♥ Tutto il Resto
Ha dai 15 ai 34 anni, è fornito di supporti tecnologici sempre più avanzati, trascorre gran parte del tempo libero davanti al Pc che considera la chiave di accesso al mondo esterno: è l'identikit del pirata, per il quale un film scaricato da Internet è un file come un altro, da consumare come svago o passatempo, senza valore specifico e spesso alcun senza rispetto per il racconto, è normale saltare intere sequenze per soffermarsi sulle preferite.
Due parvenu napoletani, Gemma (Iaia Forte) e Tony (Ennio Fantastichini) organizzano un party in una villetta ostentatamente kitsch fra improbabili manichini femminili (con tanto di seni e vagine trasformati in cassettini) e cattivo gusto a go-go. Il tutto fino a una conclusione tragi-comica, con il tocco inconfondibile dello stile di Pappi Corsicato.
Ci giunge ora notizia dalla vasta America che, a differenza, dunque, di tanti piccoli e medi colpevoli di mentire sulla propria identità su Facebook, un numero sempre più ingente di utenti pellerossa si sta vedendo cancellato l'account per lo stesso motivo: abuso del campo nome. Si tratta perlopiù di persone come Parmelee "Kills The Enemy" (Parmelee Uccide il Nemico), che sono state costrette a spedire alla sede di Facebook fax con copia del proprio documento di indentità, per convincerne i capi a restituire loro il profilo così ingiustamente strappato di mano."
così troviamo scritto su: facebookitalia.blogspot.com , il primo blog italiano interamente dedicato al social network in blu.
Il giornalista denuncia la mafia su Facebook. E la sua pagina scompare… (da Repubblica.it del 4 marzo 2009)
Un messaggio in italiano. Freddo, burocratico.
“Sì dice così: il tuo account è stato disabilitato da un amministratore. Se hai domande o dubbi consulta le Faq”. Scompaiono così da Facebook centinaia di contatti ma soprattutto una intensa attività di comunicazione sulla mafia e la realtà siciliana. E la posta personale.
Nino Randisi è un giornalista. Un dirigente sindacale della sua categoria nell’isola, uno che ha preso molto sul serio il social networking come strumento di comunicazione civile: “Mica si potrà solo scrivere, ho mangiato, ho dormito e tutte quelle altre fesserie che si leggono, no? Si potrà pur comunicare qualcosa di più serio e di più drammatico?“.
“Avevo 500 amici. Ogni giorno pubblicavo video di YouTube sui latitanti più pericolosi. Mettevo materiali che scottano, tutta documentazione seria su argomenti importanti. E mi seguivano in molti. Adesso tutto quello che ho pubblicato finora è andato perso. Ma io non mi arrendo, mi sono rifatto l’account con altri dati e ho ripreso a pubblicare. Voglio proprio vedere cosa succede adesso. Pensa un po’, hanno tolto qualche pagina su Riina, ma ne hanno lasciato altre dove si parla di mafia in tono elogiativo, e il mio spazio, che è una pagina *contro* la mafia, me lo disabilitano?“
Sei sicuro che non te lo abbiano riattivato? Guarda che Facebook è in piena confusione tecnologica, a causa della sua crescita tumultuosa… Potrebbe essere solo un disguido…
“Macchè! Niente e la cosa più irritante è che non c’è nessuno cui scrivere. Non si trova un punto di riferimento in Italia. Questi signori chi li rappresenta? Con chi si deve parlare? Non è possibile che non ci sia un indirizzo cui scrivere”
Randisi è uno dei tanti cui accade questa disavventura facebookistica. A un certo punto qualcuno ti “denuncia”, le tue cose scompaiono, i dati e i contenuti che hai immesso, compresa la posta personale, svaniscono nel nulla. In molti casi - ci risulta - l’account viene riabiliato dopo le proteste, è successo perfino per qualche deputato. Ma intanto sapere “dove” e con chi protestare è molto complesso.
Randisi sembra pensare che qualcuno, dall’Italia, possa aver chiesto l’intervento contro la sua pagina. Ma il punto certo è che Facebook, piattaforma dove ormai più di 6 milioni di italiani esprimono i loro pensieri e le loro proteste, pubblicano le loro immagini e si mandano la loro corrispondenza, non ha nel nostro paese - che si sappia - nemmeno uno “sportello” cui indirizzare i propri reclami. Quella che ha colpito Randisi potrebbe essere censutra o disguido. Si vedrà. Ma se almeno il danneggiato potesse parlarne a qualcuno, forse anche i sospetti diminuirebbero.
E qualcuno risponde: Tutto nella norma.
Credo che a breve su Facebook sarà inserito un account a pagamento che affiancherà l’account gratuito.
Questa tecnica , serve solo ed esclusivamente a fare una ricerca di mercato e testare la volontà delle persone a perdere i propri dati.
E verrà inserito la scelta “premium” senza limiti oppure “normale” con tutte le problematiche del caso.
Ed un'altro lettore scrive: uso netlog, un portale di social network ke, tardivamente ho scoperto ke l’età media di utenti e moderatori, si attesta sui 18 ani.
campeggiano indisturbati profili femminili con nick tipo “sono_da_stupro”, oppure “nel_tuo_caldo_letto” di adolescenti biotte.
oppure gruppi pubblici di kiaro stampo nazi-fascista, o antisemita, o pesantemente xenofobo, con frasi incitanti all’odio razziale.
su netlog ci scrivo argomenti ke trattano di sociale, cultura, politica.
dopo il 15-aprile sono stato bloccato parekkie volte senza giustificato motivo. mi han bloccato foto legittimissime, tipo quella della tabella del fondo, tagliato da sto governo, dei 20 milioni di euro a favore della donna. ZAC! censurata. oppure la venere del botticelli… ZAC! sparita pure lei, senza motivazione. potrei continuare con molti altri casi, a me capitati.
poi ho scoperto l’arcano. hanno un contatore segnalazione abusi. settato a N.
N può variare da 10 a 20, verosimilmente.
quando la foto oltrepassa N, viene bloccata automaticamente.
quando oltrepassi 5 foto bloccate, ti bloccano l’intero profilo.
capite ke x uno a cui stai antipatico è facile farsi 5 profili falsi e segnalararti arrivando a N.
allora tu scrivi all’helpdesk, ke, se e quando ha voglia, risponde.
se ha voglia, raramente, ti riammatte la foto, ti nomina il code_of_conduct.
na volta un moderatore mi ha risposto ke “non sono un utente desiderato su netlog, che netlog non è il posto più idoneo a me”… come x dire vattene!
io penso ke questi signori debbano includere nel loro codice etico norme ke si rifanno ai princìpi legislativi dello Stato ke ospita i loro server, a rispetto della Costituzione antifascista, e quantaltro.
penso ke i moderatori debbano essere dei giudici neutri imparziali, e nn soggiogati alle loro amikette a cui tutto è permesso.
ed ancora: caro vittorio, io ho contattato facebook dublino (che mi ha risposto) scrivendo a questo indirizzo:
ed ancora: facebook ha un “call centre” per l’italia con base a dublino (tra le altre).
non hanno numeri di contatto. il lavoro di controllo e gestione viene svolto via mail e non rientra nella loro policy dover spiegare agli utenti cancellati i perchè e i per come. lo loro sede si trova vicino al fiume a dublino 1.
provate ad aprire un account che osanna hitler e vedrete che se nessuno protesta l’account starà lì sempiterno.
al contrario ogni qualvolta si punterà il dito o si faranno detrazioni di qualche genere facendo nomi e cognomi si vedrà sparire il proprio account.
provare per credere.
(Agi 14-04-09) - "Tre Lire primo giorno", opera prima di Andrea Pellizzer e prodotto da Lire3Film, ha vinto il Golden Palm Award e il premio come Migliore Film Straniero al Beverly Hills Film Festival. Scritto da Morgan Bertacca, Andrea Pellizzer e Massimo Donati - che lo ha anche sceneggiato - "Tre Lire primo giorno" e' stato accolto con entusiasmo dalla platea del festival, che ne ha apprezzato la freschezza e l'ironia intelligente tanto da attribuirgli i due importanti riconoscimenti.
Il regista Andrea Pellizzer e il protagonista Fabrizio Veronese hanno partecipato al Gala di premiazione al Beverly Hills Hotel. "E' la realizzazione di un obiettivo importante - ha detto Pellizzer -. Questi due premi rappresentano un alto riconoscimento per me e per tutto il gruppo di persone col quale ho lavorato. L'augurio e' che sia soltanto il punto di partenza per quello che faremo in futuro".
In crisi il «filone adolescenziale» inaugurato da «Notte prima degli esami». Gioventù flop. Crollano al botteghino i film per teenager. Gli ultimi casi da «Albakiara» a «Iago»
I lucchetti dell'amore, oggetti preistorici. È finito il Tempo delle mele all'italiana. Si è esaurito il filone giovanilista al cinema? Se lo chiede il Giornale dello Spettacolo citando l'ultima delusione: Iago. Dopo un mese, gli incassi non superano i due milioni di euro. Albakiara, ritratto dei giovani in nero, ha incassato meno di un milione; Ti stramo, parodia del genere, che fa il verso a Moccia, s'è fermato a 438 mila euro; un mezzo flop anche Questo piccolo grande amore che, malgrado Claudio Baglioni sirena della nostalgia, è a 4 milioni quando la sola campagna promozionale è costata uno e mezzo. L'operazione Baglioni orchestrata dal produttore Gianandrea Pecorelli (cui si deve il fenomeno di Notte prima degli esami): «Curioso che il pubblico di Qpga, che è fin troppo originale, coraggioso e costruito per più generazioni, era quasi tutto sotto i 20 anni. Ma il genere non è in crisi».
