinema. Ha sceneggiato, per prima cosa. The New Age — Nuove tendenze (The New Age) Regìa: Michael Tolkin Orig.: U.S.A., 1994 Sogg. e Scenegg.: Michael Tolkin. Fotogr.: John H. Campbell. Musica: Mark Mothersbaugh. Mont.: Suzanne Fenn. Scenogr.: Robin Standefer. Costumi: Richard Shissler. Suono: Stephen Halbert. Interpr.:Peter Weller (Peter Witner), Judy Davis (Katherine Witner), Patrick Bauchau (Jean Levy), Corbin Bernsen (Kevin Bulasky), Jonathan Hadary (Paul Hartmann), Patricia Heaton (Anna), Samuel L. Jackson (Dale Deveaux), Audra Lindley (Sandi Rego), Paula Marshall (Alison Gale), Maureen Mueller (Laura), Tanya Pohlkotte (Bettina), Bruce Ramsay (Misha), Rachel Rosenthal (Sarah Friedberg), Sandra Seacat (Mary Netter), Susan Traylor (Ellen Sal-tonstall), Adam West (Jeff Witner). Prod.: Nick Wechsler e Keith Addis, per Regency Enterprises lAlcor Films Ixtlan Addis-Wechsler prod. Distr.: Warner Bros. Durata: 112 min. Due coniugi in crisi nella Los Angeles del jet-set. Lui perde il suo lavoro da mezzo miliardo all'anno per vivere, lei deve abbandonare la sua vita agiata. Per guadagnare e rimanere nell'alta società, aprono un pretenzioso negozio di moda dal nome "Hyppocratie". Dopo i primi successi, l'iniziativa ben presto fallisce e il buco nell'acqua li isola ancora di più nella crudele Beverly Hills. Non rimane altro da fare, allora, che affidarsi a santoni e medium e, forse, suicidarsi. Che cosa ha fatto il cinema per Michael Tolkin? Chiedetevi piuttosto che cosa può fare Michael Tolkin per il cinema. Ha sceneggiato, per prima cosa. Ha scritto un film ( Gleaming the Cube di G. Clifford) già atipico per un pubblico statunitense che non si aspettava quel tipo di film, figuriamoci in Italia dove è stato intitolato California Skate ed è passato quasi solo in Tv, confuso e contestualizzato alle serate dedicate al film giovanilistico (bikini-movies, skate-movies, la filmografia di Sam Firstenberg, etc.). Poi si è diretto il suo film, il cupissimo The Rapture, da noi uscito solo in videocassetta. Il titolo Sacrificio fatal e, dove il suffisso "-ale" serve a guadagnare tre o quattro spettatori stanchi che sperano nel solito innocuo giallo made-for-cable e a dare vaghe suggestioni mistico-omicide. Poi, l'incontro con Altman, per I protagonisti, dove il taglio antropologico/tribale del romanzo di Tolkin si è ben innestato nell'allegoria corale altmaniana. Tutta questa divagazione non dispiacerebbe comunque a Tolkin, visto che The New Age è un film su e per la divagazione, dove non c'è spazio per il centroflessismo, e la dinamica del divertimento e dell'hobby contamina ed "infetta" il mondo del dovere e del lavoro. La tensione dialettica su cui vive il film riguarda il dentro ed il fuori, il dentro per le tendenze neo-irrazionaliste e semi-pagane in cui si tuffano i protagonisti del film, alla ricerca di (fuga dalla) auto-coscienza (a proposito, in Italia il film ha come sottotitolo Nuove tendenze vanificando il senso sottilmente metastorico e ironico di "age"), che però somiglia terribilmente ad un cupio dissolvi (confermata dal finto suicidio finale, in fondo paradossalmente rito iniziatico attraverso l'assunzione di uno yogurt/veleno da società delle merci sofisticate); il fuori perché è in esso che i due coniugi protagonisti devono affermarsi, alla ricerca della monetizzazione del loro (alto) status sociale, da confermare pena l'espulsione di tipo tribale/ totemico dalla confraternita dei ricchi west toast. Il negozio che comprano (chiamato con lo straordinario neologismo di "ippocrazia") è una prigione e da dentro attendono clienti, continuamente spiando fuori, un marciapiede vago, anonimo, qualunque, quasi del tutto attanziale. Tolkin infatti, nel suo mondo polimorfo e mutante, non crede molto, mette in scena archetipi dell'orribile tempo contemporaneo (o futuro?) e chiude claustrofobicamente l'inquadratura attorno ai due coniugi. Nella sua Los Angeles non c'è isteria e foll(i)a, c'è solo una pan-nevrosi contaminante e assolutizzante. Quasi tutte le scene sono auto-sufficienti, viene eluso ogni movimento causa/effetto, come se fosse finita l'umanità e rimasto solo il delirio con due o tre sopravvissuti (anche i party assomigliano a funzioni religiose di tipo misterico, con pochi adepti, più che alle immense "macchine da cocktail" cui siamo abituati nel cinema americano). Lo spazio/libertà giunge solo durante la separazione della coppia (che sancisce peraltro soltanto l'inizio di una serie di esperienze sensoriali malriuscite nell'enorme tempio-Beverly Hills che contiene tutti i riti e tutte le confessioni) e poi si restringe di nuovo fino a minacciarne la vita (ancora il suicidio incombente). Quale impiego/ruolo migliore allora (per P. Weller) del venditore via telefono di falsi viaggi per false lotterie? (A differenza dei venditori incarogniti di Americani, nel new age anche fregare il cliente avviene per telefono o telefonino come ennesimo surplus finzionale). A fianco di attori dagli occhi così glacialmente blu da sembrare volutamente cyborg (che la ritualità delle neo-religioni sia l'unica via possibile alla coscienza per replicanti che Deckard non ha trovato?) riscopriamo l'ingrassato Patrick Bauchau già (e ancora) Fritz Munro/Monroe in Lo stato delle cose e Lisbon Story, nei panni di un santone belga che predica di seguire la propria strada e di "vivere con la domanda", vox clamantis ridicola e grottesca (più o meno il ruolo odierno del censore Wenders). Chiedersi quanto c'è di intenzionalmente grottesco e quanto di realmente malriuscito in questo film non avrebbe senso. E una onirica parabola americanologica, con una tale parade di stravaganze, tra guru mistico-psichedelici, orge tra tatuati, culti misterici da mitologia metropolitana, freaks e feste sulfuree da ricordare l'ultimo, abrasivo e raggelante, Bret Easton Ellis, solo più senile e meno disperatamente mortuario. Il paragone sia perdonato, visto che Tolkin, anche se poli-artista, fa pur sempre parte della scena letteraria nord-americana, innegabilmente però lontano dall'orizzonte di nascita dei neo-minimalisti Un'ultima annotazione: il produttore è Oliver Stone, evidentemente attirato dalla quantità di suggestioni para-buddiste, presenti nel film (c'è pure la solita sequenza da allucinogeni nel deserto, come in The Doors e NBK).
da Segnocinema n.73