Sono mancati i vecchi fan di Baglioni? «Beh, è mancata la fascia adulta». Carlo Verdone è un analista fine e lucido: «Sono filoni che si consumano con molta rapidità, si vuole tutto, presto e subito, fuochi d'artificio: il bagliore e lo spegnimento. Si cavalca la cultura del momento puntando sul pubblico più inaffidabile: i giovanissimi. Lo dice la parola stessa, il filone. Che ha vita breve. Girano troppi film fotocopia, troppa la paura di perdere fette di mercato. E poi ormai i film si vedono sul computer, fai clic e ti vedi tutto». Dal pozzo giovanilista sono usciti Scamarcio, Vaporidis, Chiatti, Capotondi, Crescentini. Incarnano le fantasie, ma, avverte Carlo, attenzione. «Agli attori dico, amministratevi in modo saggio, non ci vuole niente a essere mitizzati, uno bravo dev'essere pronto a diventare la persona della porta accanto. Tu hai dieci copertine di Novella 2000, fino a quando non scoprono che c'è un altro meglio di te. In passato, a parte Mastroianni, nessuno era bellissimo. Oggi si parla della bellezza e poco del talento. Si è persa la memoria storica in ogni campo, siamo nell'era dell'aggiornamento, il computer ti aggiorna: il pensiero, i sentimenti. È tutto uno scorrimento». «Ha ragione Verdone, c'è una tale velocità, da Second Life a Myspace, ora Facebook, e tra sei mesi? Nel cinema è lo stesso. Io ho sempre pensato di fare film per tutti», dice Fausto Brizzi, regista principe del filone.
Con Ex però ha tentato di agganciare un pubblico più adulto: incassi a 10 milioni e 600 mila, «sarebbero stati di più con le 150 copie perse per la censura delle sale parrocchiali dovuta al prete che s'innamora. C'è un'autocannibalizzazione dei film italiani, esce Ficarra e Picone con centinaia di copie e dopo una settimana Diverso da chi? con altrettante copie ». Troppo spesso sono costruiti dialoghi da Baci Perugina, stereotipi di coppie che si perdono nel vento strette strette. «Le delusioni — è il parere del regista Daniele Luchetti — sono legate a sceneggiature che non convincono, anche il pubblico più semplice è meno scemo di quello che si pensi, i ragazzi si accorgono subito delle furbizie di prodotti non sinceri, non vogliono essere presi in giro, non è che puoi dargli qualsiasi cosa, vogliono vedere un film: per loro». E Riccardo Tozzi di Cattleya, e presidente dei produttori italiani, fa notare che il punto è proprio questo. C'era una platea di teenager che aveva fame e sete completamente trascurata. «Sono io il colpevole del filone — sorride — , colpevole di una cosa di cui vado molto orgoglioso. Fui io ad aprire il filone quattro anni fa con Tre metri sopra il cielo di Moccia, il cinema italiano non aveva ancora intercettato i più giovani. Volevo trovare una specie di Tempo delle mele italiano. Il pubblico giovanile lo raggiungi se fai un film dal suo punto di vista, invece i film spesso vengono fatti da adulti, come gli adulti vedono i teenagers. Ci puoi mettere tutti gli Scamarcio che vuoi e non entrerà manco una ragazzina. Ma io credo che il filone non è finito per niente, bisogna avere la calma di non mettersi a fare il film sui ragazzi ma il film dei ragazzi».
Valerio Cappelli
30 marzo 2009
da: http://www.corriere.it/cinema/09_marzo_30/
This will be an amazing opportunity for everyone wanting to develop their skills directing non-actors, or just getting insight on the whole process. You will have an educational experience of excellence, with Scandar Copti, a tutor who developed his very own method of directing actors (Singular Drama), with enormous success, granting him the Golden Camera in Cannes and an Oscar Nomination with his film "AJAMI".
Scandar’s method of directing actors without them being aware is impressive making his film is a work of fiction that shows “real” people acting in situations that are orchestrated by the directors, but very “real” to the performers, resulting in the actors projecting emotions on camera that they actually experienced at the time.
For more information and to register please visit this workshop's page www.filmlab.fest.pt
Dopo Istanbul, Tel Aviv. "Visioni Sarde" ribadisce il suo carattere internazionale portando il cinema sardo anche in Israele.
L'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv ha inserito nel canale YouTube dell'Istituto la rassegna del nuovo cinema sardo con proiezioni estese dal 29 marzo al 4 aprile. L'iniziativa è partita dal lavoro congiunto dell'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, Fondazione Sardegna Film Commission della Regione Autonoma della Sardegna, Cineteca di Bologna e Associazione "Visioni da Ichnussa" con l'intento di sostenere all'estero i giovani registi sardi e di promuovere nel contempo la ricchezza storica, geografica e culturale dell'isola.
Sollecitati dallo slogan "Siete pronti a viaggiare in Sardegna attraverso lo schermo?" i cittadini israeliani sono stati invitati a vedere: "Di notte c'erano le stelle" di Naked Panda, "Il Pasquino" di Alessandra Atzori, Milena Tipaldo, "Il volo di Aquilino" di Davide Melis, "L'Ultima Habanera" di Carlo Costantino Licheri, "L'uomo del mercato" di Paola Cireddu, "Margherita" di Alice Murgia, "Marina, Marina!" di Sergio Scavio e "Un piano perfetto" di Roberto Achenza.
Ogni cortometraggio sarà sottotitolato in inglese e sarà preceduto da un breve video di presentazione realizzato da Nevina Satta, direttrice della Fondazione Sardegna Film Commission e dai registi dei film proposti. Tutti saranno visibili fino al 4 aprile.
La première di presentazione
avverrà in tre gruppi e secondo le date seguenti.
PREMIÈRE DEL 29 MARZO
"Il Pasquino" di Alessandra Atzori, Milena Tipado (MIRA) - Partendo dall’origine del nome “il Pasquino” viene raccontata la storia della celebre rivista satirica e di alcuni autori sardi che ne assunsero la direzione: Enrico Gianeri, Tarquinio Sini e Giovanni Manca. Il film mette insieme diverse tecniche, dalla stop motion all’animazione digitale dell’archivio della rivista e del materiale fotografico. La visione è accompagnata dalla voce narrante che, facendo il verso ai cronisti dell’istituto Luce, recita in rima la coraggiosa battaglia che la rivista fece a colpi di vignette satiriche contro il potere. Credits: Regia e direzione artistica: Mira (Alessandra Atzori e Milena Tipaldo). Animazioni: Salvatore Centoducati, Massimo Ottoni. Compositing: Salvatore Centoducati. Making of notebook: Libri Finti Clandestini. Soundtrack: Alessandro Nepote. Voice over: Lorenzo Bartoli. Text writer: Milena Tipaldo. Il cortometraggio “Il Pasquino” è stato realizzato da Mira e prodotto dalla Fondazione Sardegna Film Commission della Regione Autonoma della Sardegna all’interno del progetto NAS (New Animation in Sardegna), in collaborazione con il MAN – Museo d’arte della Provincia di Nuoro.
"Il volo di Aquilino" di Davide Melis - L’incontro tra l’ormai anziano Aquilino Cannas – intellettuale, scrittore, editorialista e tra i poeti più noti e amati di Cagliari – e un fenicottero giunto sulla sua terrazza, fornisce l’occasione per un dialogo commosso tra il poeta e l’animale in lingua sarda, la lingua del poeta e la lingua che la “genti arrubia” è abituata a sentire da quando ha scelto Molentargius come propria casa. Cast Diretto da Davide Melis. Scritto da Giacomo Pisano e prodotto da Karel. Le illustrazioni di Vania Isabelli e di Davide Melis sono animate da Matteo Fadda, mentre Elio Turno Arthemalle e Antonella Puddu sono le voci narranti e Francesco Medda "Arrogalla" l’autore delle musiche.
"Margherita" di Alice Murgia. Margherita ha 16 anni e passa l’estate dalla nonna in Sardegna. Ha una grandissima cotta per il bagnino Nicola e una gran voglia di provare cose nuove. Margherita fa l’amore per la prima volta con lui, ma non è affatto come lo descrivevano le amiche, le commedie romantiche o perfino i porno: lei non ha provato nulla di sensazionale, non si sente diversa. Cosa deve fare per rendere bello il sesso? Cast Interpreti: Beatrice Lotti (Margherita), Enrico Elia Inserra (Nicola), Giulia Anchisi, Giacomo Fadda, Nicole Caferri, Eleonora Cancedda, Rita Maria Speranza Cara e Giaime Invidia. Soggetto e sceneggiatura: Alice Murgia e Giuliana Pizi. Montaggio: Claudio Califano. Costumi: Valentina Bertossi. Scenografia: Marta Morandini. Fotografia: Enrico Bellinghieri. Suono: Andrea Oppo (Presa Diretta), Simone Lucarella (Microfonista), Leonardo Savini (Supervisione Montaggio del Suono), Rainer Russo (Mix). VFX: Giulio Lazzarini. Organizzatore Generale: Elisabetta Ariemma e Chiara Ciccone. Make-up: Alice Gandolfi. "Margherita" è un film sostenuto dalla Regione Autonoma della Sardegna, Sardegna Film Commission e prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia Production.
PREMIÈRE DEL 30 MARZO
“Di Notte c’erano le stelle” di Naked Panda è il primo episodio della webserie antologica “The Shifters, la Terza Missione”. La webserie fa parte di un progetto portato avanti insieme all’Università degli Studi di Cagliari ed il Crea UniCa in risposta al tentativo di fare terza missione in modo innovativo. Ogni episodio infatti è nato partendo dalle ricerche universitarie condotte in Ateneo e trasformate in una sceneggiatura. “Di Notte c’erano le stelle” è ambientato in un futuro lontano, in cui la Terra è profondamente inquinata ed il cielo perennemente annebbiato. Il settantenne Bruno e suo nipote Lorenzo conducono una piccola impresa agricola ma l’acqua scarseggia e non piove da mesi. Di fronte agli eventi i due assumono atteggiamenti molto diversi: da un lato la perdita di fiducia e il pessimismo che caratterizza la società attuale rappresentata dal nonno e dall’altro il sogno, la curiosità e la voglia di andare oltre le cose che non sempre sono evidenti, tipica dei ricercatori rappresentati dal nipote Lorenzo. Cast Paolo Meloni (Bruno), Tommaso Boi (Lorenzo), Antonio Luvinetti (Luigi), Speaker radiofonico: Lorenzo Melini.
"L'uomo del mercato" di Paola Cireddu - Mario raccoglie le cassette di frutta e verdura. Le trasporta sulla schiena, a decine per volta, ben legate tra loro con una corda. Percorre chilometri a piedi per cercarle e rivenderle poi per pochi centesimi. Nella “Via Crucis” del suo lavoro quotidiano faticoso e alienante sogna di ricevere un aiuto da qualche benefattore. Tra gli atti intimidatori del vicino e la generosità del piccolo boss del quartiere, troverà forse, il modo di riscattarsi. Cast: Mario Tocco (Mario), Alessio Arrais (Michael), Stefano Portas (Antonio), Ester Casula (Myriam) con la partecipazione straordinaria dell’attore Sergio Piano (Efisio) e il coinvolgimento della comunità del quartiere per le comparse e le figurazioni.
"Marina Marina" di Sergio Scavio - In un solo giorno, dalla mattina alla notte, nasce e cresce il primo difficile amore tra due giovani compagni di classe, tra litigi e serenate. Cast : Roberto Rostas, Princess Ojo, Marino Lacatus.
PREMIÈRE DEL 31 MARZO
"L'ultima Habanera" di Carlo Costantino Licheri - Cagliari, 7 Maggio 1945. Dietro le quinte di una radio, l’annunciatore Ciccio chiede all’attrice Bruna di sposarlo. Lei rifiuta, poiché soffre per amore di un soldato americano di stanza in città. A causa dei loro sentimenti contrapposti, Bruna e Ciccio creano scompiglio durante la diretta radiofonica, quando arriva improvvisamente una notizia: la guerra è finita. Una giornata particolare, che l’anziano Ciccio rivive quando l’amata Bruna gli appare in una visione di fronte al mare. Cast: Enrica Mura, Stefano Cancellu, Diego Pani, Giaime Mannias, Federico Saba, Marco Bisi, Marco Pittau.
"Un piano perfetto" di Roberto Achenza - La storia di due amici squattrinati e senza speranze che, pur di dare una scossa alla loro vita, si improvvisano ladri e tentano una rapina in un bar. Niente accade come dovrebbe se non la comicità che salta fuori qua e là e fa del film una commedia veloce e ritmata che gioca con gli stilemi dell'heist movie. Cast: Andrea Carboni, Stefano Deffenu, Denise Gueye, Paolo Salaris e Monica Anelli. Sceneggiatura: Emiliano Achenza
"Visioni Sarde" è un progetto della Cineteca di Bologna, Fondazione Sardegna Film Commission e Associazione "Visioni da Ichnussa"
di Bruno Mossa
Il 2014 doveva essere l’anno che avrebbe segnato la morte della pellicola, quello in cui i film sarebbero stati girati e distribuiti solo in digitale. Le sale cinematografiche avrebbero dovuto modificare i loro dispositivi tecnologici, anche le più piccole dei più piccoli paesi. Si sarebbe detto basta al triacetato di cellulosa, alle cineprese, ai proiettori a pellicola. E così è stato, in parte. Una dopo l’altra, le case di produzione e post produzione su supporto fisico hanno chiuso per lasciare spazio a telecamere in alta definizione, programmi, tecnologie e strumenti digitali. Già ad aprile del 2013, l’azienda giapponese Fujifilm aveva annunciato lo stop alla produzione di pellicole cinematografiche e, dopo i continui bilanci in rosso e il crollo delle vendite (96 per cento in meno dal 2006) anche la storica azienda Kodak Film di Rochester, a New York, sembrava destinata alla stessa scelta. Invece, nei giorni scorsi, sei tra le maggiori case di produzione cinematografica americane si sono unite per farla sopravvivere. Twentieth Century Fox, Paramount Pictures, Sony Pictures, Universal Pictures, Walt Disney Pictures e Warner Bros hanno firmato un accordo che prevede acquisti anticipati di pellicola Kodak così da mantenere ancora operativi (ma non si sa per quanto tempo) gli impianti di produzione della società. Un incentivo con scadenza, certo, ma se si venderanno più pellicole, è possibile che su quelle pellicole si girerà di più. Non si tratta però solo di un intervento di solidarietà. Dietro c’è anche la predilezione per un certo tipo di fare cinema che resiste al più avanguardistico filtro. Per la gioia dei nostalgici e di chi ama l’immagine autentica del 35 mm. Basti pensare che il regista J.J. Abrams ha girato il settimo episodio di Star Wars su celluloide, che Christopher Nolan l’ha usata per Interstellar e che Boyhood, Grand Hotel Budapest e The Imitation Game siano stati girati su pellicola. Quentin Tarantino aveva già fatto notare che il formato digitale avrebbe rappresentato “la morte del cinema come lo conosco io” e lo aveva fatto qualche mese fa.'
L’accordo, infatti, era nell’aria da luglio 2014, sostenuto proprio da una schiera di famosi registi di Hollywood tra cui Martin Scorsese che, in una lettera aperta pubblicata da la Stampa, aveva ricordato come la “pellicola, ancora oggi, offra una tavolozza visuale più ricca di quella dell’Hd, la migliore maniera per conservare i film, l’unica a prova di tempo”. E non è un caso che il premio Oscar Paolo Sorrentino abbia scelto proprio la pellicola in celluloide per girare La Grande Bellezza.
E chi pensa che l’analogico sia ormai una tendenza del passato, per i nostalgici delle immagini anche un po’ sgranate, della realtà immortalata non solo con i suoi difetti ma anche con quelli della macchina utilizzata, forse si sbaglia. Il presidente della Kodak Andrew Evenski ha infatti detto che è proprio quando si raggiunge “il punto in cui ti dicono che non c’è scelta, allora la questione diventa un problema creativo che deve essere portato all’attenzione della gente”. E così è stato.
C’era una volta in Italia, infatti, la Film Ferrania, nata nel 1923 e produttrice di pellicole per i grandi del cinema nostrani. Con migliaia di dipendenti, era un forte competitor di Fuji e Kodak fino alla chiusura nel 2006. Oggi c’è di nuovo ed è rinata grazie al web e a una campagna di crowdfunding su Kickstarter, la piattaforma che permette di farsi finanziare progetti da utenti da tutto il mondo, che le ha veicolato 300 mila dollari. L’obiettivo dei due promotori, Nicola Baldini e Marco Pagni, è duplice: salvare le apparecchiature storiche dalle fabbriche del savonese ormai in disuso e crearne una tutta nuova, in cui produrre, secondo quanto dichiarato nel progetto di Kickstarter, grandi quantità di pellicole “per altri 100 anni”. Per tutti e a costi sostenibili.
di Virginia Della Sala da il Fatto Quotidiano del 6 febbraio 2015
Alcuni registi, tra cui J.J. Abrams e Refn, si sono schierati in prima linea per convincere i capi degli studios Warner Bros, Paramount, Universal e Disney, a trovare una soluzione per salvare un patrimonio artistico unico. Il loro impegno ha portato alla firma di un accordo fondamentale che getta le basi per contrastare una graduale estinzione della pellicola. Lettera aperta di Martin Scorsese: "La pellicola, ancora oggi, offre una tavolozza visuale più ricca di quella dell'Hd". “Con ogni mezzo necessario dobbiamo vedere i film su pellicola, perché è così che Dio ha creato il cinema”. È la riflessione di Nicolas Winding Refn, regista di Drive e Solo Dio Perdona, per sostenere l’American Genre Film Archive, una campagna di raccolta fondi per salvare e restaurare le pellicole da 35 mm. Nel lontano 1885 George Eastman inventava la pellicola in celluloide come supporto per gli alogenuri di argento fotosensibili, che, nel XX secolo, i fratelli Lumiere hanno trasformato nella pellicola cinematografica come noi la conosciamo. Il loro Cinematografo, utilizzando tale pellicola come il Kinetscope di Thomas Edison, oltre a registrare le immagini, era in grado di proiettarle su qualsiasi superficie. Nasceva così il cinema, l’arte di raccontare storie di ogni genere su un grande schermo bianco, per condurre la gente in un mondo illusorio in cui prendevano vita desideri e sogni, scatenando ogni tipo di emozione. Dal bianco e nero al colore, i film su pellicola hanno conquistato non solo il cuore del pubblico, ma anche un vero e proprio mercato, che si alimenta dagli anni ’30 ad oggi. L’arrivo del digitale ha cambiato però le carte in tavola e le vendite del 35 mm sono precipitate del 96% negli ultimi dieci anni, portando ad una crisi del settore e alla minaccia di chiusura per lo storico stabilimento di produzione cinematografica di Rochester, a New York, della Kodak Film. Questa è rimasta l’ultima azienda a produrre questo tipo di pellicola, dopo l’uscita dal mercato della Fujifilm lo scorso anno. La paura di molti è la completa estinzione di questo prodotto che, seppur di fragile conservazione, ci permette di respirare e vivere il cinema delle origini.
Come può un cinefilo rinunciare a quella grana unica e al filtro suggestivo del film in 35 mm, che ricrea l’esperienza romantica dal sapore retrò del cinema puro e autentico, che non si nasconde dietro agli effetti artefatti nati dalla creatività di un computer? Immaginate Le Voyage dans la Lune del 1902 di George Melies, o il celebre Un Chien Andalou di Louis Buñuel in versione digitale. Senza il fascino dei colori intensi e animati, accompagnati dal rumore del proiettore che avvolge lo spettatore in una magica atmosfera. Come il piccolo Salvatore di Nuovo Cinema Paradiso, la maggior parte dei grandi registi contemporanei sono innamorati della pellicola 35 mm, e continuano ad utilizzarla anche nei loro film più moderni. “Credo che il formato digitale rappresenti la morte del cinema come lo conosco io” ha dichiarato Quentin Tarantino che non ha mai abbandonato uno stile di cinema vintage e granulare, che ha reso molti suoi lavori dei veri cult. Come lui, Christopher Nolan sta utilizzando il 35 mm per il nuovo Interstellar, e J.J. Abrams ha deciso di girare in 35 mm gran parte del prossimo Star Wars: Episodio VII, uno dei film più attesi dei prossimi anni. Inoltre Colin Trevorrow sta realizzando Jurassic World, l’atteso reboot di Jurassic Park, alternando pellicole da 35 e 65 mm. Anche Martin Scorsese in una lettera aperta pubblicata da la Stampa ricorda come la “pellicola, ancora oggi, offre una tavolozza visuale più ricca di quella dell’Hd. E dobbiamo ricordarci che la pellicola resta ancora la migliore maniera per conservare i film, l’unica a prova di tempo”.