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK di George Clooney

Titolo GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK (Idem - Francia/Giappone/G.B./U.S.A. - 2005) Regia: George Clooney Interpreti: George Clooney, David Strathairn, Alex Borstein, Robert Downey Junior Soggetto George Clooney, Grant Heslov Sceneggiatura: George Clooney, Grant Heslov Fotografia: Robert Elswit Costumi: Louise Frogley Scenografia: James D. Bissell Montaggio: Stephen Mirrione Durata 1 h 30min

Il film La storia vera del conflitto tra Edward R. Murrow, un famoso anchor man del giornalismo TV, e il senatore Joseph McCarthy responsabile della "caccia alle streghe" contro i comunisti. Nonostante le intimidazioni e le minacce di morte, Edward riuscirà, anche grazie all'appoggio del produttore della CBS, a liberare l'America dal fanatismo del maccartismo.

Il regista Figlio del giornalista Tv Nick Clooney, George Clooney è più noto come attore che come regista. Nel 1994 viene scelto per interpretare il dottor Doug Ross nella serie "ER". Il telefilm ottiene un grande successo e l'attore diventa molto popolare. Ha fondato con Soderbergh una società di produzione (Section Eight) con la quale ha prodotto nel 2003 il suo primo film da regista (Confessioni di una mente pericolosa).

I commenti dei critici Un film corroborante. secco, quasi un esercizio di stile impeccabile (...) ti fa sedere e ti dice, dai su, guardami, con quel sax, quella notte, quel bianco e nero, quelle facce, quegli anni in America dei primi anni '50, e quel titolo "Good Night, and Good Luck", regia di George Clooney. Un omaggio a un giornalista, Edward R. Murrow, che si è battuto contro la caccia alle streghe del senatore McCarthy, un persecutore che sbandierava il comunismo come scusa. Da conservare nella memoria per l'interpretazione di David Strathairn (Coppa Volpi a Venezia), per la fotografia di Robert Elswit, perché è un buon atto d'accusa contro i modi sventati di fare tv e per questa frase: "la nostra storia sarà quella che vogliamo che sia". (Gianluca Favetto - la Repubblica - settembre 2005)

I commenti dei critici (...) Sulla base di sofferte esperienze familiari, Clooney immerge in un bianco e nero che si fonde perfettamente, e in qualche passaggio miracolosamente, con rari e preziosi inserti d'epoca la strenua campagna giornalistica che l'anchorman televisivo E. R. Murrow conduce contro le crociate del senatore Joseph McCarthy. Siamo tra il 1953 e il 1954. quando il grossolano presidente del famigerato Comitato per le Attività Antiamericane è all'apogeo della sua caccia alquanto paranoica a tutti coloro che potrebbero avere avuto dei contatti con il semiclandestino partito comunista locale. Mirabilmente interpretato dal segaligno David Strathairn (circondato da altri attori da applausi, tra cui lo stesso Clooney), il giornalista della CBS non nutre - come avvenne nella realtà - la minima simpatia per le idee dei sospettati (...) quello che gli sta a cuore e per cui è disposto a rischiare il posto e persino a destabilizzare i meccanismi commerciali nel network è l'inammissibilità delle persecuzioni senza prove, la tutela dei diritti civili e, soprattutto, il principio costituzionale del diritto al dissenso. (Valerio Caprara - Il Mattino - settembre 2005)

Note La virgola del titolo sta ad indicare la pausa che il conduttore del programma TV, Edward Murrow, faceva nel pronunciare le parole di saluto al termine della sua trasmissione.