Questi registi si sono schierati in prima linea per convincere i capi degli studios Warner Bros, Paramount, Universal e Disney, a trovare una soluzione per salvare un patrimonio artistico unico. Il loro impegno ha portato alla firma di un accordo fondamentale tra la Kodak e Hollywood, che getta le basi per contrastare una graduale estinzione della pellicola. “Dopo lunghe discussioni con i registi, studi importanti e altri che riconoscono le particolari qualità artistiche e d’archivio della pellicola, abbiamo intenzione di continuare la produzione. Kodak ringrazia questi leader del settore per il loro sostegno e per l’ingegno di trovare un modo per prolungare la vita del 35mm” ha dichiarato l’amministratore delegato di Kodak, Jeff Clarke. Gli studios garantiranno alla Kodak ingenti ordini a lungo termine per l’acquisto di grandi quantità di pellicola per la produzione di film. Un passo è stato fatto, e ora non ci resta che dire: “Lunga vita alla pellicola”.
© di Letizia Rogolino per ilfattoquotidiano.it
(tutte e 3 le immagini sono del film Le Voyage dans la Lune del 1902 di George Melies)
Era ricoverato all'ospedale di San Giovanni a Roma. Si è gettato dal 5° piano. Era stanco di vivere, avrebbe detto un sanitario: Monicelli era in cura per un tumore alla prostata. Anche il padre si era ucciso nel 1946. Nato a Viareggio il 16 maggio 1915, L'esordio alla regia è del 1932 con il cortometraggio, firmato insieme ad Alberto Mondadori, Cuore rivelatore. Regista di 66 film e autore di più di 80 sceneggiature, Tra i suoi grandi successi, Guardie e ladri (due premi a Cannes nel '51), con Totò; I soliti ignoti (nomination all'Oscar), La Grande guerra (1959), trionfatore a Venezia con il Leone d'oro; L'armata Brancaleone (1965). Fino a Le rose del deserto (2006) e la sua ultima opera, il corto della sua carriera Vicino al Colosseo...c'è Monti, in programma fuori concorso alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia. Il cinema Italiano perde un grande, grandissimo ed indimenticabile regista.
Con lui scompare l'ultimo grande maestro del cinema. Un cinema che ci ha fatto ridere, sorridere amaramente, riflettere, sognare. E ci ha fatto commuovere. Ci ha fatto crescere. Ci ha fatto diventare grandi. Perchè il suo cinema ci ha toccato le corde del cuore e dell'anima.
Fiero della sua renitenza a farsi etichettare in qualsiasi ruolo e come il suo celebre conterraneo, Tinto Brass, pronto a imboccare anche la strada dello scandalo e del cinema erotico per farsi strada aCinecittà e dintorni, Samperi sempre stato un regista «scomodo». Cresciuto nel terreno fertile del ribellismo provinciale degli anni '60 aveva trovato il modo di sfogare la sua voglia di rinnegare valori e riti della famiglia agiato da cui proveniva.
Entrato nel movimento studentesco nel 1968, scelse però il cinema come forma di lotta. Diversamente da molti suoi coetanei adottò però un approccio meno militante. Grazie Zia con Lisa Gastoni fu un autentico fenomeno per come sapeva coniugare umorismo «nero», critica sociale e politica all'istituto della famiglia borghese, scene erotiche per l'epoca del tutto poco inedite.
I successivi Cuore di mamma con Carla Gravina (1969) e Uccidete il vitello grasso (1970) svolgono lo stesso compito che vira in commedia e localismo nei successivi Un'anguilla da 300 milioni e Beati i ricchi con un arguto Paolo Villaggio. Accolto ormai a Roma come «ragazzo prodigio» nonostante i limitati incassi dei film successivi a «Grazie zia», Samperi trova il vero «jackpot» della sua carriera nel 1973 dirigendo Laura Antonelli in Malizia. Non è solo un grande successo ma un autentico fatto di costume che il regista avrebbe cercato di ripetere invano più
volte, compreso uno sciatto Malizia 2000 che segna la fine della carriera per la sua interprete.
Ritiratosi in provincia, disilluso e solitario, Samperi torna sulla scena (questa volta televisiva) negli anni 2000 firmando Madame con Nancy Brilli ma soprattutto con L'onore e il rispetto del 2006 che ottiene un vero plebiscito dal pubblico.
Steve della Casa per "La Stampa"
Salvatore Samperi, il regista scomparso mercoledì, ha esordito nel cinema come aiuto in un film di Ferreri, "Marcia nuziale", in cui Tognazzi si mostrava attratto da alcuni manichini femminei. Chissà, forse era un segno del destino. Sta di fatto che l'eros come trasgressione e al tempo stesso come impotenza dell'uomo è stato la costante della sua vita.
Laura Antonelli in MaliziaIn "Partner" di Bertolucci, uno dei film più sessantottini di sempre, interpreta uno studente scalmanato e un po' saccente. E contemporaneamente propone Lisa Gastoni come simbolo dell'erotismo borghese che non potrà non cedere di fronte alla prorompente presenza del nuovo, del giovane, del rivoluzionario. ‘Grazie zia' diventa un titolo emblematico del '68. La famiglia è in crisi, l'ordine costituito non ce la fa più a essere credibile, le barriere cadono. E l'erotismo è un grimaldello che scardina le consuetudini, che viola le tradizioni.
Sono gli anni in cui ABC, nota fino a quel momento come rivista un po' sporcacciona, si schiera con la sinistra extraparlamentare con tanto di controinchiesta sulla morte di Feltrinelli.
Gli anni in cui su "Playmen" si discute di liberazione sessuale in mezzo a pin up destinate ai camionisti. Un percorso che converge sulle giarrettiere e sulla scala dove sale Laura Antonelli ben consapevole di essere spiata dal giovane Alessandro Momo in "Malizia". Un'immagine mille volte citata, imitata, copiata: più dell'altrettanto famosa guêpière contadina di Silvana Mangano, che 25 anni prima aveva fatto il giro del mondo come immagine dell'erotismo dell'Italia che si stava ricostruendo.
Il giovane spiava la ragazza e attendeva il temporale per poterla fare finalmente sua: Sturm und Drang all'italiana, molto diverso da quello teutonico. Le nuove generazioni che non volevano aspettare di crescere per cambiare il mondo, o almeno se stessi, si riconoscevano in quel successo. Il ragazzo aveva raccolto le forze, elaborato una strategia, desiderato fortemente il proprio obiettivo: e alla fine ce l'aveva fatta. Come direbbe Guccini, «la storia ci racconta come finì la corsa».
Non è finita bene per nessuno: Momo si è schiantato in moto, la Antonelli ha visto sfiorire la bellezza e volatilizzarsi il patrimonio, Samperi non è più riuscito a fare molto. Per non parlare della rivoluzione, che si è rivelata un incubo, e della rivoluzione sessuale, che si è trasformata in pornografia.
Il voyeurismo trasgressivo è scomparso ed è stato ripristinato quello passivo, che si trastulla solitario mentre una tettona qualsiasi si esibisce in una Casa ospitata proprio dalla Cinecittà che Samperi tanto amava. Nei suoi anni migliori, si sarebbe certamente occupato del "Grande Fratello": ma il finale sarebbe stato diverso, certi muri sarebbero caduti.
LA SERIE AMERICANA
Streghe
24
Smalville
CSI: Crim Scene Investigation
Dharma & Greg
Friends
LA SERIE ITALIANA
Sweet India
A casa di Anna
Un medico in famiglia
Omicidi
Noi
LA SERIE AMERICANA
Il panorama delle serie americane è molto differente da quello italiano. Ci sono dei generi che riscuotono molto successo presso il pubblico, come IL POLIZIESCO. In modo più ampio si può parlare di genere GIALLO e dei suoi sotto filoni, sviluppatisi in modo molto moderno e contemporaneo. Tra gli altri generi un posto d'onore lo riveste la FANTASCIENZA. Storie di mondi paralleli, altre dimensioni, lotta del bene contro il male. Genere d'AVVENTURA, caratterizzato da intrepide esploratrici, bellissime e sexy, alla ricerca di nuovi tesori da scoprire. Il filone GHOST con storie di streghe, angeli, demoni. In America troviamo le serie che affrontano in modo brillante il genere COMEDY, spesso si tratta di COMMEDIA ROMANTICA. L'America ha sempre dato un posto primario alla realizzazione di Fiction per la Tv, specchio della società. Credo che la cosa migliore per comprendere le differenze tra la serie che viene girata in America e quella nostrana sia presentare qualche esempio. La scelta cade su quelle più recenti.
- Streghe
In Italia il primo episodio di "Streghe" è andato in onda il 22 dicembre 1999 su RaiDue conquistando il 14,98% di share, e da allora è stato programmato ogni mercoledì alle 21.00 e viene visto da una media di 4.000.000 di spettatori, con punte di 5.000.000 di appassionati telespettatori. "Streghe" è una delle serie TV americane di maggiore successo in Italia. Secondo un'indagine del marketing Rai, il pubblico italiano medio di "Streghe" è composto da madri cinquantenni con figlie adolescenti, e da uomini sopra i 35 anni e ultra cinquantenni; con residenza nel Nord Italia, studenti e laureati.PLOT: Streghe (Charmed nel titolo originale) racconta la storia di tre sorelle che un giorno, leggendo per caso un incantesimo scritto su un vecchio libro di magia, scoprono di essere streghe buone, unite dal compito di salvare gli innocenti in difficoltà. Per adempiere al proprio destino ricevono dei poteri magici: Prue può spostare gli oggetti, Piper ferma il tempo e Phoebe ha delle premonizioni. Le numerose e pericolose avventure che le vedono protagoniste rafforzano il loro legame affettivo e fanno del Potere del trio, in crescita giorno dopo giorno, una potente arma per la lotta contro le forze del male. Ma un destino triste e inaccettabile è pronto a colpire inspiegabilmente alle spalle e a stravolgere e mettere in crisi le loro più intime sicurezze.
Serie che racchiude in sé diversi sottogeneri: esoterismo, magia e soft horror. Racconta anche le vicende umane di tre donne che quotidianamente sono chiamate a lottare con le unghie e coi denti nel tentativo di ritagliarsi uno spazio in un mondo tendenzialmente malvagio, dove l'unico rifugio allo sconforto è la solidarietà e l'amore.
- 24
La serie televisiva americana "24" è prodotta dalla FOX. Andata in onda, per la prima volta in Italia, su Tele+ Bianco nel settembre 2002. E' una serie televisiva innovativa: tutto si svolge in un sol giorno. Ognuno dei 24 episodi copre un'ora ed è raccontato in tempo reale. In Italia "24 - prima serie" è stata appena trasmessa da Rete4 mentre la seconda serie da FOX canale satellitare di SKY.
La serie televisiva è stata creata da Joel Surnow e Robert Cochran. Uno dei produttori esecutivi dello show è Ron Howard, famoso regista di film quali "A Beautiful Mind" e "Apollo 13", ma anche uno dei protagonisti della serie televisiva "Happy Days", cult degli anni '80. "24" ha avuto, negli Stati Uniti, un successo strepitoso vincendo, tra le altre cose, il "Golden Satellite Award" come miglior serie televisiva drammatica. Kiefer Sutherland, il protagonista, è stato premiato invece con un altro "Golden Globe" come migliore attore drammatico.
- Smalville
L'Ufficio Stampa di Mediaset ci ha confermato che i nuovi episodi della terza serie di Smallville saranno trasmessi a partire da inizio ottobre prossimo. La data prescelta dovrebbe essere mercoledì 5 ottobre 2004 alle 21:00 su Italia 1. Non è esclusa la trasmissione delle repliche prima della suddetta data.PLOT: "Smallville" racconta la storia del giovane Clark Kent durante gli anni della sua adolescenza, qualche tempo prima di divenire il mitico "Superman". Smallville è la piccola cittadina dalla quale egli proviene, dove tutto è cominciato e dove strani eventi accadono da quando Clark è arrivato sulla Terra.La serie è basata sui fumetti della DC Comics.
Sviluppata per la televisione da ALFRED GOUGH & MILES MILLAR.
- CSI: Crim Scene Investigation
La serie, nominata per quattro Emmy awards, è stata lanciata a ottobre 2000 e ha riscosso immediatamente un enorme successo. È stata nominata “Migliore Serie dell'Anno” nel 2001 da TV Guide. CSI viene trasmessa, negli Stati Uniti, da CBS tutti i giovedì sera registrando una media di 20 milioni di spettatori ogni settimana. Viene trasmessa anche su canali televisivi europei, asiatici, australiani e sudamericani. Attualmente è lo show “numero uno” di CBS e il pubblico di ogni puntata è composto principalmente da categorie demografiche importanti, quali le fasce d'età 18-34, 18-49 e 25-54. PLOT: la vita lavorativa di un gruppo di abili investigatori di Las Vegas è al centro della serie. Sono loro che risolvono i casi più difficili, grazie allo studio meticoloso e all'analisi approfondita della prova indiziaria.
Lo spettacolo è molto realistico e ritrae perfettamente le tattiche scientifiche utilizzate per catturare i criminali coinvolgendo un pubblico numeroso di fan che amano la suspense, il mistero e la reality TV.
CSI: CRIME SCENE INVESTIGATION è prodotto da Alliance Atlantis Communications e CBS Productions, in associazione con Jerry Bruckheimer Films.
- Dharma & Greg
Si producono ancora le commedie molto in voga qualche decennio fa in cui nonostante le difficoltà alla fine l'amore trionfa su tutto? Per il piacere dei romantici, appassionati di questo tipo di commedia, Italia 1 trasmette tutti i sabati alle 13 circa “Dharma & Greg”, una pluripremiata serie americana.
I due protagonisti s'incrociano per la prima volta nella metropolitana di San Francisco da bambini, vorrebbero conoscersi meglio ma le loro famiglie li allontanano. Poi si rincontrano in metropolitana da adulti, ma anche questa volta si lasciano sfuggire l'occasione di conoscersi meglio. Dharma (Jenna Elfman), però, non sì da per vinta, ha capito guardandolo negli occhi che Greg (Thomas Gibson) è la sua anima gemella, mentre Greg viene rapito all'istante dall'energia vitale di Dharma. Anche il destino gioca la sua parte e corre in aiuto della ragazza che cerca di rintracciare Greg. Dharma apre il giornale e vede una foto di Greg accanto al procuratore generale dello stato. In pochi minuti è nel suo ufficio, e poco dopo inizia la loro relazione. Dharma e Greg non hanno niente in comune. Lui lavora al dipartimento di stato americano come assistente al procuratore generale e ha studiato ad Harvard, lei è uno spirito libero, lavora come insegnante di yoga e dog trainer e ha studiato a Berkley. Greg viene da una famiglia profondamente Wasp, dove la forma e le apparenze contano più di tutto, mentre i genitori di Dharma sono due hippy che credono nell'amore libero e non rispettano le convenzioni sociali. Ma quando Dharma e Greg s'incontrano è amore a prima vista. Al loro primo appuntamento si sposano in gran segreto a Reno (Nevada). Da quel momento inizia la loro vita assieme, Greg va ad abitare nella strampalata casa di Dharma, ricavata da un ex fabbrica, dove abitano due cani: Puzza e Puzzetta. Dharma e Greg sono due opposti che si attraggono, e che nonostante le previsioni negative dei loro parenti e i loro tentativi di ostacolare la loro unione, vanno d'amore e d'accordo. Subito dopo il loro matrimonio, Dharma e Greg non possono fare a meno di affrontare le loro rispettive famiglie. Abby (Mimi Kennedy) e Larry Finklestein (Alan Rachins), i genitori di Dharma, fanno di tutto per evitare che la loro figlia venga coinvolta nell'ambiente borghese frequentato dalla famiglia di Greg. Abby si veste ancora come faceva negli anni sessanta, non mangia carne, ne indossa prodotti derivati da animali. Larry si sente perseguitato dai poliziotti, e anche lui indossa ancora gli abiti che portava negli anni '60. Kitty ed Edward Montgomery, i genitori di Greg, cercano di convincere la coppia a fare una vita normale, chiedono tra l'altro a Dharma di non fare una delle sue stranezze come quella di ballare nuda sui tetti. Kitty, non ha mai lavorato nella sua vita e vive in una lussuosa dimora con suo marito Edward. Fa una vita da vera signora, tanto che ha una cameriera personale, Celia, che le versa il te nella tazza. Edward, è molto meno sofisticato di sua moglie, e quando Kitty è lontano da casa è persino capace di mandare in vacanza i domestici e girare nudo per casa. Dharma e Greg però possono contare sicuramente sull'appoggio dei loro migliori amici, Jane (Shae D'Lyn) e Peter (Joel Murray). Jane, è un personaggio molto bizzarro, vive nello stesso edificio di Dharma, ogni giorno si cambia colore di capelli e si veste e si atteggia in modo molto mascolino. Pete è un collega di Greg, con poca passione per la legge, e una buon'attitudine verso i lavori manuali.
- Friends
Uno dei telefilm di maggior successo negli Stati Uniti e in tutto il mondo, ora anche in Italia, dove la Rai sta finalmente mandando in onda gli episodi della quinta stagione, dopo avere già trasmesso quelli delle prime quattro. Il telefilm Friends è stato apprezzato dalla critica mondiale ma soprattutto dal pubblico giovanile, per l'ironia e per la discussione su un piano allegro dei problemi e delle preoccupazioni di un gruppo di amici che vivono a New York, quali il lavoro, i rapporti sentimentali, l'omosessualità. Infatti per un gruppo di persone che vivono in una grande città senza le loro famiglie l'amicizia è una cosa fondamentale, non a caso il telefilm si chiama Friends, cioè "amici". Trentenni.
Personaggi:
A fare da perno del gruppo troviamo Monica Geller (Courteney Cox), la sorella di Ross. All'inizo lavorava come cuoca al ristorante Iridium, all'incrocio tra Broadway e la 65°. E' l'affittuaria dell'appartamento in cui si svolge la maggior parte del telefilm. Il bello di Monica è il fatto che non si consideri come la madre ma si comporti esattamente nello stesso modo, fanatica della pulizia e dell'ordine domestico, non perde occasione per riprendere gli amici per aver lasciato un foglietto fuori posto o un paio di scarpe nel salotto. Secondogenita dei Geller, è stata sempre oggetto di minore attenzione da parte dei genitori, cosa che le ha sempre suscitato un'ostilità nei loro confronti. Monica è uscita con molti uomini, la maggior parte delle volte senza successo, molte volte perché i suoi fidanzati spesso non sono graditi ai suoi amici. Per alcuni è troppo vecchia e per altri è troppo giovane, come ad esempio per Richard Burke, che è molto più vecchio di lei. E' uscita anche con il miliardario Pete Becker, esperto programmatore di computer, che gli ha regalato un ristorante. Alla fine ha ottenuto il posto di capo chef presso un'altro ristorante. Nell'ultima puntata della quarta serie è finita a letto con Chandler.
Il fratello di Monica, Ross Geller (David Schwimmer) è un paleontologo e lavora presso un museo. Sua moglie ha voluto il divorzio per potersi risposare con un'altra donna, infatti Ross non si era accorto che era lesbica. Prima di separarsi era rimasta incinta e ha avuto un figlio da Ross, Ben, ma ha deciso di allevarlo con la sua nuova partner, Susan Bunch. La caratteristica principale di Ross è il modo di parlare chiaro e molto lento, scandendo tutte le parole. Aveva una scimmia di nome Marcel, che ha dovuto donare a un museo a San Diego. Ross è innamorato di Rachel fino dai tempi delle scuole, ma alla fine della prima stagione ha deciso di non pensare più a lei e ha portato a casa dalla Cina una nuova fidanzata, Julie. Quando ha realizzato che anche Rachel era interessata a lui ha deciso di mettersi con lei, pur con molte difficoltà. La gelosia di Ross nei confronti di Rachel ha causato la rottura della storia d'amore più interessante del telefilm, infatti Rachel lo lascia nel giorno del loro anniversario e Ross la tradisce subito con un'altra donna, Chloe. Poco dopo, alla fine della terza stagione, Ross e Rachel si rimettono insieme ma anche stavolta la cosa dura ben poco, infatti Rachel non riesce a dimenticare il tradimento di Ross. Nella quarta stagione Ross incontra Emily Waltham e dopo un lungo corteggiamento decide di sposarla. AL matrimonio però invece di pronunciare il nome di Emily pronuncia quello di Rachel..