 

IN HER SHOES - SE FOSSI LEI di Curtis Hanson

Titolo: IN HER SHOES - SE FOSSI LEI (In Her Shoes - U.S.A. - 2004) Regia: Curtis Hanson Interpreti Cameron Diaz, Toni Collette, Shirley MacLaine Soggetto tratto dal Bestseller "A letto con Maggie" di Jennifer Weiner Sceneggiatura Susannah Grant Fotografia Terry Stacey Costumi Sophie De Rakoff Carbone!! Scenografia Dan Davis Musica Mark Isham Montaggio Craig Kitson, Lisa Zeno Churgin Effetti Speciali John C. Hartigan, Kirk Tedeski Durata 2h 10min Il film Rose e Maggie sono sorelle ma non potrebbero essere più diverse tra loro. Rose è un avvocato in carriera, sogna da sempre di incontrare un uomo che le sciolga i capelli, le tolga gli occhiali e le dica che è bellissima. Maggie, è più giovane di Rose, non ha un impiego fisso, ha un corpo perfetto e scarta gli amanti come fossero caramelle. Il regista Ha lavorato per la rivista 'Cinema' prima di dedicarsi alla sceneggiatura e alla regia. Nel 1978 ha scritto la sceneggiatura del film "L'amico sconosciuto". Nel 1982, con lo scomparso Samuel Fuller, ha scritto la sceneggiatura di "Cane bianco", e un anno dopo quella di "Mai gridare al lupo", di Carroll Ballard. Nel 1987 ha diretto "La finestra della camera da letto", di cui aveva scritto la sceneggiatura. Sono seguiti poi due thriller, "Cattive compagnie" (1990) e "La mano sulla culla" (1992). Nel 1994 ha diretto "River Wild - Il fiume della paura". Nel 1997 ha diretto, prodotto e scritto "L.A. Confidential", tratto dal romanzo di James Ellroy, vincitore, fra l'altro. di un Oscar per la miglior sceneggiatura e uno per la miglior attrice non protagonista (Kim Basinger). I commenti dei critici Curtis Hanson è tra i pochi registi che a Hollywood ancora crede nel cinema dei personaggi, delle storie, nel cinema che si costruisce lentamente (non significa praticare un cinema lento e tedioso), con dettagli, dialoghi, scene di paesaggio, raccordi che esplorano il plot. La complicità, l'interdipendenza, il dissidio, l'emulazione, lo scacco emotivo e la lacerazione tra due sorelle sono materie affascinanti e difficili per lo schermo. La fisiologia del rapporto sororale deborda facilmente nella patologia psicanalitica. È un tema che richiede una buona sceneggiatura, personaggi-modello strutturati e conosciuti, un cast credibile, una regia accorta sensibile a tenere sotto controllo la temperatura emotiva, a condensare e diluire gli slittamenti del rapporto. (...) (Enrico Magrelli - Film TV - novembre 2005) I commenti dei criticiConsigli per chi voglia gustare serenamente "Se fossi lei", titolo inglese più carino " In her shoes". Lasciare a casa: a) fidanzato, marito, amico, qualsiasi maschio e andare al cinema tra ragazze; b) ogni sovrastruttura critica, concedendosi una vacanza dai propri cinegusti intellettuali. Dopodiché, buon divertimento. Si parte infatti da una fiaba, diventata un mito molto cara alle donne, quella di Cenerentola: che qui raddoppia, perché le Cenerentole sono due, due sorelle di Philadelphia di buona famiglia ebrea. Una è Maggie. Cameron Diaz, sottile. molto graziosa, molto sexy e vestita succintamente: Cenerentola perché è dislessica, non trova lavoro e gli uomini la prendono e la lasciano come un oggetto. L'altra è Rose, Toni Collette, avvocato, gran lavoratrice, buon guadagno: Cenerentola perché è piena di complessi, è sovrappeso e non riesce ad avere una vita sentimentale. (...) Principi azzurri? ci vorrebbero, ma non contano, sono insignificanti, pretesti per battute. Come in tutti i film per signore, le quali non vogliono più sognare il bel divo ma immedesimarsi nei personaggi femminili. Prima perdenti e poi vincenti. (...) (Natalia Aspesi - la Repubblica delle donne - novembre 2005)

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