Un altro protagonista è Chandler Bing (Matthew Perry), che all'inizio del telefilm lavorava come contabile in una grande azienda. A metà della prima stagione ha però ricevuto una promozione, che ha portato benefici e svantaggi, infatti ha ottenuto un grande ufficio e una segretaria personale ma i rapporti con i colleghi non sono più gli stessi di prima. Alcuni colleghi hanno pensato che fosse gay, come tutti gli amici. Chandler è quello più impacciato nei rapporti con le donne, infatti non riesce mai a iniziare delle storie serie ma nemmeno a finirle, come è dimostrato dalla figura di Janice, che continua a frequentare regolarmente nel corso di tutto il telefilm. Alla fine è andato a letto con Monica, e tutti i fans non vedono l'ora di sapere come andrà a finire. La madre di Chandler è una famosa scrittrice di romanzi rosa ma il figlio non è molto entusiasta del suo comportamento senza inibizioni. Chander vive con Joey nell'appartamento a fianco di quello di Monica e Rachel. Sappiamo solo che i suoi genitori sono divorziati e conosce Ross fin dai tempi della relazione di quest'ultimo con Carol.
Il coinquilino di Chandler è Joey Tribbiani (Matt LeBlanc). E' un aspirante attore che non ha ancora avuto grandi occasioni, l'unica è stata il ruolo di Drake Remoree in "Giorni della Nostra Vita", finito tragicamente per l'atteggiamento di Joey. Ha posato in una campagna contro le malattie veneree e ha recitato come sedere di Al Pacino. Recentemente ha vuto una parte in un film con Charles Heston. E' sicuramente il più esperto in fatto di donne, infatti non ha una ragazza fissa e continua a uscire con chi capita. Sappiamo che il padre di Joey tradiva la moglie con un'altra donna ma questo particolare non dava alcun fastidio alla donna. Sappiamo anche che ha molte sorelle, tutte uguali, tanto che una volta Chandler era andato a letto con una di loro ma non si ricordava chi era..
Rachel Karen Green (Jennifer Aniston) è l'esponente di una ricca famiglia che non ha mai dovuto lavorare ed è sempre stata mantenuta dai soldi del padre. Nell prima puntata irrompe al Central Perk dopo avere appena lasciato Barry, il suo futuro marito, all'altare. Avendo deciso di vivere la sua vita in modo indipendente si trasferisce da Monica e diventa la sua coinquilina. Rachel conosceva Monica dai tempi della scuola, essendo sempre stata la sua migliore amica. Non avendo mai lavorato, ha avuto un po' di difficoltà nel trovare un impiego, ma poi è diventata cameriera al Central Perk e nella terza stagione segretaria da Bloomingdale, un negozio di moda. La vita sentimentale di Rachel è molto intensa, ha avuto relazioni con molti uomini, la più intensa con Pablo, uno spagnolo (nella versione americana Pablo è Paolo, un italiano, ma noi per ovvie ragioni la abbiamo trasformato) che non sa una parola di inglese. Ha avuto poi anche una relazione con Joshua, un altro uomo che lavora da Bloomingdale. Una delle storie d'amore più seguita nei telefilm americani è quella con Ross, di cui ho già parlato nella descrizione di questo personaggio in precedenza. La madre e il padre di Rachel sono divorziati e non possono nemmeno guardarsi in faccia.
Ultimo elemento del gruppo è Phoebe Buffay (Lisa Kudrow), che lavora come massaggiatrice. E' sicuramente la più lunatica del gruppo ma anche la più sentimentale, essendo amante degli animali ma anche di tutti gli altri esseri viventi. Di solito non perde mai l'occasione per stare zitta e spesso mette in imbarazzo gli amici. La famiglia di Phoebe è stata sempre coperta di mistero, infatti all'inizio si pensava che la madre fosse morta suicida e il padre fosse una specie di "dottore degli alberi". Poi si scopre che la madre non è affatto morta e il padre era fuggito di casa quando era ancora piccola. La più spirituale del gruppo, Phoebe pensa che gli spiriti dei defunti e delle persone care siano attorno a lei. E' stata anche posseduta da uno spirito di una vecchia signora. Ora vive con sua nonna e ha una sorella gemella, Ursula, con cui non va d'accordo e un fratellastro, Frank, che ha sposata l'insegnante di economia domestica di molti anni più vecchia di lui.
LA SERIE ITALIANA
- Sweet India
Sit-com 15x20'
Regia: R. Donna
Produttore: Solaris
Produttore Rai: M. Paolini
Prossimamente in onda su Rai Due
“Sweet India” è la prima sit-com che la Rai dedica ad una cultura diversa da quella italiana. Protagonista della serie una famiglia indiana che vive in Italia. Sweet India racconta le bizzarre avventure di una famiglia mezza indiana e mezza italiana, alle prese con la vita di tutti i giorni e con un ristorante da mandare avanti. Gestire tre figli non è cosa facile, figuriamoci cosa può succedere se il padre è indiano e la mamma è italiana. Dall'incontro scontro di due culture diverse, di puntata in puntata i Ragalan si troveranno infatti ad affrontare i loro sogni, desideri e bisogni in un susseguirsi di esilaranti accadimenti. Colorata, divertente e di grande attualità, con grazia e partecipazione, Sweet India racconterà anche il percorso di integrazione di mondi e culture diverse, con lo scopo di mostrare come solo conoscendosi si possano superare ed apprezzare le differenze. La famiglia Ragalan è formata da un padre indiano (di madre inglese), da una madre italiana di religione in parte cattolica in parte induista, un nonno indiano che rappresenta la saggezza senza nazionalità e tre figli dai 14 ai 20 anni. Il titolo della sit-com Sweet India è il nome del ristorante indiano dove la storia è ambientata. E' un luogo allegro e coinvolgente, arredato in modo tipicamente indiano. Annessa al ristorante c'è la casa della famiglia. Personaggi:
George Ragalan (Francesco Foti), nato a Delhi, diplomato, impiegato di concetto all'Ambasciata Italiana a Delhi, ora gestisce e fa il cuoco al Sweet India.
Sposato con Claudia Bianchetti (Edy Angelillo), nata a Roma e trasferitasi in India dopo il liceo. Cresciuta senza particolari problemi, legata alla sua amica del cuore Gabriella, fu per non perderla che decise di seguirla in India, in un viaggio che Gabriella, alla fine degli anni '70, definiva “fondamentale”.
Amal Ragalan (Shel Shapiro), nato a Bangalore, diplomato, ex impiegato di concetto alla Indian Import Export; vecchio saggio. Amal è un vero spasso. Bizzarro ed eccentrico, è indiano nel midollo e nel look. Da vecchio saggio, si finge un po' sordo per non essere sempre coinvolto nelle varie beghe di famiglia. Ascolta cassette con assoli di sitar e gira per il ristorante ripetendo dei mantra.
Yamir Ragalan (Alessandro Parrello), nato a Delhi, 20 anni, diplomato; si occupa (malvolentieri) dei fornitori del Sweet India. Dell'India Yamir non ne parla quasi mai, anzi, sembra non esserci neanche nato. E' una questione per lui finita, dimenticata. Vuole una nuova vita: quella occidentale.
Radha Ragalan (Roberta Mattei), nata a Delhi, 18 anni, ultimo anno liceo linguistico. Radha è una ragazza gradevole e dalla simpatia travolgente. E' elettrizzata dall'idea di essere a Roma. Ad accentuare la sua gioia c'è anche la presenza di Marco, suo compagno di classe. All'insaputa della famiglia, Radha si è praticamente fidanzata con lui, innamorata dei suoi occhi chiari e della sua aria per bene. “Riuscirò a sposare un italiano?” è uno dei dilemmi che ha accompagnato l'arrivo di Radha in Italia.
In uno stabilimento della Solaris Cinematografica, nella zona Capannelle a Roma, sono in corso le riprese dell'effervescente sit-com Sweet India. La fiction, completamente girata in interni, è ambientata in ristorante indiano - lo “Sweet India”, appunto - gestito dalla frizzante e multietnica famiglia Ragalan, e nella casa della famiglia, annessa al ristorante.
- A casa di Anna
Miniserie 2x100'
Regia: E. Oldoini
Produttore: Rai Fiction
con V. Lisi, G. Desideri, A. Infanti
Produttore Rai: A. Giolitti
Prossimamente in onda su Rai Uno
Anna (Virna Lisi) è la bellissima nonna di una intelligente e simpatica adolescente, Alessia (Veronica Niccolai), nonché la madre di Giulia (Stefania Graziosi), Livia (Giada Desideri) e Marco (Marco Bonini). Mentre i rapporti con i figli, sia pure più che adulti, restano spesso conflittuali, la relazione tra nonna e nipote è a dir poco idilliaca, con una grande complicità. La vita di Anna corre su binari sicuri, forse un po' monotoni, ma tranquilli. L'arrivo della notizia che lo zio Quinto ha lasciato ad Anna in eredità un vecchio, e un tempo amatissimo, casale, sembra rimettere tutto in discussione. Anna e Alessia vanno insieme a vedere in che condizioni si trova la casa di campagna appena ereditata e si imbattono in un affascinante e scanzonato vivaista: Guido (Angelo Infanti), un tempo fidanzato di Anna. Guido non si è mai sposato, e tra l'ironico e il romantico fa capire ad Alessia che Anna gli ha preferito il più borghese marito e che lui non si è mai consolato. Se per Anna, sia pure all'inizio estremamente reticente, si apre la imprevedibile prospettiva di un nuovo amore, per Alessia sembra scoppiare il primo colpo di fulmine della sua vita. E ancora una volta nonna e nipote si trovano a provare sentimenti analoghi e segreti. I figli da parte loro non cessano di agitarsi: Giulia litiga col marito fino alla separazione, Marco si è cacciato in un brutto pasticcio finanziario e preme perché la madre venda il casale, Livia ha pensato bene di innamorarsi del più improbabile dei giovanotti. In un alternarsi di commedia e sentimenti, la storia giunge a una felice conclusione, piena di speranze e buonumore.
- Un medico in famiglia
Serie 13x100' (26 episodi perché in ogni puntata vanno in onda due episodi)
Regia: C. Norza, I. Leoni
Produttore: Publispei
con L. Banfi, L. Savino
Produttore Rai: C. Aloisi, A. Andaloro
Prossimamente su Rai uno
Nonno Libero e la famiglia Martini sono tornati sul set per i nuovi attesissimi episodi di "Un medico in famiglia", la fortunata serie di Rai Fiction prodotta dalla Publispei giunta alla sua quarta edizione. Le riprese, che sono iniziate l'8 Marzo e proseguiranno sino alla fine di settembre, si svolgono principalmente negli studi di Cinecittà a Roma, dove quest'anno è stato allestito anche un nuovo ambiente: la casa di Cettina e Torello, una villetta proprio affianco a quella dei Martini. Confermato il cast principale della scorsa edizione, con in testa Lino Banfi e Lunetta Savino, Pietro Sermonti (che per ora vive a Milano ma presto tornerà), Margot Sikabonyi e tutto il resto della famigliola. Ci sono invece alcuni cambiamenti tra i personaggi della ASL: esce infatti la dottoressa Carlotta (Martina Colombari) ed arrivano la psicologa Eloisa (Barbara Livi) ed un nuovo dottore interpretato da Nicola Farron. Molte saranno però le novità nella storia e tante nuove avventure nella vita di tutti.
La quarta serie di "Un medico in famiglia" è di 26 episodi, abbinati come sempre due alla volta in ogni puntata, che, sommati a quelli delle tre edizioni precedenti, portano a 130 il numero complessivo degli episodi. Ogni serie ha comportato un lavoro di preparazione di circa 8 mesi (tra ideazione delle storie, scrittura e pre-produzione) e circa 7 mesi di riprese. Ci sono innumerevoli "Medico fans club" sparsi su tutto il territorio nazionale, e il sito internet non ha mai smesso di avere tantissimi contatti anche nei lunghi periodi di pausa tra una serie e l'altra. La grande popolarità della serie è dovuta alla semplicità e alla quotidianità delle vicende narrate che suscitano nello spettatore un forte senso di partecipazione e di identificazione. Un mix riuscito d'allegria e di commozione reso possibile da una buona scrittura e da un cast di attori soprattutto credibili nei ruoli a loro affidati.
- Omicidi
Serie 6x100'
Regia: R. Milani
Produttore: Immagine e Cinema
con M. Ghini, L. Ranieri
Produttore Rai: Pellegrini - Pannicelli
Prossimamente su Rai uno
Sei puntate incentrate sull'attività di una Sezione Investigativa. Questa Sezione Omicidi gode di uno statuto speciale, con molta libertà di movimento e poca burocrazia. Al centro di ogni episodio c'è sempre un assassinio. E dunque c'è sempre un'indagine. Ma attorno all'indagine c'è la vita quotidiana di un ristretto gruppo di uomini e donne che affrontano le normalità della vita: figli, solitudini, impazienze, innamoramenti, allegrie. Uomini e donne come tanti altri, solo che questi hanno una pistola in tasca. La Sezione affronta i delitti con l'aiuto tradizionale delle impronte, delle rilevazioni di tracce, delle attività medico-legali, dell'anamnesi anatomopatologa, della ricerca del DNA. Ma punta soprattutto sull'approfondimento delle personalità, dei sentimenti, delle emozioni delle persone via via coinvolte. E in questo senso il filo “sentimentale” che corre tra Lazzaro (Massimo Ghini) e la giovane agente operativa Simona (Luisa Ranieri), percorre le sei parti intrecciando pubblico e privato, silenzi e parole, segreti e agnizioni, fino a un punto finale di messa in gioco complessiva della propria vita. "La Omicidi" è una serie noir che però usa una scrittura leggera e una messa in scena veloce. I veri protagonisti non sono infatti i criminali ma quelli della Sezione, coi loro dubbi, i loro affetti, le loro vittorie e le loro sconfitte. A legare insieme le sei storie di puntata c'è poi la ricerca di un uomo inafferrabile, infelice e disperato, che uccide per mettere in pari la bilancia della propria vita e perseguire un suo folle disegno.
- Noi
(Formato: 4 x 100)
Prende il via mercoledì 19 maggio 2004 la nuova serie TV di Canale 5 in quattro puntate: Noi, con Barbara d'Urso e Enzo Decaro per la regia di Peter Exacoustos.
In onda mercoledì 19 e dal 20 maggio ogni giovedì alle ore 21.00
Noi è una Produzione R.T.I.PLOT: Chiara (Barbara d'Urso) è una madre che non vuole cedere al dolore. Un muro di silenzio si è creato tra lei ed il marito Michele (Enzo Decaro) dopo il tragico incidente che le ha tolto un figlio ed un altro, Luca (Alessandro Sperduti), forse rimarrà cieco.
di Elisabetta Manfucci
LA BIBLIOGRAFIA IN RETE
1. http://www.serietv.net E' il sito italiano di riferimento per chi ama la serie Televisiva italiana e americana
2. http://xoomer.virgilio.it/telesimo/dharmaegreg.htm serie tv americana
3. http://www.serialtv.it serie tv americana
4. http://www.raifiction.rai.it/raifictionhome fiction italiana in onda sulla Rai
5. http://digilander.libero.it/tveffe è il più completo sito italiano dedicato alle serie televisive americane trasmesse in Italia
6. http://www.antoniogenna.net/streghe/ In questo Sito si trovano le trascrizioni di molti episodi e dialoghi della serie: Streghe
7. http://www.parallel-universe.net/24/ sito dedicato alla serie americana "24"
8. http://digilander.libero.it/tveffe/sm-st1.htm serie americana "Smalville"
Il fenomeno dei reality show sembra dilagare e contaminare tutti gli altri generi. Non esiste programma televisivo che non mostri facce della realtà: quella della quotidianità, dell'uomo medio o della “casalinga di Voghera”. Il perché è più forte del come e non interessa se questa realtà sia costruita in laboratorio.
I reality show di ieri, come “Specchio segreto” con la regia di Nanny Loi del 1964, avevano l'intento pedagogico di studiare i fenomeni sociali nell'Italia del miracolo economico. Nei reality di oggi: la verità del programma ha la meglio sulla verità sostanziale. Grazie alla sua particolare narrazione il reality show tende a costruire tre tipi di spettatori: quello con una forte identità tipico dei quiz, dove il ruolo è imposto dal gioco e dal suo sapere; lo spettatore finestra del mondo, come quello rappresentato da Rai3 durante la direzione di Angelo Guglielmi; ed infine, lo spettatore autoreferenziale, voluto e costruito dalla Tv, che domina i recenti reality show.
La graduale presa di possesso della gente comune dentro gli ambienti televisivi ha cambiato il modo di costruire lo spazio scenico e non nell'emittente. Ad esempio, nel passato gli spettatori in studio erano folle anonime, adesso hanno uno spazio essenziale. I reality show rendono pubblico il privato essenzialmente in tre modi. Innanzitutto, attraverso la violazione dei tabù; i «bip» che avrebbero l'intento di occultare alcuni comportamenti (parolacce, scatti d'ira, ecc.) sono a loro volta dei segni di diretta, che attestano la realtà. In secondo luogo, i vuoti. Non tutta quanta la quotidianità è interessante e se ci si sofferma a guardare il Grande Fratello attraverso il satellite ci si rende conto di ciò. In terzo luogo, la contemporaneità che rinvia alla interattività e ad i nuovi media.
Nel 2000 l 'Italia intera si fermò per guardare qualcosa che la televisione non aveva mai mostrato: un appartamento abitato da dieci comuni mortali, dieci persone che come in un acquario si sarebbero mostrati al grande pubblico in tutta la loro normalità. Iniziò così l'era dei reality-show, iniziò con "Il Grande Fratello".
Oggi, dopo quattro anni, il modo di fare televisione è letteralmente cambiato e, ora, anche i vip hanno capito che per rilanciarsi nel mondo dello spettacolo la strada più facile è quella di mettersi a nudo di fronte allo spettatore. E, così, persone come Adriano Pappalardo hanno ritrovato i loro fan e, soprattutto, la visibilità. Ultimamente, però, visto il successo della formula de 'L'Isola dei Famosi', gli autori delle varie reti ci sono andati giù con la mano pesante e, nell'arco di pochi mesi, ecco spuntare: ' La Talpa', 'Music Farm' e ' La Fattoria'. Il piccolo schermo si è trasformato in una specie di ufficio di collocamento per artisti e, forse, il pubblico si è stancato. Infatti, sia i cantanti in restyling nel centro estetico che i contadini alle prese con mucche e galline hanno qualche problema con l'audience.
Fortuna che, ogni tanto, arriva un personaggio che destabilizza gli equilibri ed incuriosisce il pubblico: l'abbandono di Scialpi a 'Music Farm', forse, attirerà qualche spettatore in più, mentre, visto che ormai la storia di Baffo e delle sue imprecazioni si sta esaurendo, gli autori de ' La Fattoria' hanno pensato bene di mandare altre due braccia al servizio dell'auditel, quelle di Floriana Secondi. Quest'ultima rischia di diventare un fenomeno da reality e chissà se realmente riuscirà con la sua irruenza a rialzare le sorti della trasmissione?
La sindrome da 'Grande Fratello' ha colpito anche altri programmi che erano nati sotto un'altra stella. E così, la scuola più famosa d'Italia, quella di 'Amici', oggi punta più sul personaggio che sul talento e strizza l'occhio alla casa di Cinecittà rinchiudendo gli sfidanti dentro alle ormai famose casette ed, ora, che sta giungendo verso la fine, possiamo dire che, probabilmente, di questi ragazzi abbiamo spiato più la vita privata che prove e lezioni. Ma, non finisce qui. Le reti televisive già stanno lavorando alla preparazione di nuovi reality-show, rischiando, così, di intossicare il povero spettatore con una realtà che spesso sfiora la finzione.
A come American Family, B come Big Brother e U come Under one roof. Sono tutti in un weblog dedicato ai maggiori reality show internazionali aggiornato quotidianamente. L'idea è di Andy Dehnart, scrittore, web producer, docente alla Stetson University di DeLand, in Florida, ma specialmente «reality TV addict», ovvero «fanatico di reality show». Dal luglio del 2000 Dehnart raccoglie, seleziona, ordina e pubblica le trame, le ultime notizie e i gossip dei più seguiti format TV real americani utilizzando la Rete per «regalare un posto dove aggiornarsi». The Real World, Road Rules, Making the Band, Survivor, The Mole, Big Brother, Popstar: decine di trasmissioni che hanno fatto la storia dei real TV trovano spazio nelle pagine di www.real i tyblurred.com/realitytv .
Il sito è stato “inaugurato” all'inizio di luglio del 2000, pochi giorni dopo la prima edizione di Survivor e di Big Brother negli Stati Uniti.
L'idea - rivela l'autore - mi è venuta un paio di mesi prima quando, frustrato perché non riuscivo a trovare un luogo dove essere costantemente informato sugli sviluppi delle storie real, ho deciso di crearlo io. Ma quali sono i rapporti tra reality show e Internet? Moltissimi programmi traggono dal Web la loro linfa vitale.
Negli Stati Uniti, per esempio, le selezioni per partecipare al Grande Fratello si svolgono on line e sono nate centinaia di vibranti community nelle quali i fan si incontrano per discutere, scambiarsi opinioni e commentare le avventure del protagonista preferito o di quello meno amato. Il carattere personale della reality TV si adatta perfettamente al Web che, per sua stessa natura, è decentrato e animato da singoli individui.
Parallelamente al fenomeno dei reality show si è assistito all'esplodere delle "sublebrità" ( E' una parola inventata da Andy Dehnart - esperto di real tv - per indicare che grazie ad una webcam ognuno può diventare famoso). Grazie al Web chiunque, con l'aiuto di una webcam, può raggiungere la notorietà. Basta un weblog per essere famoso . Pensate, per esempio, a Salam Pax, il blogger di Bagdad, che ha raccontato la guerra via Internet e che, nel futuro, verrà ricordato come un caso, forse addirittura uno spartiacque della comunicazione on line. La natura democratica del Web significa che, idealmente, chiunque ha eguale accesso a qualunque luogo e può entrare in contatto con chiunque altro. La televisione ha un enorme potere: trasforma un gruppo di sconosciuti in star, per poi dimenticarsene nella stagione successiva. Invece per l'oblio nel Web basta solo cambiare pagina.
L'organizzazione dei palinsesti televisivi è ormai dominata da un sistema integrato composto da: inserzionisti pubblicitari, produttori di format e reality show, reti nazionali, editori televisivi. L'accordo che lega queste diverse componenti è: fare televisione che costi "nulla". In questi ultimi tempi, dopo Grande Fratello 4, L'isola dei famosi, La Talpa , e mentre sono in svolgimento Music Farm e La Fattoria , abbiamo potuto assistere al fenomeno del nomadismo televisivo.
Prendiamo l'esempio dei concorrenti del GF 4. Dopo essere usciti dalla casa, i loro passaggi televisivi hanno riguardato senza soluzione di continuità Buona Domenica, Maurizio Costanzo Show e Tutte le mattine. Canale 5 è stata invasa dai volti dei vari Tommy, Carolina, Serena, Ascanio, lanciati in un circo mediatico che prevede una loro massiccia presenza in video. Perché tutto ciò? Per un semplice motivo: sono personaggi popolari che possono essere gestiti in modo facile poiché molto vogliosi (giustamente) di apparire, con una forza contrattuale inesistente e quindi utilizzabili con un modestissimo impegno economico da parte delle reti. C'è chi, poi, come Floriana del GF3 diventa specialista dei reality. Per risollevare le sorti de “La fattoria”, la ruspante romana è stata mandata a sostenere l'azione di Milton e compagni. E' un caso veramente significativo, questo, che evidenzia lo stato della televisione: un circuito nel quale i veicoli (cioè i personaggi) sono lanciati in una corsa frenetica con deviazioni improvvise, deviazioni provocate da problemi di ascolto che bisogna risolvere con una certa celerità, altrimenti le aziende che investono in spot fanno sentire la loro voce.
Dunque, quale situazione emerge da questo contesto? Una situazione che determina una tv povera di idee (nuove) e contraddistinta dall'assenza di produzioni in grado di rinnovare il linguaggio televisivo. Il reality show non ha rinnovato un bel niente; ha semplicemente permesso di mascherare e spalmare nell'arco della giornata un genere che ha fatto la storia della piccolo schermo. Che cosa sono, infatti, i "reality" se non delle pseudo-fiction realizzate a costi bassissimi?
di Elisabetta Manfucci
Sono passati oltre 20 anni, ed il sogni di molti è rimasto un sogno lontano. Se in qualche classe di qualche scuola in Italia si affronta l'argomento CINEMA è solo grazie all'amore per la cultura ed alla dedizione di alcuni, purtroppo rari, insegnanti.
Il cinema entrerà nella scuola come materia di studio. L'annuncio l'ha dato il ministro della Pubblica Istruzione e della Ricerca Scientifica e dell'Università, Luigi Berlinguer. È una promessa esposta in termini generici, quanto basta, tuttavia, a legittimare speranze e un pizzico di fiducia. Era tempo che i ministeri competenti cominciassero a porsi un problema, giunto da molto al punto giusto di cottura. Fra i tanti ritardi, di cui patisce il nostro sistema dell'istruzione, quello dell'insegnamento del cinema e di altre moderne forme espressive e comunicative non è tra i meno insignificanti, denota il persistere di quel distacco della scuola dalla società contemporanea che è uno dei più gravi mali italiani e ha ripercussioni sulla formazione professionale. Non che siano mancate, in un passato remoto e vicino, iniziative ed esperienze degne di lode. Non mancano nemmeno casi in cui i sussidi audiovisivi siano riusciti a pervadere le normali abitudini didattiche. Ma la conoscenza critica del cinema e dei linguaggi più moderni continua ad essere, nelle strutture scolastiche, ancora una pratica sporadica. Non lo è più a livello universitario, dagli albori del decennio Settanta, allorché ha avuto inizio l'accensione di cattedre, variamente intitolate, istituite in tutta Italia presso i più rappresentativi atenei. È occorso il Sessantotto, con i suoi benefici effetti sull'apertura alle discipline più legate ai processi evolutivi generati nel Novecento, affinché cadessero diffidenze e pregiudizi addebitabili a sordità culturali. È opportuno, però, altresì prendere atto che l'ingresso del cinema e delle comunicazioni di massa nell'università è avvenuto non alla luce di una programmazione centralmente determinata, ma in virtù di spinte espansive nate dal basso, da logiche, dinamiche e disegni riguardanti la crescita delle singole Facoltà e il rafforzamento dei singoli centri universitari. Una più ampia visuale non c'è stata, non c'è stato un progetto e una consapevolezza che investissero parimenti la scuola nella varietà delle sue articolazioni, l'università e il vasto e frastagliato campo della comunicazione audiovisiva. La stragrande maggioranza delle cattedre è stata partorita all'ombra dei folti raggruppamenti di Lettere e Filosofia, mentre non di rado le comunicazioni di massa sono state comprensibilmente attratte nell'orbita di Sociologia. A lungo andare, le cattedre di critica e storia del cinema hanno prodotto e producono programmi che rischiano di avere un rendimento inadeguato nella misura in cui sono complementari e aggiuntivi ad altri aventi una relativa attinenza. Per farci capire anche da chi non abbia familiarità con questo argomento, il cinema lo si insegna spesso via fuggendo: due corsi, un paio di anni, un paio di esami e poi (frequentazione di seminari a parte) si dà l'avvio alla preparazione della tesi di laurea, al più raccomandando, o addirittura imponendo, di coltivare qualche disciplina assonante. Troppo poco diciamo la verità, per studenti che - non è male precisarlo - pur avendo manifestato una netta preferenza per il cinema nella impegnativa prova finale della tesi, conseguiranno comunque una laurea in altra materia. Le eccezioni ci sono, anche se non numerosissime. Le rappresentano i Dams, i corsi di laurea con un indirizzo che abbraccia la comunicazione e lo spettacolo, ma questa è una realtà dalla quale sono esclusi parecchi atenei, la fetta più grossa della popolazione universitaria. Stiamo cercando di dire che, senza togliere meriti a docenti e discenti e pur riconoscendo che un progresso notevole nell'ultimo ventennio v'è stato, il meccanismo scaturito ha le sue contraddizioni e impedisce un apprendimento architettato al fine di conseguire un alto livello di specializzazione. Che cosa c'entrano le dissonanze rilevate con i preannunci e gli encomiabili impegni del ministro Berlinguer? C'entrano, eccome, perché se il cinema e le comunicazioni di massa davvero avranno piena cittadinanza nella scuola, occorrerà un personale qualificato e sarà compito dell'università prepararlo nel modo più funzionale e soddisfacente, approntando piani di studio organici e corsi di laurea e dipartimenti appositi. Non ci si attende che le università sfornino registi, sceneggiatori, scenografi, direttori della fotografia e critici (questo già accade, anche se casualmente), ma che forniscano strumenti solidi a coloro che domani saranno chiamati a insegnare. Così, fra l'altro, acquisterà un più preciso senso sociale la presenza del cinema e delle comunicazioni di massa nell'università perché agli studenti si apriranno sbocchi professionali e l'assimilazione della cultura e dei linguaggi audiovisivi non costituirà più, come accade ora, soltanto un arricchimento del proprio corredo conoscitivo. Il ministro Berlinguer merita di essere incoraggiato, anzitutto dal mondo del cinema, dello spettacolo e della comunicazione, che invece è parso, almeno a noi, distratto, non avendo ancora compreso, occupato a correr dietro ai propri angusti particolarismi, che la formazione di spettatori motivati culturalmente e criticamente consapevoli è una delle più valide garanzie per il futuro. (m.a.)
dall'Editoriale di CINEMASESSANTA n° 1 del 1996